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Autore: ClaireOwen    07/02/2017    2 recensioni
[Bellarke - AU]
Clarke scappa da una vita in cui non si riconosce più, Bellamy è perseguitato da ricordi amari con i quali non ha mai fatto i conti.
Le vite dei due ragazzi s'incrociano casualmente: uno scontro non desiderato, destinato - fatalmente - a protrarsi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ed eccoci qui, come promesso!
Ora ci siamo davvero, questo è l'epilogo, non credevo di pubblicarlo tanto presto ma l'ho scritto di getto in un pomeriggio e... non ho resistito, sarà che non amo lasciare le cose incomplete.
Non so dirvi se lo immaginavo esattamente così, come al solito in alcune sue parti si è praticamente scritto da solo, l'unico avvertimento che posso fare è che vi troverete davanti ad uno scenario decisamente fluff (non so nemmeno io come sia accaduto) ma se non amate il genere il mio consiglio è quello di considerare la storia finita al capitolo precedente ahaha!

Per le considerazioni, i saluti e gli annunci ci sentiamo sotto che devo dirvi un po' di cose e non voglio rovinarvi questo benedetto finale!

 


Epilogo
 
Dodici anni dopo.
 
Non è passato un anno senza che i delinquenti, come con il tempo amò definirli il vecchio Joseph, non si ritrovassero insieme a casa Blake il trentun dicembre.
Era diventata, anno dopo anno, una salda tradizione e si sa, spesso certe cose diventano ‘tradizione’ senza nemmeno dare il tempo a chi le vive di notarlo, di capire.
E’ stato così e basta.
Sono cresciuti, pensa Bellamy tenendo stretto un calice di vino rosso accanto al fuoco, osserva attento la piacevole e caotica situazione che scalda la stanza, come ogni anno sono ancora qui e si lascia sfuggire un sorriso compiaciuto.
Sono cresciuti ed hanno avuto sempre più bisogno l’uno dell’altro.
Non è stato facile eppure sono proprio lì, quasi tutti, insieme.
Ripensa al lascito del caro Joseph, ‘Arcadia’ il vecchio locale in ciliegio che quell’uomo aveva costruito da zero, è diventato suo da un giorno all’altro, senza alcun preavviso.
 
Quando Joe morì era una mattina di Marzo, pioveva a dirotto, il vecchio era malato da un po’ e nell’ultimo periodo lui e Murphy si erano trovati a gestire completamente soli il locale. Quest’ultimo l’aveva chiamato insolitamente presto, la voce rotta e flebile, Bellamy ci mise poco a capire, una lacrima solitaria gli rigò il lato sinistro del volto, solo una, strinse i pugni e si ripromise che non era quello il modo per onorare la memoria di Joseph. Si forzò a reagire, quell’uomo gli aveva dato una possibilità quando lui era solo un pivellino neodiciottenne, era grazie a lui se aveva imparato il valore del lavoro, l’importanza dell’impegno e della dedizione ma soprattutto il vecchio Joe gli aveva permesso di onorare la sua promessa: assicurare ad Octavia una vita degna di essere chiamata tale, di adempire alla sua responsabilità primaria.
E fu probabilmente in quel momento, attaccando il telefono con Murphy e correndo a perdifiato sino all’ospedale che si rese conto che Joseph era stato quanto di più vicino ad un padre aveva mai avuto dopo quello che era accaduto.
Clarke lo aveva stretto a sé senza dire nulla, il fato aveva voluto che fosse stata proprio lei ad aver passato gli ultimi istanti al suo fianco, sapeva che il suo tempo era quasi scaduto, glielo  aveva confessato sussurrandolo piano qualche tempo dopo, così aveva mandato via gli infermieri di turno e aveva deciso di far compagnia a quell’uomo solo negli ultimi istanti della sua vita. Bellamy aveva sorriso quando la principessa le aveva raccontato incerta questa cosa, Joseph adorava Clarke dopotutto, non faceva altro che dirglielo da quando aveva saputo che i due erano riusciti finalmente a mettere da parte l’orgoglio e ad amarsi ogni giorno come fosse il primo.
Per questo la ragazza fu probabilmente la meno sorpresa quando qualche settimana dopo, l’avvocato del vecchio bussò alla loro porta.
Il testamento di Joe parlava chiaro, Bell era l’erede unico del locale.
 

Alza appena lo sguardo dal bicchiere che sta sorseggiando lentamente, osserva John stringere in un tenero abbraccio Emori, regalarle un bacio leggero sulla punta del naso.
 
Senza lui non ce l’avrebbe mai fatta, la perdita di Joseph fece più male di quanto avesse mai potuto immaginare e fu solo grazie a Murphy se Bellamy riuscì a canalizzare quel dolore in qualcosa di buono.
Misero a nuovo il locale, insieme, realizzarono un vecchio progetto che trovarono in un cassetto impolverato dove Joseph teneva le sue cose, ristrutturarono ‘Arcadia’ proprio come lui avrebbe voluto.
E pensare che il maggiore dei Blake non era nemmeno così sicuro di poter accettare di mandare avanti quell’attività, non si era sentito all’altezza ma non aveva considerato il fatto di  non essere più solo.
 

John si accorge dello sguardo dell’amico e gli sorride, mostrando i denti bianchissimi, è strano, non l’ha mai visto così felice, gli fa di rimando un occhiolino e l’altro torna a stringere la sua dolce metà.
Bellamy lascia ancora che i suoi occhi viaggino per il salone ormai grande e spazioso, quando Octavia si trasferì definitivamente a New York, fu lei stessa a pregarlo di far sì che la sua vecchia camera diventasse parte integrante del vecchio salotto.
“Così la me adolescente sarà con te e Clarke mentre cucinerete, quando guarderete la televisione, quando mia nipote farà i suoi primi passi…”
E con quell’ultima frase Bellamy si era lasciato convincere, dopo tutto sua sorella conosceva alla perfezione i suoi punti deboli.
 
Ora il suo sguardo scuro cerca quello limpido e ancora sofferente della minore dei Blake, lo fa ancora come quando erano due ragazzini, con impertinenza ed impazienza, si rilassa solo quando le iridi verdi della sorella lo accolgono e sul viso tirato di lei si stampa una smorfia dispettosa.
E’ seduta sulle gambe di Jasper, l’unico che è stato in grado di capirla, l’unico della quale O’ è riuscita ad innamorarsi dopo la morte di Lincoln.
 
Un brivido percorre la schiena di Bell quando rievoca quella maledetta notte, una pallottola, una sola bastò per portar via la vita dal forte corpo di Lincoln.
Faceva freddo, la polizia parlò di qualche problema inerente una strana gang che aveva disgraziatamente a che fare con la ditta in cui lavorava il ragazzo di sua sorella.
Parlarono di un errore, una fatalità, Lincoln si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato dissero. L’uomo che lo uccise tale Pike marcirà in galera fino alla fine dei suoi giorni eppure avere questa certezza non bastava ad Octavia.
Non le rimase nulla se non la fuga, la fuga da una città che le aveva solo dato sofferenza, O’ aveva trovato dolore persino nella felicità più assoluta, abbandonò Boston, voleva lasciarsi alle spalle i ricordi amari e Bell non provò a fermarla, la lasciò volare via, com’era giusto che sia.
“Tornerò, te lo prometto e quando lo farò sarò più forte di quanto tu possa anche solo immaginare.”
Lo disse stringendolo in un abbraccio e mettendogli al collo una catenina alla quale era attaccata la copia delle sue chiavi.
Se solo avesse potuto salvarla, si era ripromesso di tenerla lontana dalla sofferenza ma aveva fallito.
“Non sarà sola, te lo prometto.”
E Clarke era stata di parola, New York aveva accolto Octavia così come Boston aveva fatto con quella ragazza bionda di cui il maggiore dei Blake si era perdutamente innamorato.
 
Quando due anni e mezzo dopo quel tragico incidente O’ si sentì pronta a tornare non era sola, al suo fianco c’era Jasper ed era davvero l’unico che poteva comprenderla aveva osservato Clarke, in fondo aveva perso anche lui la ragazza di cui era innamorato.
No, non era morta ma forse fu quasi peggio.
Maya lo lasciò senza fornirgli alcuna spiegazione, da un momento all’altro, prima si era addormentata abbracciata a lui, poi la mattina dopo non c’era più, era sparita, non aveva lasciato nessuna traccia di sé se non nel cuore completamente in frantumi di Jas.
Quei due erano riusciti miracolosamente a curarsi vicendevolmente e poi a lui piaceva pensare che tra Jasper e sua sorella fosse scattato qualcosa dal primo momento in cui si erano visti, non era poi un mistero che quel ragazzo svampito avesse da sempre avuto un debole per la minore dei Blake.

 
Manca poco allo scoccare della mezzanotte, lo deduce quando vede Clarke farsi vicina esattamente come quella volta di dodici anni fa, ogni anno la principessa lo cerca poco prima che le lancette si allineino, è una sorta di gioco, è come un rito ed è il loro modo di ringraziare quel destino che li ha fatti incontrare, che gli ha permesso di cercarsi, di imparare ad amarsi.
La bionda gli sorride ed è un sorriso che gli squarcia il petto, lascia che le sue mani cerchino quelle di lui, gli facciano lasciare il calice con un gesto attento e delicato.
Bellamy non resiste molto, non aspetta più la mezzanotte ormai e le stampa un bacio tenero ed umido sulle labbra, hanno ancora quel sapore dolce di una vita fa, la stringe a sé e così vicini, si godono lo spettacolo più grande dei quali sono stati artefici insieme sei anni prima.
Alexandra infatti corre per tutto il perimetro della casa, ride mentre Richie, il fratello minore di John, appena dodicenne, cerca di acciuffarla.
Quella bambina dagli occhi chiari ed i capelli biondo cenere è stata in grado di portare gioia allo stato puro, non solo a loro ma a tutta quella strana combriccola molto simile ad una famiglia che ogni anno si ostina a riunirsi nel salone di casa Blake come se il tempo non potesse mai scalfire quello che hanno condiviso.
Non è un caso infatti se Monty ed Harper, i neosposini, cerchino in tutti i modi di placare gli animi di quei ragazzini che appaiono instancabili, lo fanno ridacchiando però ed unendosi di fatto a quello strano gioco fatto di conte, corse e nascondigli.
Solo quando Bryan e Miller si alzano dal divano con enfasi e dando il via all’immancabile conto alla rovescia tutto si blocca.
Tutti, uno ad uno a partire da Alexandra si uniscono al coro e quando i fuochi d’artificio fuori segnano l’inizio del nuovo anno la compagnia si ritrova più unita che mai, condividono un disordinato e caloroso abbraccio, si scambiano affettuosamente gli auguri e si regalano sorrisi sinceri.
Clarke è la prima a staccarsi, prende la mano ad Alexandra e le stampa un bacio sulla fronte, Bellamy nota quel gesto così semplice e dolce e non riesce ad evitare che il suo viso prima leggermente contratto dai ricordi evocati s’illumini.
La bimba chiede curiosa
“Sta per chiamare, zia Raven, non è vero?”
Clarke che si è chinata per guardarla non fa a tempo a risponderle che Bell, inginocchiatosi per arrivare all’altezza della figlia, le fa eco
“Puoi scommetterci piccoletta, lo sai che zia Raven e zio Atom puntano la sveglia solo per noi, per sapere quando arriva la mezzanotte qui e festeggiare insieme.”
La piccola bambina sgrana i suoi occhi verdi così simili a quelli di Octavia e le sue gote macchiate da leggere efelidi si gonfiano in un sorriso genuino.
Clarke posiziona il computer vicino al piano cottura e accede a Skype, piano piano ognuno trova il suo posto e attende impaziente.
Ci vogliono solo pochi minuti, la chiamata arriva come da tradizione e Raven ed Atom appaiono sullo schermo, sono sorridenti e soprattutto sono al mare.
“Maledizione Rav’ devi smetterla di farci questo!”
Impreca Jasper scherzando.
Sono a Sydney ormai da tre anni, si sono trasferiti quando Atom ha vinto un importante premio pugilistico in una palestra australiana guadagnandosi un visto per lui e la sua dolce metà.
La ragazza ride mentre chiede
“Allora raggi di sole, come state?”
“Ce la caviamo!”
Risponde Bellamy.
“Che ore sono da voi?”
Chiede Murphy.
“Per la miseria John ci fai questa domanda ogni volta, sono le quattro di pomeriggio ed è il primo dell’anno già da un bel po’… Quando imparerai?”
Ridacchia l’amico dall’altra parte dello schermo.
“Alex dove sei?”
Chiede Raven strizzando un po’ gli occhi in cerca della figlia di quella che è a tutti gli effetti, nonostante la distanza, la sua migliore amica.
“Ci sono zia, sono qui! Tanti auguri!”
Dice con enfasi la più piccola sbracciandosi verso il computer al che Richie la solleva prendendola in braccio e procurandosi uno sguardo apprensivo e dubbioso da parte di Bellamy che però viene bloccato con un semplice gesto da Clarke prima che possa dire qualcosa.
“Hei zii! Ora la vedete? Auguri eh.” Fa il ragazzino dai capelli biondissimi come quelli del fratello maggiore.
“Mio Dio, siete così grandi! Quanto mi mancate…”
 
-
 
“Mamma, mamma!”
Clarke si sente tirare dalla manica del maglione, i suoi occhi chiari corrono a quelli altrettanto limpidi della figlia
“Dimmi piccola.”
“Posso andare fuori con Richie e zio John a fare le stelline?”
Si mette le mani dietro la schiena e si lascia dondolare con il resto del corpo, quella bambina sembra essere la miniatura perfetta di Bellamy, pensa velocemente dentro sé, non sa se è un bene o un male dato che la conseguenza è che non riesce proprio a resisterle.
“Papà che ha detto?”
Ora la bimba abbassa leggermente lo sguardo ma la madre del tutto intenerita le tira su il piccolo mento con un gesto delicato e le sussurra all’orecchio:
“Puoi andare, ci penso io a distrarlo…”
E la piccola Alexandra lascia che la sua bocca sdentata si allarghi in un gran sorriso, abbraccia velocemente la madre e corre via.
Clarke vede con la coda dell’occhio un Bellamy preoccupato che la insegue, vuole metterle il cappottino.
“Non è cambiato di una virgola eh?”
Riconosce la voce di Octavia alle sue spalle. E le risponde scuotendo la testa, lei continua
“Quando crescerà le renderà la vita impossibile.”
Lo dice mostrandole un ghigno, forse nasconde un po’ di amarezza e Clarke le prende la mano, la stringe, vuole farle sentire ad ogni costo la sua vicinanza, quei ricordi sono così vividi anche in lei.
“Con te ha fatto un lavoro splendido O’, impeccabile anzi.”
E l’altra annuisce
“Hai ragione e poi se mai vorrà scappare di casa sappi che la zia le aprirà sempre la porta a braccia aperte.”
Bellamy le interrompe, deve aver vinto la sua battaglia contro la piccola peste
“Chi è che dovrebbe scappare di casa?!”
Fa con tono inquisitorio.
“Lo zio la rispedirà dritta al mittente Bell, non preoccuparti, credo di poterti capire.”
“Che Dio ti benedica Jas sei la mia garanzia!”
E i quattro scoppiano in una risata, la strana leggerezza che aleggia nella stanza di casa Blake è il frutto di quella notte magica pensa Clarke, quella giornata è diventata un punto di riferimento per tutti loro, persino per chi come Raven ed Atom si trova oltreoceano.
Le loro vite non si sono più separate, nonostante le loro strade lo abbiano fatto, sono riusciti comunque a crescere insieme a condividere la gioia come il dolore, sono diventati forti insieme e adesso capisce anche lei finalmente perché O’ in passato si era così legata a quel concetto di famiglia che aveva associato alle sue amicizie, persino lei non avrebbe trovato una parola più adatta per definirlo.
I suoi pensieri vengono interrotti da Jasper che invita O’ sulla pista da ballo improvvisata da Miller e Bryan che hanno aperto le danze ed Harper e Monty che li hanno seguiti senza farselo ripetere due volte.
Allora Bellamy le si avvicina, l’abbraccia da dietro e le sussurra all’orecchio
“Vuoi ballae principessa?”
Lei scuote leggermente la testa e lascia che il ragazzo le posi le labbra sul collo e la stringa ancora di più a sé, non ne avrà mai abbastanza di quegli abbracci, nonostante li riceva da dodici anni, ogni volta sono disarmanti nella loro sincerità, nella loro ricerca di amore.
“Voglio starmene ancora qui per un po’ Bell, stretta a te, voglio godermi ogni singolo momento di felicità che traspare dai volti di ognuno di loro, dai gesti, dalle voci, ne ho bisogno.”
La sua risposta non tarda
“Lo so, è la stessa cosa per me.”
E Clarke sa che il suo sguardo ora è rivolto ad Octavia che stringe al collo Jasper, il suo ultimo appiglio di speranza.
“Andrà tutto bene.”
Le dice senza pensarci e in quel momento la porta si spalanca, rientrano infreddoliti John, Emori e Richie mentre Alexandra li ha già superati e raggiunge veloce come un fulmine i suoi genitori avvinghiandosi ai loro fianchi e completando alla perfezione quell’abbraccio.
 
-
 
“Andiamo papà me l’avevi promesso!”
Alex se ne sta stesa sul lettino della sua cameretta, la stessa che dodici anni prima aveva ospitato per la prima volta Clarke Griffin a Boston.
La bionda le sta rimboccando le coperte e lancia uno sguardo interrogativo a Bell, lui non fa tempo a rispondere, la loro figlioletta è fin troppo perspicace e lo anticipa.
“Papà mi ha detto che mi avrebbe raccontato la storia di come vi siete conosciuti prima di dormire.”
“Si ma è l’una passata! I bambini a quest’ora sono già tutti a dormire…”
“Appunto! Voglio ascoltarla, se no non mi addormento!”
Sbuffa la bimba e sembra maledettamente convinta di ciò che sta dicendo. Clarke cerca di mediare
“Suvvia, non è la prima volta che l’ascolteresti perché invece non cerchiamo una nuova favola nel libro che ti ha regalato nonna Abby?”
“La vostra storia è meglio di una favola, è vera!”
Obietta l’instancabile monella, Bell allora guarda dritto negli occhi Clarke ed è uno sguardo inequivocabile, arrendevole, di fronte a tanta ostinatezza condita da quegli occhi stanchi ma così dolci e bramanti quei due non possono che cedere dinnanzi alla volontà della bimba che sembra aver capito e si sistema comoda sul cuscino pronta ad ascoltare quella storia per l’ennesima volta.
Bellamy si schiarisce la voce e si mette comodo sulla sedia che ha messo proprio accanto al letto, Clarke invece si siede sul bordo di questo e con una mano accarezza da sopra la coperta il braccio della sua bambina.
“Era un settembre particolarmente caldo e me ne stavo tranquillo in macchina…” Inizia il maggiore dei Blake con enfasi “Andavo di fretta, dovevo raggiungere zio Murphy e fare con lui delle commissioni di lavoro. Il semaforo davanti a me però era già arancione e quindi ho cominciato a frenare. Avevo tutto sotto controllo, i finestrini abbassati, la musica allegra quando ad un certo punto la mia macchina ha fatto BOOOM.”
Alexandra ridacchia mentre il padre improvvisa quel suono onomatopeico mimandolo con le braccia, Clarke si concede un’espressione buffissima che fa così bene al cuore di Bellamy.
“Devi sapere che tua madre era davvero un disastro…”
Ma la bionda non ci sta ed interviene
“E tuo padre aveva una gran bella faccia tosta! Avresti dovuto vederlo! E’ sceso dalla macchina in fretta e furia verso di me e mi ha sgridato proprio come fa con te quando dimentichi tutte le luci accese in giro per casa!”
Il moro scrolla le spalle e con un’espressione superiore continua
“Comunque la mia macchina era tutta rotta, malconcia ma non potevo fermarmi anche se tua mamma era stata brava e mi aveva detto che avremmo potuto compilare i documenti per pagare i danni, sai, il punto è che non volevo darle soddisfazione e poi come ti dicevo ero già in ritardo. L’ho lasciata lì quindi e sono corso da John ma ho pensato al suo viso per tutto il viaggio e mi sono maledetto per non averle quanto meno lasciato il mio numero di cellulare, non puoi immaginare la sorpresa quando l’ho vista a casa mia quando quel pomeriggio sono rientrato dal lavoro…”
Clarke andò avanti
“Ha comunque continuato a fare l’antipatico però… ma con il passare dei giorni le cose si sono sistemate da sole anche perché zio John e zia O’ avevano capito che forse dovevamo darci una possibilità, sai, è stato anche grazie a loro se piano piano siamo diventati amici…”
Bellamy sfiora la gamba della sua principessa delicatamente e la invita ad osservare meglio Alexandra, dorme, il suo respiro si è fatto regolare e la sua espressione è così innocente, così serena.
“Questa volta è durata meno del previsto.”
Osserva lui, in un sussurro pacato, è un tono nuovo al quale ancora non si è abituato nonostante sia passato ormai qualche anno, è sempre così quando c’è Alex di mezzo, si stupisce di sé, della sua premura, della sua fragilità paterna che traspare in modo diretto anche solo da come parla.
“Non arriveremo mai fino alla fine della storia se continuiamo così.”
Dice Clarke quasi sovrappensiero, si è persa in quel momento di familiarità, di gioia primitiva, ama guardare la sua piccola creatura dormire, ama farlo insieme all’uomo che ha amato sino all’ultimo lembo di carne per concepirla e che scopre di amare ancora ogni giorno di più, in un modo nuovo, differente eppure sempre meravigliosamente uguale.
Lui si permette di contemplarla ancora un po’, poi però la tira a sé, lascia che le loro labbra s’incontrino e sussurra sorridendo in quel bacio
“Il fatto è che non c’è fine a questa storia.”
 
Ennesimo angolo autrice: sono logorroica lo so e non so nemmeno bene da dove partire.
Intanto ringrazio ancora ognuno di voi, come vi ho già detto ogni vostro commento, ogni vostra reazione è stata fondamentale ed è difficile descrivere la gioia provata nel vedere interazioni con la mia storia!
Poi volevo cominciare con qualche spiegazione:
1) Ho scelto il nome di Alexandra per la figlia di Clarke e Bellamy non a caso, se non sbaglio è un personaggio che (nelle Au? Non ho capito benissimo a dirla tutta ahah) associano a Lexa e non avendo particolare ispirazione l'ho scelto perché mi faceva piacere prendere ispirazione da un personaggio comunque caro ed importante per Clarke.
2) Scusate per la melodrammaticità nei confronti di Octavia, ho adorato il suo rapporto con Lincoln ma dall'alba dei tempi l'ho sempre shippata con Jasper.
3) A proposito di Jasper... Ho optato per una Maya in fuga perché se fosse morta anche lei sarebbe stato davvero troppo tremendo(?)
4) Lo so, lo so, è un po' nosense la cosa di Raven con Atom ma avendolo inserito in quanto amico di Bell  mi sembrava stupido che rimanessero soli... dai ho donato una gioia a Rav alla fine mica era così male Atom!
5) L'idea per l'epilogo è nata dalla figlia che chiede a Bell e Clarke di raccontare la loro storia, è nata prima che finissi di stendere la trama vera e propria poi tutto il resto è stato costruito su questa idea di partenza.
6) Ho scelto di scrivere l'epilogo al presento, rievocando i momenti passati per contestualizzare il tutto perché mi piace pensare che i Bellarke appartengano al presente - Lo so che sono scema ahahah.

Okay adesso ho finito per davvero e mi fa sentire parecchio strana, ho davvero amato scrivere questa ff ed è stato un esperimento splendido.
Infatti ve lo confesso potrei avere qualche stramba idea che mi frulla nella testa e cercherò con calma di svilupparla, è sempre un AU Bellarke, mi muovo meglio così, insomma non prometto nulla comunque ma voi rimanete in ascolto, non si sa mai!

Un bacio gigante a tutti voi che mi avete accompagnato fin qui!



 
   
 
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