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Autore: RedPhoenix_HS    31/01/2017    0 recensioni
Sbiadito e dimenticato. Perso, confuso, solo. Un vago ricordo. Un ragazzo divenuto l'ombra di sč stesso.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ed era in quel momento che tutto spariva. Rimaneva solo, perso nell'oblio dei suoi pensieri. Pensieri che lo ferivano, pensieri oscuri, pensieri malvagi non dettati da lui ma da una voce nella sua testa. Si appoggiava alla porta chiusa e lentamente si lasciava scivolare gių. Gių, gių, gių fino a toccare il pavimento. Tutti gli scudi crollavano. I suoi falsi sorrisi, il suo finto menefreghismo. Tutto cominciava ad avere importanza, anche la pių piccola cosa, perfino un semplice "idiota" detto in modo  scherzoso cominciava a pesare. E faceva tutto cosė tremendamente male. E la voce continuava a parlare. Il suo tono aspro, malvagio lo trapassavano da parte a parte. "Idiota, nullitā, sei una delusione, una fottuta delusione. Perchč diamine sei nato? Sei solo un peso. Nessuno ti ama." E lui si sentiva patetico, perchč quella cosa che lo feriva era dentro di sč, faceva parte di sč, ed era lui. Molte volte si chiedeva chi avrebbe pianto se fosse morto da un momento all'altro. E la risposta era semplicemente "nessuno". Magari, si, i suoi genitori avrebbero versato qualche lacrima ma poi si sarebbero semplicemente resi conto di avere una bocca in meno da sfamare, di avere pių soldi. E i suoi amici avrebbero indossato una finta faccia dispiaciuta e forzato qualche lacrima. E poi, lentamente, sarebbe scomparso dalle loro vite. Ogni impronta che aveva lasciato, ogni ricordo sarebbe sparito. Dimenticato. In fondo era come se non esistesse davvero. Le altre persone vedevano solo l'ombra di ciō che era una volta e nessuno si sforzava di capire se lui era davvero lė o no. Era morto dentro. E alla morte spirituale sarebbe seguita quella fisica,lo sapeva; perchč semplicemente non riusciva pių a sopportare il dolore, quel costante dolore al petto. Era ridicolo. Era un'auto-lesionista. Era debole. Patetico. Inutile. Privo di significato. Odiato. Irritante. E magari era solo qualche problema adolescienziale, magari poi "tutto sarebbe finito". E mentre il vortice di pensieri lo inghiottiva le lacrime cadevano. Seguivano il solito percorso sulle sue guance. E il silenzio lo assaliva. Lo imprigionava. Lo rendeva nullo, schiavo di sč stesso. Il silenzio lo spingeva fino alla scrivania, lo spingeva ad aprire il cassetto e prendere la lametta e posizionarla all'altezza dei polsi. Forse questa volta davvero doveva farla finita. In fondo gli sarebbe bastato un taglio pių profondo per tagliare le vene. Ma poi ci ripensava, c'era sempre quel freno che lo bloccava. E cosė, mentre le mani tremavano iniziava la sua esecuzione. Un taglio, due tagli, tre tagli. Tutti intrisi di parole di disprezzo contro sč stesso. Era tutto musica: la lama era l'archetto di un violino, la sua pelle le corde e i suoi singhiozzi la melodia. E il silenzio era l'accompagnamento. E poi rimaneva immobile a fissare il vuoto, mentre il sangue scivolava gių per le ferite. E pensava, pensava, pensava. poi iniziava a contare: Uno, due, tre, quattro, cinque...e contava finchč non sentiva lo stridio del freno a mano della macchina di sua madre. E allora subito correva in bagno per lavare via il sangue, asciugare le lacrime e bagnare la faccia. Poi usciva, metteva su uno dei suoi sorrisi pių falsi e andava a salutare la madre, facendo finta che quello che fosse appena accaduto fosse solo un mero,sbiadito ricordo lontano.
   
 
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