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Autore: bicorn    05/02/2017    4 recensioni
Raccolta di one shot senza pretese. Ambientate in universi alternativi dove Clarke e Lexa non hanno doveri verso nessun popolo, dove non ci sono regine del ghiaccio da uccidere e città artificiali da distruggere. Solo Clarke, Lexa e il loro amore che nasce e viene vissuto in maniera diversa a seconda dell'universo in cui la storia prende vita.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Voglio deidcare questa breve one shot alla mia persona.
Non solo ho avuto la fortuna di trovare qualcuno che condivide i miei stessi interessi (e le mie stesse ship!!!), ma ho trovato anche qualcuno che crede in me e che mi sprona a fare sempre del mio meglio (e si, diciamocelo, probabilmente se non fosse stato per lei questa one shot ora non sarebbe qui.)
Grazie I.

Pieces - Now, we survive.

Le dita di Clarke scorrevano delicate sulla sua pelle nivea e sorprendentemente pulita e morbida. I denti iniziarono a torturare senza pietà le sue labbra rovinate e segnate dalla guerra non appena la punta dell'indice andò a toccare le innumerevoli cicatrici presenti sul suo corpo. 
Alcune erano più vecchie, e risalivano ai suoi primi giorni sulla terra; altre invece erano recenti, e risalivano al suo interminabile viaggio nella città della luce.
Ma ce ne fosse stata una, una sola di cicatrice, che non fosse stata toccata da lei.

Passò delicatamente il pollice sul segno bianco situato al di sotto del suo seno sinistro, e l'immagina di Lexa nuda, sopra di lei, fece immediatamente capolino nella sua mente.

"Sei bellissima, Clarke. Non nasconderti, non a me" sussurrò il comandante mentre lasciava una scia di baci che partiva dalla sua pancia e raggiungeva la valle dei seni.

Clarke strinse gli occhi per trattenere le lacrime e poi li riaprì immediatamente; guardò la sua immagine allo specchio appannato, e quello che vide non le piacque, non le piacque per niente.
Non riconosceva più la ragazzina piena di sogni e di speranze che qualche mese fa era atterrata sulla terra.
Così come non riconosceva più la persona che era stata prima di perdere lei.

"Conosco quello sguardo.." sussurrò Abby, con una mano sulla guancia della figlia.
"Io l'amavo, mamma.." sospirò Clarke scoppiando a piangere, lasciandosi finalmente andare, anche se solo per pochi istanti.


Tutto il dolore e la tristezza che ormai facevano parte della sua anima, riuscirono ad aprire un varco nella sua apatia.
Aveva bisogno di urlare. Aveva bigosno di piangere, e di cacciare fuori quella parte buia della sua anima che aveva cercato di reprimere, fino a quel momento. Aveva bisogno di spaccare tutto, di fare del male, di farsi del male. 
Aveva bisogno di rivederla, di toccarla e di baciarla, anche solo per un'ultima volta. 
Aveva bisogno di sentirsi dire quel "ti amo anche io" che Lexa non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare.
Perché l'amore è debolezza, e un comandante per essere tale deve stare da solo.

Si vestì dei vestiti puliti e nuovi che era riuscita a procurarsi.
Afferrò con rabbia l'oggetto appoggiato al muro che Raven era riuscita a trovare e ad aggiustare miracolosamente.
"Per farti stare meglio" le aveva sussurrato porgendoglielo, quando era tornata da Polis. Raven sapeva della morte di Lexa, e quel suo gesto era un modo tutto suo per farle sapere che la capiva e che le era vicina.

Andò fuori ed inspirò a pieni polmoni l'aria della foresta; si sedette a terra ed appoggiò la chitarra sulle gambe. I capelli biondi le ricaddero sul viso, quasi a voler celare al mondo esterno tutte le emozioni che si sarebbero potute leggere attraverso i suoi occhi.
Il viso stanco e segnato dalla fatica si aprì in un sorriso malinconinco, non appena le sue dita iniziarono a pizzicare le corde di quella chitarra malconcia, mentre un'immagine un po' sfocata fecero capolino nella mente di Clarke: il padre, ancora molto giovane, che cercava di insegnare ad una piccola Clarke Griffin a suonare la chitarra.

La chitarra iniziò ad emettere la melodia di una vecchia canzone che Clarke aveva probabilmente sentito in un tempo remoto sull'arca, quando il tempo per fare cose piacevoli come ascoltare musica esisteva ancora.

"Run away, run away if you can't speak
Turn a page on a world that you don't need
Wide awake and you're scared that you won't come down now"


Il viso del padre continuò a tormentare dolcemente i suoi pensieri. Una serie di ricordi legati a lui e alla sua infanzia si affacciarono al balcone della sua memoria, mentre i suoi occhi blu si schiarivano e si bagnavano delle lacrime che non aveva avuto il coraggio di versare fino a quel momento.

"Didn't I tell you you were gonna break down
Didn't I warn you, didn't I warn you
Better take it easy, try to find a way out
Better start believing in yourself"


Le dita accarezzavano frenetiche le corde della chitarra, come se stessero accarezzando un'amante che non vedevano da tanto tempo.

"We build it up, we tear it down
We leave our pieces on the ground
We see no end, we don't know how."


Il ritmo della canzone cambiò e si fece improvvisamente più veloce.
Il volto familiare e rassicurante del padre si dissolse e scomparve, lasciando spazio nei suoi pensieri al ricordo di altri due uomini importanti nella sua vita: Finn e Wes. Due uomini che, ognuno a modo loro, l'avevano cambiata e fatta crescere, e che sicuramente non avrebbe dimeticato.

"Hold onto me
You're all I have, all I have
Hold onto me
You're all I have, all I have"


Due occhi verdi, profondi, imperscrutabili. Si fecero spazio nella mente di Clarke, prepotenti, non lasciando spazio e posto ad altri pensieri o ricordi.
Il viso di Lexa prese forma. Non quello corrucciato, sporco del trucco nero di guerra; ma quello sorridente, pulito, contornato da capelli mossi e selvaggi come la sua anima.

"Now and then there's a light in the darkness
Feel around till you find where your heart went
There's a weight in the air but you can't see why, why"


La mente avida e masochista di Clarke iniziò a riprodurre sempre più ricordi, che sparivano tanto rapidamente così come erano apparsi, per lasciare spazio al ricordo successivo.
Occhi blu che annegavano in un paio di occhi verdi; mani che si cercavano, in maniera inevitabile, attratte come un magnete dalla più potente calamita.
Vide se stessa girata di spalle, e lo sguardo misterioso e altrettanto indagatore di Lexa percorrerle la schiena. Quegli occhi insistenti che bramavano sempre di più, e che celavano segreti che Clarke, era sicura, non sarebbe mai riuscita a svelare.

"Didn't I tell you you were gonna break down
Didn't I want you, everybody wants you
Tell me what you're needing, give into your bleeding
Never any feeling for yourself"


Calde lacrime iniziarono a scorrere sulle guance di Clarke, ma la voce non mostrava il minimo cenno di cedimento. Le parole della canzone venivano quasi gridate, come se fossero una sortia di richiesta d'aiuto.
Vide di nuovo se stessa. Il suo corpo, caldo, bollente di desiderio, era avvinghiato a quello altrettanto desideroso di Lexa. Le loro bocche si cercavano, avide di contatto, e le loro mani esploravano le zone più probite e preziose dei loro corpi.

"We build it up, we tear it down
We leave our pieces on the ground
We see no end, we don't know how
We are lost and we're falling
Hold onto me"


Un brivido di terrore la percorse lungo tutta la spina dorsale, non appena rivide, quasi come se la scena stesse accadendo un'altra volta sotto i suoi occhi, il corpo di Lexa disteso, privo di vita, su quel maledetto tavolo. 
Non aveva potuto fare niente. Era stata così stupida da non riuscire a salvarla  da uno stupido proiettile conficcato nella pancia.
Aveva iniziato a recitare quella stupida preghiera come una stupida bambina innamorata in preda al pianto.
E l'aveva persa.

"You're all I have, all I have
Hold onto me
You're all I have, all I have
Can you hold onto me
Can you hold onto me"


Il  ritmo della canzone diminuì improvvisamente, mentre Clarke si limitava ormai a sussurrare le ultime parole della canzone.
Lasciò cadere lo strumento musicale sull'erba bagnata quando sentì due braccia esili ma energiche cingerle le spalle, e solo allora diede sfogo al suo pianto disperato.
Il tocco delicato di Raven accarezzava i capelli biondi di Clarke, mentre dolci parole di conforto uscivano dalle sue labbra.
"Non sei sola Clarke, ci sono io con te. Andrà tutto bene, andrà tutto bene."
Clarke incastrò il viso nell'incavo del suo collo, piangendo ancora più  forte.

Come avrebbe fatto? Come avrebbe fatto senza la sua comandante al suo fianco? Sarebbe riuscita a limitarsi alla semplice sopravvivenza?

 
*Angolino di bicorn*
So che probabilmente sicuramente avevate dato per scontato che io avessi abbandonato questa raccolta, ma no, non l'ho fatto.
Non ho giustificazioni che tengano per giustificare questa lunga assenza, semplicemente con l'inizio dell'università sono stata risucchiata dai mille impegni e da mille cose nuove.
Non prometto di riuscire di nuovo ad aggiornare con la stessa frequenza di prima, ma farò del mio meglio per aggiungere nuove storie.
Non mi ero mai cimentata in un angst prima (generalmente perché le odio) ma dopo la 4x01 di The 100 e dopo quasi un anno di assenza di Lexa, sentivo il bisogno di sfogarmi in qualche modo.
So che questa non è un AU e che non era quello che vi aspettavate, ma spero comunque di non aver deluso troppo le vostre aspettative (e soprattutto di trovare qualcuno che legga ancora la raccolta.)
Ci si legge al prossimo universo (e spero di leggervi presto e in tanti!)

P.S. La canzone cantata da Clarke è Pieces, di Rob Thomas. :)
  
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