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Autore: theseeker64    05/02/2017    3 recensioni
Il cavaliere Lautrec si è imbattuto in una terribile rivelazione: Lordran è intrappolata in un ciclo di eroi "Prescelti". Ora il suo obiettivo è trovare un modo di mettere fine a questa follia con l'aiuto di Quelana, Madre della Piromanzia, Patches la Iena e altri per risolvere questo eterno conflitto - e rompere il Ciclo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

L’ombra avanzò attraverso il letto di cenere e ossa e sul suo cammino lasciò scie di fuoco e caos; era la morte e stava venendo a prenderli tutti. Le ossa che frantumava divennero una bestia, e la bestia cercò di fermarla, ma dalle mani dell’ombra uscirono fiamme, e la bestia d’ossa fu distrutta in un vortice di ardente distruzione. Le ceneri liquide presero la forma di un gigantesco golem, ma il potere dell’ombra era cresciuto. Si sollevò dal lago di morte come tentacoli di fumo nero. Il fuoco che si era acceso nelle sue mani era divampato sulle braccia e sul suo corpo, finché non ci fu più ombra: c’era solo fuoco. Il Dio di fuoco baciò la cenere e baciò le ossa e baciò il cielo stesso. Presero tutti fuoco e il mondo stava bruciando. Il volto del Dio di fuoco lo guardò ed era il volto di lei per un istante, poi un altro, poi di nuovo il primo, poi un altro ancora.

Ana!” urlò Lautrec. I suoi occhi si spalancarono mentre si alzava a sedere dal freddo letto di neve sotto di lui, annaspando. La sua pelle era calda e appiccicosa sotto i suoi abiti, ma le sue mani erano ghiacciate. Se le infilò sotto le ascelle e ci mise un attimo a capire dov’era.

L’oscurità lo circondava, avvolgendo ancora le terre di Lordran nel buio. Il fuoco che avevano acceso prima che si addormentasse era spento, e le sagome confuse dei suoi compagni di viaggio erano masse immobili in semicerchio. Le ombre diventano fiamme, pensò per un attimo prima di cacciare quella folle idea dalla mente. “Patches” sussurrò oltre il falò; si ricordava fosse compito dell’uomo calvo stare di sentinella.

Quando Patches non rispose, Lautrec fu colto da un altro folle pensiero. Sono morti. Sono tutti morti e congelati ed io sono l’ultimo uomo rimasto al mondo. “Patches!” disse di nuovo.

Una delle masse immobili si mosse nel buio e grugnì. “Mmh…fanculo.”

“Ti sei addormentato durante il tuo turno di guardia” lo rimproverò Lautrec. “Saremo potuti essere tutti sgozzati nel sonno.”

Il fagotto si alzò improvvisamente. “Maledetti gli Dei…Io, ehm, non stavo dormendo. Stavo solo…riposando gli occhi, ecco tutto.” Patches stette in silenzio per un momento, poi aggiunse “Comunque, c’è un buio dannato qua fuori senza il falò. Dubito che qualunque assalitore avrebbe potuto trovare le nostre gole da sgozzare in ogni caso.”

“Scommetto che riuscirei a trovare la tua” gli disse Lautrec.

L’unica risposta fu la risata nervosa di Patches.

“Non ti sembra…sbagliato?” gli chiese Lautrec. Fissò l’orizzonte lontano, le vette delle montagne, vagamente illuminate dalla pallida luna. “Questa notte, intendo. Sembra stranamente lunga. Il sole dovrebbe essere già sorto a quest’ora.”

“Forse abbiamo cancellato il sole dall’esistenza chiudendo gli occhi? Ha!” rise Patches.

La battuta non piacque a Lautrec. Il sole sembrava già morente quando erano arrivati a Lordran. L’ipotesi che ora fosse morto non era così azzardata come avrebbe preferito. Aveva smesso di nevicare, ma era persino più freddo, e non sembrava che il sole avesse intenzione di sorgere presto. “Dobbiamo riaccendere il fuoco” disse Lautrec.

“Su questo, amico mio, mi trovi d’accordo” disse Patches.

Lautrec si alzò, stiracchiandosi la schiena rigida come non lo era mai stata quando aveva vent’anni, ma dieci passati sotto il peso della sua armatura dorata avevano lasciato il segno, così aveva bisogno di un po’ d’esercizio dopo la notte. Prese la sua armatura dietro di lui, trovò i suoi stivali e se li infilò ai piedi. Afferrò un ramo spesso dal falò e si diresse verso Quelana.

Stava ancora dormendo quando arrivò da lei, legata dalle spalle alla vita a un pilastro di pietra dietro di lei. Si accucciò al suo fianco e le scosse la spalla. “Svegliati, strega. Mi servono le tue fiamme.” Quando non rispose, la scosse più forte. “Svegliati” disse ad alta voce. Nuovamente, non rispose allora le sollevò il cappuccio dalla testa e-

-sussultò. Nella fioca luce della luna, vide che il suo volto era più pallido del solito, e che gli occhi le erano ruotati indietro, lasciando due cerchi bianchi al loro posto. Tremava violentemente e i denti erano serrati sul bavaglio nella sua bocca. “Ehi!” urlò Lautrec, strappando il bavaglio. La sua bocca si chiuse immediatamente, ma riusciva a sentire i denti tremare l’uno contro l’altro al suo interno.

“Che succede?” disse Patches dal falò.

“Sta avendo…un attacco o qualcosa del genere” disse Lautrec.

“Attento, Lautrec” lo mise in guardia Patches; la sua voce era più vicina. “È una strega, non lo dimenticare. Forse è un trucco. Potrebbe essere un tentativo di prenderti alla sprovvista.”

“Non è un trucco, idiota, portami qualcosa con cui coprirla - sta tremando” ordinò Lautrec, e l’agitazione nella sua voce sorprese se stesso. La strega gli aveva salvato la vita, più o meno, e voleva saldare il debito, se possibile.

Patches fu dietro di lui un attimo dopo. Lautrec allungò la mano e Patches ci appoggiò sopra un piccolo fagotto di stoffa. “È tutto qiqjocndmssssssssssssssqui? Cosa diavolo sarebbe questo?”

“È la veste di un uomo che ho ucciso. Era proprio un piccolo bastardo di un chierico” disse Patches. “È tutto quello che abbiamo, Lautrec. Non eravamo esattamente preparati all’arrivo su Lordran di una maledetta tormenta.”

“Non eravamo preparati a niente di tutto ciò. Questo è il problema” ammise Lautrec. Slegò il nodo che legava la strega al pilastro e lei cadde tra le sue braccia l’istante in cui fu liberata. Controllò che i polsi fossero ancora legati prima di avvolgere la veste da chierico stretta attorno al suo corpo e alle sue spalle. Oltre a quello, non sapeva che altro fare per lei.

“Assicurati che non si strozzi con la lingua” disse Patches. “Diamine…sta davvero tremando come una dannata foglia al vento.”

Stette così seduto accanto a lei per un po’, aprendole ogni tanto le labbra con le dita per assicurarsi che la lingua fosse ancora al proprio posto. Lautrec si era quasi dimenticato come fosse stringere una donna, e quanto potesse essere piacevole, ma ricordò a se stesso che Quelana non era una donna, e nemmeno umana, e che la cosa tremante che stringeva tra le braccia era una strega nata dalle fiamme che lo odiava.

L’alba non era ancora arrivata quando lei parlò, “Sto morendo.”

La sua voce fioca colse Lautrec di sorpresa. Allungò il collo in avanti per guardarla in viso. Gli occhi erano ritornati al loro posto, ma tremava ancora tra le sue braccia, e il suo volto era pallido e solcato da rughe di sofferenza. “Non stai morendo, strega. Hai avuto…una crisi di qualche tipo” le disse Lautrec.

“Non mi sono mai sentita così” sussurrò Quelana, la voce tremante come il suo corpo. “Tutto il calore del mondo...è svanito. È fuggito dal mio corpo ed è stato sostituito da uno strato di pietra e morte. Mi fa tremare.”

“Hai solo freddo” le disse Lautrec.

“Ho trascorso tutta la mia esistenza senza provare mai questo ‘freddo’ del quale la tua gente parla” disse Quelana. “Mi stai dicendo che lo sto provando solo adesso?”

“Ho visto una ragazza convincere un demone a inginocchiarsi a parole ieri” disse Lautrec. “Ho visto una bestia con due teste. Ho visto una tormenta rovesciare il mondo in un batter d’occhi, ed ho assistito a due giovani che morivano e risorgevano dalle fiamme. Le cose sono cambiate, strega. Forse questa è una di quelle.”

“Non mi sentivo così prima di addormentarmi” disse Quelana, ancora tremante tra le sue braccia. “E poi ho fatto un sogno…o forse era un incubo.”

“Ehi, anche tu hai sognato, strega del fuoco?” chiese Patches. Lautrec si voltò verso la sua figura nell’ombra, un paio di metri più in là; si era persino dimenticato che l’uomo fosse lì. “Anch’io.”

Lautrec si accigliò mentre un nodo di ansia gli si stringeva nello stomaco. “…pure io.”

“Ah sì?” chiese Patches. “Nel mio c’era mia madre. È buffo, però: la vecchia è morta da vent’anni ormai. Non ho sognato di lei una singola volta. Era avvolta nelle fiamme e combatteva tutti questi mostri e queste creature. Tipo, forse mi stava proteggendo? Troppo poco, troppo tardi, dolce madre. Ha.”

“Anche nel mio sogno c’era un guerriero in fiamme” disse Quelana, e Lautrec notò che i suoi brividi si calmarono leggermente. “Solo che il guerriero aveva il volto della ragazza Prescelta. Di Abby.”

“Fare lo stesso sogno di una strega?” disse Patches. “Non può venirne niente di buono. A meno che tu non abbia sognato la stessa maledetta cosa, Lautrec.”

“No” mentì lui. Il volto di lei era ancora nella sua mente, sorridente un attimo, in lacrime quello dopo, e infine implorante. Implorandolo per ciò che si meritava. “Ho sognato di vincere un torneo.”

Quelana lo fissò per un momento prima di dire “È una bugia. Ma non voglio parlare oltre di questi sogni, in ogni caso. I sogni parlano per mezzo di indovinelli, e mi piacerebbe riflettere sul mio.”

E d’un tratto, i suoi brividi cessarono. La sua calma improvvisa tra le sue braccia era quasi destabilizzante.

“Era ora” disse Patches alzandosi. “È l’alba.”

Lautrec alzò lo sguardo verso il lontano orizzonte a est ed era vero: quello smorto, azzurro, ovale di luce stava sorgendo, ghermendo le cime delle montagne con dita di luce.

“Liberami” disse Quelana.

“Non c’è di che” rispose Lautrec seccamente e le tolse la veste del chierico.

“Ti ringrazierò quando terrai fede alla tua parola e mi riporterai alla Città Infame così che io possa scoprire cos’è accaduto alle mie sorelle” gli disse Quelana.

“Col tempo” disse Lautrec, stancandosi della sua insistenza nel ritornare in quel posto malato. “Prima di tutto, devo trovare qualcuno. Devo scoprire cos’è successo a Lordran da quando ce ne siamo andati. Sembra che siamo stati via per poco tempo, ma…il tempo potrebbe essere stato distorto. La notte mi è sembrata strana e fin troppo lunga. Chi può sapere quanto tempo è passato mentre eravamo stretti negli artigli del corvo.”

“Potrebbero essere passati giorni” disse Patches.

“Potrebbero essere passati anni” lo corresse Lautrec. “Chi lo sa? Ecco perché dobbiamo trovare qualcuno.”

“Oppure sarai trovato da qualcuno…” aggiunse Quelana, e i tre si scambiarono un silenzio sgradevole mentre veniva mattina a Lordran. Patches fece un gesto con le mani, scosse la testa, e se andò verso il falò. Anche Lautrec stava per voltarsi per andarsene quando le parole della strega lo fermarono. “Voglio prendere la ragazza come mia alunna.”

Alzò un sopracciglio e la guardò. “La ragazza?”

Quelana aveva un’espressione dura in volto. Annuì. “Sì. Abby. Voglio insegnarle le arti della piromanzia.”

“Mi hai appena detto che vuoi essere riportata nella Città Infame.”

“È così. Con la ragazza.” Quelana si mosse un po’ nelle corde e lo fissò con gli occhi socchiusi. “Anche se non mi aspetto di essere liberata così facilmente. Ti accompagnerò senza lamentarmi o tentare di scappare finché non avrai raggiunto qualunque luogo vorrai. In cambio, quando avremo finito…la ragazza è mia.”

Un sorriso increspò le labbra di Lautrec. “Rivendichi la proprietà sulla nostra piccola monaca Prescelta, non è così? Trasformerai quella poveretta in una piromante e dovrò preoccuparmi che due di voi non mi incendino.”

“Le darò forza. Le darò consigli e uno scopo. Sarebbe un potente alleato per entrambi.”

“E, certamente, ti stai basando sul trucchetto di ieri con il Demone Toro?” chiese Lautrec.

“Quello” ammise Quelana “e altro. E ovviamente c’è anche il fatto che abbiamo sognato entrambi questa notte.”

Ridendo, piangendo, implorando; il suo volto, poi quello di Abby, poi di nuovo il suo. “E tu come fai a saperlo?” chiese Lautrec.

Fu il turno di Quelana di sorridere. “Non lo sapevo fino ad ora.” Quando Lautrec si accigliò, il suo sorriso si allargò soltanto. “Puoi tenermi prigioniera per il resto dei tuoi giorni, cavaliere, ma indebolirai solo il tuo gruppo, mettendo in pericolo tutte le nostre vite. Liberami e starò con te e prenderò la ragazza come mia alunna fino a che non avrai più bisogno di noi. Questa è la mia offerta.”

Lautrec soppesò le parole della strega, grattandosi la corta barba che gli stava crescendo sul mento e sulla mandibola. Quelana lo fissò con i suoi occhi verde smeraldo, aspettando una risposta. O dice la verità sul prendersi cura della ragazza e restare con noi, pensò Lautrec, o è un’ottima bugiarda. In nessuno dei due casi si sentiva tranquillo. “Conosco bene queste terre, strega” le disse, avvicinandosi con il suo shotel. “Non farmi sì che ti debba venire a cercare. Quando ti troverò, potrei non essere più gentile come sono stato finora”. Con queste parole, tagliò l’ultimo pezzo di corda ancora stretto attorno a lei. Si sedette massaggiandosi i polsi e fissandolo finché non rinfoderò la lama e ritornò al falò.

“Potresti aver fatto un errore, amico mio” disse Patches quando fu tornato, puntando il pugnale che aveva appena affilato verso Quelana. “Presto ci beccheremo delle palle di fuoco nel culo. Se dovesse succedere…stai certo che ucciderò la strega”. Lautrec gli lanciò un’occhiata fredda e non ritornarono più sull’argomento.

Abby e Benjamin si svegliarono poco dopo: il ragazzo lamentandosi del torcicollo; la ragazza allegra ed entusiasta, soprattutto quando Quelana li raggiunse al falò e le disse che sarebbe diventata la sua maestra. I grandi occhi azzurri della ragazza si inumidirono e un sorriso le illuminò il suo bel volto, ma quando cercò di ringraziare Lautrec, lui alzò solo la mano, scosse la testa, e le disse di prepararsi per il cammino. Il gruppo raccolse velocemente il poco che avevano, poi lui li condusse verso le colline ad ovest, e verso il Borgo dei Non Morti, dove sperava di trovare qualcuno…e non qualcosa. Patches si mise in testa, Benjamin dietro di lui, e Lautrec li fece seguire da Quelana e Abby, facendo lui stesso da retroguardia mentre teneva d’occhio la strega. Mentre salivano i gradini spaccati e consumati, rivolse un ultimo sguardo al santuario, alla gabbia vuota scavata nel terreno e al falò che stava al centro di tutto, senza riuscire a levarsi di dosso l’inquietante sensazione che non li avrebbe mai più rivisti.

Arrivarono alla lunga e stretta galleria delle fogne, che li avrebbe portati al Borgo dei Non Morti, senza vedere un singolo essere vuoto. È come se il mondo fosse scomparso lasciando solo i demoni a comandare, pensò Lautrec mentre scendevano l’ultima rampa di gradini. I demoni…e noi.

La galleria delle fogne era buia, fredda, e puzzava come la morte stessa. Mentre si spostavano lentamente nella sua gola, Lautrec osservò le diverse reazioni dei suoi compagni di viaggio dalla sua posizione nel retro. Patches grugnì qualcosa sulla puzza e fece una pessima battuta sui ratti e sulle malattie. Ben arrancava dietro di lui, imbronciato, con il suo arco corto che dondolava in vita. Quelana continuava a sussultare ad ogni ombra, ogni rumore, e Lautrec poteva scorgere piccole fiammelle che minacciavano di uscire dalle sua dita ogni volta. Non aveva mai lasciato la Città Infame ed era giustamente prudente; dopo quello che aveva visto, Lautrec era contento di avere un altro paio di occhi vigili sui pericoli di Lordran. Abby si era svegliata con il sorriso, e non era minimamente svanito mentre marciavano nello sporco e nel liquame. Accarezzava la parete della galleria, facendo commenti sulla stupefacente architettura e comparandola alle case di Vinheim. Quelana le disse qualcosa sottovoce e la ragazza rise e rispose, anche lei a bassa voce. Lautrec si accigliò, capendo che se le due fossero diventate maestra e allieva, il loro rapporto si sarebbe rafforzato incredibilmente. E poi rimarrai solo con un ragazzo inutile e un uomo che prima ti getterà in un buco e poi te ne tirerà fuori, pensò Lautrec.

Raggiunse le due e afferrò il braccio di Abby, allontanandola dalla strega. Quelana lo fissò con quel suo serio e attento sguardo, ma Lautrec aspettò che riprendesse a camminare.

“Che cosa c’è?” chiese Abby quando si furono rimessi in cammino.

“Non è prudente parlare con una strega standole così vicino” le disse Lautrec. “A meno che tu non voglia diventare sua schiava”.

Abby rise. “Il suo incantesimo su di me non funziona, però”.

“Non funziona? O non l’ha ancora fatto? Non essere arrogante, ragazza” la ammonì Lautrec. “Non sai nulla dei pericoli che ci potrebbero attendere…o di quelli che camminano al nostro fianco”.

“Non ho paura” disse Abby, alzando leggermente il mento.

“È questo il problema. Non avevi paura nemmeno al Rifugio dei Non Morti, e ti sei presa una freccia sul petto per questo motivo. Farai meglio a imparare che questo mondo è ricoperto di spine, e se non starai attenta, ti dilanierà”.

Abby si voltò a guardarlo e lui notò una scintilla di intelligenza in quei suoi occhi da cerbiatta. “Se è come dici, perché dovrei fidarmi di te?”

Lautrec annuì. “Ora stai imparando, ragazza” disse mentre si avvicinavano alla fine della galleria. “Non dovresti”.

Il Borgo dei Non Morti era desolato come il Santuario del Legame del Fuoco. Gli edifici cadenti e in rovina del passato si ergevano come sentinelle attorno a loro; fatiscenti pile di pietra crollata e legno incurvato si appoggiavano le une sulle altre. A nord gli antichi bastioni della città li osservavano dall’alto, i tetti ricoperti da diversi metri di neve, i loro merli e le loro feritoie distrutti. La neve scendeva dal sole smorto nel pallido cielo sopra di loro e freddi venti spazzavano le strade.

“È bellissimo” disse Abby a voce bassa e rispettosa.

“È merda, ecco cos’è” la corresse Patches, voltandosi verso Lautrec. “Dove diavolo sono i dannati esseri vuoti?”

“Questo luogo sarebbe dovuto essere infestato, giusto?” disse Benjamin. “Io e miei amici spesso ci raccontavamo le storie sul grande disastro che colpì il Borgo che avevamo sentito dai nostri genitori e dai loro.” Saltò sopra il muretto di pietra che dava sul borgo inferiore e si schermò gli occhi con la mano sulla fronte. “Ma non c’è nulla. Quelle storie erano false…o è questo mondo a esserlo?”

Quelana sembrava persino più a disagio con tutto quel cielo sopra di lei. Prese Abby per il gomito e le si avvicinò. “Non dovremmo essere qui. Questo posto sembra…sbagliato.”

“Qui siamo esposti,” disse Lautrec indicando davanti a sé. “Se volete sedervi e discuterne, fatelo con la schiena contro un muro. Muovetevi.”

Così si spostarono. Diede istruzioni a Patches, e l’uomo calvo li portò sopra ponti e sotto arcate, attraverso edifici e varchi vuoti e decadenti, salendo scale e scendendo pendii, eppure mentre esploravano sempre più a fondo il Borgo, Lautrec non riusciva a ignorare il presentimento che la strega avesse ragione: qualcosa in quel posto era sbagliato.

Fu mentre si avvicinavano alla torre che portava in cima ai bastioni che Benjamin disse, “Ci stanno osservando. L’edificio accanto al ponte che abbiamo attraversato prima. Ho visto due volte del movimento, una prima, una appena adesso.”

Abby e Patches si voltarono per guardare e Lautrec sentì salire la rabbia. “E ora sanno che se non altro ne siamo al corrente,” li rimproverò prima di rivolgersi al ragazzo, “Ne sei sicuro?”

Ben annuì. “Dite tutti che sono inutile, ma ho un occhio attento. È per questo che mio padre mi mise tra le mani un arco quando tutto ciò che avrei voluto era una penna.”

“Farò il giro,” disse Patches. “Coglierò quel bastardo di sorpresa.”

“Inutile. Adesso sanno che siamo qui a discuterne,” disse Lautrec e, dato che non poteva peggiorare la situazione, si voltò per osservare lui stesso. L’edificio che aveva indicato il ragazzo sembrava vuoto e abbandonato come tutti gli altri, ma diverse finestre segnavano il muro; molti posti nascosti da cui spiare. “Voglio parlare con lui. O con lei.”

“Presumi sia una persona…e non un altro demone,” disse Quelana.

“I demoni sanno solo attaccare. Non pedinano, non aspettano, non pianificano,” spiegò Lautrec. “Chiunque ci stia osservando…lo fa per un motivo.”

 “E poi?” chiese Abby. “Anche a me piacerebbe parlare con qualcuno. Magari lo chiamiamo? Dopo tutto, non ci ha attaccato. Potrebbe non avere intenzioni ostili,” ma quando Lautrec la guardò, sospirò, con un’espressione mortificata. “Ma immagino…che il mondo sia malvagio.”

Quelana notò i loro sguardi e aggrottò la fronte. “Ti ha detto questo? Non lasciare che ti privi del tuo ottimismo, Abby. Ti tiene al caldo in questo mondo gelido.”

Abby sorrise. “Grazie.”

“Commovente,” disse Patches seccamente, “ma se a voi va bene, preferirei spostarmi prima di beccarmi una freccia nel culo.”

Lautrec aveva aperto la bocca per rispondere quando vide lui stesso il movimento. Però non era stato nel lontano edificio che aveva indicato prima Benjamin, ma da una finestra della caserma vicino a loro. “Abbassatevi,” ordinò, afferrando Quelana al suo fianco e tirandola giù vicino al pavimento di pietra sotto i loro piedi.

“Lasciami,” scattò lei, voltandosi per assicurarsi che anche Abby si fosse abbassata.

“È in quell’edificio,” disse Lautrec, indicando davanti a sé.

Patches condusse Ben più in là, dietro i merli della città, dividendo l’obiettivo nemico. Anche Lautrec si spostò verso destra e Quelana accese le proprie mani. Abby osservava in silenzio, stupita. “Sei in inferiorità numerica!” urlò Lautrec, lanciando uno sguardo sopra al muro. La caserma era immobile e silenziosa in risposta; la neve gocciolava dal tetto e dai davanzali. “Non vogliamo combattere! Voglio solo sapere cos’è successo a Lordran!”

Ci fu un lungo istante di silenzio prima che arrivasse una risposta, attutita dalla pietra e dal legno del suo nascondiglio, “In inferiorità, dici? Non credo.”

La voce aveva un accento particolare, e a Lautrec suonò familiare. Guardò i suoi compagni di viaggio, ma nessuno sembrava più sicuro di quanto non lo fosse lui. Lanciò un altro sguardo e urlò, “Che intendi dire?”

Un altro lungo silenzio, poi, “Il sole tramonta. Arriveranno i cani. Sono la vostra unica speranza. Fate come vi dico.”

Patches sbuffò divertito, allontanatosi ancora lungo la merlatura. “Non prenderci per idioti, amico! Non è passata nemmeno un’ora dall’alba! Abbiamo ancora tutto il giorno per scappare dall’arrivo di questi ‘cani’ di cui parli.”

Dopo il solito silenzio, la voce parlò, “Allora forse siete davvero viaggiatori da un altro mondo. I giorni si accorciano e le notti si allungano a Lordran. Guardate il cielo e vedrete che ho ragione.”

Lautrec alzò lo sguardo. La neve gli bagnò la fronte, il vento soffiò tra i suoi capelli, e un brivido gli corse lungo la schiena. L’uomo aveva ragione; il pallido sole aveva già iniziato la discesa verso l’orizzonte a occidente. “…impossibile,” mormorò.

“Fate come vi dico, viaggiatori, e sopravvivrete alla notte. O ignoratemi e i cani vi prenderanno, anche se chiamare queste bestie ‘cani’ potrebbe non essere corretto. Sono mostri, creazioni dell’oscurità stessa, desiderano solo devastare e distruggere. Sfidate la sorte contro di loro stanotte…o deponete le armi e lanciatele a me. Decidete in fretta. Giunge la notte e con essa…la morte.”

Lautrec guardò alla sua sinistra e vide che i suoi compagni di viaggio stavano tutti fissando lui. Nonostante tutte le loro lamentele, i loro rifiuti e la rabbia per i suoi ordini, quando era il momento di prendere decisioni, lo consideravano ancora il loro leader. La sua decisione fu semplice: aveva bisogno di risposte ed era determinato a trovarle quindi si alzò, sguainò i suoi shotel, e li scagliò sulla piattaforma rialzata fuori dalla caserma. Patches imprecò, ma fece lo stesso, Ben e Abby dopo di lui. Quelana non aveva armi, quindi non gettò nulla, ma lei e Lautrec si scambiarono uno sguardo e domò le fiamme nelle sue mani, ritirandole nella sua veste. Il nostro segreto, pensò lui, e lei annuì, sembrando d’accordo.

“Saggia decisione,” disse la voce. “Ora mettete le mani sopra la testa e tornate per la strada dalla quale siete arrivati. Fate in fretta, se volete sopravvivere.”

Mentre marciava, Lautrec finalmente riconobbe la strana voce. Era Domhnall di Zena, il mercante e collezionista di oggetti rari, e ora la sua vita era nelle mani di quell’uomo.

E nel cielo, l’oscurità stava arrivando velocemente.

Venendo a prenderli tutti.

   
 
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