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Autore: revin    10/02/2017    0 recensioni
Tornare alla vita di sempre non sarà facile per Gwen. Il ricordo di Michael continua a tornarle in mente, così come quello dei mesi trascorsi a Fox River. Senza contare i due galeotti che sembrano non riuscire proprio a starle alla larga e un segreto dietro l'angolo pronto a travolgere tutto e tutti.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Michael/Sara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accaparrarsi uno dei giornali per poter leggere in santa pace le notizie del giorno fu il mio primo pensiero appena le porte delle celle vennero aperte l’indomani mattina, dando inizio ad un nuovo giorno a Fox River.

La notizia dell’avvenuta evasione nel penitenziario di Joilet era trapelata presto ai media, tant’ è vero che le 8 foto degli evasi erano state pubblicate a colori e riempivano l’intera prima pagina. 
L’immediata sorpresa arrivò guardando proprio quelle 8 foto. I primi volti che avevano attirato la mia attenzione ovviamente erano stati quelli di Michael e Lincoln, dopodiché avevo scorto indifferente quelli di Sucre, C-Note e Tweener e avevo sospirato delusa nel constatare che anche Bagwell e Abruzzi fossero riusciti nell’impresa, ma all’ultima foto avevo sgranato gli occhi sconvolta.

Mi ero aspettata di riconoscere il volto familiare di Charles in mezzo agli altri e invece mi ero ritrovata davanti gli occhi a palla di Haywire, senza riuscire a capire perché si trovasse lì.
Da quando Haywire era stato accolto nel progetto d’evasione? Non poteva trattarsi di un caso. Michael e gli altri avevano dovuto attraversare il reparto psichiatrico per poter arrivare fino all’infermeria e da quanto ricordavo, Charles Patoshik apparteneva ancora a quel reparto, quindi era possibile che lo schizzato fissato con i tatuaggi avesse seguito il gruppo mentre cercava di raggiungere l’infermeria.
Ero certa che Michael non avrebbe mai accettato di portarlo con sé, a meno che non ne fosse stato costretto. Quello che non riuscivo a capire era che fine avesse fatto Westmoreland. Si era ritirato? Perché non si parlava di lui da nessuna parte? Era possibile -  e molto probabile, data la sua ferita  -  che il vecchio fosse stato catturato durante il tentativo di evasione e che fosse stato portato in isolamento, ma se fosse stato davvero così di lui si sarebbe parlato nei giornali proprio com’era accaduto per Sanche, catturato dalle guardie in cortile proprio mentre cercava di scavalcare il muro.

Non sapevo cosa pensare. Troppi dubbi, troppi punti interrogativi e troppe altre novità di cui preoccuparsi.
La fantomatica evasione non era stata l’unica grande notizia della giornata. Quel giorno, in prima pagina, un’altra sconvolgente notizia aveva scioccato la popolazione americana. Avevo appreso il comunicato in televisione, nel pomeriggio, mentre mi trovavo in sala relax insieme ad altri detenuti che come me si erano lasciati coinvolgere dalla fuga degli 8 uomini diventati improvvisamente i più ricercati d’America. La tv era stata sintonizzata sul solito telegiornale pomeridiano quando la prima notizia d’apertura aveva annunciato l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti in carica, Caroline Reynolds, in seguito alla morte improvvisa e inaspettata del precedente presidente causata da un attacco di cuore che lo aveva stroncato sul colpo.

In seguito alle nuove circostanze pervenute, la Reynolds aveva preso il suo posto come da regolamento e, in quanto vicepresidente in carica, era stata proclamata 46° presidente americano. Durante il servizio inoltre era stato comunicato che il governatore dell’Illinois, Frank Tancredi, era stato candidato alla vicepresidenza e che risultasse momentaneamente il favorito a ricoprire la nuova e ambiziosa carica.
Sicuramente una notizia che era riuscita a sconvolgere mezzo mondo, oltre che la sottoscritta.
Era stato davvero un bel salto di qualità sia per la Reynold che per il governatore Tancredi, soprattutto considerando che la prima era riuscita a finanziare la sua candidatura alle elezioni con i soldi sporchi del defunto fratello e che fino ad una settimana prima, era stata dichiarata la sfavorita rispetto al suo avversario.

Comunque, nonostante le scottanti novità promulgate dalla stampa e dai media, a Fox River si continuò ancora a lungo a parlare della fuga, a discuterne in giro per i corridoi, a vociferarne in cortile e alimentare il chiacchiericcio a mensa.

A 36 ore dalla fuga, degli 8 evasi non si avevano ancora notizie certe, né tantomeno tracce.
Quella mattina, chiusa nella mia cella come tutti gli altri detenuti in attesa che cominciasse il primo turno di lavoro, avevo deciso di fare il bucato e lavare la mia biancheria quotidiana per stenderla e lasciarla ad asciugare. Stavo sistemando la mia roba su un cordoncino di fortuna, le cui due estremità avevo legato ad una delle sbarre del letto a castello e alle sbarre dell’entrata, quando alle mie spalle sentii una delle guardie ordinare alla postazione di controllo di aprire la cella 93. La mia.
Un secondo dopo, sulla soglia apparvero Stolte e un tipo alto, stempiato, piuttosto robusto e con l’aria da banchiere in giacca e cravatta abbinati. 
  • Signorina Sawyer?  -  esordì lo sconosciuto con accento fermo e autoritario.
  • Si… lei chi è?
  • Sono il sostituto direttore amministrativo di questo carcere. Stiamo svolgendo delle indagini in merito all’evasione di 8 dei nostri detenuti e vorremmo farle qualche domanda.
Inarcai il sopracciglio destro.  -  Sostituto direttore amministrativo? Che fine ha fatto il direttore Pope?
  • Prego, mi segua.  -  tagliò corto l’uomo, facendo strada.
Dietro di lui Stolte aspettò che uscissi, dopodiché mi camminò a fianco fino alla stanza del direttore Pope dove trovai accomodati dietro alla scrivania, un uomo e una donna, entrambi mai visti prima di allora. Mentre venivo invitata ad accomodarmi di fronte a quella che mi parve una commissione d’esame, anche l’uomo stempiato prese posto accanto agli altri due.
Nella stanza, l’agente Patterson vigilò per tutta la durata dell’incontro.
  • Abbandoniamo subito i nomi di copertura e cerchiamo di mettere le carte in tavola signorina Hudson, vuole?  -  iniziò il tizio stempiato senza perdere tempo.  -  Sappiamo che ha utilizzato un’identità fittizia e conosciamo le vicende che l’hanno condotta ad essere detenuta in un carcere maschile. Il direttore Pope si è assunto la piena responsabilità della sua presenza qui dentro, e ci tengo a sottolineare che non è nostra intenzione dare una cattiva immagine di questa struttura, più di quanto non sia già emerso nelle ultime 36 ore grazie alla bravata di quegli 8 delinquenti. Per questo, vorremmo continuare a mantenere segreta la sua presenza a Fox River. 
Annuii soddisfatta. Era quello che volevo anch’io.
  • E’ anche vero però che il compito di quest’assemblea straordinaria si propone di stabilire quali errori siano stati commessi e di inchiodare i colpevoli che hanno permesso a quei detenuti di evadere.  -  Pausa.  -  Signorina Hudson, siamo venuti a conoscenza del fatto che lei trascorresse molto tempo insieme a quegli uomini, in particolare con i due fratelli. Ha mai avuto dei sospetti riguardo alle reali intenzioni del gruppo di evasi?
  • No, neanche per un momento.  -  risposi, senza la minima incertezza.
  • Beh, spero proprio che sia vero e speriamo di poter dimostrare la sua estraneità ai fatti, tuttavia l’FBI ha chiesto di poterla interrogare. E’ per questo che è stata convocata qui.
 Non ero per niente sorpresa. Era ovvio che dopo l’evasione sarei stata una delle prime ad essere interrogata. Non avevo paura.
  • Non ho alcun problema a collaborare. Vi dirò tutto quello che so, però c’è una cosa che non capisco. Perché non è il direttore Pope a occuparsi delle indagini?
  • Dopo essere stato sollevato dal suo incarico, il direttore Pope ha deciso di licenziarsi in sostegno del capitano Bellick che ha seguito la stessa sorte.
Pope e Bellick avevano avuto il benservito? Questa si che era una notizia sconvolgente. Non che mi dispiacesse per quel farabutto di Bellick, ma cacciare via Pope dopo 40 anni di carriera era stato davvero un colpo basso.
  • Posso chiederne il motivo?
Fu la donna bionda seduta al centro questa volta a rispondere.  -  Vede signorina Hudson, lo scopo principale di quest’assemblea, come le diceva il mio collega, è di inchiodare i colpevoli e appurare chi siano i veri responsabili. Ora, è fuor di dubbio che il principale responsabile dell’evasione sia il detenuto Michael Scofield, ma in verità è stata riconosciuta una buona parte di colpa anche al personale interno del penitenziario.  -  Pausa.  -  Era a conoscenza del fatto che il capitano Bellick offrisse appalti di lavoro ai detenuti in cambio di denaro?
 
Possibili ripercussioni per l’odioso Bellick? Ok, potevo rispondere sinceramente.
  • Si, lo sapevamo tutti qui a Fox River.
  • Il capitano ha offerto l’appalto per la ricostruzione del magazzino utilizzato come stanzino delle guardie a John Abruzzi e compagni?
Ulteriori ripercussioni per occhi da lucertola. Bene.
  • Si, lo ha fatto.
  • Torniamo a lei.  -  riprese l’uomo stempiato, guardandomi fisso.  -  Com’è entrata a far parte del gruppo di Scofield e perché il direttore l’ha assegnata ad un lavoro non di sua stretta competenza?
Anche in questo caso mi sembrò innocuo dire la mia personale verità.  -  Perché sono stata io a chiederglielo.  -  spiegai.  -  Ho pregato il direttore di assegnarmi ai lavori di laboratorio perché in questo modo avrei evitato il turno pomeridiano nelle cucine dove alcuni detenuti mi prestavano delle “particolari” attenzioni… Non credo avrete difficoltà ad immaginare di che tipo di attenzioni stia parlando.
  • E perché scelse di farsi assegnare proprio al gruppo di Scofield?
  • Perché per quanto possa sembrare inverosimile da credere, Michael Scofield e Lincoln Burrows sono stati gli unici con i quali io abbia stretto un rapporto di amicizia. Se di amicizia si può parlare.
  • Lei sa che Burrows è stato condannato a morte?  -  continuò, assottigliando gli occhi.
  • Si, certo.
  • Ma lo considerava ugualmente una brava persona… un amico. Considera amichevole l’assassino del fratello dell’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America?
La voce baritonale dell’uomo stempiato aveva lo strano effetto di arrivare dritto e diretto fino al midollo.
  • Un uomo accusato di omicidio non perde necessariamente la propria umanità.  -  risposi.
  • Quindi ammette che Pope era solito concedere favori personali ad alcuni detenuti e che Michael Scofield è stato uno di questi detenuti, ottenendo il permesso di accedere a delle aree riservate e trovando quindi il modo per procurarsi la chiave dell’infermeria che gli ha permesso di evadere?
Stavano distorcendo le mie parole per far ricadere la colpa su Pope, il che per me era inaccettabile.
  • No, non ho mai detto questo.
  • Però ha ammesso di aver ottenuto il permesso di cambiare il suo turno di lavoro, e fino a qualche tempo fa lei ha lavorato nella sala mensa insieme ai volontari e dovrebbe sapere molto bene che questo non è un lavoro che può essere assegnato ai detenuti.
  • Questo è vero, però…
  • E’ tutto.  -  troncò l’uomo, distogliendo lo sguardo.  -  Abbiamo concluso con le domande.
Ormai era chiaro. Quegli aguzzini non stavano cercando la verità, ma solo un capro espiatorio.
  • Mi farete trasferire in una struttura femminile?
La bionda seduta dirimpetto si aggiustò gli occhialetti appollaiati al naso e continuò a fissarmi con un’aria di sufficienza.
  • Non credo che ormai abbia importanza.  -  disse.  -  Non vogliamo ritrovarci la stampa addosso a causa di una fuga di notizie. Se ho capito bene, lei sarà fuori da Fox River alla fine di questa settimana. Finirà di scontare la sua condanna in questo carcere fino alla fine e resterà a disposizione della polizia e di questo consiglio amministrativo.
A quelle parole, mi accigliai subito sulla difensiva.  -  Volete farmi altre domande?
  • Non al momento, ma ho il dovere di avvertirla che la sua posizione ad ora non è delle migliori.
  • Mi state incolpando di qualcosa?
  • Gwyneth, Gwyneth, Gwyneth… sembra proprio che tu non sia affatto cambiata. Ti piace ancora lanciare il sasso e nascondere la mano, eh?
Appena udii quella voce alle mie spalle fu come ricevere addosso una cisterna di acqua gelata e per una manciata di secondi non ebbi il coraggio di voltarmi. Presa dalla conversazione, non mi ero accorta che la porta dietro di me fosse stata aperta e che fosse entrato qualcuno.
Non ebbi bisogno di voltarmi per conoscere l’identità del nuovo attore entrato in scena. Avrei riconosciuto quella voce tra mille.
  • Che ci fai tu qui?!  -  sibilai, scattando in piedi come un gatto al quale hanno appena pestato la coda.  -  Che diavolo ci fa lui qui?!  -  continuai con lo stesso tono, questa volta rivolgendomi alla commissione.
Vidi Patterson fare preoccupato un passo in avanti verso di me, ma l’uomo appena entrato gli ordinò di rimettersi al suo posto.
Era tranquillo, rilassato. Avevo di fronte il diavolo.
  • Signorina Hudson, si sieda. -  mi ordinò l’ometto stempiato.  -  Il signor Mahone è un agente dell’FBI e vuole solo farle qualche domanda. 
Non avendo altra scelta, obbedii, ma non risparmiai di mostrare tutto il mio disappunto.
  • Cos’è, il consiglio amministrativo e la polizia locale non bastavano per interrogare questa “pericolosa” ventiquattrenne e hanno mandato a chiamare te?  -  ricominciai, sfoderando un tono sarcastico e pungente per nascondere quanto la presenza di quell’essere in realtà mi mettesse in soggezione.
  • In realtà non sono qui per te Gwyneth, non solo almeno. Non è stato ancora ufficializzato, ma da adesso in avanti sarò io il responsabile delle indagini e della cattura degli 8 di Fox River.
L’inaspettata notizia mi colpì con la stessa forza di una trave di legno piombatami addosso da un grattacielo. Ero stata ufficialmente “spiaccicata”. Non poteva essere vero. Non Mahone, maledizione!
  • Non è un po’ troppo presto perché l’FBI si preoccupi di un gruppetto di detenuti a spasso per l’Illinois?
  • Tra quei detenuti evasi si nascondono uomini che hanno compiuto crimini efferati e il nostro compito è quello di ricatturarli e riportarli indietro.
Sbuffai.  -  Beh, tanti auguri, ma che cosa c’entro io? 
 
L’acidità nella mia voce fu completamente gratuita.
  • Ho saputo che tra i detenuti rimasti, tu sei quella che ha trascorso più tempo insieme agli uomini che sono evasi. Hai lavorato a stretto contatto con loro nel magazzino nel quale è stato ritrovato il grosso buco al centro del pavimento e in molti hanno testimoniato che avessi stretto amicizia con i due fratelli.
  • E allora?
  • E allora voglio farti qualche domanda per assicurare la tua estraneità ai fatti. Potresti persino rivelarti utile per capire dove possano essere diretti quei criminali.
Che spietata falsità! Possibile che in quella stanza fossi l’unica ad accorgersi quanto quell’uomo fosse sprovvisto di buone intenzioni?
  • Spiacente di deluderti.  -  sorrisi sardonica.  -  Non avevo la più pallida idea che Michael e compagnia bella stessero progettando un’evasione. Ho lavorato con loro, è vero, ma solo per poche settimane e per un unico turno al giorno, e per quanto riguarda la direzione che hanno preso, non ne so proprio niente. Scofield e Burrows avranno anche conquistato le mie simpatie, ma non è che trascorressimo il tempo a chiacchierare e intrecciarci i capelli a vicenda… e tanto perché sia chiaro, non ho alcun problema a collaborare con l’FBI e con chiunque altro, ma ti consiglio vivamente di far venire qualche altro tuo collega vestito da damerino perché io non parlo con gli uomini falsi e ipocriti, e ce ne ho uno davanti giusto adesso.
  • Signorina Hudson, contegno!  -  mi riprese uno degli uomini della commissione.
Ancora una volta, il poliziotto che mi stava di fronte intervenì con un cenno della mano per segnalare che fosse tutto a posto, ma senza schiodare neanche un attimo gli occhi diretti e seri dai miei.

Rieccola quell’espressione da “Ho tutto sotto controllo” e “ So esattamente come incastrarti” che ricordavo bene. Me l’ero stampata bene in mente il giorno del processo, mesi prima, e non l’avevo più dimenticata. Era stata la testimonianza di quel maledetto poliziotto che mi aveva descritta come un soggetto disturbato, manipolatore e incapace di distinguere la realtà da semplici costruzioni mentali, a spingere il giudice Lerner a riconoscermi colpevole e a condannarmi a 3 mesi di carcere.
Da quel giorno Alexander Mahone era diventato uno dei nomi sulla mia lista nera, la lista di coloro che avrei distrutto una volta uscita da Fox River. 
  • Gwyneth, non puoi sottrarti all’indagine.  -  riprese Mahone.
Scrollai le spalle, insolente.  -  Allora non ci senti, io non voglio sottrarmi alle indagini, ma non voglio parlare con te. Ci sarà pure qualche altro dannato piedipiatti in giro! Io so che cos’ hai intenzione di fare. Vuoi dimostrare che sono complice dell’evasione.
  • Lo sei?  -  chiese, schioccandomi un’occhiata provocatrice.
  • No, ma tu saresti capace di distorcere ogni mia parola pur di incastrami. Proprio come hai fatto al mio processo, due mesi fa.
Il suo sguardo sicuro non tentennò nemmeno per un istante. Dovevo ammettere che in quell’occasione Mahone stava dimostrando molto più autocontrollo di me.
  • Due mesi fa non ho affatto cercato di incastrarti. Avevi diffamato il vicepresidente con delle accuse pesanti. Eri colpevole e stai continuando a negare le tue responsabilità, proprio come allora.
Incrociai le braccia al petto e voltai la faccia, sdegnata.  -  Può darsi, sta di fatto che non ho nulla da dirti.
  • Gwyneth, non si tratta affatto di uno scherzo. L’evasione di quegli 8 uomini verrà presa da me e dal mio dipartimento in maniera molto seria e ti assicuro che chiunque ne sia stato coinvolto o ne sia in qualche modo responsabile, la pagherà cara. -  Suonava proprio come una minaccia.  -  Ho già avvertito il tuo patrigno. Sarà qui domani mattina.
Tornai a fissarlo, sconcertata.  -  Keith verrà qui?
 
Ecco un’altra catastrofe. Adesso si che ero nei guai. Merda!
  • Già. Ci vediamo domani, Gwyneth.
  • Certo, come no. Tanti cari saluti, Alex.  -  sbottai, voltando faccia e spalle alla porta.
Maledettissimo Mahone. Con lui in giro non c’era da scherzare per nessuno.
   
 
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