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Autore: Kat Logan    06/02/2017    4 recensioni
Esiste realmente la quiete dopo la tempesta?
C'è chi cerca di costruirsi un nuovo futuro sulle macerie del passato e chi invece dal passato ne rimane ossessionato divenendo preda dei propri demoni.
[Terzo capitolo di Stockholm Syndrome e Kissing The Dragon].
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Rei/Rea, Un po' tutti | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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After The Storm
 
 
 
 
All the demons 
Demons in my head 
Can you find me?
Can somebody here instead 
Instead of me 
Disappointed them to see
I walk in to the room, and I'm like, oh, hello 
See them demons watching me, like, oh, hello 
I'm walking to the room, and I'm like, oh, hello 
I laughed them in the faces, 'cause they never get my soul 
 
Hell.o – Lenny
 
 
 
 
Dopo il matrimonio del secolo – come lo definiva lei – era sparita dalla circolazione.
Non sapeva cosa le fosse accaduto ma le gambe avevano deciso per lei boicottando il cervello e il buon senso.
Non aveva lasciato biglietti o messaggi in segreteria. Era semplicemente andata in aeroporto, aveva chiuso gli occhi e poi scelto un volo a caso.
«Un biglietto per Oslo?» le aveva domandato l’hostess con un sorriso.
Rei non era certa della propria scelta ma annuì vigorosamente col capo.
Consegnò i documenti, passò i controlli al check - in e s’imbarcò senza voltarsi indietro.
 
«Qual è la nostra prossima destinazione?».
Rei distolse lo sguardo dal fondale del porto dove una miriade di stelle marine avevano trovato dimora.
La luce del tramonto colorò di tenui riflessi il mare del nord e una brezza frizzantina le scompigliò la lunga chioma nera.
Guardava ancora l’orizzonte quando decise di parlare.
«Ripetilo ancora…» la voce le uscì come un sibilo basso ma le scivolò ugualmente fuori dalle labbra.
«Ti ho chiesto…quale sarà la nostra prossima destinazione».
Rei si appellò alla ragione. Contò sino a dieci ma poi ebbe la sensazione di venir toccata sulla spalla e si decise a guardare sul molo in legno di fianco a sé.
Setsuna aveva l’aria incuriosita e smaniosa di chi muore di curiosità.
«Perché me lo chiedi? Tu non sei qui con me» la voce di Rei tremò nel dire quelle parole.
«Se non sono qui, come mai mi stai rispondendo?».
La morettina si morse il labbro.
Setsuna era morta, lei era riuscita a mettere in prigione i suoi assassini, eppure la sentiva lì, la vedeva. E per quanto sapesse non fosse possibile una cosa del genere Rei decise di lasciarsi andare. Di crogiolarsi in quello strano scherzo della mente che le spolverava la solitudine di dosso.
«Forse Bangkok…».
«Qualcosa di più romantico?».
«Giusto. Ormai sei troppo anziana per l’avventura. Ti ci vuole una vacanza più tranquilla».
«Ehy!».
Rei rise di gusto dopo tanto tempo e si sorprese nel constatare avesse dimenticato che suono avesse la propria risata, così, dal nulla come aveva trovato quell’allegria anomala cominciò a singhiozzare.
«Che c’è?!».
«C’è che non esisti più ma è come fossi qui. Perciò c’è che sto impazzendo!».
«Rei…» Setsuna si sporse e le cinse le spalle. «Io cesserò di esistere solo quando lo vorrai tu».
Gardenia, il profumo inconfondibile che era solita usare e che a casa aveva piano piano smesso d’impregnare le lenzuola.
«Okay».
Rei inspirò ed espirò a fondo. Si asciugò le lacrime col dorso della mano e si voltò verso il chioschetto del porto che offriva cene take away a quei passanti soliti mangiare passeggiando.
«Se rimani con me, andremo a Londra».
 
 
Era rientrata dall’ennesimo viaggio. La stanza, ancora immersa nell’oscurità nonostante fosse mattino inoltrato, giaceva nel caos più totale.
Una valigia aperta era riversa sul pavimento, montagne di abiti da lavare erano sparsi in qua e là e sul letto erano stati abbandonati una serie di itinerari e guide turistiche dai fogli svolazzanti.
«Agente Rei?!» Sadao bussò vigorosamente alla porta senza ricevere risposta.
Erano passati alcuni mesi dall’ultima volta che l’aveva vista. Un viaggio dopo l’altro avevano portato Rei lontana dalla centrale di polizia e quel giorno era il “gran giorno” e la sua mentore non poteva mancare.
Aveva avuto una soffiata sul suo ritorno a Tokyo e non c’erano scuse per non assistere alla cerimonia che vedeva entrare Haruka come membro effettivo del corpo di polizia.
«Rei?» il tono del ragazzo si fece più basso assumendo le sfumature della preoccupazione.
Un colpo secco alla maniglia e notò che la porta era aperta.
Sadao trattenne il fiato e varcò la soglia.
La voce di Rei proveniente da un’altra stanza dell’appartamento lo rassicurò sul fatto stesse bene.
Forse era al telefono e non l’aveva sentito arrivare oppure era semplicemente troppo impegnata in quella conversazione per rispondergli. Ma nessuno dei molteplici scenari che si affacciarono alla mente del giovane poliziotto avrebbe potuto coincidere con la realtà. Poiché quando dopo aver compiuto un passo dietro l’altro ed aver raggiunto la cucina – nella quale stava sostando Rei – si rese conto che la giovane era intenta in una conversazione a senso unico. E se dapprima la ragione cercò un appiglio per una spiegazione in un possibile auricolare o in un qualche monologo teatrale, presto dovette far i conti con una verità ben più tremenda quando dalle labbra di Rei scivolò fuori il nome di Setsuna.
Tutto il corpo di Sadao s’immobilizzò all’istante. Ogni suo muscolo s’irrigidì nell’indecisione sul da farsi.
«A-agente Hino?!».
Rei impugnò la pistola poggiata sul piano cottura e si voltò mostrandogli la canna lucente.
Sadao per tutta risposta alzò le mani ben in vista. Sudava freddo e se anche avesse voluto nascondere la testa sotto la sabbia come uno struzzo impaurito dovette affrontare la situazione.
«Dovremmo…dovremmo andare, ecco». Il cervello non riuscì a mettere insieme nessun’altra frase di senso compiuto, probabilmente perché forse lui era ben conscio del fatto che non ci fosse niente da dire di giusto.
«Dove?» gli occhi di Rei erano lontani quasi non lo riconoscessero.
«A-alla cerimonia. Di Haruka».
«Non posso sono indaffarata non lo vedi?».
Sadao piegò leggermente il capo, poi corrugò la fronte in un’espressione confusa.
«Forse…dovrebbe riposare. Da quanto non dorme agente Hino? Io…io potrei aiutarla in qualche modo. Insomma siamo una squadra, no? Se lo ricorda che…»
Il fiume di parole s’interruppe bruscamente una volta che Rei premette il grilletto.
 
 
 
 

Dopo il matrimonio Haruka aveva passato mesi a costruirsi una nuova vita. Voleva lasciarsi alle spalle la yakuza e ricominciare da zero con al suo fianco la donna che amava e i propri amici.
Aveva cominciato col ripulirsi la fedina penale collaborando con le forze dell’ordine e Setsuna contro il crimine e aveva proseguito su quella strada con estenuanti esercizi fisici, addestramenti ed esami vari.
Di certo tra i suoi giovani colleghi c’era chi la guardava torvo e i pregiudizi erano sempre dietro l’angolo, ma Haruka non si era lasciata intimidire e aveva continuato sempre a testa alta fino a quel giorno.
Michiru sedeva piena d’orgoglio per la compagna in seconda fila. I capelli in ordine e legati sul capo in un elegante chignon, un paio di perle alle orecchie e un semplice ma elegante abito blu indosso.
Al suo fianco Minako si agitava sulla sedia per l’emozione guardandosi attorno alla ricerca di Akira, il quale la raggiunse a breve facendo cenno ad Haruka con un dito sull’orologio.
Le voleva mettere fretta anche in quello che era il suo giorno ma per tutta risposta al moro gli mostrò una linguaccia.
«Ci hai messo tanto amore! Dov’eri finito?!» indagò Minako, spostando la borsa dalla seduta della sedia che aveva preservato per l’amato.
«Stanno finendo gli ultimi ritocchi per l’inaugurazione del ristorante. Sono preoccupato a lasciare il mio bambino nelle mani di quei disgraziati senza la mia supervisione!».
Akira, non accontentandosi dei posti in cui non poteva esprimere al meglio le proprie doti culinarie aveva optato per mettersi in proprio ed aprire un suo ristorante. Ma le sue manie di perfezione e l’agitazione che qualcosa potesse mandare in fumo il sogno della sua vita lo avevano reso più agitato che mai in quel periodo.
«Andrà benissimo Akira, non preoccuparti troppo» lo rassicurò Michiru con un sorriso.
«La cerimonia dovrebbe cominciare a minuti ma non vedo ancora il ragazzetto e l’agente Hino» osservò Minako storcendo le labbra in una strana smorfia nel pronunciare il cognome di Rei.
In fin dei conti i suoi incontri con la polizia non erano stati mai del tutto rosei considerando i trascorsi di Haruka e Akira, ma le loro vite si erano trasformate inesorabilmente, l’amica stava entrando ufficialmente nel corpo di polizia di Tokyo e per forza di cose avrebbe visto con altri occhi le forze dell’ordine. In fin dei conti non avevano più nulla da nascondere. Nessuno di loro. Se un tempo erano passati per i cattivi ora erano senz’ombra di dubbio da quella dei buoni.
«Siamo un po’ come quelli della Suicide Squad!» esclamò con convinzione.
Michiru e Akira le rivolsero uno sguardo interrogativo ma allo stesso tempo divertito.
«Dai su. Sul serio non l’avete visto? Sono i cattivi dei fumetti che in qualche modo sono poi i buoni della situazione!».
«Io buona lo sono sempre stata» affermò Michiru.
«Si ma stare con una dei delinquenti ti ha resa un po’ cattivella no?».
«Mina…credo che il discorso potrebbe degenerare in una conversazione tutt’altro che normale e difficile da sostenere!» ridacchiò Akira.
«O zitto! Ma che ne vuoi sapere tu!» ribatté con convinzione Minako per poi indicare Jadeite che di gran passo si accingeva ad accomodarsi nella fila davanti alla loro.
Akira lo salutò con un cenno del capo mentre Haruka nel vederlo alzò gli occhi al cielo dall’alto del palco che l’accoglieva assieme alle nuove reclute.
L’inno giapponese risuonò con fare trionfante e nello stesso momento un sms da parte di Ami proveniente dall’Aiiku Hospital venne silenziato dalla vibrazione del cellulare di Minako.
 




note dell'autrice:
Non è mai stata mia intenzione regalare un "terzo capitolo" alla storia di Stockholm Syndrome, eppure eccomi qua con il seguito di Kissing The Dragon. Non c'è stato nulla di premeditato, solo che dopo aver pubblicato il finale di Kissing The Dragon nella mia testa è saltata fuori una nuova avventura per i personaggi ai quali ormai sono irrimediabilmente affezionata. Spero che possiata apprezzarla e che vi tenga compagnia così come hanno fatto le due storie precedenti a questa. After The Storm, ancorauna volta, è un regalo che voglio fare col cuore a tutti i lettori che hanno perseverato in questi anni e non mi hanno mai abbandonata nonostante il mio assenteismo. 
Un abbraccio, Kat.


 
 
 
 
 
   
 
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