My
crush on you
You do everything i wish i did
Everybody wants you, Everybody loves you
I know i should tell you how i feel
And I wish everyone would disappear
Everytime you call me, I'm too scared to be me
And i'm too shy to say.....
Ooh, i got a crush on you
I hope you feel the way that i do
I get a rush when I'm with you
Ooh, i've got a crush on you
“Ahia!”
si lamentò infatti Shinichi Kudo, esaminando il segno rosso sulla sua
mano
destra.
“Così
impari; questi biscotti sono per la vendita di beneficenza a scuola, lo
sai.”
Replicò severa la ragazza, tentando malamente di celare un sorriso; lo
sapeva
bene che con il suo migliore amico di sempre non riusciva mai a tenere
il
punto, andava sempre a finire che, gira e rigira, lui riusciva ad
incantarla, e
lei gliele dava tutte vinte.
Tutta
colpa di questi dannatissimi occhi blu, accidenti a lui…
“Ma dai
Ran… Non puoi lasciarmene nemmeno uno?”
No,
accidenti, e non mi guardare così! “Lo sai che ci tengo che vengano
distribuiti il più
uniformemente possibile. Pensa se poi-” affondando dentro quegli
occhioni, Ran
si sentì all’improvviso sprofondare in un mare del colore del cielo,
che nulla
aveva di sbagliato, anzi.
Ma
chi voglio prendere in giro?!
“Okay,
uno, due, e tre. Ecco qua. Mangia e falla finita.” Fece
sbrigativamente,
affrettandosi a prendere tre biscotti dalla teglia per poi porgerli al
ragazzo.
Shinichi
non se lo fece ripetere due volte: mangiò velocemente le creazioni
della sua
migliore amica, deliziandosi del loro gusto inimitabile, e poi sfoderò
il
sorriso furbastro che lo caratterizzava. “Farina, zucchero, uova e…
Mmm…
vaniglia.”
Ripresasi
dal suo stato di agitazione nel quale era caduta fino a qualche secondo
prima,
Ran sorrise, continuando a togliere i biscotti appena sfornati dalla
teglia per
adagiarli nei vassoi. “Manca un ingrediente.” Lo informò, con un
sorriso dolce.
Shinichi
parve deluso. “Ah, si?” sbatté le palpebre, poi alzò gli occhi in alto,
come a
voler ripensare a qualcosa. Infine, sorrise largamente. “Burro! È il
burro,
vero?”
Felice
per averlo reso contento, Ran annuì; lei e Shinichi si conoscevano
praticamente
da una vita, e lei era lieta di aiutarlo ad affinare la sua intuitività.
Soddisfatto,
il sedicenne si appoggiò allo schienale della sedia, osservando ben
benino la
ragazza intenta a svolgere il suo lavoro: da qualche tempo aveva preso
a
fissarla in maniera particolare, in un modo tutto nuovo. Inoltre gli
stavano
accadendo varie cose, come l’improvviso accorgersi di quanto lei stesse
effettivamente cambiando: dov’era finita
Arrossendo
a quei pensieri, Shinichi si diede dell’idiota: era mai possibile che
uno così
bravo come lui nelle investigazioni fosse una totale schiappa quando si
trattava di fare due più due con i suoi sentimenti?
Eppure…
In quel
momento stava impastando altri biscotti, con un abilissimo ruolo
giocato dalle
dita: i capelli castani luminosi erano raccolti con un fermaglio, che
ne
liberava alcuni, che ricadevano ai lati del viso. I lineamenti dolci
erano resi
splendenti dalla luce del sole che si infrangeva sulle loro linee come
a far
notare il chiarore della carnagione di lei.
E poi
quel corpo slanciato e tonico, asciutto e al contempo così tondo…
Ran
stava cantando una canzone a bassa voce: non era particolarmente
intonata, ma
il modo in cui saltellava mentre schiacciava la pasta, e la precisione
meticolosa con cui levigava le forme dei suoi biscotti… Tutto ciò era a
dir
poco ammirevole.
Quand’era
che Ran era divenuta una donna e lui non se ne era accorto? E,
soprattutto,
perché il fatto che iniziasse ad essere particolarmente corteggiata gli
dava un
fastidio immenso?
“Mi
passi la formina?” Shinichi saltò praticamente in aria a quelle parole,
impegnato com’era ad imprimersi nella memoria tutti i lineamenti che
caratterizzavano la ragazza.
“Eh?
Ah, si certo.” Fece, ridacchiando d’imbarazzo, mentre cercava di non
arrossire.
“Grazie.”
Disse educatamente Ran, afferrando il quadratino di metallo
raffigurante una
stellina.
Shinichi
prese a guardarsi intorno, per cercare di distrarsi dai biscotti e
dalla
ragazza: due cose che lui avrebbe volentieri voluto per sé. “Secondo te
come se
la stanno cavando i tuoi?”
Quella
domanda ebbe il potere di far arricciare il naso della ragazza.
“Scommetto
quello che vuoi che non ne caveranno un ragno dal buco.”
Shinichi
sbatté gli occhi blu. “Perché dici così, scusa?”
Ran
scrollò le spalle. “Mia madre è innamorata di mio padre, e sono certa
che anche
mio padre, malgrado la sua indole da farfallone, ricambi. Il punto è
che lui…
Non è ancora pronto.”
Shinichi
sgranò gli occhi. “Spiegati.” Mormorò, interessato.
Ran
sospirò. “Vedi, so bene che l’amore non è una cosa da niente: quando si
inizia
a provarlo bisogna affrontare dei processi duri, al quale non ci si può
sottrarre.”
“Che
genere di processi?”
Ran
fece un sorrisetto storto. “Beh, prima c’è la tappa della confusione,
nella
quale non ci si capisce più niente di quello che si prova.” Qui
ridacchiò, come
se la sapesse lunga. “Poi c’è quella della negazione, nella quale ci si
vuole
auto convincere di aver preso un granchio e che, no, non si provano
affatto
certe cose. Si trovano un sacco di scuse: dal ‘sono-gelosa-perché-sua-amica’
alla ‘divento-rossa-perché-ho-la-febbre’.” E qui
scoppiò definitivamente
a ridere.
Shinichi,
invece, da ridere non ci trovava proprio niente: piuttosto ascoltava
interessato, e prendeva appunti mentalmente, annotandosi anche la
strana cosa
che, sin dall’inizio, aveva notato.
“E
infine, c’è la tappa più bella.” Proseguì la ragazza, arrossendo. “Ma
anche
quella più dolorosa: quella dell’ammissione. Ammettere di amare
qualcuno è la
cosa più dolce e assieme anche quella che ferisce di più, soprattutto
se questa
persona la conosci da una vita, perché potresti perderla, ma da
un’altra parte
potresti guadagnare tutto ciò che desideri, capisci?” e, senza
aspettare alcun
accenno dall’amico, proseguì, imperterrita. “Ed ecco perché sostengo
che mio
padre, dopo un matrimonio, una figlia, e vent’anni di conoscenza, si
trova
ancora alla seconda tappa. Non vuole assolutamente accettare che ami quell’acida
di Eri, come la
denomina lui.” La brunetta sospirò, poi scrollò le spalle. “Bah, tanto
peggio
per lui, si vedrà che giungerà alla terza solo agli ottant’anni.”
Mentre
Ran rifletteva ad alta voce, però, Shinichi era come rimasto folgorato,
come se
una cascata improvvisa d’acqua gelida gli si fosse abbattuta
all’improvviso
sulle spalle.
Ma
sono alla seconda tappa anche io, lo sai Ran?E pensare che fino a
cinque minuti
fa ero solo alla prima… Ma è normale che adesso io voglia
disperatamente
arrivare alla terza pur non avendone la forza morale? Oh, andiamo, io
innamorato
di… Di…
“Shinichi?
Tutto okay?” chiese la ragazza, fissandolo, preoccupata.
Di
te…
Il
ragazzo si riscosse, dedicandole uno dei suoi migliori sorrisi,
decidendo di
cambiare discorso. “E dimmi una cosa: com’è che sembri essere laureata
sull’argomento amore
e affini,
mh?”
La
domanda ebbe il potere di far arrossire Ran di brutto. “Ah, ecco, io…”
Il
ragazzo sgranò occhi e bocca. “Sei innamorata!” e non era affatto una
domanda.
All’inizio
sembrò che Ran avesse intenzione di negare fino alla morte ma poi,
combattendo
visivamente con se stessa, fu costretta a sospirare profondamente e ad
annuire,
le guance in fiamme.
Non
ci credo…
“E… Chi
è il fortunato?” malgrado il tono fosse stato fatto per essere ironico
e
giocoso, gli uscì un po’ duro e aspro. La sua unica fortuna fu che la
ragazza,
presa com’era dal guardare tutto tranne che lui, non se ne fosse
accorta.
“Oh,
per piacere, Shinichi!” fece, la voce lievemente stridula. “E poi
vogliamo
mettere? Anche tu lo sei, correggimi se sbaglio!” esclamò, acquisendo
sicurezza.
Come
diavolo hai fatto, Ran?
Il
ragazzo rimase parecchio sorpreso dall’ultima affermazione. “Beh, mi
hai
scoperta, Miss Marple, congratulazioni.” Fece, sorridendo.
“E chi
è la fortunata?” domandò, scimmiottandolo.
Lui
scosse la testa. Non
sono
ancora pronto a dirtelo, amore, mi spiace. “No
comment. Prima devi rispondere tu.”
La
ragazza scosse furiosamente la testa. “Assolutamente. La sua identità è
top
secret.”
“Ehi,
ehi, frena cinque minuti: da quando ci sono segreti tra di noi?”
chiese,
tentando di ricorrere alla carta dell’amicizia, per Ran preziosa.
Ma la
ragazza gli rispose con un sorriso furbastro. “Potrei chiederti la
stessa
cosa.” Affermò, tranquilla, togliendo l’ultima teglia di biscotti dal
forno.
Ran
1- Shinichi 0. “Beh, almeno ti supplico di consolarmi
del fatto che non si
tratta del dottor Agasa!”
La
brunetta ridacchiò. “E tu rassicurami sul fatto che non ti piace
Sonoko!”
rispose a tono.
Shinichi
sorrise. “Puoi stare tranquilla.”
Ran
annuì gioiosamente, come a tempo di musica. “Anche tu.”
Ci fu
qualche secondo di silenzio, spezzato solo dal rumore che produceva la
carta da
forno che la ragazza appallottolava e gettava via.
“Ran?”
“Mh?”
Il
ragazzo sfoderò il suo classico sorriso da detective. “E dillo che si
tratta di
mio padre!”
La
ragazza dapprima lo guardò assolutamente allucinata, poi scoppiò a
ridere e
infine annuì, come a confermare. “Oh, no, ci sei arrivato! Come farò,
adesso?”
fece, teatralmente.
I due
ridacchiarono, poi lei riprese a riporre delicatamente i biscotti nei
vassoi, e
lui continuò a fare quello che stava facendo prima.
“Shinichi?”
Lui si
voltò. “Si?”
“E
dillo che si tratta di mio padre!”
questa frase, detta diversi
minuti dopo quella precedente, ebbe il potere di far spaesare un
attimino il
giovane detective, che poi, capito la battuta, si ritrovò a far eco
alle risate
di lei e a ridere della grossa, piegandosi in due.
Risero
tanto i due amici, tanto che poi si ritrovarono ad inseguirsi lungo la
cucina
di casa Mouri, visto che Shinichi non poteva assolutamente tollerare
l’affronto
causatogli dalla sua migliore amica. Il ragazzo, da abile calciatore
della
squadra della scuola, era un corridore veloce, ma anche Ran,
campionessa di
karate, lo era; infatti si rincorsero per diversi minuti, tra le risate
e le
battutine che si lanciarono a vicenda.
Ma la
corsa ebbe fine proprio accanto al frigorifero, lì dove Shinichi
inchiodò Ran,
con le mani sopra le spalle di lei.
Forse
all’inizio i due non si accorsero della situazione non proprio ideale
in cui si
trovarono, troppo impegnati a riprendere fiato e a sorridere. Ma poi,
quando il
profumo di lei cominciò ad entrare a forza in lui, quando percepì le
sue curve
contro i suoi pettorali… Oh, beh, allora si scostò da lei come in preda
ad un
raptus improvviso.
Perché
quella scarica elettrica che era corsa lungo la sua schiena era
pericolosa, ma
anche dannatamente piacevole, si.
“Ehi,
voi!”
A
quella voce dannatamente nota, anche Ran sussultò.
Ecco
Goro ed Eri, imbronciati ed abbronzati, sulla soglia della porta,
intenti a
scrutare la situazione attorno a loro nei minimi dettagli.
“Mamma,
papà!” squittì Ran, arrossendo. “Siete qui!”
Eri
lanciò a suo marito uno sguardo ben poco lusinghiero. “Si, siamo qui.”
Fece,
velenosa. “E io me ne vado all’istante. Ne ho fin sopra i capelli.”
Shinichi
sbatté gli occhi. “Beh, io… Anche io… Uh, mi sa che sia meglio che me
ne vada,
si.” E il ragazzo poteva sbagliarsi, ma aveva proprio l’impressione che
lo
sguardo di Goro dicesse: Tanto
prima o poi ti faccio nero, sbarbatello, se osi ancora sfiorare la mia
principessina…
Eri
sospirò. “Mi aiuteresti a portare le valigie, caro? Qui c’è qualcuno che sa
fare il galantuomo solo
con le venticinquenni!”
fece, tagliente.
Ran
lanciò all’amico uno sguardo dalla serie: portala
via prima che accada il finimondo!
“Ma
certo, signora, mi dica solo dove sono…”
“Di
sotto, caro, ancora nel taxi.” Fece Eri, sistemandosi gli occhiali.
“Vado Ran,
ma stasera ti chiamo, okay?”
La
ragazza sorrise dolcemente alla madre. “Okay, aspetto la tua chiamata,
allora.”
Shinichi
guardò la brunetta, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans. “Noi
invece ci
vediamo domani a scuola, eh?”
Ran
arrossì leggermente, per poi sorridere. “Certo.”
“E
tienimi da parte un vassoietto di biscotti, che lo comprerò io.”
Lei
rise brevemente. “Come ogni anno.”
Accennando
ad un saluto con la mano, Shinichi uscì dall’appartamento, non senza,
prima,
aver lanciato un’ultima occhiata alla ragazza.
Non
è ancora tempo, non è ancora il momento, piccola… Ma una cosa te la
prometto:
riuscirò a saltare la terza tappa prima di vent’anni. E allora chi lo
sa che tu
non sia già la nuova signora Kudo…