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Autore: A_Typing_Heart    01/02/2017    0 recensioni
Tsunayoshi, Hayato e Mukuro sono tre persone del tutto diverse. Uno impacciato nella sua stessa vita, un altro un piccolo genio stordito dalla perdita di una persona cara, l'altro convinto di avere tutto quello che è desiderabile dall'esistenza; eppure senza saperlo sono tutti spinti sull'orlo del baratro dallo stesso demone chiamato Dipendenza. In un solo giorno il destino li pone di fronte a una scelta: esorcizzare il mostro o morire.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Byakuran, Enma Kozato, Hayato Gokudera, Mukuro Rokudo, Tsunayoshi Sawada
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mentre camminavano su e giù per i corridoi del liceo cittadino, nessuno degli studenti faceva caso all'esistenza di Tsunayoshi Sawada. Il ragazzino, sensibilmente più basso e mingherlino dei suoi coetanei, sembrava ancora più piccolo con la sua abitudine di camminare raso ai muri, lontano dalla fiumana centrale di studenti, e di stringersi in se stesso appena veniva toccato da una cartella o una spalla come una chiocciola si ritira nel guscio se sfiorata da un dito. Il ragazzo era decisamente agitato: le sue mani faticavano a reggere i libri che aveva in mano e se non fosse stato rasente al muro sarebbe probabilmente caduto, con le gambe che traballavano come quelle di un vecchio barbone ubriaco. 
Arrancò a fatica fino al bagno, ignorando il cartello con scritto "fuori servizio", e si affacciò su tutti i cubicoli. Nell'ultimo trovò un suo senpai dell'ultimo anno, con uno stravagante cappellino pied-de-poule sulla testa, intento a leggere un quotidiano sportivo.
-Che... diavolo fai?-
-A te cosa sembra?- ribattè lui.
-Perchè leggi un giornale?-
-Non ho gatti che lo usino come bagno.-
-Davvero divertente.- fece il ragazzo, senza alcun segno di divertimento.
-Se qualche insegnante venisse a controllare, vedrebbe solo me seduto su un water che leggo un giornale, tutto normale, non credi?- fece il ragazzo col berretto, dedicandogli un'occhiata che si fece improvvisamente seria. -Ah... sei rimasto senza?-
-Da ieri sera... mi sembra di impazzire...-
-Tranquillo, è tutto a posto adesso.-
Il ragazzo si sfilò il berretto e ne estrasse un pacchetto di caramelle alla fragola, di una marca notoriamente scadente dall'odore di medicina, e lo porse a Tsunayoshi. Lui glielo strappò di mano e ne ingoiò immediatamente un paio, per poi emettere un tremulo sospiro di sollievo.
-Ohi, sgancia, Sawada.-
-Sì... sì, un momento...-
Tsunayoshi sfilò un'anonima busta bianca con scritto sopra il nome di una ragazza, Kyoko, e la porse al ragazzo che sorrise.
-Kyoko, come la Sasagawa? La chiamiamo così d'ora in poi?-
-È il primo nome di ragazza che mi è venuto in mente... sei tu che vuoi buste con nomi di ragazze, adesso... sempre per evitare controlli di insegnanti?-
-Se mi chiedessero di vuotare la borsa vedrebbero solo pacchetti di caramelle e una busta col nome di una ragazza alla quale voglio dire qualcosa, non pensi sia normale?-
-Una volta forse sì, ma se ti trovassero con lettere con un sacco di nomi diversi?-
-Posso sempre dirgli che faccio il lavoro sporco per gli altri, che mi allungano qualche soldo per consegnare le loro lettere d'amore.-
-Credo dovresti farti chiamare... come si chiama, quell'angelo che tira le frecce?-
-Cupido?- disse il ragazzo ridendo di gusto. -Mi piace! Lo userò come nome d'arte!-
Subito dopo, un altro ragazzo entrò nel bagno facendo un commento sul cartello. In un lampo, Sawada schizzò fuori dal cubicolo e Cupido richiuse la porta. Tsuna mise la scatola delle caramelle in tasca e uscì dal bagno senza nemmeno incrociare uno sguardo con il nuovo arrivato. Tornando verso la sua classe assaporò profondamente la sensazione di sentirsi lontano. Non sentiva più debolezza nelle gambe o nelle mani, neanche si rendeva conto di avere libri in mano. Poteva camminare al centro del corridoio, non si accorgeva più di essere toccato o spintonato dagli altri. Alzò i suoi occhi grandi e castani verso il soffitto, ma la squallida vernice bianca leggermente scrostata era svanita, lasciando il posto a una distesa di un colore indefinito tra il blu scuro e il verde petrolio, dove brillavano migliaia, anzi, miliardi di stelle...
Come molte altre volte, non si rese conto di essersi fermato in mezzo al corridoio a fissare sorridendo quello che agli occhi di chiunque altro era soltanto un neon spento. Mentre qualcuno iniziava a notare la sua stranezza, un paio di mani robuste lo spinsero a camminare e lo trascinarono lontano dalla folla, sul tetto dell'edificio.
-Tsuna?-
Ovviamente Tsunayoshi non rispose, si limitò a sorridere quando vide qualche scia di stelle cadenti.
-Tsuna, mi senti? Ehi!- fece il ragazzo, facendogli schioccare le dita davanti agli occhi. -Tsuna, non è il momento di lasciarsi dietro un corpo morto o quasi! Ehi!-
Dopo una vigorosa scrollata, la luce si attenuò e Tsunayoshi riuscì a scorgere il viso del suo amico Takeshi Yamamoto, sebbene lo percepisse sfocato, come guardato attraverso un velo trapunto di stelle. Con un po' meno entusiasmo, ma regalò un sorriso anche a lui.
-Buongiorno, Yamamoto...-
-Eh, mica tanto! Eri imbambolato nel corridoio...- fece lui, sospirando. -Devi per forza fartela anche a scuola? Prima o poi qualcuno si accorgerà che stai impalato a sorridere a finestre, porte e lampadari...-
-Lascia che sia.- disse Tsunayoshi tranquillo.
-Si accorgeranno che non sono caramelle, Tsuna... e finirai in un mare di guai...-
-Ci sono nato in un mare di guai... che cosa può succedermi che sia peggio di quanto non sia già?-
-Piantala con questa storia, la tua vita non ha niente che non va!-
-Niente?-
Nonostante le stelle danzassero e gli sorridessero, Tsunayoshi non accennò a ricambiarle.
-Io non so fare niente. Non sono bravo in nessun gioco, in nessuno sport, in nessuna materia. Prendo continuamente insufficienze e non ho nessun amico.-
-Hai me!-
-Non ti offendere, Yamamoto, ma tu sei mio amico perchè tu vorresti essere amico di ogni singola persona del mondo... e siamo in classe insieme da cinque anni, soprattutto...-
-Nessuno è nato sapendo fare qualcosa, si impara a fare quello che ci interessa... io non sono nato sapendo lanciare e battere come faccio adesso... la Sasagawa non è nata brava in economia domestica e sono certo che neanche mio padre, o tua madre, sono nati sapendo cucinare... tutto si impara!-
-Sai, non è sbagliato quello che dici...-
-Certo che no!-
-Solo che... io non sono capace di vivere... e questo fa tutta la differenza del mondo...-
Yamamoto restò tanto interdetto, proprio quando pensava di aver vinto, che non seppe cosa dire.
-Uno come me non può fare altro che scappare da se stesso... fino alla fine...-
Tsunayoshi alzò di nuovo gli occhi sul cielo stellato e sorrise. Il suo era un sorriso mortalmente dolce, ma anche intriso di una profonda tristezza e di una cupa rassegnazione. Non c'era nessuna volontà di vivere in lui, solo quella di scappare finchè non fosse arrivato il momento in cui non ci sarebbe stato più nessun Tsunayoshi Sawada.
Yamamoto era forse la persona non tossicodipendente che meglio potesse capirlo, perchè qualche anno prima aveva tentato di suicidarsi quando una frattura aveva minacciato di impedirgli di giocare a baseball per sempre, e il baseball era la ragion d'essere della sua vita. Sapeva cosa significava pensare di non avere nulla per cui valesse vivere, di essere derubato del proprio destino senza possibilità di ritorno. Aveva provato queste sensazioni, questo enorme dolore, per qualche giorno, arrivando a un culmine in cui aveva pensato che vivere ancora tanti anni senza giocare era solo un'agonia inutile. Poi, però, sull'orlo del baratro, con la punta dei piedi già fuori dal cornicione di un palazzo abbandonato a strapiombo su una strada, aveva capito. Era riuscito a vedere le ragioni di vita che erano tanto scontate da non riuscire a vederle: suo padre, i suoi amici, e tutte le persone che lo conoscevano... dopo che sua madre era scomparsa, lasciare il padre da solo era crudele, non tenere conto dei sentimenti di quelle persone era come valutarle insignificanti. Ed era riuscito a respirare di nuovo, a uscire dal pantano che lo stava affogando, per poi scoprire che, per svista, per un miracolo, o per una risposta positiva alla sua decisione di vivere, avrebbe ancora potuto giocare a baseball.
Tsunayoshi Sawada non riusciva a vedere il buono della sua vita. Non riusciva a capire che anche se non era un genio a scuola, avrebbe comunque potuto diplomarsi e laurearsi, che avrebbe potuto evitare lo sport se non era portato in favore di un'attività meno fisica in cui imparare a eccellere, o almeno a fare bene. Cercando forse avrebbe trovato una passione, o una vocazione. Come poteva sapere, a soli sedici anni, che in futuro non avrebbe avuto geniali idee che avrebbero portato a comode, utili, innovative invenzioni? Che non sarebbe stato un magnifico insegnante a contatto con dei bambini, o che non sarebbe diventato un giorno un dirigente dell'azienda che l'avrebbe assunto?
Takeshi tentò di nuovo, con parole dolci e incoraggianti, a fargli presente queste sue riflessioni, ma Tsunayoshi non sembrò condividere nemmeno un briciolo del suo entusiasmo. Era così convinto di fallire da essere disarmante: era come se fosse stato nel futuro, avesse visto cosa sarebbe diventato e fosse sicurissimo di non poter cambiare quella visione.
-Questo non vale per me. Io non sono nemmeno capace di parlare con mia madre senza ketamina.-
-Questo succede solo perchè la stai prendendo da troppo tempo, e pensi che nulla sia fattibile senza quella roba che non ti fa sentire l'imbarazzo, la paura e tutto il resto... ma non è vero... vedi, tutti a scuola riescono a parlare con uno sconosciuto, a confessare un votaccio o a scrivere una lettera alla persona che gli piace... tutti hanno paura di fare una figuraccia o di beccarsi una punizione, ma queste cose si affrontano... c'è chi lo fa bene e chi peggio, ma si fa... puoi farlo anche tu, anche senza quella roba che ti stordisce.-
-Yamamoto...-
-Cosa?-
-Ti dispiace... se ne parliamo un'altra volta? È il momento in cui vedo le stelle sorridere... vorrei godermelo... prima che sparisca...-
Yamamoto, che era abituato al fatto che la ketamina rendesse Tsunayoshi molto poco attento, non si offese per quel commento. Non era nemmeno sorpreso, su di lui la droga aveva sempre lo stesso effetto, spalancandogli la vista in una miriade di stelle che a suo dire ballavano e sorridevano. 
Il ragazzo sedette vicino a lui e in silenzio scrutò il cielo, che per lui era un semplice cielo azzurro pallido che si andava coprendo di nuvole grigie. Avrebbe tanto voluto aiutare il suo amico, ma non sapeva come. Non voleva dirlo ai genitori e metterlo nei guai con loro, con un insegnante o con autorità sociali... eppure...
Guardò Tsunayoshi, sorridente e perso in un mondo a lui invisibile. Non faceva il minimo caso a lui e non l'avrebbe fatto finchè non fosse iniziato a svanire l'effetto allucinogeno, lo sapeva. Per la prima volta, sentendosi completamente impotente, battè le mani e pregò che arrivasse una soluzione, che gli venisse l'idea giusta per salvare l'amico, o che giungesse da qualsiasi altra parte. Sapeva perfettamente, come lo sapeva Tsunayoshi, che la ketamina avrebbe potuto paralizzare i suoi polmoni e il cuore ogni volta che la prendeva e strapparlo via dal mondo per cui lui credeva di non essere adatto.

 

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