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Autore: reila_guren    04/02/2017    3 recensioni
Vi ricordate di quando Ragnor trasformò Alec in un bambino di sette anni? Vi siete mai chiesti cosa fosse successo quella volta in Perù? Ecco svelato il mistero.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Magnus Bane, Ragnor Fell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 1887


Magnus aveva sempre creduto fermamente nell'amore. Nel corso della sua lunga vita non aveva mai smesso di cercare la persona fatta per lui, quella persona che sapeva che prima o poi sarebbe arrivata e lo avrebbe amato incondizionatamente e totalmente. Ogni volta che iniziava una relazione era convinto che quella persona sarebbe stata quella giusta e si gettava ad occhi chiusi in quel nuovo rapporto, dando all'uomo o alla donna in questione tutto ciò che aveva. Magnus amava in modo appassionato e totale e questo faceva sì che quando gli spezzavano il cuore, glielo spezzassero completamente e in quel momento il suo cuore era sbriciolato.
Lei si chiamava Ayaka ed era proprio come il suo nome, un fiore colorato. La prima volta che Magnus l'aveva vista si trovava in una delle più rinomate case da tè di Kyoto. Indossava un pregiato kimono di seta blu notte, fermato in vita da un delizioso obi argentato. La parte inferiore del kimono era decorata con un disegno di piccole stelle, con un ruscello che correva lungo tutto il fianco destro. Il suo viso delicato era dipinto di bianco, solo una sottile striscia di pelle era visibile lungo l'attaccatura dei capelli. Gli uomini giapponesi trovavano altamente erotica quella piccola porzione di pelle nuda, era come guardare attraverso una maschera. Le labbra erano dipinte di rosso acceso, solo al centro, in modo da dare loro l'aspetto di un cuore e, appuntata all'elaborata acconciatura, aveva una spilla dalla quale pendevano tanti piccoli fiori di ciliegio. Era la creatura più bella che Magnus avesse mai visto e fin dal primo momento seppe di aver trovato la persona destinata a lui. L'aveva osservata da lontano tutta la sera, in modo abbastanza inquietante qualcuno avrebbe detto, mentre intratteneva i suoi clienti con esibizioni di musica egregiamente eseguite con lo shamisen, mentre danzava elegantemente sui suoi alti okobo di legno (Magnus aveva provato ad indossarli, ma aveva rinunciato dopo essersi quasi rotto una caviglia) e mentre serviva il tè rivelando appena la delicata pelle bianca del polso sottile. Alla fine della serata aveva domandato alla padrona della casa da tè il nome della ragazza e in quale okiya risiedesse e il giorno dopo aveva fissato un appuntamento con lei per la sera stessa, nella casa da tè dove lavorava solitamente. Dopo quella sera erano seguiti numerosi incontri che con il tempo erano diventati più intimi. Magnus era ormai follemente innamorato. Spendeva cifre esorbitanti per assicurarsi la compagnia di Ayaka tutte le sere e le regalava costosi kimono e spille da appuntare ai capelli, ma a lui non importava. L'amore che provava per lei era così forte che avrebbe volentieri speso tutto il suo patrimonio per soddisfarla. E così accadde. Nel giro di pochi mesi aveva esaurito tutte le sue finanze e Ayaka aveva completamente troncato ogni rapporto con lui, lasciandolo sul lastrico e con il cuore a pezzi. Per questo da ormai due mesi si trovava nella proprietà londinese del suo vecchio amico Ragnor Fell.
Magnus se ne stava seduto su una poltrona nel salotto di Ragnor ad affogare i propri dispiaceri nell'ennesimo bicchiere di vino. Davanti a lui, nel camino, il fuoco scoppiettava allegramente, come se cercasse di infondere un po' di allegria nello stregone. Magnus lo guardò con disappunto, mostrando i suoi occhi da gatto, e giurò di aver visto il fuoco perdere un po' di intensità.
Negli ultimi due mesi era diventato uno straccio. Passava le giornate ad autocommiserarsi e a vagare come un'anima in pena per la casa di Ragnor, rifiutandosi di uscire e di mangiare, tanto che il Sommo Stregone di Londra era stato più volte costretto a spingergli a forza cucchiaiate di porridge in bocca. Ragnor odiava i bambini e Magnus era come un bambino estremamente problematico.
-Vedo che oggi sei raggiante come al solito, Magnus.- Disse Ragnor entrando nella stanza e gettando il soprabito sulla poltrona vuota.
Ragnor era diversi secoli più vecchio di Magnus e lo considerava un po' il fratello minore che non aveva mai avuto. Un fastidioso, seccante e spesso inopportuno fratello minore.
-Ti chiedi mai perché sei al mondo, Ragnor?- Chiese Magnus, ruotando il vino dentro al bicchiere che aveva in mano. Ragnor capì che doveva essere in preda ad una sbronza filosofica.
-Me lo sono chiesto per secoli, poi ti ho conosciuto e ho capito che lo scopo della mia vita doveva essere impedirti di metterti nei guai. Non che mi riesca particolarmente bene.- Rispose lui e si versò a sua volta un bicchiere di vino. Si sentiva già un po' più depresso, era come se avesse assorbito il pietoso stato d'animo di Magnus, come una spugna.
-Mi dispiace crearti così tanti problemi, mio vecchio Cavolo.- Sospirò Magnus tracannando il vino rimasto nel bicchiere per poi riempirlo di nuovo. Ora era passato alla sbronza triste.
-Oh insomma Magnus, riprenditi!- Esclamò Ragnor -Perfino Josephine, la mia pianta in vaso, ha più vitalità di te!-
Magnus emise un altro sospiro teatrale e con lo sguardo perso nel camino disse: -Cosa c'è che non va in me, Ragnor?- Ragnor alzò gli occhi al cielo. -Ci sono talmente tante cose che non vanno in te, Magnus, che non so nemmeno da dove cominciare.-
-Hai ragione, vecchio mio. Sono un disastro, per questo nessuno mi ama.-
Ragnor decise che era ora di mettere fine a quella situazione ridicola. Si alzò e gettò il vino che aveva nel bicchiere in faccia a Magnus che sbatté le palpebre confuso, come se non fosse sicuro del perché fosse improvvisamente bagnato di vino.
-Mi sono stufato di vederti ridotto così. È vero, sei un disastro. Sei fastidioso, problematico, eccessivo sotto tutti i punti di vista, ti mangi sempre tutti i miei pasticcini al pistacchio, frequenti gente di dubbia moralità...-
-Grazie, ora sì che mi sento meglio.-
-Stai zitto e fammi finire. È vero, sei tutte queste cose, ma sei anche gentile, altruista e maledettamente buono e non lascerò che quella Ayame...-
-Ayaka.- Lo corresse Magnus.
-Ho detto taci. Non lascerò che quella Ayame o come si chiama ti riduca così.-
Magnus farfugliò qualcosa che suonò vagamente come "io non sono fastidioso" e si ripulì il viso dal vino, agitando distrattamente la mano.
-Oh lo sei eccome.- Rispose Ragnor -Comunque, io devo partire e siccome sei stupido e quindi potresti fare qualcosa di stupido se ti lasciassi solo, tu verrai con me.-
Magnus sbuffò. -Ti ho già detto che quella volta che mi sono introdotto nella torre di Londra urlando di essere lo spirito reincarnato di Anna Bolena, ero ubriaco. Non lo farò più, puoi andare senza preoccuparti per me.-
Ragnor alzò di nuovo gli occhi al cielo, come se l'idea di non doversi preoccupare per Magnus fosse semplicemente ridicola.
-Non mi riferivo a quello, anche se non è stata proprio la cosa più intelligente che tu abbia fatto in vita tua.- Disse Ragnor chiudendo gli occhi in cerca di pazienza.
-Non voglio venire, Ragnor. Sono perfettamente in grado di badare a me stesso.- Si versò dell'altro vino, ma ormai era talmente brillo che si sbrodolò cercando di berlo. Ragnor si chiese cosa avesse fatto di male nella vita per meritare una simile disgrazia.
-Non ti lascerò qui da solo per poi tornare e trovarti morto di stenti o peggio, per scoprire che hai trasformato casa mia in un bordello, o in un allevamento di alpaca, o in qualunque altra cosa folle ti potrebbe venire in mente in mia assenza. Tu verrai con me e la questione è chiusa. Prendila come una vacanza terapeutica, ti aiuterà a superare le tue pene d'amore.-
Magnus sospirò rassegnato e disse: -E dov'è che andiamo?-
-In Perù.- Rispose Ragnor con un'improvvisa luce che brillava negli occhi. -L'ho trovato finalmente, Magnus. È in Perù. Tutte le volte che ci siamo stati e lui è sempre stato lì, così vicino.-
-Chi?- Domandò Magnus confuso.
-Non chi, cosa. Il libro di magia di Arran Yuruk.-

Arran Yuruk era una specie di leggenda tra gli stregoni. Era probabilmente lo stregone più vecchio e potente che fosse mai esistito e sebbene fossero in pochi ad averlo mai incontrato personalmente, non c'era stregone che non conoscesse il suo nome. Dopo secoli e secoli di attività durante i quali si era dedicato all'invenzione di grandiosi incantesimi e pozioni, girava voce che si fosse ritirato a vita privata e ora facesse l'eremita su una montagna in un qualche paese sperduto a nord della Norvegia, cercando di imparare il linguaggio delle lepri polari. Come fosse finito in Perù il suo leggendario libro di incantesimi sfuggiva alla comprensione di Magnus, ma del resto lui non pretendeva certo di comprendere niente di ciò che riguardava un potentissimo uomo millenario che aveva deciso di passare il resto dei suoi anni chiacchierando con le lepri.
Ragnor aveva deciso che Magnus aveva bisogno di rilassarsi, di liberare la mente da tutte le preoccupazioni quotidiane e di entrare in contatto con il proprio io interiore attraverso il rapporto con la natura, per questo aveva decretato che avrebbero trascorso il loro soggiorno in Perù nella foresta in mezzo al nulla. Magnus voleva piangere.
Guardò depresso la malandata capanna di legno nella quale avrebbero passato i prossimi giorni e che sembrava stare in piedi per puro istinto di conservazione, e si domandò se fosse il caso di mollare lì Ragnor senza dire niente e tornare alle comodità che Londra aveva da offrire.
Come se gli avesse letto nel pensiero lo stregone disse: -Prova a sparire e dico a Catarina di farti quell'iniezione che brucia.-
Magnus tremò spaventato ed entrò nella capanna. L'interno era addirittura peggiore dell'esterno. In un angolo c'era un letto malconcio, che Magnus immaginò avrebbe dovuto dividere con Ragnor, e nell'angolo opposto c'era un focolare annerito. Al centro della capanna c'era e un tavolo traballante e tre sedie sulle quali Magnus non aveva alcuna intenzione di sedersi per non rischiare di trovarsi per terra.
-Bene,- commentò Ragnor, gettando uno sguardo soddisfatto alla stanza -abbiamo tutto ciò che ci serve.-
Magnus sollevò un sopracciglio. Non aveva nemmeno un decimo di ciò che gli serviva.
-Sarà un'esperienza interessante e formativa per te, Magnus. Vivere lontano dal lusso e dalle comodità della vita moderna ti farà bene. Io devo andare ad incontrare il tizio del libro. Perché tu intanto non dai una pulita a questo posto? E non ti azzardare ad usare la magia, un po' di fatica ti terrà la mente occupata.-
Magnus guardò Ragnor scomparire attraverso un portale e si guardò attorno. Quel posto era un porcile, c'era polvere ovunque, ragnatele che pendevano dal soffitto, molte delle quali sembravano fatte da ragni grandi quanto lui, e c'era puzza di animale morto. Si sedette per terra e con uno schiocco di dita fece comparire una bottiglia di vino.

Quando Ragnor tornò, diverse ore dopo, Magnus era ancora seduto sul pavimento, ma la bottiglia era mezza vuota. Il Sommo Stregone di Londra stringeva al petto qualcosa di grande e pesante avvolto in un panno consunto e aveva quasi le lacrime agli occhi.
-Magnus, amico mio! L'ho trovato! È proprio lui!- Appoggiò il fagotto sul tavolo e lo aprì con delicatezza, come se avesse tra le mani un bambino. Il libro aveva una spessa copertina marrone tutta mangiucchiata. La rilegatura era lenta e le pagine talmente sottili da essere quasi trasparenti rischiavano di sbriciolarsi se non fossero state maneggiate con cura, ma Magnus percepiva la magia che irradiava da esso, avvertiva la sua magia fremere alle infinite possibilità quel libro aveva da offrire.
-Non hai idea di quanto l'ho pagato, Magnus.- Disse Ragnor in estasi. -Non ho praticamente più un soldo, ma non importa, avrei dato qualsiasi cosa per questo libro.-
Magnus si alzò da terra con fatica, il vino che aveva bevuto lo rendeva instabile, e si trascinò barcollando verso il tavolo per vedere meglio il libro.
-Sei ubriaco.- Sentenziò contrariato Ragnor, ma subito si addolcì -beh non importa, sono troppo felice per arrabbiarmi con te. Bisogna festeggiare! Facciamo così, io vado a procacciarci il cibo, tu resta qui e cerca di non combinare niente di stupido.-
Sistemó il libro sul letto con amorevole cura, lo guardò con affetto e uscì dalla capanna per procurare loro la cena. Magnus pensò che era veramente stupido sprecare tempo ed energia per fare qualcosa che avrebbe benissimo potuto fare senza sforzo con la magia, ma dopotutto Ragnor era strano.
Decise di approfittare dell'assenza dello stregone per studiare il libro. Si trascinò verso il letto e lo prese tra le mani, stando attento a non danneggiarlo, e iniziò a studiarlo. Fin dalla prima pagina capì la portata degli incantesimi e delle pozioni che quel libro conteneva. Aveva tra le mani qualcosa che ogni stregone avrebbe ucciso per avere.
Era passata al massimo mezz'ora quando sentì un rumore indistinto nella capanna. Alzò gli occhi dal libro, ma non vide nessuno. Aveva la vista annebbiata per il troppo vino bevuto e per aver cercato di decifrare i caratteri minuti e sbiaditi del libro, quindi si strofinò gli occhi e quando le riaprì vide qualcosa vicino alla finestra. Un piccolo roditore grigio con le orecchie grandi lo guardava incuriosito.
-Un cincillà.- Disse Magnus sorridendo tra sé e sé. Del tutto dimentico del libro fece comparire una mela, ne staccò un morso e si avvicinò cautamente all'animale, tenendo bene in vista il pezzo di frutta da offrirgli. Il cincillà lo guardava sospettoso, ma incuriosito. Arricciava il naso fiutando l'aria e quando sentì l'odore della mela si avvicinò a Magnus. Lo stregone posò il pezzo di mela per terra e si allontanò di qualche passo, aspettando che il cincillà si avvicinasse per mangiare. L'animaletto saltò in avanti, annusò la mela e la prese tra le zampine, mangiando avidamente. Magnus continuò a lanciargli pezzi di mela e mentre lo guardava mangiare si perse nei suoi pensieri che, essendosi bevuto mezza bottiglia di vino, non erano affatto allegri.
-Sai, tu mi ricordi la mia Ayaka.- disse al cincillà. -Non che lei fosse pelosa come te...non era nemmeno un roditore e non aveva la coda, ma in qualche modo me la ricordi. Forse è lo sguardo.-
Il cincillà lo guardò con quella che a Magnus parve un'espressione compassionevole.
-Posso chiamarti Ayaka?- Domandò lo stregone e il cincillà continuò a rosicchiare la sua mela.
-Ah la mia Ayaka... la amavo tanto.- Sospirò Magnus e prese la bottiglia lasciata a metà, intenzionato a finirla. -Sai, Ayaka mi ha insegnato a comporre haiku, vuoi che ne componga uno per te?-
Il cincillà continuò a sgranocchiare la sua mela e Magnus lo prese per un invito a proseguire. Si mise a pensare per qualche minuto e alla fine recitò:

"Mangia la mela
il cincillà, la bottiglia è vuota
Magnus piange"


Il cincillà continuò a mangiare, per niente impressionato.
-Sì, ok. Non sono abbastanza sobrio per contare con precisione le sillabe, ma il senso è quello. Ragnor dice che i miei haiku sono terribili.-
Il cincillà preferì non rispondere e Magnus decise che era meglio non insistere, inoltre si sentiva tremendamente stanco. Si trascinò a letto e chiuse gli occhi, addormentandosi all'istante.
Si svegliò pochi minuti dopo. Sentiva un rumore vicino all'orecchio, ma non riusciva a capirne l'origine ed era troppo stanco e ubriaco per aprire gli occhi e controllare. Cercò di riaddormentarsi, ma il rumore era troppo insistente per riuscirci. Con un grugnito infastidito aprì gli occhi. Davanti a lui a soli pochi centimetri di distanza, il cincillà stava rosicchiando il libro di incantesimi di Arran Yuruk. Il prezioso libro di incantesimi per il quale Ragnor aveva sborsato chissà quanti soldi.
Magnus ci mise un po' a comprendere appieno il significato di ciò che stava vedendo, ma finalmente il suo cervello fece tutti i collegamenti necessari ed imprecando prese in mano il roditore, che affondò i denti nel suo dito. Esaminò il libro e vide che diverse pagine erano state mangiucchiate da Ayaka il cincillà. Andò in panico. Ragnor gli aveva affidato il suo prezioso tesoro e lui aveva lasciato che un topo se lo mangiasse. Forse poteva aggiustarlo con la magia, dopotutto il danno non era così esteso. Era ancora assonnato e ubriaco, ma decise di tentare. Iniziò a muovere le mani, dalle quali si sprigionò una luce azzurrina, e indirizzò la magia verso il libro. Il libro prese fuoco in un istante. Alte fiamme divamparono dalla carta vecchia, propagandosi anche alle coperte malconce del letto che presero fuoco a loro volta. Magnus iniziò ad imprecare in diverse lingue, un paio delle quali erano ormai morte. Afferrò Ayaka il cincillà e corse fuori dalla capanna, guardandola mentre veniva consumata dalle fiamme, il libro ormai distrutto abbandonato al suo interno.
Rimase lì con Ayaka il cincillà. Insieme guardarono le fiamme divorare la capanna e ridurla in cenere. Ragnor lo avrebbe ucciso.


Note dell'autrice: Salve! Viste le continue e pressanti richieste che mi sono arrivate (non è vero, non te l'ha chiesto nessuno, Autrice.) ho deciso di scrivere questa... cosa... che spiega come sono andate le cose quando Magnus ha distrutto il prezioso libro di Ragnor. Ora potete tranquillamente dire che potevo benissimo evitare. E niente grazie per essere arrivati alla fine di questo disagio.
Baci baci
reila_guren
Ps. Nel caso ci sia qualcuno che non ha idea di cosa io stia parlando, consiglio di leggere questa cosa http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3581175&i=1
Pss. Ayaka il cincillà è in realtà un maschio.
Psss. Dopo gli sfortunati avvenimenti qui narrati, Ragnor ha cacciato Magnus di casa.
  
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