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Autore: BarbraGleekPotter    09/02/2017    1 recensioni
"...banchi di fitta nebbia che calavano improvvisamente, nascondendo vetrine, semafori e persone che solo un attimo prima erano stati lì. Pochi secondi e poi, com'erano venuti, rapidamente se ne andavano. Le vetrine e i semafori tornavano a mostrarsi, ma della gente nessuna traccia."
Un altro racconto breve scritto da mia madre. Buona lettura!
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nebbia



Le sparizioni cominciarono con Novembre. Una, due... poi sempre di più. I pochi che ebbero la sfortuna di assistere, chi guardando distrattamente dalla finestra, chi dal marciapiede opposto, parlarono di banchi di fitta nebbia che calavano improvvisamente, nascondendo vetrine, semafori e persone che solo un attimo prima erano stati lì. 
Pochi secondi e poi, com'erano venuti, rapidamente se ne andavano. 
Le vetrine e i semafori tornavano a mostrarsi, ma della gente nessuna traccia. 

Gli inquirenti che cercavano di risolvere il mistero inizialmente non ci vollero credere, pensando che, per quanto la nebbia potesse essere stata di breve durata, chiunque avesse continuato a camminare, fosse pure alla cieca, magari si sarebbe trovato da ben altra parte quando la visuale fosse tornata limpida. 
Fu solo dopo una mezza dozzina di testimonianze dello stesso tipo che cominciarono a chiedersi che cosa succedesse nella nebbia. 
A un certo punto un vecchio agente disse di ricordarsi di una storia simile accaduta molti anni prima, quando lui era molto piccolo e suo nonno era un agente di polizia. 
Ricordava anche di un diario scritto da suo nonno, ma non ricordava che fine avesse fatto,  soltanto che suo padre lo aveva nascosto. 
Si ricordava poche cose dell'epoca, solo la molta paura da parte dei cittadini, ma soprattutto si ricordava di quella dei suoi genitori. 
A sua madre non poteva più chiedere nulla perché perse la ragione quando la nebbia le ingoiò il padre poliziotto. 
E a quel punto suo padre aveva smesso di parlare della nebbia facendo finta che non fosse mai esistita. 
Però, a ben pensare, qualcosa ricordava. 
Ricordava la psicosi collettiva, ricordava come ne parlassero ovunque, nei bar, dal barbiere, nei negozi. 
Lui la chiamava "la nebbia mangia uomini" ma ricordava che veniva chiamata in tanti altri modi, ognuno aveva un nomignolo da darle. 
E uno su tutti gli stava martellando in testa da un po', la nebbia dei disperati. 
Era troppo piccolo ed erano passati troppi anni per ricordarsi il perché di questo nome ma forse qualche vecchio del paese lo avrebbe potuto aiutare. 
Decise così di far visita ai suoceri, che da tempo vivevano in un rifugio per anziani poco lontano. 
La suocera, così simile a sua moglie, e che anche per questo non poteva che adorare, si ricordava bene della nebbia dei disperati, e ricordava anche il perché di quel nome. 
Tra le oltre 200 sparizioni di 50 anni prima l'unico tratto in comune era lo stato d'animo delle vittime. 
Chi aveva perso un figlio, chi il coniuge, chi aveva problemi economici o di salute. 
E ricordava anche i discorsi della gente fatalista che parlava di nebbia misericordiosa. 
E anche a questo commento ebbe un barlume... anche il nonno nel suo diario aveva accennato alla misericordia! 
Doveva proprio mettersi a cercarlo sul serio. Era sicuro che gli sarebbe stato di aiuto.... 
Andò a casa del padre, che ancora viveva nella sua vecchia casa d'infanzia, e cercò dappertutto, anche in soffitta, e fu lì che lo trovò, in un angolo umido. 




Ne sfogliò subito le pagine, ma purtroppo il diario era troppo vecchio e danneggiato, gonfio per l'umidità che ne aveva cancellato molte parole, alcune pagine si erano attaccate insieme e aveva paura che staccandole avrebbe solo aumentato il danno. 
Doveva scorrere quelle ancora leggibili e cercare di metterne insieme le parole e fu solo con un paziente lavoro di fantasia che riuscì a confermare i suoi sospetti e i suoi ricordi. 
La parola misericordia compariva più volte, non sempre leggibile per intero. 
Addirittura, casualmente, una delle rare frasi leggibile per intero diceva proprio "è possibile che, ovunque questa persone siano state portate dalla nebbia, adesso stiano meglio di prima". 
Ovunque? Trasportate? Tutto lasciava intendere che il nonno non seguisse la pista del rapitore appostato nella nebbia ma piuttosto quella della nebbia misteriosa e in qualche modo... magica?


Nel frattempo la gente continuava a sparire e il vecchio agente si prefisse di parlare con i parenti e gli amici rimasti soli, cercando di farsi dire il più possibile della loro vita precedente alla sparizione.
La tesi che ipotizzava si trattasse di persone che avevano pochi motivi per restare prese sempre più corpo nella sua testa, anche se razionalmente non ci poteva credere. 
Era solo metà pomeriggio e si stava recando a casa dei genitori di una ragazza scomparsa per parlare con loro, quando ricevette una chiamata che lo informava del suo ritrovamento. Evidentemente non era una vittima della nebbia ma una semplice fuga da casa. Approfittando dell'inaspettata libertà decise di rientrare a casa prima e di godersi una bella serata in famiglia, in compagnia della moglie che ultimamente stava trascurando un po'. 
Già pregustava la sorpresa che avrebbe fatto alla moglie, che non lo aspettava prima di un paio d'ore; se ne avesse avuto voglia avrebbero potuto uscire a cena, solo loro due, cosa che non avveniva da un secolo. 
Mai avrebbe pensato che sarebbe stato lui ad essere sorpreso... una brutta sorpresa! 

Ripensandoci dopo non si sapeva spiegare come non avesse capito prima che qualcosa non andava in casa. 
Non aveva letto i segnali, l'insofferenza, la sopravvenuta mancanza di dialogo fra loro. 
Era talmente tanto tempo che stavano insieme che ormai dava per scontata la presenza della sua donna. 
Fu perciò con orrore che, rientrando a casa, si rese conto che sua moglie non era sola, a avvicinandosi alla camera la scoprì in compagnia nientemeno che del suo migliore amico! 
Fu un attimo, una doccia gelata, rimase paralizzato sulla porta, non visto e poi, com'era venuto così se ne andò, lasciandosi dietro una parte di sé. 
Non ebbe la forza di fare una scenata, di piangere, gridare, minacciare o alzare le mani.
In un solo momento aveva perso la donna della sua vita, e non aveva più nemmeno l'amico con cui avrebbe potuto prendere una sbronza per dimenticare... almeno per un attimo. 

Si sedette in macchina, frastornato, ancora incapace di crederci. 
Dove andare adesso? Che fare? 
Nemmeno si era reso conto di aver messo in moto l'auto e di essere partito quando capì che non era in condizione di guidare, così entrò nel parcheggio di un centro commerciale e si parcheggiò in un angolo isolato. 
"Chiudo gli occhi un attimo, mi calmo, ora non posso affrontare la cosa" si disse. 
Qualche ora dopo un inserviente del centro commerciale, incaricato di chiudere il parcheggio per la notte, segnalò alle autorità un'auto sospetta abbandonata con le chiavi ancora nel cruscotto. 




Si risvegliò lievemente intontito da quel pisolino fuori orario. 
Dopo i primi confusi secondi in cui non era ancora completamente sveglio immediatamente ricordò... e gli venne da ridere! 
"Ma si, che se la spassino, che mi frega a me?" 
Vagamente consapevole che invece qualcosa avrebbe dovuto importargli, si rese conto di non essere più nella sua auto e di non riconoscere il luogo dove si trovava. 
Invece di un grigio parcheggio in una fredda serata novembrina si era ritrovato in un gazebo fiorito al centro di una piazza piena di alberi e fiori, circondato da una calda luce, avvolto in un piacevole tepore primaverile. 
Pian piano mise a fuoco altri particolari. 
La gente intorno a lui si muoveva in piccoli gruppi, chiacchierando allegramente, apparentemente serena. Lui stesso si sentiva sereno. 
Nessuno pareva essersi accorto di lui, così si alzò per cercare di capire qualcosa di quella strana situazione in cui era finito. 
Si incamminò in un vialetto della piazza sentendosi bene come non gli capitava da tempo. 
Nessuna stanchezza, nessun acciacco, solo curiosità. 
Si voltò indietro verso il gazebo che aveva appena lasciato, e solo allora si accorse del piccolo cartello in legno inchiodato vicino all'apertura da cui era uscito su cui era scritto "Portale" Perplesso, lo osservò ancora un attimo, aggiungendo un'altra domanda alla lista di cose da chiedere, e poi riprese il suo cammino.

Un attimo dopo incrociò il suo cammino con un vecchio che gli veniva incontro sorridendogli amichevolmente e chiamandolo per nome. 
"Nonno, sei proprio tu?" 
Ebbe così la certezza di essere nel luogo dove andavano i disperati che sparivano, e in effetti gli sembrava vagamente di ricordare di aver sofferto in passato... ora non più. 
Il nonno si offrì di spiegargli tutto quello che sapeva e che ricordava, ma negò con veemenza l'invito a sedersi sulla panca del gazebo "Mai... mai entrerò in quel gazebo!" 

Non ricordava molto della vita precedente a Relief, così si chiamava quel posto meraviglioso in cui era stato catapultato un sacco di anni fa, non ricordava chi aveva lasciato né il motivo della sua precedente tristezza, anche se era consapevole del fatto di averlo saputo al momento del suo arrivo. 
Ricordava però che c'era voluto poco tempo per perdere quasi completamente la memoria del prima, e che mai, nemmeno una volta, aveva pensato di tornare indietro. 
Gli diceva questo perché se lui avesse voluto tornare a casa avrebbe dovuto farlo adesso che ricordava ancora cosa fosse "casa". 
Ovviamente, come aveva capito, la porta era sempre aperta, il Gazebo stava lì da sempre, ma gli abitanti di Relief lo ignoravano beatamente. 
E qualcosa gli diceva che anche il nipote si sarebbe adeguato all'usanza cittadina di girarci al largo.

Nel frattempo la moglie, avvisata del ritrovamento dell'auto del marito e della sua sparizione, si macerava nel rimorso. 
Disperata e piena di sensi di colpa errava per la città in cerca di tracce dell'uomo che aveva a lungo amato e infine tradito, e forse fu per via delle lacrime che le riempivano gli occhi che non si accorse del banco di nebbia che la avvolse. 
Ma a Relief non c'è posto per chi ha causato dolore ai propri cari, e voci insistenti dicono che, sebbene in buona compagnia, essa vaghi ancora nella nebbia senza darsi pace.
   
 
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