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Autore: virgily    09/02/2017    2 recensioni
[Dal capitolo 2: Vince solo chi fugge]
-Quanti ne hai uccisi?- chiese mostrandosi più diretta e spavalda. E alla sua richiesta, il moro non riuscì ad evitare di inarcare il sopracciglio verso l’alto, osservandola affascinato dalla sua forte, quanto pericolosa curiosità.
-Ne ho perso il conto- fu tutto quello che riuscì a risponderle in quell'esatto momento. E per lei, quella fu una risposta sufficiente. Fra i due allora, che avevano ripreso il loro incomprensibile gioco di sguardi, calò un nuovo mantello del silenzio, avvolgendoli quasi in un caldo abbraccio. Non le stava mentendo, e di questo ne era completamente certa. Il Nero era tremendamente serio, lo evinceva dalla sfumatura inquietante e inespressiva del suo volto e dei suoi grandi occhi chiari. Quello, fu uno sguardo talmente intenso che per la prima volta Valentina si sentì vibrare.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Cap.3: Tutto giusto. Tutto sbagliato.
 

Valentina aveva faticato a prendere sonno. Non riusciva a capire con quale coraggio fosse riuscita a resistere al ragazzo che, a malincuore, aveva abbandonato in salotto. Parte di lei si diceva che dopotutto era soltanto un gioco, e del resto il Nero era stato assoldato da Zio Carlo per sorvegliarla, non per andarci a letto. E questo lo aveva capito anche dalla sua ferma compostezza, quasi meccanica e innaturale. Era teso quando erano insieme. Eppure, quando la guardava con quei suoi grandi occhi languidi, la ragazza sapeva che anche lui provava qualcosa. Una curiosità, o forse una sorta di attrazione fatale, proibita. Tutto a un tratto l'idea di disubbidire alle regole prestabilite sembrava più che allettante. Ma la verità era che aveva paura. Si sarebbero fatti male, se lo sentiva. E con questo presentimento, riuscì comunque a trovare un po' di riposo, ma soltanto per qualche ora. Giusto il tempo di concedere al sole di rinascere che la bruna era nuovamente sveglia. Il cielo si era appena schiarito, senza mai perdere quel grigiore malinconico che sembrava gravare anche sul suo umore pensieroso e riflessivo. Restando in posizione supina, avvolta fra le morbide lenzuola del suo letto, Valentina ripensò ancora al Nero. Al sapore della sua bocca. Al modo fermo e deciso con cui l'aveva portata al suo petto. Le parve di sentire le palpitazioni, come se si sentisse finalmente inerme. Non era male, anzi. La giovane capì per la prima volta cosa significasse essere una ragazza normale, e non quella persona che volevano che diventasse: una macchina cinica e spietata.

Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra sottili e rosee. Quasi non riusciva a crederci ma lui, pur essendo molto pacato e taciturno, era riuscito a farla sentire bene come nessuno aveva mai fatto prima. Forse erano stati proprio i suoi occhi. Quelle due magnifiche gemme cristalline che, ogni volta che si puntavano su di lei, parevano scrutarla come un quadro enigmatico. Lui la studiava, lo aveva sempre fatto, come a volerle entrare dentro per curiosare fra tutti i suoi segreti. Come se, in realtà, lui non fosse stato attratto tanto dalla sua figura, ma dalla sua testa. E per questo, lei se ne sentì profondamente lusingata. Avvertì dei passi leggeri farsi avanti, e in un gesto del tutto impulsivo e spontaneo, Valentina si finse ancora addormentata. Pur non riuscendo a vedere nulla, sentì la porta della sua camera aprirsi piano. Con tutti gli occhi chiusi, la bruna riusciva comunque a percepire la sua presenza farsi lentamente sempre più vicina, quasi stesse pregustando anche lui il momento in cui sarebbe stato abbastanza vicino per dirle qualcosa. Immaginò i suoi occhi chiari scrutarle le forme gentili mascherate della coperte, e sul suo viso la pallida ombra di un mezzo sorriso. E del resto, poteva ben affermare che non era andata a letto con una sottana di seta nera per nulla.

-So che sei sveglia- calda e vellutata, la sua voce parve una morbida carezza sul suo viso. L'aveva smascherata subito, e di questo non ne era affatto sorpresa. Senza degnarsi di schiudere le palpebre, la bruna sogghignò piano, immaginando che anche lui stesse silenziosamente facendo la stessa cosa.

-Sto aspettando il mio bacio- affermò lei con grande sicurezza restando ancora in quella posizione. Non sapeva se lo aveva spiazzato o meno. Ma il suo breve silenzio il quel momento le fece ben sperare di essere riuscita nel suo intento.

-Nero, io cento anni non ce l'ho a disposizione...- ridacchiò canzonandolo appena, ma si ammutolì non appena percepì un angolo del suo letto matrimoniale farsi improvvisamente più pesante. Lo sentì strisciare lentamente verso di lei, torreggiandola completamente. E quando il suo fiato caldo le carezzò le gote, la ragazza riuscì a sentire il cuore andarle in gola e perdere un battito. Senza rendersene conto, la bruna aveva cominciato a fremere di anticipazione sotto il suo corpo, e anche se il ragazzo sapeva bene che lei non poteva vederlo, gli fu comunque impossibile trattenere un ghigno malizioso e beffardo. Le sue piccole labbra, sottili e ben disegnate, si erano schiuse di pochi millimetri, accogliendo il suo fiato con ingordigia, quasi nutrendosene. E quella, era una vista che ben deliziava gli occhi del Nero il quale, deciso a porre fine a quel piccolo gioco, ne prese nuovamente possesso. Fu un bacio vigoroso, famelico. Quelle labbra lui le aveva bramate per tutta la notte, e anche se sapeva bene che quello che stava facendo andava completamente contro la sua etichetta, non riuscì a smettere di assaggiarla. Valentina sussultò quando la lingua del Nero la penetrò per ingaggiare una sinuosa e confusa danza con la sua. Le girava la testa, non capiva più se quello che stava provando fosse giusto o sbagliato. Tutto quello che riusciva a percepire era soltanto un maledetto brivido di piacere che le fece venire la pelle d'oca.

-Non finirà bene, lo sai?- soffiò pianissimo il moro, sollevandosi appena per poterle marchiare il collo e la clavicola con un'umida scia di baci, accogliendola prontamente quando la bruna, di tutta risposta, inarcò la schiena contro il suo amante. La giovane sussultò quando le sue labbra carnose continuarono a torturarle la morbida pelle alla base del suo collo. Poi, inoltrando le dita pallide e sottili nella sua folta chioma corvina, la ragazza si aprì un varco sicuro per potergli andare a rispondere con un lieve sussurro provocatorio:

-Me ne farò una ragione. E tu?- la sua voce era bassa e pareva un invito dolce e azzardato per il giovane accovacciato su di lei, che dispettosamente gli morse piano il suo lobo per sentirlo tremare di un piacere più basso e istintivo che lentamente cominciava a corroderlo dentro. Senza risponderle, il Nero cercò nuovamente le sue labbra, schiudendole come solo lui sapeva fare. Scendendo delicatamente lungo le sue ampie spalle e la sua schiena liscia e compatta, la più piccola infilò le mani sotto la sua maglietta rossa alla ricerca di un po' di calore. Di tutta risposta, il giovane uomo scostò frettolosamente quelle coperte che come una barriera gli impedivano di toccarla, e quasi con avidità lasciò scorrere le dita callose sulla superficie liscia della sua sottana, lasciandosi invadere la mente da una fantasia alla quale non riuscì a restarne del tutto indifferente. Senza quelle scomode lenzuola di mezzo, la bruna si sentì più libera nei movimenti, tanto da riuscire a intrecciare istintivamente le gambe attorno ai fianchi asciutti del ragazzo. E proprio quando il loro bacio stava cominciando a trascinarli verso un campo minato e pericoloso, i due sentirono un suono trillare alto. Sfortunatamente, il telefono posto sul comodino che fiancheggiava il letto della giovane Bracaglia cominciò a vibrare su sé stesso. Quasi senza fiato si bloccarono di colpo, guardandosi con stupore e sconforto. E se si concentrava bene, Valentina poteva vedere la sfumatura del desiderio incupire lo sguardo serio e imperioso del moro che torreggiava accaldato sopra di lei. Anche questa volta, proprio sul più bello, i due erano stati interrotti. Pur cercando di ignorare quel suono decisamente fastidioso, la ragazza si convinse alla fine che fosse meglio rispondere. Dopotutto, sperò che potesse trattarsi proprio di suo padre. Senza dire una parola, ma assumendo un'espressione lievemente contrariata, il Nero si sollevò appena dal suo corpo, permettendole di allungarsi per afferrare la cornetta del telefono e portarsela all'orecchio.

-Pronto? Oi ciao come...- tornando immediatamente in guardia, il moro la vide impetrare di colpo, e per qualche istante, anche le sue guance parevano aver perso colore.

-Cosa? Quando?!- in maniera del tutto impulsiva, la ragazza si mise seduta composta, assumendo un'espressione dannatamente seria e preoccupata, tanto che anche il ragazzo al suo fianco dovette sporgersi di qualche centimetro per cercare di scorgere, dai tratti del suo viso, un qualche indizio che gli permettesse di capire cosa fosse successo:

-Dove sta adesso? Va bene. Arrivo- rispose infine abbassando violentemente la cornetta del telefono.

-Cazzo, cazzo, cazzo...- di tutta fretta, la ragazza si sollevò dal suo giaciglio per cominciare a raccogliere i vestiti della sera prima che sostavano sparsi disordinatamente per il pavimento, cominciando a rivestirsi alla buona. Poi, e questo lo fece immediatamente andare in allerta, la vide estrarre la beretta dalla sua pochette per inserirla con cura in una borsa da giorno più grande e informale. Sembrava ignorare totalmente quel giovane che, di tutta risposta, si sollevò a sua volta dal materasso per poterle andare in contro. I suoi occhi seri e glaciali cercarono quelli verdi della più piccola con insistenza, e quando li trovarono, li videro contornati di lacrime.

-Cos'è successo?- domandò con tono gentile, tanto da afferrarle prontamente una mano quando la vide abbassare lo sguardo e allontanarsi appena, cercando invano di evitare ogni contatto visivo con lui. Nel giro di pochi istanti, Valentina si ritrovò a dover sbattere il muso contro il suo petto ampio e prestante. Ma cercò a tutti i costi di mantenere la sua posizione. Proprio come se, in realtà, la giovane stesse cercando soltanto di proteggersi, per non farlo entrare nella sua testa e permettergli vedere il suo dolore.

-La mia migliore amica è in ospedale...- sussurrò piano, quasi come fosse un soffio:

-Qualcuno prima si è divertito con lei e poi l'ha massacrata di botte...- aggiunse subito dopo, quasi ringhiando a denti stretti. Sentì poi la sua mano grande scostarle una ciocca di capelli scuri dal viso, carezzandoglielo appena con una delicatezza disarmante. Basita di quel suo gesto, la ragazza sollevò appena il capo, per scontrarsi con uno sguardo profondo e apprensivo che, proprio in quell'esatto istante, la fece sciogliere fra le sue braccia. Non volò più alcuna parola tra i due, perché furono proprio gli occhi a parlare al posto loro. E in quel momento, la bruna capì che davanti a lei non vi era soltanto l'oggetto del suo desiderio, o l'uomo che era stato incaricato di proteggerla. Il Nero, ora, si stava ufficialmente proponendo come suo complice.

***

L'aria dell'ospedale non le era mai piaciuta. La trovava sgradevole e opprimente. Sapeva di desolazione e abbandono. Era proprio per questa ragione che Valentina cercava di starne sempre alla larga. Ma quel giorno non poteva proprio farne a meno. L'orologio affisso alla parete del lungo corridoio, bianco e spoglio, della terapia intensiva scandiva ritmicamente lo scorrere lento dei secondi, incutendole un'ansia tale da portarla a battere freneticamente il tacchetto destro della sua scarpa. Il Nero, al contrario, se ne stava seduto accanto a lei con quella sua solita espressione indecifrabile che voleva dire tutto e niente. Certo non aveva esitato ad accompagnarla, ma da quando avevamo messo piede fuori dalla sua decapottabile rossa, il moro aveva smesso improvvisamente di parlare. Non che le dispiacesse, anzi. In realtà il suo silenzio in quel momento quasi la confortava. Poi, un uomo sulla quarantina, molto alto e ben curato, si avvicinò a lei brandendo una cartella medica e un lungo camice bianco. Era il dottore che aveva preso il cura la sua cara Camilla. Le disse che era sveglia e che poteva riceverla. Così, si sollevò piano dalla sua seggiola, ricercando meccanicamente gli occhi grandi e azzurri del ragazzo al suo fianco. Il Nero, senza aprire bocca, si limitò a farle un cenno d'assenso e continuò ad osservarla seguire quel dottore nella stanza accanto. Notò con grande curiosità che la brunetta aveva cominciato a camminare con passo molto lento ed incerto. In realtà, aveva subito percepito il suo disagio una volta entrati nella struttura, ma vista la situazione in cui si trovavano, aveva preferito non dirle niente. E, del resto, sapeva bene che niente in quel momento sarebbe riuscito a consolarla. Era strano, ma per qualche minuto il giovane si era sentito quasi impotente. Lui, che non mostrava mai le sue emozioni agli altri. Lui, che sapeva uccidere un uomo a sangue freddo, senza neanche pensarci troppo. Per minuti interminabili allora rimase lì, immobile proprio come una statua: con le mani posate sulle ginocchia e lo sguardo sperso nel vuoto. Ad un certo punto però, irrompendo nella sua visuale per riportarlo bruscamente con i piedi per terra, un uomo sulla trentina dai folti capelli bruni e un paio di baffi, che gli incorniciavano le labbra sottili e serrate, sbandierava i suoi occhi grandi e seriosi che sembravano scrutare l'orizzonte con grande austerità. Capì immediatamente che si trattava di un poliziotto, e quando lo vide avanzare ad ampie falcate, in evidente fretta, nella stessa direzione in cui era andata la sua protetta, inevitabilmente non riuscì a non serrare i pugni.

Dal canto suo, Valentina si ritrovò da sola a camminare in quell'ampia camera d'ospedale, osservandosi intorno alla ricerca di una giovane donna dai lunghi capelli biondi. Tuttavia, a parte qualche signora anziana, probabilmente lì per dei malesseri dovuti all'età, l'unica ragazza che sembrasse vagamente esserle coetanea se ne stava stesa sull'ultimo lettino in fondo alla sala: la testa completamente fasciata non le lasciava neanche intravedere una misera ciocca dei suoi lunghi boccoli dorati, e il suo viso, dall'ovale delicato e sottile, era ormai gonfio e tumefatto, tanto da rendere la sua migliore amica quasi irriconoscibile. Faticava perfino a tenere gli occhi aperti, e pur sforzandosi di sorridere, la giovane si sforzò molto anche solo per sussurrare il suo nome con tono allietato e rassicurante.

-Dio, Camilla...- singhiozzò piano la bruna, quasi abbattendo tutte le sue difese quando raggiunse frettolosamente il fianco della sua amica, afferrandole prontamente la mano con grande cura e delicatezza. Ora che ci faceva caso, aveva dei lividi e dei graffi molto vistosi anche sulle sue esili braccia, e la sola vista, oltre che disgustarla, le fece salire una rabbia e un nervosismo che difficilmente sarebbe riuscita a trattenere, considerato il suo forte temperamento.

-M-Mi dispiace i-io non volevo...- la giovane fece per dire qualcosa ma aveva anche lei voce era mozzata dal pianto.

-Non è colpa tua.- sussurrò piano asciugandosi sgraziatamente le lacrime.

-Non è colpa tua tranquilla...- Valentina cercò di rassicurarla fin da subito, portandosi la sua piccola mano alle labbra per lasciarle la tenera impronta di un bacio sul suo dorso fasciato.

-Dimmi, piuttosto, chi è stato- repentinamente, quasi come se un lato più oscuro si fosse impossessato improvvisamente di lei, la bruna cominciò a fissarla con una serietà glaciale e spietata. Camilla aveva visto di rado quello sguardo sul volto della sua migliore amica. E ogni volta, casualmente, non succedeva mai qualcosa di buono. La conosceva da quando erano soltanto delle bambine. Erano cresciute insieme. Ma sapeva il dolore a cosa poteva spingere la sua amica, e conosceva fin troppo bene la nomina di suo padre e il suo giro di clienti.

-V-Val che i-intenzioni- la bionda non riuscì neanche a finire la frase che subito venne zittita:

-Andrà tutto bene- disse con un tono secco e deciso che non la rasserenò neanche un po'. Ci fu allora un lieve silenzio che immediatamente fece intuire alla giovane Bracaglia tutti i timori e i dubbi della sua migliore amica. Sapeva che non voleva farle fare qualcosa di impulsivo, ma questa volta non sarebbe riuscita a fermarla. Qualcuno le aveva fatto del male, proprio a lei che era come una sorella. E chiunque fosse stato, Valentina lo avrebbe trovato e gliel'avrebbe fatta pagare. Era una questione di orgoglio personale, ma sapeva bene che Zio Carlo l'avrebbe definita più volentieri come: "Onore".

-Camilla. Ti prego... Chi ti ha fatto questo?- il suo tono sembrava sincero e implorante, tanto da convincerla infine ad aprir nuovamente bocca:

-L-Luca- sussurrò pianissimo, cominciando a tremare come una foglia mentre una nuova scia di lacrime cominciava a marcarle il volto livido. Inesorabilmente, un brivido freddo percosse tutta la colonna vertebrale della bruna, facendole rigirare lo stomaco mentre una morsa poderosa sembrava toglierle il fiato, stritolandole il cuore nel petto. Mancò di un battito, e sentì la testa cominciare a girare. Ora aveva capito tutto.

-Signorina Esposito?- una voce maschile e ben impostata colse le due ragazze alla sprovvista, tanto da costringere Valentina a voltarsi di scatto. C'era un giovane uomo ben vestito alle loro spalle, dai lunghi capelli corvini, due baffi sottili e dei grandi occhi castano verdi che le scrutava con una seria curiosità. Tuttavia, la brunetta trovò che avesse l'aria piuttosto stanca sebbene fosse molto affascinante.

-Sono il commissario Scialoja- affermò quest'ultimo una volta assicuratosi di aver ricevuto la loro attenzione:

-Se mi permette, vorrei farle qualche domanda- e alla sua affermazione, Valentina immediatamente capì che doveva mantenere la calma e congedarsi con grande nonchalance. Sicuramente si sarebbe fatto dire il nome del colpevole dell'aggressione di Camilla, e quella furia ruggente dentro il suo petto le impediva categoricamente di lasciarsi precedere dalla polizia. Gli espose così il più gentile dei suoi sorrisi, per poi volgere un'ultima volta lo sguardo alla sua amica.

-Vi lascio soli, allora- affermò con dolcezza baciando nuovamente la mano della ragazza stesa al suo fianco,

-Val...-

-Torno domani, tranquilla- la zittì sorridendole nuovamente prima di sollevarsi piano dal suo lettino. Si scontrò così con gli occhi enigmatici di quel commissario: era talmente concentrato che sembrava volesse studiare tutto e tutti, quasi alla costante ricerca della soluzione alle sue mille domande alle quali non sapeva rispondere. E questo, trasmise alla ragazza un forte senso di angoscia e frustrazione. Non si dissero nulla, ma Scialoja vide le labbra rosee di quella donna assumere una curvatura elegante e delicata, a tal punto da tranquillizzarlo. Lei lo fiancheggiò con piccoli passi, e lasciandosi dietro una scia di un profumo molto dolce e intenso, e il commissario la seguì con lo sguardo, vendendola camminare lentamente verso l'uscita. Tuttavia, non appena Valentina uscì da quella stanza, il suo sorriso soave e rasserenante si tramutò immediatamente in una linea piatta e inespressiva. Avanzando con ampie falcate, puntò immediatamente gli occhi sul ragazzo che aveva lasciato seduto in quel corridoio e che, non appena notata la sua presenza, si sollevò in piedi, ricambiando la sua occhiata con altrettanta serietà.

-Devo sbrigarmi...- la bruna non disse altro, ma superandolo cominciò a camminare a passo svelto verso l'uscita. Roteando gli occhi al cielo, Nero la seguì, aumentando il ritmo per raggiungerla. Non pronunciò alcuna parola, ma attese soltanto che riuscissero ad uscire da quell'edificio prima di afferrarle prontamente un polso, facendola volteggiare contro il suo petto. E quando lui la guardava così, con quei grandissimi fari cristallini dalla solennità quasi spietata, Valentina sapeva che non ci sarebbe stata più alcuna via di fuga. Questa volta però, anziché stuzzicare quel piacevole gioco di sguardi che tanto la folgorava, la giovane abbassò il capo, assumendo un'espressione cupa, quasi affranta. Era diversa rispetto a come l'aveva vista quella mattina: non era più soltanto preoccupata, c'era del dolore nei suoi occhi verdi. Una forza talmente struggente da averla fatta impallidire.

-E-Entriamo in macchina- sussurrò piano, lasciando che alcune ciocche ribelli si parassero come uno scudo sul suo viso. Tuttavia, quel piccolo stratagemma non aveva impedito al Nero di vedere una piccola lacrima incolore sgusciare dal suo ferreo autocontrollo. Montarono allora in auto, senza più dirsi una parola. E fu lì che la giovane trovò nuovamente il coraggio di cercare quegli occhi grandi e inespressivi che, tuttavia, parevano riuscire ad entrarle dentro e comprenderla meglio di quanto potesse solo immaginare.

-È stato Petrucci- disse fredda, distaccata. Poi, le sue iridi verdognole s'incupirono ancora:

-È colpa mia...- Valentina si morse un labbro, quasi tremando pur di non scoppiare in lacrime. Ma non lo avrebbe fatto, lo aveva ripromesso a sé stessa. Doveva essere forte, per Camilla. Così il moro al suo fianco la osservò con attenzione: sebbene fosse evidente la sua tristezza, da quegli occhi languidi intravide una rabbia smisurata. Quello stesso ardore che lo aveva colpito fin dal primo istante in cui l'aveva vista. Era come una forza, caotica e imprevedibile, che inevitabilmente lo aveva affascinato e, inutile dirlo, anche adesso riusciva a cogliere la sua attenzione. Ma non c'era più tempo da perdere per sciocchezze del genere:

-Vuoi che ci pensi io?- si propose restando comunque impassibile, cominciando però a riscaldare il motore della sua auto.

-No...- sibilò la ragazza a denti stretti:

-Devo farlo io. E prima che lo trovi la polizia...- aggiunse andando a scontrarsi nuovamente il suo sguardo, come se in realtà stesse cercando negli occhi del Nero una sorta di autorizzazione. Un ghigno sottile si dipinse sulle labbra carnose dell'uomo. E fu proprio in quel piccolo gesto che Valentina capì che forse, proprio dal quel loro futile gioco, stava nascendo un'affinità letale.

*Angolino di Virgy*
Terzo capitolo di questo mio esperimento. Spero che vi stia piacendo! Devo ammettere che sta diventando sempre più difficile cercare di mantenere tutto in IC e onestamente non sono sicura di riuscire nel mio intento. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio. 
-V-

  
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