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Autore: nikita82roma    05/02/2017    3 recensioni
Dopo la sparatoria al loft, Rick si risveglia in ospedale. La mia risposta a chi dice che una S9 senza Beckett era possibile.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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And it’s one by one
Only the good die young
They’re only flyin’ too close to the sun
Cryin’ for nothing
Cryin’ for no one
No one but you

Sentiva il freddo addosso. Quel timido vento di fine maggio gli sembrava una tormenta polare.

Alzò gli occhi al cielo. Era azzurro e c’era il sole, ma non splendeva e non scaldava.
Un’era glaciale che si era abbattuta su di lui e da quando aveva aperto gli occhi era in realtà diventato tutto buio. Buio e freddo.

Non voleva sapere cosa fosse accaduto, da quanti giorni era lì, non gli interessava nulla. Aveva solo una domanda che si ripeteva ossessivamente e che ripeteva a tutti: come sta Kate?
Non riceveva mai una risposta e la sua inquietudine diventava terrore e poi lo addormentavano e tutto si confondeva ma il freddo, quello rimaneva tanto da fargli battere i denti, anche quando sudava.
Lo shock, dicevano. La reazione. Cazzate. Cazzate. Lo pensò talmente forte da urlarlo. Così come lo urlò di nuovo. Dov’è Kate? E guardava quei volti evasivi. Quegli occhi che si allontanavano da lui.
“Mi dispiace Richard”. Era bastato quello. Non voleva sentire tutte le altre parole che arrivarono dopo. Spari. Sangue. Cuore. Ha lottato. Non ce l’ha fatta. Non ce l’ha fatta. Non ce l’ha fatta. Mi dispiace Richard, non ce l’ha fatta.
Urlò con tutta l’aria che aveva nei polmoni, forse anche di più. Non pianse. Si piange per gioia o per dolore. Per cosa piangi quando non senti più niente? Quando i tuoi sentimenti si sono azzerati e sei solo un corpo vuoto, un guscio malridotto? 
Si strappò con forza la benda, la flebo i punti urlando ancora e nemmeno i sedativi facevano effetto e sentiva che gli bloccavano le braccia in attesa che si calmasse.
Calmo. Rimase calmo i giorni seguenti. Senza parlare, senza dire nulla, senza piangere, senza voler vedere nessuno. Era un corpo su un letto, più inerme di prima che si risvegliasse. 
Si toccò la ferita. Si chiese perché lì, perché non dall’altra parte, perché Caleb non gli aveva spaccato il cuore in due con un solo colpo. Era vicino, perché aveva avuto una mira così pessima con lui?
Sentiva la sua voce che lo chiamava, la sua risata. “Mi piace quando cucini per me Castle”. La vedeva ridere e muovere i capelli in quel modo che gli toglieva il fiato, la vedeva guardarlo e mordersi il labbro, la vedeva su di lui bella come non mai.
Poi bastava un rumore più forte e scompariva e la vedeva strisciare a terra andando da lui. Stava morendo e andava da lui. E vide il suo viso sofferente le loro mani che si stringevano. Sentì quel “Ti amo” soffocato ed il loro “Per Sempre” che si erano ripetuti ancora una volta, l’ultima. Poi non ricordava più nulla. Si era fatto vincere dal suo corpo e si era abbandonato. E non sapeva se lei lo aveva cercato ancora, se gli aveva detto altro, se aveva avuto paura e bisogno di conforto. Non lo avrebbe mai saputo. 
Kate Beckett gli aveva insegnato tante cose: ad amare come non aveva mai amato, a dare un senso migliore alla sua vita, a dare un senso alle cose importanti. Una cosa non aveva saputo insegnargli, come si viveva senza di lei. Era buio e freddo. Era tutto spento. Come lui senza di lei.
E sentì che era vivo quando il dolore lo avvolse, lo strinse e gli tolse il fiato. Quando tossì quasi strozzandosi perché non riusciva a respirare tra i suoi singhiozzi. E non c’erano mani che voleva lo toccassero, non c’erano parole per consolarlo. Non c’erano amici, madre, figlia. Non c’era nessuno. Nessuno poteva capire il suo dolore. Kate era sua moglie, la sua amica, la sua amante. Era tutto quello che aveva sempre cercato e che aveva sempre voluto. Kate era la donna che lo aveva fatto volare oltre il tutto quello che conosceva del mondo e di se stesso. Kate era la donna con la quale immaginava di invecchiare insieme, per sempre. Kate era la donna che sognava veder diventare la madre dei suoi figli, era tutti i sogni del suo futuro che senza di lei si erano infranti come un cristallo scaraventato e nemmeno i suoi vetri rotti sul pavimento potevano più brillare nel buio della sua anima. Li avrebbe anzi, attraversati a piedi nudi, ferendosi, perchè ormai solo quello gli rimaneva, sogni infranti che facevano male. Non gli rimaneva più nulla, nemmeno la rabbia e sete di vendetta. Caleb era morto, gli avevano detto, Loksat in prigione. Non gli rimaneva nemmeno quello. Non doveva nemmeno cercare un colpevole. O forse doveva prendersela con Dio e con il destino o con se stesso per non averla salvata, per non aver fatto di più, perchè doveva fare di più. Doveva.
Passerà, gli avevano detto. "Vedrai, Rick, passerà.". Cazzate. Non sarebbe mai passato. Lui non lo avrebbe mai permesso. Perchè quel vuoto non si poteva riempie, quel dolore non poteva attenuarsi. "Lei non avrebbe voltuo vederti così! ". Cazzate. Ancora cazzate. No, lei non lo avrebbe voltuo vedere così, lo sapeva anche lui. Perchè Kate avrebbe voluto vivere con lui. Lo sapeva. Lo sapeva. Lo sapeva. Adesso lo sapeva. Perchè glielo aveva detto quando lo aveva abbracciato. "È finita", gli aveva detto. Avrebbero avuto un'altra vita insieme, lui lo sapeva. Lo voleva anche lei. La loro vita li aspettava. Lei lo voleva tanto quanto lui. Per questo non lo avrebbe voluto vedere così, perchè avrebbe voluto la loro vita insieme. Come lui.
E non li sopportava più. Nessuno. Non sopportava la compassione, non sopportava gli incoraggiamenti, le frasi fatte, la pietà. Non sopportava più niente nemmeno se stesso senza di lei, perchè non era nulla. Odiava chi lo andava a trovare e parlava di lei, come se loro la conoscessero più di lui, come se loro sapessero lei chi era veramente. Cosa ne sapevano loro di Kate? Loro non sapevano come dormiva, come riponeva ogni sera i vestiti sulla sedia, come giocava con le posate quando era sazia, non conoscevano la smorfia che faceva quando il suo caffè non era abbastanza caldo, come gli piaceva l'acqua quando faceva il bagno, come lo guardava quando voleva fare l'amore. Loro conoscevano Beckett, ma Kate era solo sua.
Avrebbe voluto parlarle ancora una volta, sentire la sua risata, la sua mano che sfiorava le sue dita, portarle un caffè, bere insieme un bicchiere di vino rosso, baciarla, stringerla, ballare con lei, dirle ti amo e che sarebbe stato per sempre, fare l'amore con lei. Solo una volta. Cazzate. Solo una volta a cosa sarebbe servito? A rinnovare il dolore per un addio già scritto? A rendere maliconico ognuno di quei momenti, a non riuscire a godersi la sua presenza. Lui non la voleva solo una volta, quella era una delle tante cose scontate che si dicono che odiava. Lui la voleva per sempre. Voleva baciara ogni volta che aveva voglia, portarle altri mille, diecimila, centomila caffè, fare l'amore con lei ogni notte, dirle ti amo, sempre, e dirle per sempre mentre l'amava. Voleva ridere con lei fino a quando i loro sorrisi sarebbero stati pieni di rughe ma sempre con la stessa luce, voleva stringerla fino a quando le sue braccia avrebbero avuto la forza di farlo, bere tutti i vini del mondo e non lasciare mai più le sue mani e ballare con lei la loro canzone fino a quando qualcuno sarebbe stato in grado di suonarla. Non voleva un'altra maledetta volta. Voleva il loro sempre.

Alzò gli occhi al cielo. Non c’era nemmeno una nuvola, solo quel leggero vento che lo accarezzava. Chiuse gli occhi. Nessuno lo avrebbe accarezzato più come lo accarezzava lei. Il vento tirò più forte, e gli scompigliò i capelli e la vestaglia si aprì. Era freddo. Era tutto freddo. 
Alzò gli occhi al cielo e su quel tetto cercava il suo volto nell’infinito. Allargò un braccio toccando l’aria. Chiuse gli occhi e strinse il pugno aspettando di sentire la mano di Kate nella sua. Era lì, la sentiva. Non sentì più nulla, non aveva più freddo. Pensò che “sempre” aveva un senso, non era una parola a caso. 
Alzò gli occhi al cielo e poi li richiuse. Fu l’ultima cosa che vide prima che tenendo la mano di Kate, che la sua mente aveva reso così reale, decise di volare un ultima volta. Aveva volato troppo vicino al sole con lei. Non poteva più vivere nel buio.

   
 
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