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Autore: gino33    31/01/2017    0 recensioni
Quando amore,realtà e fantasia si mescolano,tutto quel che può succedere risulterà illogico e bizzarro,proprio come questo racconto
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il vento accarezzava dolcemente i miei capelli marroni, era la sensazione più rilassante che avessi mai sentito. Mi sdraiai sul verde prato ed iniziai a scrutare l'azzurro cielo privo di qualsivoglia imperfezione, quel colore mi rievocava alla memoria molti ricordi, sia belli che brutti. Raccolsi una margherita e la osservai rigirandomela tra le dita; potevo sentire il peso dei problemi scivolare via dalla mia mente, come se tutto non fosse mai successo, come se avessi sempre vissuto in quel luogo, come se...come se non sentissi il vuoto. Ero felice. Mi sedetti e guardai intorno a me, vedevo solo un'immenso prato verde, ero da solo. O meglio, credevo di essere solo. Sentii dei passi alle mie spalle ed istintivamente mi voltai. Ebbi un tuffo al cuore. Quei capelli color nocciola, quell'azzurro limpido e quel sorriso radioso. Stava correndo nella mia direzione.Indossava una vestaglia blu scuro, il suo colore preferito. Era prorpio lei, non c'erano dubbi. Era Louise. Mi alzai in piedi incredulo e, prima che riuscissi a dire qualcosa, mi saltò al collo e mi ritrovai nuovamente sdraiato nell'erba. Il mio cuore iniziò a battere come non faceva da tempo, potevo sentire il suo respiro sul collo e il calore emanato dal suo corpo. La strinsi a me ed iniziai a piangere senza rendermene conto. Lei si staccò dall'abbraccio e si sedette di fronte a me. 
Osservò il mio viso rigato dalle lacrime.
-Perché stai piangendo?-Mi chiese inclinando la testa, confusa.
Sgranai gli occhi e mi toccai le guance, erano bagnate. Cercai di asciugarle con la manica della felpa blu, ma tornavano umide, come se non le avessi mai toccate. Iniziai a strofinare più velocemente senza però riuscire nell'intento. Lei sghignazzò.
-Non ridere.- Cercai di sembrare offeso, ma il mio volto era poco convincente. Mi tirò un buffetto.
-Non ti ho mai visto piangere in sette anni, mi fa uno strano effetto.- Si sdraiò sul prato alzando lo sguardo al cielo. 
Improvvisamente le lacrime scomparvero, potevo sentire il mio volto asciutto.
-Cosa...-
-Non preoccuparti.-Venni interrotto da lei.- Godiamoci il momento finchè possiamo.-
Mi sdraiai di fianco a Louise. 
-Sai, tutto questo mi ricorda il nostro primo incontro.- 
Si voltò nella mia direzione, stupita dalla mia frase.
- Te lo ricordi ancora? Dopo tutto questo tempo?-
-Cero! Eravamo in un prato, proprio come questo. C'era il sole, almeno fuori. Io ero seduto su una panchina e di certo dentro me non batteva il sole, ma imperversava una fredda bora. Stavo osservando un gruppo di bambini che giocavano a palla quando ti vidi. Eri in terra, stavi giocando con una margherita. Rimasi colpito dall'innocenza dei tuoi occhi. Eri così diversa da tutto che non potevo fare a meno di osservarti. Certo non mi sarei mai fatto avanti se...-
-Se- Riprese lei.-Se io non mi fossi avvicinata a te, vero?-
-Esatto.Allora credevo poco in me stesso, mai avrei pensato di riuscire a parlarti.-
Restammo per alcuni secondi in silenzio finchè le mie labbra non si mossero quasi da sole.
- Non ti ho mai chiesto il motivo di quel gesto, perchè, tra tutti, sei venuta a parlare proprio a me?.-
Louise alzò lo sguardo al cielo per poi tornare a guardarmi.
-Perchè i tuoi occhi mi hanno fatto leggere la tua anima.-
-I miei occhi?-
-Sì.- Mi fece l'occhiolino.- I tuoi occhi lasciano trasparire le tue reali emozioni. Potevo vedere la solitudine, la tristezza e l'angoscia semplicemente guardandoti, ma c'era altro. Vedevo una luce in fondo a quel tunnel oscuro, una luce che mi affascinò, volevo scoprire cosa si celava dietro a quella luce e penso di esserci riuscita. Sorrise.
Arrossii lievemente e spostai lo sguardo. Sentivo nuovamente quelle emozioni che credevo di aver dimenticato. Le presi la mano.
-Il nostro primo appuntamento fu abbastanza traumatico ricordi?- Scoppiammo a ridere.
-E come dimenticarlo? Ristorante chiuso per allagamento , sciopero dei bus, pioggia a dirotto e volo nella pozzanghera con te che ridevi come uno scemo invece di aiutarmi.-
- Ma poi ti ho aiutata!- Dissi in mia difesa.- Solo dopo averti presa in giro.- 
-Riuscivi a farmi ridere nei momenti peggiori, come quella volta in cui inciampai e caddi sopra un signore burbero che iniziò a maledirmi.-
-Io andai dal signore e gli dissi che eri ubriaca, che io ero tuo fratello maggiore e che ti stavo riaccompagnando a casa.- 
-E quella volta in cui stavo mangiando il gelato e tu per scherzo mi hai spinto il cono contro la faccia?-
Scoppiai a ridere.
-E invece di colpire te presi in pieno un tizio che vendeva rose e per scusarmi dovetti comprargliene cinque.-
Ripensare a tutti i bei momenti passati insieme mi metteva di buon'umore, eppure sentivo una strana sensazione malinconica in fondo al mio cuore che lentamente si stava risvegliando. Louise si alzò in piedi e si stiracchio per poi invitarmi a fare lo stesso. Mi prese per mano ed iniziò a correre trascinandomi con lei. Inizialmente non capii il suo gesto, ma poi ci ritrovammo davanti ad una grossa quercia. Rimasi alcuni secondi confuso osservando i suoi movimenti. Prese una pietra, scrisse la sua iniziale e poi una strana forma simile a mezzo cuore sulla corteccia dell'albero. Mi avvicinai e feci lo stesso. Scrissi la mia iniziale e conclusi la figura che lei stessa aveva iniziato.
-Vengo spesso sotto le fronde di questa quercia.- Disse accarezzando il disegno.- Ora avrò qualcosa da guardare per sentirmi meno sola.- Sentii nelle sue parole un leggero velo di malinconia. 
Cercai di avvicinarmi a lei, ma qualcosa mi trattenne. Sentivo che la tranquillità e la spensieratezza che avevano caratterizzato il luogo fino a poco prima stavano svanendo.
-Giulio, c'è un ultima cosa che vorrei fare.- Il suo tono di voce era sommesso, lo sguardo basso e le spalle strette. Sembrava sul punto di piangere.
-Qualunque cosa.- Dissi riuscendo finalmente ad avvicinarmi a lei. Stavo per abbracciarla quando lei si scansò e mi diede la schiena.
-Seguimi.- Iniziò a camminare in direzione di un bosco.
Ci ritrovammo circondati dagli alberi. La luce filtrava a malapena e non riuscivo a vederne una fine. D'improvviso una fortissima luce mi abbagliò. La foresta era scomparsa, eravamo su un'altura da cui si poteva vedere tutto il prato.
-Questa è l'ultima tappa del nostro viaggio.-Si voltò nuovamente nella mia direzione, aveva gli occhi rossi e le guance rigate dalle lacrime. -E' tanto tempo che vivo qua, ma raramente mi sono recata su questa altura.-
Osservai i suoi movimenti, erano diversi rispetto a prima. Sembravano quasi sofferti. Sentii dentro me il vuoto impossessarsi delle mie emozioni.
-Voglio che tu mi giuri.-Iniziò a dire guardandomi fissa negl'occhi.-Che ti dimenticherai di me.-
-Che cosa stai dicendo Louise?! Questo posto ti ha dato alla testa?- Le sue parole avevano trafitto il mio cuore, come se fossero una lama. Potevo sentire il ferro freddo rigirarsi nelle mie membra.
-Forse non ti ricordi ancora.-
-Ricordarmi di co-Improvvisamente qualcosa dentro me si sblocco. I ricordi vennero a galla. Ero in una stanza d'ospedale, tenevo la mano di Louise. Non aveva i suoi capelli ed era attaccata a delle strane macchine. Mi sorrideva. La scena cambiò, mi ritrovai a casa, ero sotto la doccia e stavo piangendo come mai avevo fatto in vita mia. La scena cambiò nuovamente. Questa volta ero seduto in una sala d'attesa, un dottore uscì da una porta bianca, il suo sguardo era cupo e amareggiato. Iniziò a scuotere lentamente la testa e mi disse:
-Mi dispiace signore, abbiamo fatto il possibile ma..-
Poi vidi nero, era tutto scomparso. Riaprii gli occhi un'ultima volta, stava piovendo. Ero in un cimitero vestito di nero, un prete stava pronunciando qualcosa, ma non badavo alle sue parole. Stavo osservando la bara di legno. Potevo sentire il vuoto inghiottire il mio cuore.
Ero nuovamente nel giardino con Louise. Caddi in ginocchio ed iniziai a piangere cercando di comporre qualche parola. Lei si avvicinò e mi strinse al suo petto.
-Hai sofferto tanto per colpa mia, vero?- Iniziò ad accarezzarmi i capelli come faceva quando mi vedeva un po'giù.
-L-louise...io...-Non sapevo cosa dirle, non sapevo cosa fare, ero in balia delle mie emozioni.
-Io potrei restare qui, insieme a te. Potremmo stare di nuovo insieme, noi...-
-No-Venni interrotto dalla sua voce.-Non puoi rimanere con me.-Disse dolcemente.
-Ma Louise!-Cercai di protestare.
-Hai ancora tantissimo da vivere, non puoi mollare tutto per colpa di una ragazza no?-
-Ma..-
-Ti prego.- Mi strinse ed iniziò a piangere, potevo sentire le sue lacrime bagnare i miei capelli.- Promettimi che ti dimenticherai di me e che tornerai a vivere come facevi un tempo.-
-Io non posso dimenticarti. Io non posso continuare senza di te.-
-Tu devi.-
Alzò il mio viso e mi baciò. Era il nostro ultimo bacio, colmo di malinconia e tristezza. Non era caldo, non era dolce. Faceva male.Appena le nostre labbra sis taccarono venni avvolto da un luce. Vidi Louise allontanarsi e sillabarmi qualcosa.
-Anche io ti amo.-
La prima cosa che vidi fu un soffitto bianco, ero in una stanza ospedaliera collegato ad una macchina che misurava i miei battiti, attraverso una canula mi veniva iniettata la flebo nella vena. Sentivo la testa pesante e non riuscivo a muovere nessuna parte del corpo. 
-Sei sveglio!-Una voce alla mia sinistra parlò, mi sembrava molto famigliare.
-Mi hai fatto spaventare! Appena riesci mi devi raccontare come sei finito contro quel muro. Ora vado subito a chiamare un'infermiera.- Era Luca, il mio amico di una vita. Fu allora che ricordai cosa successe. Era l'anniversario della morte di Louise e la mia vita si era fermata: non uscivo, non lavoravo e mi lavavo poche volte. Non mi sbattevano fuori di casa perché il proprietario era un mio conoscente. Quella sera presi la macchina. Non potevo più vivere senza di lei, così accelerai e mi diressi contro il primo muro disponibile. Volevo raggiungerla. Il mio desiderio in parte si realizzò, ma fortunatamente non del tutto. Venni salvato da una signora che vide la scena e chiamò un'ambulanza. Non mi feci nulla di grave e venni dimesso dopo diverse settimane. Per un lungo periodo presi antidepressivi e venni seguito da uno psicologo, forse è stato proprio lui a salvarmi. Le nostre sedute erano il racconto della mia vita con Louise, 
tutte le cose che abbiamo fatto, i sentimenti che provavo e tutto ciò che me la ricordava. Eliminammo foto e oggetti che mi rimandavano a lei eccetto un pupazzo. Era un piccolo elefantino vinto al luna park durante uno dei nostri primi apuntamenti. Lo conservai per un'occasione importante. Mi laureai ed inizai a lavorare come avvocato presso uno studio legale e fu allora che la conobbi. Mi ricordava in tutto e per tutto Louise: stessi capelli,stessi occhi e stesso carattere. Sembrava quasi che si fosse reincarnata in questa ragazza. Io e Monica fummo fidanzati per diversi anni prima di sposarci ed avere una bambina. decidemmo di chiamarla come lei, Louise. Aveva i miei capelli e i suoi occhi, era la creatura più bella che avessi mai visto. Il giorno in cui uscirono dall'ospedale le misi l'elefantino nella culla ed ogni notte le raccontavo la storia del mio sogno, ogni dettaglio. La vita continuò tranquilla: io divenni un'avvocato di discreto successo, mia figlia crebbe e decise di seguire le mie orme iscrivendosi a legge. Quando si laureò la presi nel mio studio legale, aveva molto talento. Lei si sposò ed io divenni troppo vecchio per lavorare, così le lasciai le redini dello studio. Ebbe due figli: uno si chiamava Giulio, come il nonno, e l'altro Paolo. Il tempo passò in fretta e, quando i ragazzi ormai si affaciavano alla magior'età, Monica mi lasciò per lo stesso male di Louise. Soffri parecchio per la perdita, ma riuscii ad andare avanti finchè un giorno autunnale, mentre osservavo le foglie ricoprire il suolo, vidi una figura luminosa avvicinarsi a me. 
-E' passato molto tempo, vero Giulio?- Louise era in piedi davanti ai miei occhi.
Sorrisi ed abbassai lo sguardo capendo immediatamente cosa stava succedendo.
-Già, molto tempo.- Alzai lo sguardo al cielo.
-Sai, vivere in questo posto stava iniziando a piacermi, anche se da soli non è il massimo.-Scoppiammo a ridere.
-Come mai da queste parti?- Chiesi facendo finta di non conoscere la risposta.
La ragazza si avvicinò a me e mi accarezzò la guancia.
-Sono venuta a prenderti.-La sua voce era dolce, come sempre.
Sentii il mio corpo più leggero. La mia pelle iniziò a ringiovanire, i miei capelli a riprendere colore e le rughe scomparvero. Mi alzai in piedi e vidi il mio vecchio corpo seduto con gli occhi chiusi.
-Chissà cosa diranno quando mi vedranno in quello stato.- Dissi pensieroso
-Vorrei fare un'ultima tappa prima di andare, se possibile.- Lei annuì.
Arrivammo a casa di mia figlia. Era nel letto che riposava. Mi avvicinai alle sue orecchie.
-Papà ti osserverà da lassù.- Le baciai la fronte. 
-Sei il mio orgoglio, non dimenticarlo.-
Ritornai da Louise.
-Ora sono pronto.-
Prese la mia mano ed iniziammo a camminare verso una luce che man a mano si faceva sempre più intensa. Ad un certo punto si aprì davanti a noi il giardino del nostro ultimo. Sentii le preoccupazioni e i cattivi sentimenti sparire per lasciare spazio ad una sensazione di pace e serenità. Si voltò per guardarla, sentiva nuovamente quella sensazione calda e dolce che lo inebriava.
-Ho qualcosa che non va?-Chiese guardandomi turbata.
-No, stavo solo pensando che finalmente sono a casa.-

   
 
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