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Autore: Master Chopper    02/02/2017    3 recensioni
Xian, divenuta folle per la rabbia, sfida Tengoku per decretare chi sarà degno del titolo di Boss dei Vongola. Vengono decisi degli scontri, ma a quanto pare, tra un rifiuto di Tsunayoshi e un'affermazione da parte di Xanxus, non si riesce ancora a capire la reale motivazione dei Bravi.
Perché mirare alle sconfitta di Ten, anche se consapevoli che non otterranno mai il titolo di Boss e Guardiani?
Cosa si nasconde dietro il silenzio dei Boss e le cicatrici della Figlia dell'Ira?
- STORY OF A FAMILY: SAGA DEI SETTE PECCATI CAPITALI -
E' obbligatoria la lettura di '[SoF] Saga della Nascita' per la comprensione delle vicende e degli avvenimenti trattati.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Reborn, Sorpresa, Tsunayoshi Sawada, Xanxus
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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Target Number 14: Una Famiglia?

                                                                                                                                                                                                                              

    




















  






 a cura di nekomata04!











Italia, Toscana. 26 Aprile, il giorno dopo la partenza di Tengoku e degli altri verso l’Italia.

  

Era mattina, ma la luce del sole filtrava appena attraverso una cappa di nuvole grigie. I raggi che riuscivano a colpire la strada, dipingevano come dei fori di proiettili sull’asfalto di quella strada di campagna.

 

Un edificio diroccato, riconducibile ad una chiesa di epoca medievale, proiettava la sua ombra nel cortile di pietra, come soffocato dagli arbusti e dall’edera. Tra gli spiragli nel tetto si poteva notare una vecchia campana, così come un alone di polvere che vorticava nell’oscurità.

 

Seduti su di una panca in ferro e legno, c’erano due giovani.

Uno era un ragazzo, dai capelli color azzurro acconciati in un lungo ciuffo che gli ricadeva al lato della guancia destra, come una mezzaluna verso l’estero. Indossava degli occhiali dalle lenti nere e dalla montatura blu elettrica. Con una mano si grattava il pizzetto sul mento, mentre con l’altra stringeva una Beretta 92.

 

Al suo fianco, una ragazza, apparentemente più grande di lui, stringeva tra le mani numerose fotografie, spesso cercando di metterle in un ordine preciso. I suoi capelli erano biondi, corti e a caschetto, mentre la pelle chiara e rosea faceva contrasto con i suoi profondi occhi blu.

Dall’espressione però, sembrava visibilmente più preoccupata e nervosa dell’altro, sebbene entrambi stessero cercando di nascondere un’ansia maggiore.

 

“ E’ impossibile che esista un assassino così perfetto. È assolutamente impossibile, ogni umano commette degli errori !” esclamò Zaffiria Sibillia, Guardiana della Fiamma Sconosciuta di Simon.

“ Ma sembra difficile paragonarlo ad un essere umano, vero ?” la precedette Angelo, Guardiano della Palude, e affiliato di Simon come lei.

 

“ Eppure… avevamo le tracce.” Sussurrò la donna, non trovando neppure più la forza di continuare a disperarsi.


Entrambi, nonostante fossero i più esperti assassini al servizio di Simon, con un passato al seguito di Enma, suo padre e Decimo Boss, non riuscivano più a continuare le ricerche.

Erano riusciti, un giorno prima, a scattare una fotografia da enorme distanza all’uomo che cercavano: Providence, l’assassino che ormai aveva eliminato quattro dei Guardiani Vongola.

Ma, in seguito… sparito nel nulla. Tracce interrotte nel nulla, per l’appunto.

 

“ Forse siamo stati troppo sciocchi ad avvisare Simon prima di aver ottenuto la prova che fosse lui.” Rispose Angelo dopo un lungo silenzio. Non era il tipo da lasciare in sospeso il suo lavoro, e non voleva provare l’umiliazione di dire al suo Boss che l’assassino gli era sfuggito. Ma, riconosceva che ciò andasse fatto.

“ Era lui !” gli rispose Zaffiria, alzando il tono della conversazione con uno scatto che non riuscì a controllare.

“ Abbiamo ricevuto le foto, ed in più sapevamo che fosse qui vicino.”

“ Sei stata anche tu un’assassina, vero Zaffiria ?” la domanda dell’azzurro però, interruppe la donna, lasciandola con  un nodo alla gola per la sorpresa.

Quel groviglio riuscì ad inghiottirlo dopo troppo tempo, tanto che Angelo aveva già ripreso a parlare:

“ Ma forse sei stata troppo onesta con te stessa e con il mondo. Uno come Providence non perderebbe meno di due ore nell’andare da un chirurgo plastico, costringerlo a farsi cambiare i connotati, per poi ucciderlo ed apparire come una persona completamene nuova.”

 

Nuovamente la conversazione si concluse, lasciando i due con un senso di amarezza comune, misto ad umiliazione.

“ È stato lui ad eliminare la mia precedente Famiglia.” La voce della bionda, nonostante avesse sempre dimostrato di essere forte e determinata, sfrontata e spesso incurante della paura, stavolta le uscì… debole. Si sentiva debole.

“ Eravate di queste parti ?” domandò il Guardiano della Palude, con un tono più umano di quello che mostrava solitamente. Anche lui, di fronte a quell’atmosfera, si iniziava a sentire cambiato.

“ Sì, vivevamo in questa chiesa abbandonata.”

 

Zaffiria Sibilla era nata come la figlia di una traditrice, il parto di una donna legata all’antico clan delle Vedove Nere. Questo era un’organizzazione composta da sole assassine donne, che dai tempi della dominazione spagnola in Italia, addestrava mercenarie e vigilanti per proteggere i cittadini della Toscana.

Le loro tradizioni erano millenarie, ma quando Sibilla, madre di Zaffiria, infranse la più importante, venne dichiarata a morte. Infatti, le Vedove Nere non potevano sposarsi, tantomeno legarsi con altri uomini.

E quando Zaffiria nacque in quel dì di Venezia, venne immediatamente strappata dai cadaveri dei genitori, e portata in Toscana per venir addestrata. Era diventata il rimpiazzo perfetto per una traditrice, prendendo come secondo nome quello della madre, ma questo lei non le venne mai a sapere, e mai lo saprà fin quando sarà in vita.

 

In seguito, dopo quindici anni divenne la nuovo capoclan, ma il suo comando durò solo altri due anni, prima di veder trucidate tutte e dieci le sue affiliate. Avrebbe dovuto odiarle, ma essendo nata all’oscuro di ciò che loro avevano fatto con sua madre, poté solo provare tristezza e dolore nella loro morte.

 

Così, a diciassette anni, provò ad offrire i propri servigi alla Famiglia Simon. Era diventata come un contenitore vuoto, capace di fare qualsiasi cosa per soldi e priva della sua dignità e orgoglio, ma Enma Kozato seppe trovare nei suoi occhi spenti l’antico ricordo di una felicità persa.

E da allora è rimasta ad accudire Simon Kozato, aiutandolo a trovare i successivi Guardiani.

 

“ Mi dispiace di aver usato quelle parole con te, penso che non avrei dovuto rivolgermi così ad una come te.” Mormorò Angelo, riprendendo un tono di voce in cui era impossibile comprendere le sue emozioni, come se in determinati momenti la sua mente iniziasse ad isolarsi da tutto ciò che lo circondava.

“ Cosa intendi dire ?” domandò Zaffiria, senza però fraintendere il compagno.

“ Tu sei ormai una delle persone in cui Simon confida di più. E penso che se ferissi i tuoi sentimenti, allora perderesti stima di te… e non vorrei che per questo ti mandassero via dalla Famiglia.”

 

La donna sorrise, intenerita da quello strano tentativo di essere gentile da parte del ragazzo.

In fin dei conti, se Angelo diceva che lei era una delle persone di cui Simon più si fidava, era proprio perché loro due erano stati i suoi primi Guardiani. Si conoscevano da quattro anni, ed un po’ come dei fratelli maggiori erano sempre incaricati di badare al loro signorino, il figlio del Boss.

Ma ora che Simon stesso aveva preso la sua decisione di allontanarsi dalla Famiglia per seguire e supportare Tengoku, avevano avuto molto più tempo per stare vicini, spesso come compagni di missione.

Non era dunque la prima volta che l’azzurro si dimostrava premuroso nei suoi confronti.

 

“ Grazie, Angelo.” Sussurrò la ragazza, abbracciando il braccio del ragazzo, per poi posarsi sulla sua spalla.

Angelo, colto alla sprovvista da quel gesto, stava già pensando di svincolarsi, ma quando si voltò e vide l’espressione rilassata della donna, che con gli occhi chiusi sembrava star sognando, non riuscì ad opporre resistenza.

Sospirò, e seppur imbarazzato, rilassò le spalle, dedicandosi una pausa.

“ Di nulla.”

 

 

 

“ Si sono fermati. Non sono più sulle tracce di Providence.”

Platino, braccio destro di Sebastian nella Famiglia Anonimato, sollevò la mano dall’occhio destro, sciogliendo il suo Nuvola Satellite.

 

L’ambiente in cui si trovava, una stanza chiusa a chiave in una vecchia casa di città, non rendeva grazie al suo operato in quanto principale informatore del Boss. Ma nemmeno le catene che gli cingevano la vita, le caviglie e la mano sinistra dietro la schiena, riducendolo in ginocchio sul pavimento sporco.

 

I suoi abiti, di pelle nera e attillati, erano in parte stracciati e macchiati di sangue secco, che gli bagnava le scarpe, rivelando strisce su tutto il pavimento e persino sulle pareti.

Il suo volto, deturpato da un taglio sul labbro e da un livido violaceo sulla guancia, mostrava anche l’assenza di un dente, strappato o forse spezzato.

Ma i suoi continuavano a lanciare scariche di odio, non si piegava il suo spirito, qualsiasi cosa lo tenesse in vita, ossia la fedeltà al suo Boss. Davanti a lui c’erano i bersagli di quell’ira, di quel rancore simile a veleno.

 

Un ragazzino di dodici anni, dai capelli color nero pece ed un occhio coperto da una benda medica, sorrideva mentre con la lama di un coltello si puliva il sangue dalle unghie.

Un ragazzo più grande, biondo e dai capelli lunghi e mossi, era appoggiato alla porta chiusa. La sua pelle era scura, indossava una giacca a vento gialla e bianca, lasciata aperta sopra una maglietta nera e dei pantaloni militari. Al suo fianco, un terzo ragazzo sedeva a gambe incrociate per terra, con il cappuccio del suo giubbotto blu calato sui suoi corti capelli corvini.

 

Tutti e tre, sui loro capi d’abbigliamento, avevano impresso un simbolo in colori diversi: una E in carattere gotico, inscritta al centro di una spirale all’interno di un rombo.

Il simbolo della Famiglia Estraneo.

 

“ Staranno facendo finta di non conoscere la sua postazione.” Disse Doku Rokudo Dokuro, facendo ruotare il coltello tra le dita con un’espressione di nervosismo.

“ Si può sapere perché dite questo? È impossibile che Providence sia alleato con i Vongola !” Ruggì Platino, cercando inutilmente di divincolarsi dalle catene. Anche quando provò a rialzarsi fu tutto inutile: la sua gamba era stata spezzata.

 

“ E allora perché i Simon hanno delle sue foto da ieri, quando lui non è mai passato in Toscana ?” parlò il ragazzo biondo, rivelando un particolare accento messicano, ed una voce calda e confortante nonostante la freddezza dei suoi occhi di ghiaccio.

“ State insinuando che …” Platino, non riuscì nemmeno a concludere la farse, tanto era la rabbia che lo consumava.

“ Quel bastardo, ora che ha recuperato la figlia dai Vongola e sa di tenerla al sicuro, sta decidendo di vendere informazioni su noi Estraneo.” Gridò Doku in uno scatto d’ira, per poi sputare sul volto del braccio destro di Sebastian.

 

“ Le vostre sono solo cazzate !!” esclamò il corvino incatenato, incuriosendo con al sua reazione i tre presenti.

“ E poi… voi siete solo la feccia, il fraintendimento del piano del Padrone! Siete stati voi a decidere di chiamarvi Estraneo, quando nessuno vi ha mai detto di voler proseguire i piani di quella Famiglia morta da anni !”

 

Quell’ultima frase, in particolare, fu il colpo di grazia per l’attenzione del figlio di Mukuro Rokudo.

Il ragazzino, che aveva deciso di accettare i piani di Sebastian poco meno di un mese prima, ma che subito si era rivelato un fedele assassino, aveva sempre saputo di un unico e solo fine alle loro azioni.

“ Vuoi forse dire …”

Gli occhi dei restanti due ragazzi si sollevarono nel silenzio, quando un respiro sconosciuto apparve nella buia stanza.

“ … che la distruzione dei Vongola tramite il figlio di un Vongola e di un erede degli Estraneo, non è il vero scopo ?”

 

A Platino, da anni il braccio destro della Famiglia Anonimato, venne quasi strappata a forza una lacrima dagli occhi. Un dolore atroce sembrava privarlo della voce, ma dentro di sé avvertiva il bisogno di urlare.

 

Platino era nato senza un cognome, in quanto figlio di una prostituta e di un criminale, condannato all’ergastolo poco prima della sua nascita. Aveva vissuto sin da piccolo in casa, spaventato dai raggi del sole fuori dall’uscio della porta, con il timore del male e della violenza che sapeva riconoscere dall’età di tre anni.

Spesso rimaneva da solo, per via del lavoro della madre, che si appartava anche per giorni a casa di altri uomini, aveva imparato a non piangere per esprimere la sua paura, in quanto consapevole che nessuno lo avrebbe aiutato. Così, quello che faceva era rimanere accovacciato davanti alla porta di casa, rannicchiato come un feto, tremando per il gelo e per la fame nella speranza che la madre tornasse.

 

A diciotto anni sua madre morì per una malattia venera, che solo dopo la morte si accorse di averla lui stesso contratta per contagio. Così, per settimane iniziò a vagare per la città, aspettando la morte sotto la luce del sole che mai aveva potuto vedere così bene.

 

Invece sarebbe morto di malattia in carcere, in seguito ad uno scatto d’ira che lo aveva portato ad uccidere un passante per strada, ma la sua pena venne ridotta, e nel suo secondo processo gli fu negata la detenzione. Fu allora che incontrò l’uomo del suo destino, che aveva visto in lui una forza d’animo tale, da salvargli ciò che restava della sua vita.

Platino venne guarito, e solo allora decise di prestare la sua esistenza a Sebastian, nella Famiglia Anonimato. L’uomo che gli aveva insegnato a leggere, scrivere, che gli aveva dato le basi per parlare in pubblico, che gli aveva dimostrato che uccidere non era difficile, soprattutto con un legame con la morte come il suo.

 

E proprio per quei valori, adesso si sentiva in dovere di difendere l’uomo che segretamente amava con tutto il suo cuore, smentendo quegli stupidi fraintendimenti.

Solo lui sapeva la verità.

 

“ Il Padrone è in cerca di Tengoku per-”

L’urlo gli morì in gola, quando nell’aria attorno al suo corpo si materializzarono cinque minuscoli missili, simili a giocattoli, completamente avvolti da Fiamme della Tempesta.

 

E mentre i tre restanti ragazzi si voltavano verso il nuovo arrivato, misteriosamente apparso in quella stanza, i razzi si abbatterono su Platino, lacerando le sue carni con esplosioni letali.

Solo brandelli di vestiti si salvarono dal fuoco, lasciando dell’uomo solo una crepa sporca di cenere sul  pavimento.

 

“ Io so quanto voi sui reali piani del Boss.”

Una grottesca voce metallica riempì l’aria, quando un raggio di sole filtrato da un buco nella parete illuminò una figura mostruosa.

Un corpo rivestito di ferro e drappi neri, così come il cappuccio scuro che avvolgeva la maschera bianca, appartenente a quell’essere immenso di almeno due metri e mezzo.

 

LUC1F3R0, l’essere misterioso visto per la prima volta nella Magione Vongola, e attuale membro dei Bravi, aveva parlato con una voce umana da dietro la sua maschera.

 

“ Però mio padre mi ha assegnato l’ordine di eliminare chiunque fosse a conoscenza dei reali piani del Boss.” Alla sua vista in penombra, Doku aveva iniziato a tremare senza controllo, e la sua rabbia aumentò ancor di più quando si accorse di essere il solo lì a farlo.

 

Il ragazzino non voleva mostrarsi il più debole, solo perché più piccolo. D’altronde lui, in dieci anni avrebbe ottenuto un potere al pari di quello di suo padre, quindi tutto ciò che desiderava era di venir temuto e rispettato. Ma forse, non era ancora giunto a dei livelli di esperienza tali per paragonarsi a quelle persone.


“ Mi stai dicendo che a te non sarebbe interessato sapere il reale motivo dietro quello che facciamo ?”

Domandò incalzante il giovane messicano biondo, mostrando un ghigno mentre si ripuliva la giacca dalle cenere.

 

“ Io eseguo solo gli ordini. È quello che devo fare per poter diventare Boss dei Varia, un giorno.” Rispose la creatura chiamata LUC1F3R0, e rimanendo in silenzio sembrò voler aggiungere: “ed è anche quello che dovreste fare voi.”

 

 

 

 

Italia, Emilia-Romagna.

Erano le 13, e come si usa fare tipicamente in Italia, il pranzo era cominciato.

In una piccola cucina dall’aspetto moderno, ben illuminata e colorata, tre persone stavano mangiando del riso venere con mais e tonno. Era un pranzo semplice ma gustoso, in occasione dell’ospite che la famiglia formata dal padre e dalla figlia avevano.

 

L’ospite in questione, intrattenuto così tanto dal conversare con la ragazzina da non aver ancora finito di mangiare, era un ragazzino dai capelli color rame.

Akisame Irie, figlio del Presidente della C.E.D.E.F Shoichi Irie, aveva iniziato a comprendere meglio i sentimenti che provava per Angelyca, sorella di Kevin.

Il loro rapporto era iniziato per sostenere la solitudine di entrambi, una lasciata dal fratello per tenerla al sicuro dai pericoli, e l’altro un ragazzo disabile vissuto sotto l’ombra del padre, incapace di far emergere il suo genio creativo e sottovalutato dal mondo.

 

Erano ragazzi legati dall’amicizia pura, priva di imbarazzo, gelosie, invidie. Ma Akisame sentiva di provare qualcosa di più, ogni giorno iniziava a sentir sempre più la necessità di veder Angelyca felice, come se non provasse altro nella sua esistenza.

 

Ed era proprio per questo motivo che aveva commesso il peggio.

 

La terza persona seduta a quella tavola, che ascoltava i discorsi entusiasti della figlia, spesso ridendo o intervenendo serenamente, magari offrendo un bis al ragazzino, era l’assassino più ricercato dai Vongola.

 

Il suo vero nome non era né Teschio, né Providence, bensì Giustizia, datogli dal prete protestante newyorkese che lo adottò a sedici anni.

Nato cinquant’anni prima da un soldato italiano in missione, dopo un rapporto con una donna cambogiana.

Avendo stretto subito contatto con la violenza e le brutalità permesse agli esseri umani, il suo dono, l’Istinto d’Emulazione, lo portò nei suoi primi dodici anni di vita a farsi conoscere in un’organizzazione rivoltosa contro la dittatura.

In seguito, fu costretto a nascondersi, viaggiando per tutto il mondo mentre affinava le sue tecniche di assassinio sotto pagamento, ponendo fine a commerci illegali di schiavi o stupefacenti, liberando paesi da conquistatori stranieri come mercenario e liberando numerosi politici in ostaggio in tempi di guerra.

 

È l’uomo complice delle sorti di almeno quaranta nazioni in tutto il mondo, ma nessuno conosce il suo nome. Infine, a sedici anni decise di iniziare a studiare, resosi conto di voler inserirsi nella comunità come un normale cittadino.

Dopo essersi sposato con una sua compagna di università, e dopo esser diventato padre di Kevin e Angelyca, gli orrori commessi nella sua adolescenza lo tradirono, realizzando così che la sua vita non poteva essere felice e priva di peccati. Consapevole di essere un mostro e di non poter meritare una famiglia, salutò sua moglie ed i suoi bambini, per poi assumere l’identità di Providence e lavorare come assassino.

 

Fino a che, dopo undici anni da allora, venne a sapere che i suoi figli erano finiti lontani dalla protezione che lui credeva, e rivedendoli nelle mani della Famiglia Vongola, lo assalì un forte rancore.

Però, allo stesso tempo, aveva saputo che suo figlio aveva preso la decisione di seguire Tengoku per sconfiggere gli Anonimato, dai quali era stato assoldato.

 

Così la sua vita si era divisa, e mentre cercava di godersi il tempo che mai aveva speso assieme a sua figlia, ancora non sapeva cosa avrebbe fatto una volta che Kevin gli si sarebbe presentato come avversario.

 

Lo avrebbe ucciso, rispettando la libertà e le scelte del figlio, oppure lo avrebbe risparmiato come l’uomo che aveva sempre desiderato essere?

 

E mentre tra quei sorrisi si nascondevano dubbi e paure, la porta della cucina si aprì.

Solo un braccio sporse oltre l’uscio, rivelando una mano agguantata che fece segno di avvicinarsi.


Sebbene quella presenza non avesse parlato, Akisame Irie comprese che si stesse rivolgendo a lui.

“ Scusatemi.” Disse sorridendo ai due, per poi allontanarsi sulla sua sedia a rotelle, andando in direzione della porta, ormai spalancata.

 

Quando la ebbe superata, si ritrovò nel corridoio dell’appartamento che dava sulla porta d’ingresso, e i suoni dalla cucina cessarono con il richiudersi dell’uscio.

 

“ Spero tu ti stia trovando bene, Akisame.” La voce di Sebastian, in piedi davanti a lui, gli fece riaprire gli occhi dopo aver sospirato a lungo.

 

In realtà, il giovane non poteva mentire: era stata una sua scelta seguire Angelyca, il giorno in cui Giustizia l’aveva recuperata dalla Magione.

Ricordava perfettamente la scena: il volto di Sebastian, impassibile e sereno come in quell’istante.

“ Se desideri, come lei, vivere una vita lontana da questi mostri capaci solo di tradire il prossimo, allora vieni con me.”

 

Quella sera Sebastian era riuscito assieme a Giustizia ad entrare nella Magione, ma sebbene entrambi vantassero di un’incredibile potenza, sommata all’immortalità del Boss degli Anonimato, non avevano scelto di attaccare i Vongola. Se lo avessero fatto, probabilmente sarebbero riusciti a sconfiggere quasi tutti i sei guardiani rimasti due giorni prima, se non direttamente a compiere una strage di tutti i presenti.

 

Ma non lo avevano fatto. E quella notte, Akisame aveva deciso di tradire i Vongola, per poter trovare quella felicità assieme ad Angelyca che tanto sognava.

“ Non riuscirò mai a capire perché tu abbia scelto me.” Rispose freddamente il rosso, e l’uomo scoppiò a ridere.

“ Sul serio? Potrei dirti due semplici motivi, invece.” Sebastian fissò con i suoi occhi neri, quelli verdi del ragazzino, trovando il suo riflesso inquietante e distorto, simbolo della sua anima votata all’oscurità.

“ Il primo, è che il tuo sogno di essere qualcuno che non saresti diventato ti stava schiacciando,  avendo avuto la sfortuna di nascere tra i Vongola.” L’ultima parola venne detta con disprezzo, come se avesse cercato di trattenersi dall’aggiungere insulti o maledizioni per quella Famiglia.

 

“ Il secondo motivo, è che tu sei un ragazzo forte, con un orgoglio duro a morire. Vali molto di più di tuo padre, Akisame.”

“ Forte? Orgoglio ?” ripeté il ragazzino, per poi scuotere la testa in segno di diniego.

“ Dopo aver tradito le persone che mi hanno cresciuto, di orgoglio non dovrei avere proprio nulla.”

 

Ma la risposta che ricevette, riuscì a spezzare quel suo volto inespressivo.

“ Sei forte abbastanza da nascondere di aver trovato una cura alla tua malattia, e di sfruttare il tuo servilismo per continuare a passare informazioni a tuo padre su di noi.”

 

Mentre il sorriso affilato di Sebastian si avvicinava al volto sudato di Akisame, questi aveva sbarrato gli occhi per lo stupore. Il respiro gli si era fatto pesante, ed i polmoni si gonfiavano in ricerca di aria.

 

Ma, dopo qualche secondo, il ragazzo emise un verso simile ad una risata, e si sollevò dalla sedia a rotelle.

Le sue gambe non erano paralizzate, e lo mantenevano in piedi come quelle di una normalissima persona.

 

“ E così te ne sei accorto, eh? Vorresti uccidermi, adesso ?” Mostrò il suo volto all’avversario, aspettandosi la morte, ma accettandola con il sorriso sulle sue labbra.

La sua esistenza sarebbe anche potuta finire lì, perché ormai aveva visto ciò che desiderava.

Aveva visto Angelyca felice.

 

“ No, affatto. Anzi, se non fosse troppo tardi per farlo, ti direi di continuare così …” ma la morte non arrivò.

Al suo posto, sotto lo stupore del ragazzino, la mano di Sebastian gli si appoggiò sulla spalla con fare paterno.

“ Io voglio che i Vongola muoiano, dal primo all’ultimo, quindi se mi vengono in contro, non posso che gioirne.”

 

 

 

 

 

Roma, ore 15:00.

 

Sulla capitale italiana il sole splendeva, simbolo della speranza che sette giovani, in un albergo, riponevano nel loro futuro.

Tengoku, Azura, Akane, Drake, Akira, Momoka e Kiiro erano atterrati all’aeroporto di Fiumicino circa un’ora prima, e mantenevano nelle loro menti le parole di Reborn.

 

“ Come vi ha detto Yukiteru, abbiamo ricevuto notizie riguardo questa sera: i Bravi si mobiliteranno da una loro base a Torino, verso il luogo dell’incontro, ovvero Venezia.

Ci impiegheranno meno di quattro ore, e saranno divisi in una coppie in una singola macchina. In testa ci saranno Xian e LUC1F3R0, con Alberto al volante. Seguiranno Geronimo e Kravis, con in coda Duncan e Deazel. Il nostro piano è rapire Xian, e sfrutteremo questa loro divisione a nostro vantaggio.”

 

La strategia da seguire era quella di bloccare i Bravi prima del loro ingresso a Venezia, dove sarebbero avvantaggiati in quanto a uomini. Esattamente come loro avrebbero raggiunto la città in macchina, anche Tengoku e i sei ragazzi li avrebbero interrotti suddivisi in squadre.

Kevin era stato preso sotto la custodia di Iemitsu Sawada e Lancia, per prepararlo sul controllo delle Fiamme di Fon prima dello scontro, e sarebbe già stato a Venezia, assieme a Reborn, per intervenire dal lato opposto.

In parole povere, sarebbe stato un attacco a tenaglia, necessario solo se la squadra più vicina a Venezia si sarebbe trovata in difficoltà.

 

Così i sette si erano separati dal Tutor, che insieme a Yukiteru, li aveva salutati con un sorriso.

Non servivano parole, loro riponevano fiducia sulla vittoria.

 

 

Tengoku chiuse la propria valigetta, assegnata a ciascuno di loro sette, sul letto della camera d’albergo.

Al suo interno era custodita una pistola semi-automatica caricata a Pallottole del Coraggio di Morire, un auricolare collegato ad una rete privata condivisa da solo loro e Reborn, insieme ad un fascicolo di scatti fotografici sulla strada che avrebbero percorso.

 

Aveva appena concluso di studiare il piano attraverso la guida di Reborn tramite la ricetrasmittente, e personalmente aveva lavorato sui tempismi da adottare per gli interventi della squadra.

Era stato deciso così, e con molto  autocontrollo e supporto dai suoi amici, aveva accettato questa scelta. Gli era difficile prendere decisioni così importanti per gli altri, e il pericolo di morte certamente non lo aiutava a rilassarsi.

Ma era il Capo, in quella missione avrebbe decretato le sorti di ognuno di loro, ed il fallimento non era consentito.

 

Mentre iniziava a pensare che sarebbe dovuto essere in macchina per le 16 in punto, un qualcosa di strano accadde alla sua porta. Infatti, per un secondo o poco più questa sembrò scomparire, lasciando visibile cosa ci fosse nel corridoio di fronte alla camera.

Il ragazzo intravide la figura di Momoka, alta pressappoco quanto lui, magra e con dei capelli castani scuri lunghi fino alle spalle.

 

A quel punto sorrise, seppur sorpreso, ed andò ad aprirle la porta.

Si erano dati quel comando segreto per identificarsi da un possibile altro disturbatore, e con disturbatore ovviamente si poteva intendere chiunque volesse attentare alla loro vita.

 

Quando la ragazza vide comparire davanti a sé un Tengoku vestito con una tuta molto aderente alla pelle, di materia nera come la pece, rimase altrettanto sorpresa.

“ Oh …” sussultò, ed il bruno cercò di nascondere l’imbarazzo con una risata, molto poco realistica.

Fortunatamente, la Nebbia sembrò non voler infierire sul suo aspetto bizzarro, ed aggiunse con un timido sorriso: “ Sono venuta per sapere quali dovessero essere gli ordini.”

 

“ Ma quali ordini ?” chiese scherzosamente Tengoku, arrossendo. Non era per niente abituato a quella presa di autorità, gli faceva pensare di essere qualcuno che non voleva essere.

“ Bhe, quelli che hai scelto tu !” gli rispose la ragazza, cercando di incoraggiarlo, perché empaticamente percepiva l’imbarazzo. Lui la fece entrare, chiudendo la porta.

 

“ Certo che deve essere proprio folle pensare di seguire delle mie scelte. D’altronde, non sono Reborn.” La voce del bruno sembrò rivelare ancor di più le sue insicurezze, mentre prendeva dalla sua scrivania gli appunti e l’elenco degli obbiettivi da attuare in quella notte.

 

“ Dubiti di me ?” domandò allora Momoka, per poi sorridere vedendo il ragazzo cercare di giustificare il fraintendimento.

“ So che può sembrare strano, ma ho il presentimento che andrà tutto bene.” Con la sua ultima frase però, sembrò sciogliere le tensioni nei muscoli e nello sguardo di lui.

 

“ Ok, allora.” Sussurrò Ten, cercando di nascondere un sorriso commosso tra le sue labbra.

 

La spiegazione delle azioni durò poco. Anche se gli appunti apparivano un po’ troppo confusionari, il sommario della strategia era stato scritto in modo impeccabile, cristallino.

 

Momoka intervenne complimentandosi con lui, affermando in merito di cavarsela anche lei abbastanza bene con la scrittura, in quanto amministratrice di un paio di blog e autrice di storie condivise online.

Ten, invece, dall’alto delle sue numerose ore passate sugli MMORPG, pensò di essere proprio l’ultima persona con cui parlare di informatica o gestione di siti internet, ma riuscì a trovare anche nella ragazza un lato da giocatrice su personal computer. Fu una discussione che inevitabilmente scese nel rilassamento, alleviando la preoccupazione innegabile della missione, facendo per la prima volta conoscere i due come dei semplici ragazzi, degli adolescenti con un mondo da raccontare.

 

Quando però il discorso arrivò al punto dove Momoka rivelava come avesse ottenuto il Cellulare Posseduto, il bruno si sentì particolarmente in colpa per il violento cambio nel destino della ragazza, questo perché lei non sapeva quanto invece lei ne fosse grata.

E fu in quel momento, in cerca delle parole da dire per scusarsi, che gli venne in mente un’idea migliore.

 

“ Ho visto che prima, in aeroporto, tu e Kevin avete preso un po’ di confidenza.” Disse serenamente, generando a sua insaputa un forte imbarazzo nella ragazza al suo fianco.

A differenza di lei, purtroppo Ten non era così sveglio da riconoscere quando gli altri erano imbarazzati.

Ma prima ancora che la castana potesse giustificarsi per qualcosa di assolutamente non grave, lui era già partito con un discorso davvero bizzarro:

“ E questo è un bene, d’altronde forse sei l’unica persona al mondo, ma che dico, l’unica fra tutte le dimensioni esistenti, in grado di sopportarlo. Però devi fare attenzione, perché Kevin, avendo sopita dentro di lui la prepotenza di un vero duro, potrebbe cercare di sottometterti.”

 

E senza che la ragazza avesse capito cosa lui volesse intendere con ‘sottometterti’, ma non prima invece che lei ne avesse inteso il significato più ambiguo diventando rossa come un peperone, Ten aveva iniziato a voltare le pagine nel fascicolo.

Infine, appena raggiunta la pagina riguardante Kevin, iniziò a disegnare qualcosa con un pennarello sulla foto del rosso.

A lavoro finito, porse il fascicolo alla ragazza, mostrando così una foto di Kevin con una coroncina in testa,  parte dei capelli ritti verso l’alto e dei denti sporgenti. Era un qualcosa di incredibilmente no-sense, ma per qualche contorto motivo… strappò una risata da Momoka, presa alla sprovvista da quel ritocco.

Ma quello che più continuava a farla ridere, era l’espressione di Tengoku, che nel mentre aveva ripreso a parlare con una serietà spaventosa, come se stesse spiegando un’importante lezione di vita.

“ E quindi, quando lui vorrà prenderti in giro, tu mostragli questa foto e vedrai che sarà troppo sconvolto per controbattere.”

 

“ Ma dove l’hai sentita questa storia ?” domandò la castana, riprendendo fiato dopo le risate, con un sorriso tranquillo che mai pensava di poter avere in un momento simile.

“ Sai, me lo ha insegnato Veronica, per difendermi da tutti i bambini prepotenti quando andavo alle elementari. Mi prendevano in giro perché ero di origine italiana, quindi …” dopo l’ultima parola il ragazzo si lasciò contagiare dalla risata.

“ Quindi è come una tecnica segreta ?” lo incalzò Momoka, facendolo ridere ancor di più.

“ Sì, certo! Prendila così, mia discepola… ahahaha!”

 

Erano le 15:30 quando si accorsero dell’orario, e la Nebbia, preoccupata, decise di non far perdere troppo tempo al loro Capo. E, poco prima di aprire la porta…

“ Grazie Tengoku.”

Un gesto inaspettato, un abbraccio. Il ragazzo si sentì il corpo venir scosso da una scarica elettrica, ma non era dolore ciò che provava, bensì una felicità troppo improvvisa.

Si sentì stordito, ma non poté fare a meno di rispondere, ricambiando l’abbraccio:

“ Grazie a te, Momoka.”

 

 

 

 

 

Ritornando indietro di trenta minuti, sempre nello stesso albergo, due persone appartenenti alla squadra avevano deciso di compiere un giro di perlustrazione, giusto per occupare il tempo aspettando che il nervosismo diventasse parte di loro.

 

Drake la pensava così, sentiva che più si sarebbero avvicinati alle 16, e più la ansia sarebbe cresciuta. Si consolava pensando che una volta in macchina, non avrebbe più avuto tempo per preoccuparsi.

Continuava a camminare, sentendosi prudere in quella divisa nera a macchie nere che aveva dovuto indossare sotto consiglio di Yukiteru, e ascoltava distrattamente un brano dei The Prodigy.

 

Questa sua disattenzione totale da qualunque cosa facesse, però, non lo rese incapace di vedere qualcuno sbucare dall’angolo nel quale stava per svoltare. Quel qualcuno era la seconda persona in giro di perlustrazione: Akane Mizuno.

 

Nella mente del biondo, a partire dal secondo in cui la riconobbe, per seguire in tutti gli stanti nei quali continuavano a camminare l’uno verso la direzione da dove proveniva l’altro, si scatenarono una marea di insulti riferiti a se stesso.

Il motivo era palese:

- Da quando si è risvegliata non ho avuto neanche il tempo di salutarla, e la prima cosa che ho fatto è stata di mettere in pericolo lei e Ten. TEN!! Questa adesso potrebbe anche uccidermi, maledetto il mondo !-

 

E con gli occhi sbarrati, un’espressione stupidissima di finta indifferenza e un’andatura rigida da soldatino di latta, il giovane sentiva di camminare incontro alla sua morte.

- La morte vestita in un’aderente tuta rossa da indossare sotto il giubbotto anti-proiettili… una sexy tuta rossa aderen…MA CHE CAZZO STO PENSANDO ?!-

I passi sembravano star durando ore, ma in realtà il tempo scorreva inevitabilmente, ed in quella traiettoria non potevano che avvicinarsi sempre di più.

 

-Porca miseria, se proprio deve ammazzarmi spero non mi guardi in faccia, non riuscirei a guardarla, e uno che distoglie lo sguardo mentre sta per essere ucciso deve sembrare proprio cretino !-

 

I pensieri sarebbero continuati all’infinito, magari fino anche a distruggere psicologicamente il ragazzo, se uno schiaffo a velocità imprevedibile non lo avesse colpito sulla guancia.

Il colpo spedì Drake letteralmente gambe all’aria, capovolgendo la sua testa fino a ritrovarsi con il collo e la faccia schiacciate sul pavimento.

 

Era stata Akane, intuì il tedesco, e non si sorprese nel vedere la corvina davanti a lui.

L’assassina era lì, con i suoi lunghi capelli neri e gli occhi rossi, insieme alla sua caratteristica cicatrice ad X sotto il labbro inferiore, accompagnata da un nuovo segno indelebile: la cicatrice lasciatagli da Korvo, il suo mentore, negli ultimi istanti di vita prima di venir ucciso da Xian.

 

Appariva incredibilmente potente. Sì, potente era l’aggettivo esatto: nonostante il lungo e pericoloso ricovero che aveva dovuto subire, era scappata dalla morte, ritornando a combattere pochi giorni dopo, salva solo grazie al proprio coraggio, e al legame con Ten che persino la morte non aveva vinto.

Una ferocia perfetta, come se il cacciatore per eccellenza avesse incontrato il destino, dimostrandogli di non esser soggetto a nessuna legge della probabilità e a nessuna fatalità. Una descrizione superba, per Akane Mizuno, assassina della Famiglia Vongola.

 

“ Sì, ecco, lo so che ho combinato solo guai…” ma mentre Drake provava a cercare di giustificarsi, o a spiegare meglio alla ragazza cosa fosse successo a Namimori, ricevette solo un calcio nello stinco mentre provava ad alzarsi.

“ Diavolo !!” esclamò, ed allora lei gli rivolse la parola.

 

“ Non mi interessa del tuo passato, né di quello che pensavi sarebbe stato giusto fare per il nostro bene! Voglio solo che tu mi dica le parole che aspetto da tempo, Drake …”

La voce di Akane, tagliente e spietata, aveva squarciato come appunto una lama affilata, la mente del ragazzo. E non era stata quella spietatezza, bensì la prima frase.

 

- Come non le interessa ?- Akane aveva detto chiaramente che non le interessava del suo passato, né delle sue decisioni prese durante quel periodo di buio. Riconosceva che fossero state stupide, certo, ma il punto era proprio che…

Le aveva ignorate. Cancellate, non avevano peso per lei.

 

“ S-sì, lo farò.” E mentre le parole sembravano morirgli in quella gola secca, il tedesco sentì profondamente di dover ringraziare Tengoku. Chi altro avrebbe potuto spiegare quanto successo ad Akane senza farla arrabbiare, e cosa più importante, era grazie a lui se dunque poteva finalmente dire ciò che desiderava da… praticamente poche settimane dopo aver iniziato a frequentare Akane.

 

Così Drake si rimise in piedi, e cercando man mano di sollevare il suo mento, per guardare con i suoi occhi azzurri quelli scarlatti di lei, incominciò.

 

“ Ho l’impressione che da quando sei entrata nella mia vita, entrando dalla porta di un mondo pericoloso che mi spaventava, io abbia iniziato a stimarti. Mi hai sempre impressionato come persona, perché quello che riesci, che sei riuscita a fare tu, è stato far sorridere tutti noi quando eravamo insieme, e piangere mentre eri lontana.

Non ho mai sofferto per la lontananza di qualcuno, anzi… pensavo che dopo mia madre, tranne che per Azura, non avrei mai sofferto in assoluto per qualcun altro. E penso di aver versato lacrime, di aver pregato per il ritorno della persona giusta. Sei tu quella che ho atteso!

Sei tu quella che ho rischiato di perdere, sei tu quella a cui stavo per voltare le spalle, e questo non riesco a perdonarlo. E, so che ti sarai fatta l’impressione perfetta di un idiota, nei miei confronti. Io lo accetto, certo… ma dentro di me per la prima volta, PER LA PRIMA VOLTA, vorrei essere così egoista da desiderare che noi potessimo passare più tempo insieme, per convincerti del contrario.

Magari anche… ad innamorarti di me.”

 

“ Sai che sei proprio carina in smoking ?”

“ Fottiti. Ho visto come guardavi Veronica. Perché non la inviti ad uscire? Uno come te farebbe subito colpo…”

“ Sono interessato a qualcun altro al momento.”

 

“ I-In realtà io… volevo solo che tu mi dicessi che sei felice di vedermi viva, come ha fatto tua sorella.”

 

Il silenziò calò in quel corridoio.

Il volto di Drake era paralizzato con gli occhi sbarrati e le labbra serrate, mentre sorprendentemente Akane si stava cercando di nascondere il volto tra i capelli, tenendo la testa abbassata.

Le gote di entrambi divennero rosse, e presto anche tutta la faccia avvampò.

 

“ Però, se questo è il tuo modo di dirlo, è sempre meglio di niente.” Disse la corvina mentre si schiariva la voce nervosamente, e cercava di riacquistare una certa compostezza, proprio come il tedesco.

“ Quindi io… andrei.” Disse infine, riprendendo il suo cammino, con gli occhi oscurati dalle ombre dipinte sul suo volto.

 

“ No !” La voce del ragazzo, riuscì però a farla desistere, rallentando il suo passo fino a fermarla, mentre ormai dava solo le spalle agli occhi lucidi di Drake.

“ Quindi è un sì? Prometti che lo faremo, insomma, che inizieremo a frequentarci, ricominciando da zero ?”

 

Quella domanda, rimasta sospesa a mezz’aria come un palloncino che sfidava l’immensità del cielo.

“ Drake, io ho paura, perché non sono la persona che credi.” La risposta della ragazza sembrò ostacolare il volo di quel palloncino, come un vento che lo spingeva troppo lontano dal cielo.

“ Perché ?”

“ Perché anche io, come voi, vivrei l’inferno se qualcuno dei miei amici rimanesse ferito, o peggio, durante la nostra ultima missione. Per questo… se mi legassi a te e diventassimo più di amici, non pensi che il dolore sarebbe ancora più atroce ?!”

 

Una volta che i due si erano guardati entrambi negli occhi, avevano compreso tutte le debolezze dell’altro. Ora però condividevano solo il calore della fiamma chiamata speranza, minacciata da quel freddo dubbio, che come un artiglio sembrava voler distruggerla fino alle ceneri.

Avevano conosciuto quel freddo, e tenevano troppo alla fiamma, l’unica cosa che ancora li legava e li faceva sorridere, persino in quel momento.

 

E fu proprio un sorriso che la ragazza mostrò, voltandosi, tra delle lacrime che aveva sempre nascosto a tutti. A quella visione anche il biondo non resse, ed il pianto fu un’altra cosa che li legava.

“ Però, quanto saremo felici al termine di tutto questo… ammetto che mi farei corteggiare in maniera così pietosa tutte le volte che vorrai.”

“ Non vedo l’ora !” strillò Drake ad Akane, mentre lei correva via per non rimanere ancora in quel luogo, testimone di quanto era successo.

 

Il palloncino non si era affatto fermato, e continuava il suo viaggio spensierato tra la tempesta e i fulmini.

 

 

 

 

 

Poco dopo aver salutato Momoka, Tengoku aveva ripreso a studiare la cartina stradale del Veneto, rivedendo i punti decisi per bloccare le vetture del nemico.

Non ci volle molto, prima che potesse riconoscere un suono di passi nel corridoio. Stranamente, quella volta sentì di poter aprire la porta senza aspettare alcun segnale, e così fece.

 

Per questo Akira Shirogawara fu abbastanza sorpresa di veder la porta aprirsi davanti a sé, e ovviamente anche per la visione della strana tuta di Tengoku, quasi facendo ripetere la reazione del bruno.

 

Con un gesto della testa, accompagnato da un sorriso, la ragazza dai lunghi capelli neri, ben più alta di lui, venne fatta accomodare nella stanza.

Portava il suo fioretto in un fodero nero in carbonio, assicurato per diminuire al massimo del possibile l’attrito quando si sfoderava la lama, aumentando così la velocità dei colpi con estrazione, un vanto per lei.

L’arma venne riposta sul letto, dove si sedette per poi iniziare a fissare il ragazzo.

 

Naturalmente il bruno non sapeva cosa dire in quell’occasione, sebbene si stesse dimenticando che l’amica fosse venuta lì per discutere sul piano. Così cerco di ricambiare il sorriso di lei, perdendo forse un minuto di tempo nel totale imbarazzo di non saper cosa fare.

Quando sollevò lo sguardo, trovò un’espressione confusa, innocente, sul volto di Akira, e lì si sentì ancor di più a disagio.

- Non so cosa fare! Cosa fa di norma un Capo in queste situazioni?! Forse dovremmo parlare del… oh cielo, Ten, ammazzati dopo questa.-

 

E mentre il ragazzo rifletteva con se stesso, quasi non si accorse del fatto che la Nuvola aveva estratto un oggetto particolare, di forma rettangolare, e di color nero.

Era un block-notes. Il block-notes di Akira.

 

La ragazza scrisse qualcosa su quelle pagine, utilizzando con bravura straordinaria delle Fiamme della Nuvola emesse dal suo dito, che aderirono al foglio senza bruciarlo come fosse inchiostro, sotto lo sguardo stupito dell’altro.

Quando ebbe finito, glielo mostrò, svelando una scritta viola capace di crepitare come fuoco:

“ Sei per caso muto, tu ?”

 

“ Ehm… no !” esclamò Tengoku non appena comprese lo scherzo, cercando di sorridere nella maniera più reale che potesse.

 

A quel punto la corvina voltò pagina. Ora la scritta era: “ E allora inizia, dai.”

Incoraggiato da quell’ordine, il bruno si sedette immediatamente sul letto, prendendo un’altra copia del fascicolo.

“ Ok, allora, iniziamo.” Incominciò, prendendo un grosso respiro.

 

“ Se hai qualche domanda da farmi, ovviamente dimme- …” Si era già fermato. Come se il mondo per lui si fosse paralizzato in quell’istante, mentre fissava il vuoto davanti a sé con sguardo perso, ed il labbro inferiore morso.

 

“ Te lo giuro, io… non ci riesco.”

Diverse sensazioni si crearono nella mente della ragazza, che a quella frase rimase basita quasi quanto il ragazzo stesso.

 

“ Cosa vuol dire ?” scrisse velocemente in aria con le sue Fiamme, ed a quel punto Tengoku si alzò dal letto prendendosi la testa fra le mani.

 

“ Oh, andiamo! Ma, insomma… cioè, hai idea di cosa, di chi tu sia? È già tanto se a volte riesco a rivolgerti la parola.” Disse lui, iniziando ad alzare il tono, mentre nella sua voce vibrava il nervosismo.

 

“ Sinceramente proprio non capiscano come facciano gli altri… magari, a modo loro, sono strani.” Aggiunse infine, con una mezza risata mentre appoggiava la sua fronte al muro, dando le spalle alla ragazza.

Non la stava più guardando. Le sue mani tremavano.

 

“ Come faccio a parlarti se tu sei una mia senpai, ed in più la presidentessa del Consiglio Studentesco? Mi sento troppo in colpa per tutte le volte che sono entrato in ritardo, o che non ho studiato, proprio perché so che tu sei una delle studentesse più brave della scuola !”

Con quell’ultima frase però Ten si voltò, mostrando il suo volto rosso ed un sorriso stupito, ma divertito dal suo stesso modo buffo di comportarsi.

 

E fu solo girandosi, che poté vederle, dopo qualche secondo.

Le lacrime di Akira.

 

“ Oi, che succede ?” allarmato, il bruno si precipitò verso la ragazza, prendendole la mano. Inaspettatamente, Akira continuò a piangere, andando con la mano libera a cingere il ragazzo, stringendolo a sé e rimanendo immobile a singhiozzare sulla sua spalla.

 

I due rimasero così per un lasso di tempo indefinibile, dove il ragazzo riuscì a sussurrarle nelle orecchie parole come: “ Va tutto bene.”, “Non è successo niente.” o “Dai, non piangere, per favore.”.

Quando la corvina riuscì ad esaurire le lacrime per quel pianto, lentamente e sotto l’attenta visione di Tengoku, scrisse nuovamente in aria.

 

“ Aveva pensato che non volessi parlarmi, che non mi volessi, per via del mio problema fisico.”

 

Gli occhi verdi di lui, dopo aver letto quella scritta, sembrarono fremere, per poi iniziare a diventare lucidi come degli specchi d’acqua.

“ Non potevi pensare cosa più stupida. Nessuno di noi la penserà mai così.”

E, mentre adesso fu lui a piangere, commosso, la strinse in un secondo abbraccio, per poi scoppiare a ridere insieme.

Erano uniti.

 

 

 

 

 

Drake pensava di essere finalmente, grazie all’aiuto di Akane, sulla buona strada per sentirsi in pace con il mondo. Improvvisamente la paura del futuro, così incerto, lo aveva aiutato a ricordare di avere ancora un importante conto da saldare.

 

Si era ritrovato dunque davanti a quella porta, che dopo esser stata aperta, aveva lasciato che una punta acuminata in acciaio venisse puntata alla sua gola.

 

“ Penso che potrei lasciarti così, se non continuare a spingere Steel Soul.” Disse Azura, armata con la sua lancia allungabile in acciaio, mentre appoggiata a fianco della porta manteneva il controllo sulla carotide del fratello.

“ Almeno mi parli. Non ti ricordavo così poco dura, di solito se quando mi tieni il muso non mi rivolgi nemmeno la parola.” Sorrise il biondo, non considerando il pericolo della punta sul suo collo.

 

Dopo quelle parole, la ragazza alta all’incirca quanto Tengoku, dai lunghi capelli boccolosi e gli occhi azzurri, fece roteare Steel Soul tra le mani fino a ritrasformarlo in un cilindro di metallo non più lungo di una bottiglietta d’acqua.

“ Qui non si tratta di un gioco… ma tu stranamente sei sempre quello più apprensivo, quindi è strano che te lo sia dimenticato.”

Scura in volto, la ragazza fece per chiudere la porta, ma la mano di lui glielo impedì.

 

Quando lei si voltò, trovo uno sguardo confuso in Drake, carico di ansia, come se stesse rivelando una paura nascosta fino a qualche secondo prima.

 

- Quindi lei non lo sa !- Era questa la risposta che si era dato il biondo.

E mentre sua sorella iniziava ad urlargli contro degli insulti di ogni genere, una strana sensazione di caldo gli riempì le viscere. Era la felicità!

La cosa più bella del mondo, per lui era quella rivelazione: sua sorella non sapeva di cosa avesse fatto il loro padre, per cercare di recuperarlo dal Giappone.

 

E mentre stava per liquidarsi con una frase qualsiasi, qualcosa però lo fece desistere, come cancellando quell’euforia. Quella era la ragione, la paura, il ricordo.

 

Il ricordo di quanto avesse sofferto, la paura di aver dovuto giocare con le sue mani una partita sulle vite dei suoi unici amici, ed infine la ragione, che lo aveva portato a cambiare.

“ Senti …”

Disse allora, sollevando i suoi occhi, rispecchiandosi in quelli della sorella, come due mari che si incontravano.

“ Posso dimostrarti di essere cambiato ?”

 

Fu solo quella la proposta, una semplice frase, che però lasciò nella mente di Azura una strana sensazione.

“ Cambiato ?” ripeté la ragazza, più a se stessa che per l’altro.

 

“ Sì… tipo che non verrò più a romperti le scatole ?”

“ Lo dici perché ti ho puntato Steel Soul alla gola, o perché pensi davvero che io sia forte ?”

“ Entrambe le risposte.” Drake rise, e sottovoce la rossa lo mandò a quel paese. Ma era stato un sussurrato tono dolce, come se la voce le fosse tremata.

“ Questo non vuol dire mica che se mi vedrai morire, mi lascerai andare all’inferno ?” Domandò ulteriormente la ragazza, ed il fratello rispose con un semplice occhiolino, per poi voltarsi ed andarsene.

 

Quando Azura Schlmit rimase sola, guardando il legno della propria porta, le venne istintivamente da sorridere. Era una reazione imprevista, non sapeva nemmeno perché lo stesse facendo, siccome il motivo le arrivò un po’ più tardi.

 

Ricordava quando, a Namimori, nella giornata precedente, ad un certo punto aveva sentito dentro di sé una potente sensazione di disagio, come una tristezza che la stava per divorare. Ma, non l’aveva mai collegata a sé, bensì aveva sentito in un qualche angolo remoto del proprio cuore, che quelli fossero i pensieri di Drake.

E, per la prima volta in tutta la sua vita, si era preoccupata lei per suo fratello, e non il contrario. E non centrava affatto la poca fiducia, perché lei reputava suo fratello molto forte, forse ben più forte di lei, ma ugualmente quel presentimento l’aveva fatta spaventare.

Aveva avuto paura, e un terrore del genere on avrebbe più voluto riprovarlo.

 

In quel momento quindi, aveva compreso Drake, ciò che lui provava da quando avevano lasciato la Germania. Suo fratello provava così spesso quella stessa sensazione, indipendentemente da quanta fosse la sua fiducia in lei?

 

“ Maledizione… pensavo di non poterti più stimare, ma sei peggio del diavolo.” Sussurrò nel silenzio della sua camera, ridendo mentre una singola lacrima le solcava la guancia.

 

 

 

 

 

 

 

Seduto in un angolo dell’intero piano occupato solo dalle camere dei sette ragazzi, c’era Kiiro, mentre abbracciandosi le ginocchia guardava il soffitto.

Quello sarebbe stato un incredibile momento per poter intravedere qualsiasi cosa ci fosse sotto la sua maschera bianca, pensò la gialla macchina umanoide, dispensatrice di morte e consigli perfetti.

 

Il pensiero capitò giusto nel momento nel quale Momoka Reader entrò nel suo campo visivo, facendogli dunque abbassare previdentemente il mento.

 

“ Scusami, non volevo disturbarti.” Disse semplicemente la castana, senza però un reale tono di scuse o preoccupazione.

“ Però stai pensando che per essere ciò che sono, sono un po’ troppo sospettoso e riservato.” Le si rivolse la macchina, guardandola senza mostrare un’espressione, senza una tonalità, senza un’emozione.

 

“ Non per quello che sei, ma per essere un nostro amico.” Gli rispose allora Momoka, abbozzando un timido sorriso, per poi aggiungere:

“ Perché noi tutti ti consideriamo tale, quindi puoi stare tranquillo.”

 

“ Di questo sono contento, ma sinceramente penso sia ovvio identificare come amico un oggetto capace di sterminare i tuoi nemici e risolvere tutti i tuoi problemi.”

“ Ma allora se lo pensi, perché non fai altro che aiutarci e salvarci la vita, rischiando la tua? Noi ti chiamiamo amico, solo perché siamo sicuri di poter fare lo stesso per te, nel momento del bisogno.” La voce di Momoka divenne più determinata, facendo apparentemente desistere il biondo dal rispondere.

 

Ed infatti, solo dopo qualche secondo riaprì bocca:

“ Scusami, sono un po’ confuso e non volevo dire quello. Non sono abituato ad avere amici, ecco.”

 

“ Perché non lo vuoi ammettere, Kiiro ?”

 

E qualcosa che si pensava non esistesse, si manifestò nella macchina, scendendo in profondità tra centinaia di miliardi di reazioni chimiche nel suo corpo, per poi emergere come un geyser: un’emozione.

Più precisamente, la vera confusione.

 

Davanti agli occhi del biondo, Momoka Reader sembrò cambiare aspetto.

 

Il corridoio bianco ed illuminato si trasformò in un vicolo buio, per infine diventare un freddo involucro che annichiliva ogni luce, portandolo nell’oscurità.

 

“ Io non ho paura di dirlo …”

La voce tremò di nuovo.

“ Io non ho paura di dirlo !”


E mentre Momoka non batteva un ciglio, Kiiro si alzò in piedi, abbandonando quel suo tono robotico, ed assumendo per la prima volta una voce umana, carica di emozioni, di cuore ed anima.

“ IO ERO UN ESSERE UMANO !!”

 

Con la sua stessa mano si artigliò la maschera, come cercando di strapparla, mentre le venature sul suo collo si gonfiavano, così come il petto mentre la voce esplodeva.

“ Io ero un umano! Un UMANO!! ERO UN ESSERE UMANO !!”

 

I suoi pugni ora tremavano, per quanto erano stretti, ed abbattuti sulle pareti del corridoio.   E così rimasero, persino quando la castana gli posò le braccia sulle spalle, avvicinandosi a lui.

“ Qual era il tuo nome ?” domandò la ragazza, posando il suo mento vicino al volto del biondo.

 

La creatura chiamata Kiiro ebbe un fremito.

“ Io ora sono solo Kiiro, la macchina assassina incaricata di proteggervi.”

 

“ Ma non le senti le tue stesse emozioni? Noi ti abbiamo conosciuto come un amico, non importa chi fossi quando ancora non indossavi quella maschera.” La voce di Momoka portò una brezza di malinconia e tristezza nella mente di lui, facendo rivivere qualcosa di ancor più sepolto delle emozioni: i ricordi.

 

Proprio come prima aveva per un istante sovrapposto un ricordo alle immagini della realtà, adesso sembrava che stesse rivivendo il suo passato, come un flash back impossibile da fermare.

“ Taylor …” mormorarono le sue labbra, apparentemente senza un significato.

“ Chi era ?” domandò la Nebbia, continuando ad accarezzargli la schiena.

 

“ Taylor… mia sorella. Il mio vero nome è Pinocchio, e sono l’unico figlio maschio di Dado Emanuele Vongola.”

 

 

 

 

Italia, Emilia-Romagna. Ore 15:45.

 

A differenza di qualche ora prima, Sebastian non stava più avendo la situazione sotto controllo, con un sorriso sprezzante sulle labbra. Piuttosto, ora la sua espressione era quanto di più umano avesse mai avuto dopo gli ultimi avvenimenti.

Si muoveva iracondo tra gli schermi  in una delle basi dei Varia, senza preoccupazione di scaraventare a terra chiunque lo intralciasse, cercando disperatamente qualcosa e urlando a squarciagola.

“ Dove cazzo è?! Datemi un collegamento, voglio un collegamento !”

 

Intanto, la sua mente afflitta dalla preoccupazione, cercava di prevedere cosa sarebbe successo prima di riacquisire il collegamento con delle telecamere, in un luogo ignoto.

- Innanzitutto, se qualcuno sta attaccando la mia base principale, come ha fatto a scoprire la sua postazione? È assolutamente impossibile, io sono praticamente rimasto solo in Italia nei recenti anni !-

 

“ Ecco, Direttore! Forse abbiamo trovato una telecamera funzionante.” Strillò un suo adepto, con la paura di poter venire ucciso dal proprio Boss se non si fosse dato una mossa.

 

- Ma poi, chi diavolo è stato ?!- fu l’ultimo pensiero di Sebastian, prima che da un enorme schermo sul muro, si aprisse il collegamento dopo numerosi suoni di interferenza acustica.

 

Le immagini era quelle di un pavimento rivestito in ferro, ma ricoperto da una spessa e contorta patina di ghiaccio, dalla quale si ergevano colonne e spuntoni che trafiggevano alle pareti uomini in divisa, colorandosi di rosso.

 

- No… non può aver architettato tutto questo.-

“ Datemi anche il collegamento audio !” ordinò l’uomo, con la voce che per la tensione gli vibrava nella gola.

 

“ Era già aperto. E sai cosa ti dico? È stato un piacere sentirti così debole, impaurito come un pulcino lontano dalla chioccia.”

Una voce di donna, fredda come il gelo che stava ricoprendo quel luogo, raggiunse Sebastian, facendogli emettere un ringhio animalesco.

 

“ Magari sei davvero abbastanza forte da poter uccidere tutti i restanti Guardiani dei Vongola. Ma sei come una pedina della dama radicata nella sua posizione di partenza: se rimani immobile hai la certezza di poter mangiare chiunque ti passi davanti, ma allo stesso tempo non puoi inseguire chi si prende la dama.”

Quelle parole spietate, erano lo sfogo di una vendetta e di un rancore forse pari a quello provato dallo stesso Sebastian, ma l’uomo non poté assolutamente compatire quella donna.

 

“ Himeko Ogawa… bestia di una spia, LA FECCIA DI QUELLA FECCIA DEI VONGOLA !!”

E mentre urlava quelle maledizioni, la telecamera venne afferrata da una mano, che la portò a sé.

 

Il volto di una ragazza, ormai in età adulta, dai lunghi capelli bianchi come la neve e gli occhi di un blu profondo come l’abisso, oscurò per un secondo un panorama di morte e sangue alle spalle di lei.

Il sorriso, che un tempo splendeva sul volto di quella ragazza, ora sembrava esserle stato strappato, e non rimaneva che una smorfia di disprezzo, insieme a degli occhi incapaci di perdonare.

 

“ Riesci a sentire il tormento dentro di te, ora? Sono la manifestazione del mio odio e del mio rancore.”

Ruggì l’albina, mentre come risposta ricevette solo un grido di rabbia, seguito da urla di terrore da parte dei seguaci dei Varia all’interno della stanza.

 

Dopo qualche istante, Sebastian, ricoperto del sangue degli uomini che aveva appena squartato, e con il respiro che iniziava a mancargli dalla gola, riprese a parlare.

“ Come… hai fatto ?” La domanda fu breve, e per un secondo sembrò una richiesta di pietà.

 

“ La tua debolezza, in questa tua ultima giocata di un mese, è stata il limite di tempo deciso da Tengoku e Xian durante la Festa della Famiglia, il 29 Marzo. Hai dovuto prepararti degli obbiettivi, e deciso a concludere tutto prima possibile, hai anche provato ad accelerare i tempi: ingaggiare Providence, i Cavalieri dell’Apocalisse, uccidere i Guardiani… uccidere Corex …” pronunciando le ultime parole fu la voce di Himeko, Guardiana della Neve dei Vongola a vacillare.

 

“ Ma, allo stesso tempo, hai deciso di scartare delle carte quando ne andavi a pescare delle altre… e ormai avevi dimenticato qualcosa di importante, che inaspettatamente si è ritrovato nel mio mazzo.”

 

Himeko aveva perso Corex, il suo più importante compagno fin dall’adolescenza, quando entrambi erano dei semplici adolescenti felici, non curanti delle questioni della Mafia o delle Famiglie.

Si erano conosciuti, si erano amati, collaborando anche da Famiglie diverse, ma non riuscirono mai ad organizzare un matrimonio, a causa della morte prematura di Tancredi Licaone. E adesso, la ragazza sapeva che non avrebbe mai più potuto coronare il suo sogno, di unirsi per sempre a Corex e di poter nuovamente vivere felici e senza preoccupazioni come quando erano giovani.

 

Quella era la sua vendetta.

 

“ Il tuo errore è stato di risparmiare Yuni, la Principessa degli Arcobaleno, l’unica capace di prevedere il futuro grazie alle sue abilità sciamaniche.”

 

- COSA ?!- in quel momento, Sebastian iniziò a distruggersi dall’interno, a causa di quell’enorme errore commesso, che sembrava aver appena ribaltato le carte in tavola.

“ Non è possibile, per poter prevedere il futuro, o leggere le informazioni di una persona, non può semplicemente… semplicemente…” Prendendosi il volto fra le mani, però l’uomo non riusciva proprio a darsi una spiegazione.

 

“ Che succede, vorresti uccidermi adesso? Penso proprio che non potrai, ora che sono così lontana da te, ma così vicina a questo posto che sembri voler proteggere tanto.”

La Guardiana della Neve forgiò, grazie alle gelide e pure fiamme bianche, degli artigli di ghiaccio nella sua mano sinistra.

“ Perché questo, secondo la predizione di Yuni, sembra essere il luogo dove è custodito il tuo segreto.”

 

Sebastian non aveva perso assolutamente nulla. L’allontanamento di una Guardiana dai Vongola in realtà sarebbe stato solo un’ulteriore velocizzazione dei piani.

Esattamente come aveva fatto notare, però, era un uomo dalla mente estremamente contorta, e tutto il suo rancore, l’odio che l’aveva portato a trascendere i limiti della natura… era stato causato da qualcosa.

E quel qualcosa doveva saperlo solo ed esclusivamente lui.

 

Platino, seppur fosse al corrente di un falso piano, sapeva benissimo che il pensiero degli assassini riuniti sotto il nome di Anonimato, Estraneo, o Bravi, era solo una balla. Non sarebbe esistito nessun figlio dei demoni, nessun ultimo erede della Stirpe Maledetta dei Vongola.

Ma il vero piano, l’unica e sola ragione di vita per Sebastian, non poteva venir saputo… toccato, sfiorato neanche col pensiero da nessuno!

 

E fu dunque così che l’uomo interruppe la comunicazione con la Guardiana.

Silenziosamente, si aggiustò il colletto della camicia viola a strisce rosse che indossava, per poi pulirsi una macchia di sangue sul naso. Il suo volto era indecifrabile, come se una massa di oscurità lo stesse ricoprendo, mascherando qualsiasi pensiero la sua mente ormai contorta stesse producendo.

 

 

 

 

Roma. 15:50

 

Era lì.

La macchina era parcheggiata esattamente sotto l’hotel, insospettabile nel via vai sulle strade della capitale italiana. Gli unici occhi che la osservavano provenivano da una finestra, poco più in alto.

 

Una mano poggiata sul vetro, ma incapace di coprire quella vettura, di nasconderla dallo sguardo.

 

“ Dai… ti stiamo aspettando.”

Una voce, con un tono dolce e per niente di rimprovero, non voleva in realtà suscitare il ragazzo a venire.

Perché Azura sapeva quanto fosse per Tengoku, esattamente come lo era per lei.

 

La stanza del bruno era stata ripulita, i restanti cinque li aspettavano davanti all’ingresso, ma loro due non riuscivano a scendere: Azura senza Tengoku, e Tengoku senza la propria forza.

 

“ Salire su quella macchina vorrà dire andare avanti, vero ?” chiese il ragazzo, forse più a se stesso che all’amica. Tuttavia la risposta arrivò lo stesso.

“ Che senso avrebbe adesso fingere di poter rimanere fermi per sempre? Possiamo solo andare avanti.”

La mano della rossa sfiorò la schiena di lui, stringendogli la giacca che ricopriva la tuta da combattimento.

 

“ Però …” Sussurrò lui, con il minimo movimento delle labbra.

“ No. Se è questo ciò che ti chiedi, io penso che questo non sia una strada a senso unico. Voglio  credere che da ora in poi troveremo solo tante diramazioni e scelte da intraprendere.

 

“ Già, abbiamo fatto davvero molta strada.”

I pensieri dei due giovani erano rivolti a quelle giornate a Namimori, dove erano solo loro due, Drake ed Akane… e ovviamente Reborn. Il sole, la luna, la scuola, le vacanze, niente sembrava porre fine alle loro avventure.

E da quel piccolo paradiso, erano emersi in superficie, assieme a tutte le piccole verità di quel mondo. Così avevano scoperto di non poter sentirsi soli, mai e poi mai, davanti alle difficoltà.

 

“ Non capisco proprio come possa essere arrivato così avanti. Io non mi sento più me stesso… sono cambiato dentro.”

Ma con quella frase, il ragazzo dai capelli bruni con il piccolo ciuffo bianco, aveva appena rivelato ciò che temeva di dire in assoluto. Si sentiva fragile ora.

 

“ Hai paura di star diventando come tuo padre, vero ?” Azura gli si avvicinò, fino a quando l’uno al fianco dell’altro, guardando entrambi fuori dalla finestra.

Tengoku non rispose immediatamente, gli ci volle un po’ di tempo per decifrare i propri sentimenti.

“ Penso solo che vorrei rimanere felice per sempre, senza dovermi legare alla Famiglia Vongola. Io… voglio solo essere per sempre con voi tutti, con Reborn, con Veronica e… e…”

 

Con i suoi genitori. Non riuscì a dirlo, gli era troppo difficile, ma Azura lo comprese ugualmente.

 

Il silenzio calò nuovamente in quella stanza.

 

“ Resti comunque il migliore.“

 

E in quattro occhi, due verdi e due azzurri, che si illuminavano come piccole stelle notturne in un istante di silenzio, rimase custodito un piccolo segreto.

Un bacio che la rossa aveva appena rubato al suo amico, nel momento più impensabile di sempre, all’apparenza. Perché infatti in quell’istante convergevano tutti i loro ricordi, le loro paure, tutte le volte in cui ognuno di loro aveva pregato per il bene dell’altro.

 

Per questo adesso, anche se Tengoku stava venendo trascinando per un braccio fino all’ingresso, le paure nella sua mente non prendevano più il controllo.

 

Perché ora sapeva di essere il migliore.

 

 

 

( Consigliato l’ascolto della opening Stand Proud, durante la lettura della seguente parte: https://www.youtube.com/watch?v=EDf61rwxi1I )

 

 

 

Il 26 Aprile, alle ore 16:00, tre macchine partirono da Roma, capitale dell’Italia, dirette verso Venezia.

Le vetture stavano accompagnando sette giovani verso il termine di una missione di vitale importanza.

Una missione iniziata il 29 Marzo, con la dichiarazione di guerra di Xian, figlia di Xanxus, contraria al passaggio del titolo di Boss su Tengoku Marco Sawada.

Da allora, Ten, Azura, Drake, Akane, Akira, Momoka, Kevin, Kiiro, hanno pianto, riso, condiviso vittorie, successi e fallimenti. Rimanendo insieme fino alla fine, dal momento nel quale sono fuoriusciti da delle bare in Sud Italia, ed iniziando un periodo di mortali allenamenti sotto la supervisione di Reborn.

 

In un viaggio dove hanno scoperto le crudeltà del mondo, e quali peccati l’essere umano fosse disposto a compiere per esaudire i propri desideri, sono sopravvissuti privi da queste tentazioni, ma forgiati nello spirito.

 

Ma ora che è stato smascherato Sebastian dietro la mossa di Xanxus e Xian, cosa riserverà il destino per questi giovani?

Quale sarà la decisione di Giustizia quando ritroverà il figlio Kevin?

Cosa nasconde Taylor, attuale fidanzata di Devon, ora che si è rivelata essere una delle figlie di Dado Emanuele Vongola, all’interno della nuova terribile organizzazione che comprende Anonimato, Varia e Bravi?

Qual è il segreto di Sebastian, e cosa cerca da Tengoku? Ma soprattutto, qual è il motivo della sua vendetta? Himeko Hogawa riuscirà a scoprirlo, per vendicare il suo amato Corex?

 

 

Ormai le ore scorrono troppo velocemente per poter essere afferrate e trattenute.

Non c’è tempo da perdere!

 

 

 

 

Nel frattempo, all’aeroporto Marco Polo, a poca distanza da Venezia,  due uomini stavano per uscire dalla porta principale.

“ Che stai facendo? Guarda che ci restano poche ore prima di entrare in azione.” Disse Reborn, calandosi il fedora sulla fronte per farsi ombra.

 

Al suo fianco, Yukiteru, scompigliandosi i corti capelli neri mentre si grattava la nuca, sorrise imbarazzato.

 

“ S-sì, inizia ad andare, se vuoi.”  Infine, cercando di nascondere un po’ di rossore sulle guance, cercò di mormorare a voce più bassa possibile:

“ Sai, a quest’ora chiamo sempre mia moglie quando sono lontano da casa.”

 

E ascoltando quella frase, il sicario in giacca e cravatta inarcò il sopracciglio, per poi allontanarsi sbuffando:

“ Che moccioso.”

 

Ma il trentenne, anche dopo quel commento, fu più veloce della luce nel prendere il suo cellulare. Mentre guardava il cielo sgombro da nuvole con un sorriso raggiante, pensò per l’ultima volta ai ragazzi con ottimismo.

- Forza… ce la faremo !-

 

La chiamata però squillò a vuoto, e continuò a farlo fino a quando la segreteria telefonica non rispose al posto del numero selezionato.

“ Ciaaaao, amore!! Mi manchi troppo, come stai? Io be-… uhm. Qui dici? Sì, fa caldo… da te no?”

 

 

[Story of a Family] continua… con la SAGA DELLA VERA FAMIGLIA.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autore:

 

Welcome back! Anche il viaggio di questa Saga giunge al termine, dopo un’imbarazzante durata di sedici mesi per quattordici capitoli.

Non sono proprio riuscito a mantenere la promessa di un capitolo al mese, sembrerebbe, nevvero xD?

 

Mi auguro di poter scrivere, con la terza ed ultima saga legata a Tengoku, sempre più capitoli in meno tempo. Insomma, già molti recensori hanno abbandonato la storia, non vorrei che tutti se ne andassero per i miei ritardi!

 

Ci sentiamo alla prossima, ricordatevi di aspettare l’arrivo della nuova Saga per aggiungerla alle storie preferite/seguite, in modo da non perdervi i futuri aggiornamenti.

 

Alla prossima, vi aspetto numerosi per le recensioni ^^!

 

 

 

 

EH! VOOOOOLEVIH che fosse tutto finito! Guarda, guarda che faccia… AMYGDALA SHOCK!!

 

E nulla, volevo solo informare chi non ne fosse già al corrente, ma, ecco… ho da qualche mese incominciato una nuova fan fiction, sul fandom delle Bizzarre Avventure di Jojo. Ve la consiglio tantissimo, non solo perché è scritta da me (e ora già immagino gente che proprio per questo motivo non la leggerà mai), ma anche perché se voi non sapete proprio nulla su Jojo, la mia è una storia completamente originale, o comunque dove tutto è spiegato anche per i novizi.

Fine pubblicità, ta ta ta ta.

 

 

 

 

Omake Numero 4: L’ombra.

 

“ Oh cazzo, no. Hanno ucciso Platino …” mormorò Sebastian, mentre sfogliava il giornale seduto comodamente sul suo bel divano (?).

“ Vabbè, ma come mai uno come lui era la tua ombra ?” domandò Giustizia, entrando dalla porta d’ingresso di quello strano salotto in stile serie tv anni ’90.

 

“ Ehehe, è una lunga storia …” e l’uomo iniziò a raccontare.

 

(Universo alternativo dove Platino e Sebastian si sono conosciuti all’asilo)

 

“ Vuoi eshere la mia ombra ?” chiese un bambino a quello che stava giocando con la sabbia accanto a lui.

“ Shi !” rispose quello.

 

“ Ma non è per niente una lunga storia !” provò ad obbiettare il rosso, ma Sebastian stava continuando il racconto delle innumerevoli esperienze con Platino da quel momento in avanti:

 

(Alla recita scolastica)

 

“ Non ti preoccupare Wendy !” esordì un piccolo Sebatian vestito come Peter Pan.

“ Ci penserà la mia ombra a proteggerti.” Disse, indicando la testa di Platino che sporgeva da dentro un cassetto, guardando fisso davanti a sé.

 

(All’appuntamento, in un universo alternativo dove Sebastian era un playboy al liceo)

 

“ Certo, è un bel posto, e tu sei molto simpatico… ma mi da un po’ fastidio se quel tizio continua a fissarci.” Si lamentò la ragazza che Sebastian aveva portato in un locale, riferendosi chiaramente a Platino, immobile a fissarli dal tavolo di fronte.

“ Ma chi, lui? Non ti preoccupare, è la mia ombra. E poi, anche lui è qui per un appuntamento: quella è la sua ragazza, Platinia.” Fortunatamente, Sebastian le fece notare che affianco a Platino sedeva una sua copia con una parrucca bionda in testa, ugualmente immobile a fissarli, ma maggiormente inquietante.

Fin.

   
 
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