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Autore: BlueMagic_96    01/02/2017    2 recensioni
[Half Bad ]
*SPOILER ALERT: la storia è ambientata alla fine della trilogia completa, quindi dopo Half Lost!*
La guerra è finita, ma non per Nathan. Per lui la guerra non finirà mai, lo ha capito fin troppo bene.
La guerra è stata vinta, ma lui ha perso. Lui è perso.
E' stato addestrato a combattere sin da bambino, ma questa è una guerra diversa.
Una guerra contro il dolore della perdita. Una guerra che Nathan ha capito come affrontare solo dopo un'attenta riflessione.
Ora sa cosa fare. Sa qual è il suo posto. Ed è felice.
-Ambientato nell'ultimo capitolo dell'ultimo libro (Half Lost)
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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“It's amazing to see the beauty of the world.
It's so beautiful and so brutal. It's a reminder that every second of life is precious.”

 Sally Green, Half Lost

“Ho ventidue anni.” Dico in tono pacato. E’ da così tanto che non parlo con altre persone che a malapena riconosco la mia voce, ma è piacevole. “A volte me ne sento cinquantadue.”
Guardo la donna che mi siede di fronte sorseggiando tranquillamente una tazza di tè e mi viene da ridere: solo otto anni fa quella stessa donna era la mia carceriera, colei che per due anni mi aveva tenuto prigioniero, incatenato ad una gabbia come un animale.
Avevo solo quattordici anni allora, e la mia unica colpa era essere il figlio di Marcus, l’Incanto Nero più temuto e odiato da tutti.
Proprio così: il mio più grande peccato era quello di essere nato. Di esistere.
Questo concetto mi era sempre stato chiaro, da molto prima che Celia diventasse la mia tutrice: sin da quando ero bambino Jessica non aveva fatto altro che ripetermi quanto le facessi schifo.
Non riesco nemmeno a toccarla una cosa cattiva come te.
Allora non riuscivo a capire cosa avessi fatto di male. Non subito.
Dopo poco, capii: mia madre era morta per colpa mia, perché ero un abominio, un mostro.
Mezzo Bianco e Mezzo Nero, ma per tutti Mezzo Nero.
Mezzo Marcus.
Nonostante la causa di tutti i miei problemi fosse principalmente quella di condividere il suo sangue, non ero mai riuscito ad odiarlo.
Era mio padre, ed era cattivo.
Era un assassino, ma era mio padre.
Nonostante non mi importi più niente di lei, nonostante non mi importi più niente di nulla, vorrei che Jessica sapesse. Vorrei che sapesse che la mamma non si è uccisa per colpa mia.
E’ stato il Consiglio. Sono stati loro a far sì che si ammazzasse, e tutto perché aveva amato l’uomo sbagliato. Tutto perché amava Marcus.
Vorrei solo che Jessica sapesse che nostra madre è morta per colpa di un mostro, sì, ma quel mostro non ero io: era il Consiglio.
Era il pregiudizio. Era la paura.
Ma ora Jessica è morta e non lo saprà mai, e sono dispiaciuto solo di questo.
Avrei voluto che morisse con la consapevolezza di aver servito per anni gli stessi Mostri che avevano ucciso sua madre. Nostra madre.
Avrei voluto che morisse sapendo di essere diventata lei stessa uno di quei Mostri.
Peccato.
“Io ne ho cinquantadue e me ne sento ventidue.” La voce di Celia mi riporta alla realtà.
Siamo ancora lì, seduti uno di fronte all’altra, sorseggiando del tè.
Vorrei ridere alla sua battuta ma mi trattengo: non voglio darle comunque alcuna soddisfazione.
Rispondo a tono, come mio solito, ma non come avrebbe fatto il Nathan in gabbia.
Lui le avrebbe semplicemente sputato in faccia.
Mi alzo dalla sedia continuando un piacevole botta e risposta. Piacevole?
Beh, sì. Odio ammetterlo ma è stato piacevole.
Mi volto un’ultima volta e la guardo: penso di averla odiata, in passato, ma non penso avrei mai avuto la forza di ucciderla.
E’ grazie a lei se sono diventato forte abbastanza per sopportare tutto ciò che sarebbe venuto.
Probabilmente è grazie a lei se sono ancora vivo. Dovrei ringraziarla? Mai.
“Dovresti fare un po’ di esercizio: una corsa, qualche flessione. Ti farebbe bene. “
“Anche a te.” Risponde lei. Ma la corsa ormai non serve più. Nulla può servire.
Ripenso al me di allora, a quando il mio unico desiderio era quello di scappare da Celia, dal suo Dono terrificante e dalla sua gabbia: allora la vita mi sembrava così ingiusta.
Accenno un sorriso: sì, la vita è proprio strana. 
Un attimo sei libero e l’attimo dopo in catene.
Un attimo prima sei accecato d’amore e subito dopo ti ritrovi divorato dall’odio.
E immediatamente i miei pensieri vanno ad Annalise, uno dei miei più grandi misteri.
Penso di averla amata in passato… sì, l’amavo davvero.
Volevo essere il suo Principe, ero assuefatto da quella sensazione: la sensazione di essere apprezzato da qualcuno di completamente diverso da me, da qualcuno che vedesse in me un Mezzo Bianco e non un Mezzo Nero.
Tutto quello che chiedevo era stringerla tra le mie braccia e sentire il suo profumo intorno a me, sentire quanto la diversità fosse insignificante tra i nostri respiri.
Il solo pensiero ora mi dà il voltastomaco.
C’è una sola persona che voglio stringere tra le mie braccia ora, e non è qui con me.
Non sarà mai più qui con me.
Gabriel….
Sì, la vita è proprio strana.
Un attimo sei vivo, e l’attimo dopo non esisti più.
Provo a non pensarci, provo a fingere di non provare dolore ma funziona solo per pochi minuti e ho fatto molti progressi nelle ultime settimane.
 Ho fatto progressi per Arran, perché era preoccupatissimo, e con lui anche altre persone di cui non mi importava nulla.
Di Arran però mi importava. Mi importa ancora di lui.
Mi importerà sempre di lui.

 “Gabriel è morto, Nathan. Ti prego, torna da me… non sai quanto mi dispiace! Vederti così mi distrugge… ti prego…”
Lo diceva avvolgendomi tra le sue braccia, bagnandomi con le sue lacrime e scrutandomi con i suoi bellissimi occhi da Incanto Bianco in cerca di una risposta.
Non capivo perché piangesse o perché mi dicesse quelle cose: era tutto così perfetto!
Gabriel era lì, al mio fianco, e lui aveva Adele… perché piangeva?
Non doveva piangere.
Ma lui continuava a ripetermi che Gabriel non era lì, che era solo la mia testa e che dovevo tornare in me… e io non sapevo cosa fare.
Non volevo soffrire, non volevo… volevo solo stare bene.
E se stare bene significava vivere una bugia allora ero disposto a scendere a patti con la mia mente.
“Ho bisogno di te, Nathan…. Starai meglio, vedrai… devi combattere…”
Combattere. Si era trattato sempre e solo di quello.
Combattere, uccidere, sopravvivere, scappare. Ma io ero stanco.
La guerra mi aveva cambiato per sempre e mi aveva portato via l’unica cosa in grado di tenere in vita il mio cuore marcito dall’odio.

Gabriel…
Lui mi aveva avvisato, sapeva che sarebbe successo, che sarei cambiato.
Sapeva che la guerra mi stava distruggendo ma allora non potevo scappare.

Gabriel…
Era stato lui a proporre di andare lontano, di cercare la nostra felicità altrove, dove la guerra sarebbe stata solo un vago ricordo.
Ma la guerra mi avrebbe seguito ovunque, io lo sapevo, e avevo deciso di rimanere.
Se solo lo avessi ascoltato… se fossimo scappati… forse allora Gabriel non… Gabriel…
E allora ricordai. Ricordai il suo corpo tra le mie braccia viscide di sangue.
Il
suo sangue.
Non mi ero mai sentito così sporco, nemmeno quando avevo mangiato il cuore di mio padre.

Gabriel…
Ricordai la disperazione con cui gli avevo stretto la mano quel giorno, aspettando che rispondesse, che desse segni di vita, ma le pagliuzze nei suoi occhi vorticavano sempre più lente, confuse, senza meta. Senza vita.
Gabriel era morto. Per sempre. Niente e nessuno avrebbero potuto riportarlo indietro.
Ricordo di avere urlato e di essere crollato ai piedi di mio fratello, esattamente come quel giorno maledetto alla Sede del Consiglio.  
Gabriel era morto una seconda volta.
Era morto anche nei miei sogni, ora, e io ero solo.
Io non ero più niente.
Non ero più nessuno senza di lui.
Sentivo la voce di Arran da lontano, anche se era al mio fianco e mi abbracciava…
Nulla aveva più senso.
Dopo non so quanto tempo avevo alzato gli occhi su mio fratello: quegli occhi erano sempre stati la mia salvezza, l’unico ricordo piacevole della mia infanzia.
L’unico balsamo in grado di addolcire i miei pensieri annodati.
Ma in quel momento non avevo pensieri. Non avevo nodi da sciogliere.
In quel momento non ero nulla e volevo solo scomparire nel nulla che ero diventato.



Il vento sibila tra i miei capelli, ora, e una ciocca si appiccica alla guancia umida.
Una lacrima l’ha appena attraversata ma sono sicura che Celia non l’abbia notata.
E’ ancora seduta ma sembra in attesa di qualcosa. Sa che non ho ancora finito.
Mi chiedo cosa sia giusto fare in un momento come questo.
Chissà, magari avrebbe capito. Magari lo avrebbe spiegato ad Arran.
Lui era l’unico di cui mi importasse ancora, dalla morte di Gabriel.
Era l’unico a non aver cessato di esistere.
Avrebbe capito ma sarebbe stato difficile.
Si sarebbe arrabbiato e non potevo sopportare di vederlo piangere una seconda volta.
Non per causa mia.
Il vento soffia ancora. Ulula. Mi sta chiamando.
“Ledger mi ha detto che l’Essenza è nella Terra. Ha ragione, ma è anche dentro di noi e quando le mettiamo in contatto possiamo accedervi, e accedere a chiunque sia in contatto con essa.”
Le dico senza sapere bene perché. Forse spero che capisca. Spero che sappia.
Il vento urla nelle mie orecchie. So cosa mi sta dicendo.
“Mi sono ferito, non perso.” Dico tra me e me.
Celia non dice nulla e io non aggiungo altro. Le volto le spalle e mi dirigo verso il bosco.
So che la rivedrò.
                                                                       ***********
Sono seduto a gambe incrociate sull’erba e osservo il fiume scorrere come un nastro di carta stagnola: i raggi del sole lo illuminano e l’effetto e abbagliante.
Sono nella mia oasi di pace, la mia tana, il luogo dove ogni cosa si ferma e prende colore.
-Prende colore perché alla mia sinistra ci sei tu, Gabriel.
  Hai sempre dato colore alle cose, persino quando eri arrabbiato.-
Ricordi di lui, ecco dove mi immergo per stare bene e per lavare via il dolore di quella che ormai è la mia vita. Ricordi di ogni tipo.
Anche i ricordi dolorosi sono piacevoli, perché posso vederlo.
Posso sentirlo.

“Essere dalla parte del bene è bello, sono sicuro che Annalise l’adorerà. Finchè non vedrà quel che succede da vicino e sarà coinvolta in prima persona.” Così aveva detto quel giorno sulla collina, mentre scavavamo le tombe per Mercury e Pers.
E mi aveva infastidito, perché in fondo sapevo che aveva ragione.
Gabriel aveva sempre ragione. Lui le persone le capiva.
Avevamo discusso quel giorno: lui era arrabbiato perché io l’avevo baciato e poi lo avevo respinto.
Avevo incasinato tutto. Io ero incasinato.
Lo ero sempre stato ma allora cercavo la felicità nella persona sbagliata.
In Annalise.
E tutto era diventato grigio, persino la pioggia sembrava di cemento.
Tutto perché Gabriel era arrabbiato con me.
Tutto perché gli avevo fatto del male.


-E mi odio. Mi odio per non averti dato ascolto allora.
  Mi odio perché se non fosse stato per me non avresti sofferto, allora.
  Saresti stato felice. Io sarei stato felice.
  Lo saremmo stati insieme. Avremmo avuto più tempo.-

“Starò sempre con te, andrò dove andrai tu. Non desidero essere altrove e non potrei sopportare di essere altrove.”

Continuo a guardare in basso ma ormai tutto quello che vedo è offuscato dalle lacrime.
Non ho mai sopportato piangere.
Piangere è da bambini.
Piangere è da stupidi, non risolve un bel niente.
Eppure piango.

“La amo. L’ho sempre amata, lo sai.” Perché continuo a fargli del male?
“E io?” Perché continui a chiedermi di farti del male, Gabriel?
“Tu sei mio amico, Gabriel.” Ed ero sincero. Forse.
“Baci così tutti i tuoi amici?” E ricordai il sapore delle sue labbra sulle mie, la sensazione calda e avvolgente delle nostre lingue che si scontravano, dei nostri corpi che si toccavano, intrappolati contro le sudice pareti del bagno.
Ricordai come mi fossi sentito bene. Il suo respiro caldo sul collo, le mie dita tra i suoi capelli, le sue mani sui miei fianchi. Era tutto perfetto.
Ma lui non era Annalise e non potevo amarlo come amavo lei.
“Solo te.”


-Solo te, Gabriel. Anche allora lo sapevo.
  Lo sapevo ma non lo avevo capito.
  Ci sei sempre stato tu. Tu e solo tu. Nessun altro.
  Non Annalise. Non Arran. Non Marcus.
  La mia vita è stata fatta anche di loro, ma tu l’hai plasmata.-
Ora la mia vita non ha più forma. Non ha più colori.
La mia vita è più morta della morte perché non ha un perché.
Per quanto io provi a vivere so che non mi è possibile senza di lui.
Tutto quello che voglio è giacere al suo fianco, sepolto da metri di terra,  e so che anche lui mi vorrebbe al suo fianco ma non sotto terra. Non se lo perdonerebbe mai.
Vorrebbe essere in Galles, glielo avevo promesso.
Un’altra promessa non mantenuta.

 “Io spero davvero di finire in una tomba.” Aveva detto fissando quelle che avevamo appena scavato con sguardo vuoto. Parlare della morte non era un problema. “Mia sorella non ne ha avuta… una tomba intendo.”
Sapevo cosa intendeva perché anche io avrei voluto un funerale, sebbene non sapessi quanta gente sarebbe potuta venire.


-Ce l’hai una tomba, Gabe. Hai una tomba e hai avuto un funerale.
  Hai me. Io ci sono sempre.
  La mia tana è qui di fianco a te. -

“Il mio sogno è una vita tranquilla vicino a un fiume, ma non posso realizzarlo, non fino a quando Soul e Wallend sono vivi e nel mondo ci sono cacciatori.” Gli avevo detto.
“Sarà dura, Nathan. La lotta.” La sua voce rasentava la rassegnazione, ricordo.
“Sono fatto per questo. E’ il motivo per cui sono qui.” Era stata quella la mia risposta.
“Nessuno è fatto per uccidere. E no, non lo sei.” Era arrabbiato, lo sentivo nella sua voce e nella severità con cui aveva pronunciato quelle parole. Non sopportava di sentirmi dire quelle cose.
Certe cose non riusciva a prenderle con leggerezza, non quando riguardavano me, almeno.


“Ho lottato, Gabriel.  Ho lottato con tutte le mie forze, ma avevi ragione tu anche in questo caso: ho vinto la guerra ma ho perso tutto. Sono morto insieme a te, quel giorno.”
- E insieme alla vita ho perso anche la voglia di combattere.
  Mi sono arreso, quindi forse hai ragione: nessuno è fatto per uccidere.
  Non riesco ad uccidere questo dolore, non voglio, non ne sono capace.
  Sarebbe come ucciderti di nuovo.
  Quante volte ti ho ucciso, Gabriel? Dimmelo. Quante?
  Quante volte ti ho fatto soffrire? Quante volte ti ho insultato, minacciato, ignorato?
  Quante volte ho scaricato il mio odio su di te?
  Quante volte dovrei chiederti scusa?
  L’ho fatto molte volte, nell’ultimo periodo, ma non mi sembrano mai abbastanza.
  Probabilmente se fossi qui mi diresti che sì, sono stato uno stronzo. Lo sono sempre stato.
  Ma diresti anche che per quanto ti piaccia sentirmelo dire, non ho bisogno di scusarmi.
  Diresti che non ti importa. Che tutto quello di cui hai bisogno è essere al mio fianco.
  Diresti che ti basta sapere che ti amo, e che te lo dimostro in altri modi.
  Ma io te lo dico lo stesso, perché so che ti devo tanti ‘scusa’.
  Scusa per essere sempre incazzato. Scusami per non sapere esprimere le mie emozioni.
  Scusa per averti fatto preoccupare.
  Scusa per non averti salvato.-
“Scusami… scusami, scusami… Perdonami.” Ma so che lo ha già fatto.
Appoggio una mano a terra, alla mia sinistra, sfiorando le foglie che ricoprono il terriccio umido come un tappeto insanguinato.
 “Perché mi hai lasciato? Perché mi hai abbandonato?! Avevi detto che non te ne saresti mai andato, che saresti rimasto al mio fianco!!” non sapevo più cosa dire.
“Ti avevo chiesto di combattere. Ti avevo chiesto di non morire, dannazione!”
Probabilmente Gabriel si sarebbe fatto una risata.
Era da tanto che non scaricavi la tua rabbia su di me, pensavo stessi poco bene!
Ecco cosa avrebbe detto. E io mi sarei incazzato ancora di più. E lui avrebbe riso.
Quel sorriso che abbagliava più del fiume colpito dal sole.
Quel sorriso che era il sole. Il mio sole.
Perché non gliel’avevo mai detto, ma ogni volta che riuscivo a strappargli un sorriso, anche per caso, mi sentivo bene. Mi dimenticavo della guerra, quella che avevo dentro di me.
Mi dimenticavo di essere Nathan, il figlio di Marcus, colui che era pronto a seguire le orme del padre. Diventavo semplicemente quello che aveva fatto ridere Gabriel.
Quello che gli aveva rubato il cuore. E mi bastava.

“Volevo lasciarti in quella tomba e andarmene via ma non ci sono riuscito. Ogni secondo  che passiamo insieme mi è prezioso, più di quanto tu immagini. Sarò tuo amico per sempre. Ti aiuterò finchè avrò fiato e resterò con te. Ti amo, Nathan. Ti amo dal giorno in cui ti ho incontrato e ti amo ogni giorno di più.”

Per sempre. Ma cos’è per sempre?
Esiste? Può davvero esistere un per sempre, anche dopo la morte?
Se posso fermare il tempo, posso fermare anche l’eternità?
Sarebbe eterna lo stesso?
-Quanto mi ami adesso, Gabriel?
  Quanto tempo è passato dal nostro primo incontro a Ginevra?-
Tempo. Sempre il tempo.
Sorrido quando ripenso ai suoi occhiali da sole.
Non li sopportavo, perché volevo guardarlo negli occhi, ne avevo bisogno, ma allo stesso tempo erano la cosa che più mi intrigava di lui. Quelli e i capelli, ovviamente.
Tutti amavano i suoi capelli. Chissà perché.
Ricordo anche la prima volta che se li era cavati, quei maledetti occhiali: non avevo mai visto occhi profani più belli.
I suoi occhi da Incanto, poi, erano dei vortici dorati. Vortici infiniti, eterni.
Eternità… forse è proprio quella. In quel caso per me l’eternità si è fermata.
Si è fermata quando ha smesso di vorticare nelle iridi di Gabriel.
 
“Penso che Annalise alla fine avrà paura di te. Quanto a me, io ti amerò sempre. Persino quando sarò sepolto in fondo a una di quelle.”Aveva detto indicando nuovamente le tombe.

“E’ così? Mi ami ancora,Gabriel?” ma è una domanda stupida. Gabriel non mentirebbe mai.
E non mento nemmeno io quando gli dico che anche io lo amo. E che lo amerò per sempre.
Lo amerò per un’eternità immobile, un’eternità che non avrà modo di scivolare via.
Perché tutto scivola via, alla fine. Anche il tempo.
Ma il nostro amore no, quello rimane. Rimane come il mio ricordo di lui.
Rimane come ognuna delle mie cicatrici. Rimane come il dolore.
Stringo le dita intorno alle foglie. Mi sdraio e piango. Lascio che le mie lacrime irrighino la terra su cui è sepolto Gabriel.
Annuso, in cerca del suo odore, in cerca di risposte, e aspetto.
Non guardo il cielo, non guardo il fiume… guardo la Terra.
Guardo la terra e penso a mio figlio, Edge. Non voglio pensare a sua madre, penso solo a lui.
Penso al fatto che vivrà senza di me, vivrà senza conoscere suo padre, ma avrà i miei disegni.
Potrà leggere la mia vita ogni volta che vorrà e io sarò con lui.
Lui è mio figlio, ma è anche figlio di Annalise. Ma non è colpa sua.
Lui non ha chiesto nulla.
E’ nato, e io lo amo perché è mio figlio e perché anche io avrei voluto essere amato.
Voglio che mio figlio cresca sapendo che suo padre lo amava, e ho fatto quello che dovevo per dimostrarglielo.
Sarà libero, lui. Se e quando vorrà venirmi a cercare, Celia gli dirà dove trovarmi e io sarò qui.
Non potrò fargli del male. Non potrà odiarmi, o almeno spero.
Io lo amo, mio figlio, ma non voglio fare la fine di Marcus.
 Non voglio morire solo e nell’odio.
Voglio stare con Gabriel, godere di quella pace e di quella tranquillità che credo di essermi meritato.
Ho troppo sangue alle spalle per essere perdonato: non so se la colpa sia mia, di Marcus, del Consiglio o della guerra. So solo che voglio dimenticare tutto.
Voglio sentirmi parte di qualcosa di più grande, qualcosa che sovrasta ogni guerra, ogni odio, ogni vita.
Ledge mi ha mostrato la via e io l’ho seguita e l’ho trovata.
Ho trovato la via della pace e la mia pace è accanto a Gabriel.
Sei stato via parecchio, ti eri perso?
Sorrido con la guancia ancora appoggiata al terriccio. Sapevo che ci saremo incontrati.
Ledge aveva ragione, la Terra ci unisce, e nella Terra siamo tutti uguali, siamo una sola cosa.
Mi ero ferito e mi sono perso. Ma ora sono qui.
Hai sbagliato.
Sto cercando di interpretare lo spirito piuttosto che attenermi alla lettera.

Affondo nel terreno, allungo le braccia per raggiungerlo e lo trovo.
Ci abbracciamo, lo sento sorridere e non sono più Metà di nulla.
Ora siamo una cosa sola, e non ho mai provato sensazione più bella.

Ciao a tutti!
Ho visto che purtroppo non ci sono molte storie relative a questo fandom ma spero che presto se ne aggiungano altre, perchè ho amato questa trilogia con tutta me stessa.Ne sono uscita distrutta, ovviamente. ma ne è valsa la pena.
Penso che Nathan e Gabriel siano una coppia stupenda, una delle mie preferite per ora, sebbene il loro sia un amore ai confini della realtà. Forse li amo così tanto proprio per questo aspetto: sono due personaggi complessi, specialmente Nathan, ed è stata un po' una sfida interpretarlo, lo ammetto. Spero di esserci riucita...
Mi farebbe molto piacere cosa ne pensate, per cui vi prego...lasciatemi una recensione!
Mi renderebbe molto felice!
Grazie per aver letto, spero che la storia vi sia piaciuta!

Ilaria;)
  
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