Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: carlottad87    11/02/2017    1 recensioni
Sullo sfondo di una Bologna segnata da una serie di omicidi di irrisolti, Teodora scopre dentro di sè un potere unico che le aprirà le porte di un mondo completamente nuovo e fantastico, ma anche pericoloso e fatto di violenza.
Teodora, giovane universitaria ventenne, imparerà presto che tutto quello che ha sempre saputo su sé stessa non è altro che una bugia e che dovrà trovare il coraggio di portare a termine il compito che una forza superiore le ha affidato.
L'amore impossibile per un uomo tanto più grande di lei, così attraente e al tempo stesso così spaventoso, sarà l'unico mezzo per scoprire sé stessa o non farà che allontanarla dal suo destino?
"Il terzo cadavere che la donna vedeva in vita sua, dopo quello di suo nonno morto per un cancro al colon e di suo marito che aveva avuto un infarto qualche anno prima, le sembrò molto più spaventoso dei primi due. La ragazza, che dimostrava poco più di vent’anni, non aveva addosso la bruttezza della malattia, del dolore e della vecchiaia; la sua vita era stata spezzata senza preavviso, e la sua bellezza era abominevole e contro natura."
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Prologo
 
 
1.
 
Clementina Vezzi fu uccisa la notte di mercoledì 22 febbraio, sotto un cielo senza luna.
Fu trovata all’alba del giorno a dopo, abbandonata come una bambola vecchia dietro ad un cassonetto all’angolo con Vicolo Ranocchi.
Fu Mariangela Petri, che non era riuscita a dormire la notte prima perché il nipote di qualche mese aveva le coliche e non la smetteva mai di piangere, che, mentre cercava le chiavi della saracinesca della sua macelleria all’angolo con Vicolo Ranocchi, inciampò letteralmente nel corpo.
La donna, dopo aver imprecato a bassa voce e aver recuperato le chiavi che le erano scivolate di mano, pensò che la stanchezza la rendeva distratta e che era troppo vecchia per passare le notti in bianco a quel modo: sua figlia, che era stata lasciata dal marito per un’altra, prima o poi avrebbe dovuto trovarsi una nuova sistemazione.
Nella penombra vide che qualcosa spuntava da dietro il cassonetto della spazzatura appoggiato al muro. Mariangela prese la borsa con l’intenzione di alzarsi, già indispettita che qualcuno avesse lasciato della spazzatura praticamente in mezzo alla strada, quando si accorse che si era sporcata le mani di un liquido freddo e appiccicoso che, come presto si rese conto, ricopriva l’acciottolato attorno a lei.
Quando capì che si trattava di sangue lasciò cadere nuovamente la borsa e si alzò di scatto, strofinandosi forte la mano sui pantaloni. Non passò molto tempo prima che si rendesse conto che la cosa che aveva scambiato per rifiuti altro non era che un piede, nudo e dalle unghie smaltate d’azzurro.
Mariangela non urlò ne indietreggiò alla vista del cadavere appoggiato con le spalle alla saracinesca del suo negozio, semplicemente serrò i pugni e si ritrovò a fissarla per un tempo che le parve infinito.
La ragazza bionda, che la guardava con opachi occhi grigi, teneva la testa leggermente spostata all’indietro, mettendo così in mostra un taglio sulla gola che le andava da un orecchio all’altro. I lunghi capelli le si erano appiccicati alla fronte e alla guance insanguinate, prendendo una strana sfumatura rosata. I palmi delle mani, sporchi dello stesso colore, erano rivolti verso l’alto: in quella strana posizione da penitente sembrava voler ostentare i suoi due polsi squarciati, dai quali ormai non sgorgava più nulla.
Aveva perso una scarpa e i jeans le si erano strappati all’altezza del ginocchio destro.
Il terzo cadavere che Mariangela vedeva in vita sua, dopo quello di suo nonno morto per un cancro al colon e di suo marito che aveva avuto un infarto qualche anno prima, le sembrò molto più spaventoso dei primi due. La ragazza, che dimostrava poco più di vent’anni, non aveva addosso la bruttezza della malattia, del dolore e della vecchiaia; la sua vita era stata spezzata senza preavviso, e la sua bellezza era abominevole e contro natura.
 
Dieci minuti dopo arrivarono tre volanti dei carabinieri ed un’ambulanza, chiamati da Mariangela che non riusciva a smettere di strofinarsi con un fazzoletto le mani prima sporche di sangue. Poco dopo vennero avvisati anche gli agenti del RIS che arrivarono da Parma.
Prima che l’area venisse completamente isolata per non essere contaminata, una piccola folla di curiosi ancora assonnati si radunò attorno alla scena del delitto.
Era stata violenza sessuale o solo una rapina? La ragazza era stata trovata nuda?
Tutte le persone che si erano radunate nel minuscolo vicolo, tra i più pittoreschi di Bologna, si chiedevano che cosa fosse successo: gli ultimi arrivati inorridivano alla vista del sangue secco sull’acciottolato, gli altri, quelli che erano lì fin da quando si erano sentite le prime sirene, non avrebbero abbandonato il loro posto in prima fila per nulla al mondo.
 
Teodora passò qualche ora dopo per via dell’Archiginnasio, che incrocia Pescherie Vecchie dando su piazza Maggiore. L’ambulanza se n’era già andata, rimanevano solo gli agenti del RIS che raccoglievano prove e scattavano foto.
Nel momento stesso in cui si avvicinò si senti addosso una stranissima sensazione, l’aria era pesante, le venne la nausea e le girava la testa.
Un brivido le salì fastidioso lungo la schiena, era già tardi e voleva arrivare in biblioteca il più presto possibile perché aveva un sacco di pagine da fare quel giorno, si allontanò quindi in fretta, felice di togliersi quella scena da davanti agli occhi.
Teodora non avrebbe saputo che cosa era realmente successo fino a quella sera, guardando il telegiornale delle otto. Una ragazza di vent’anni, la sua età, era stata uccisa circa alle tre della notte precedente; non si sapeva ancora se fosse stato uno stupro, ma Clementina Vezzi, così si chiamava, non era certo stata trattata con gentilezza.
Qualcuno l’aveva attirata in quel vicolo, l’aveva probabilmente tramortita perché non urlasse attirando cosi l’attenzione dei residenti, poi le aveva tagliato la gola e i polsi lasciandola li a morire dissanguata.
Ed era questo il punto su cui le autorità erano più perplesse: il sangue che era stato trovato non era neanche lontanamente comparabile a quello che un corpo umano adulto dovrebbe contenere.
E nel cadavere non ne era rimasto quasi nulla.
Il vicolo fu scandagliato con tutti i mezzi a disposizione, la polizia scientifica lavorò ininterrottamente per tre giorni in via Pescherie Vecchie, chiudendo tutte le possibili entrate e uscite in modo tale da non contaminare le prove.
Non fu trovato nulla. Una ragazza di vent’anni era stata assassinata senza che rimanesse nemmeno una traccia ad indicare il colpevole.
I giornali parlarono dell’omicidio di Clementina per settimane, per la preoccupazione che infuse in una sconcertata opinione pubblica fu paragonato al caso di Garlasco o a quello della povera Meredith.
Il ragazzo di Clementina, Federico, raccontò che da qualche mese lei si comportava in maniera strana. Erano cresciuti insieme e lui era sempre stato convinto di conoscerla alla perfezione, la ragazza però negli ultimi tempi non era più lei. Federico negò in maniera decisa che il suo cambiamento fosse causato da depressione o che magari avesse problemi di droga. Si era accorto che era distante, tanto impegnata da non poterlo più vedere spesso come una volta, però decisamente serena. Ma occupata in che cosa? Lui di certo non lo sapeva.
Come confermarono anche i genitori passava sempre più di frequente la notte fuori casa, dormendo da qualche nuova amica dell’università, così diceva, nuove amiche che però loro non avevano ancora conosciuto. 
Sia Federico che i coniugi Vezzi le avevano chiesto più volte che cosa le stesse succedendo e che cosa stesse cambiando nella sua vita, ma lei ripeteva sempre che non c’era nulla di strano e che era tutto come prima.
Sembrava davvero felice dicevano tutti. Le sue migliori amiche la vedevano sempre sorridente, luminosa, dissero che negli ultimi tempi era dimagrita e che a loro pareva decisamente più carina.
Ma che cosa ci faceva Clementina alle tre di notte, in un vicolo deserto? lontano dai locali, dalle discoteche, era forse stata da un amico? Nessuno era in grado di dare una risposta.
Chi erano le nuove persone che lei stava frequentando, perché non si facevano vive per aiutare le autorità?
Il più grande interrogativo era che cosa stesse succedendo alla ragazza e soprattutto se questo l’avesse portata alla morte.
 
2.
 
Un rumore secco. L’osso che si rompe.
Gregorio affondò la spada nell’interstizio tra le placche di metallo dell’ armatura, a livello della spalla destra.
Uno schizzo di sangue gli macchiò la guancia e gli colò lento sulle labbra. Lui lo leccò e sorrise, era eccitato.
In quel giorno di dicembre dell’anno 1499, la terra si era fusa con il cielo, tutto era morte, sangue e grida di dolore.
L’uomo si era tolto l’elmo dopo che lo avevano colpito di striscio alla fronte, miracolosamente non era rimasto ferito e questo gli dava sicurezza.
I capelli castani gli ricadevano lunghi in ciocche scomposte e incrostate di sangue vecchio di giorni, era molto alto, troppo in confronto a tutti gli altri, ansimava con gli occhi sgranati, assaporando la battaglia che imperversava attorno al lui: voleva uccidere ancora.
Il suo comandate sarebbe stato orgoglioso, mancava poco alla vittoria. Anche il potere degli Sforza avrebbe dovuto cedere alla forza inarrestabile del Valentino.
L’uomo che aveva appena colpito si dimenava in preda al dolore. Non era abitudine del capitano lasciare feriti, avrebbero potuto rialzarsi.
Gregorio stringendo l’elsa della spada con entrambe le mani, e bloccando il nemico supino con un piede, conficcò la lama sporca di sangue in mezzo ai suoi occhi. In pochi secondi questo smise di muoversi.
Due soldati correvano verso di lui con le spade sguainate, lui se ne accorse e in pochi istanti ne trafisse uno a livello della giugulare, dopo essersi chinato per schivare il suo colpo.
L’altro ebbe un momento di esitazione che gli fu fatale. Gregorio mentre lo uccideva si rese conto che probabilmente non aveva nemmeno diciotto anni. Meglio, gli stava facendo un favore, quello non era un mondo in cui valeva la pena di vivere.
Il suo cavallo era stato ferito a un fianco, e ora agonizzava a pochi metri da lui, era un animale di razza e lo aveva servito bene. Lo raggiunse e lo colpi al collo, almeno avrebbe smesso di soffrire.
Il sudore gli colava fastidiosamente sugli occhi, il suo viso era bello, dai lineamenti proporzionati e armoniosi ma forti, lasciava trasparire origini nordiche anche sotto tutta la sporcizia che si era accumulata.
Un dolore lancinante lo colpi alla gamba sinistra.                                                                         
Prima di accorgersi che cosa lo avesse causato cadde in ginocchio, tentando di fare perno sull’arto rimasto illeso.
A terra, un soldato nemico che era stato ferito al fianco, e perdeva copiosamente sangue dalla fronte, aveva conficcato un lungo pugnale nella gamba di Gregorio, esattamente dove le placche dell’armatura non lo proteggevano, dietro al ginocchio.
Lui lo colpì alla gola con la spada urlando selvaggiamente, preda di una rabbia che non riuscì a controllare. Rabbia che però lo distrasse.
Un altro uomo, caduto dopo essere stato colpito ad un piede, era riuscito a rialzarsi quando gli si era avvicinato Gregorio che gli dava le spalle.
Distratto dal colpo al ginocchio non si accorse nemmeno di chi gli trafisse il fianco con una spada sporca del sangue di tante altre persone. Cadde con i palmi in avanti, l’altro affondò con forza la lama nella sua carne, per il dolore Gregorio urlò fino a che la voce non gli si spense, poi svenne.
 
Quando si svegliò era buio.
La luna brillava rossa sopra di lui, illuminando il campo di battaglia dove non esisteva altro che morte.
Gregorio si chiese se fosse finalmente finito all’inferno, se lo sarebbe meritato per la vita che aveva vissuto. Non poteva che pensare a Flordelis, alle sue labbra piene che ricordavano le pesche mature e che avevano amato solo lui e nessun altro.
La sua bellissima Flordelis, dai lunghi capelli neri e dal cuore così puro, non era stata fatta per lui aveva sempre pensato, tutti e due lo sapevano ma lei aveva fatto finta di nulla e non se ne era mai andata.
Gregorio si chiese perché Dio lo avesse creato in quella maniera strana, non gli importava di niente, non aveva mai amato nessuno.
Di questo era sempre stato orgoglioso, attaccarsi alle cose significa essere deboli, gli aveva detto suo padre, e la forza era l’unica cosa che lui avrebbe sperato di avere. La forza non tradisce, la forza è potere.                                                                                               
Non riusciva più a sentirsi le gambe, un cadavere, amico o nemico non gli importava, gli bloccava la parte inferiore del corpo, a fatica sollevò un braccio, che però ricadde rumorosamente, privo di forze.
Aveva perso l’elmo quando lo avevano colpito e si sentiva il viso incrostato di quel sangue malato, che gli era lentamente entrato dentro, insieme a tutta quella morte: forse per quella ragione continuava a vedere in cielo una luna vermiglia.
Qualcosa si mosse alle sue spalle, Gregorio si irrigidì, immobile nella stessa posizione in cui si era svegliato.
Qualcuno stava camminando nella sua direzione, dalle voci che sentiva probabilmente due persone. Una donna rise piano, in un modo strano, gorgogliante, che gli fece rizzare i peli delle braccia sotto l’armatura.
 “Oggi è quasi noioso, non trovi?”
Qualcun altro, più giovane della prima persona che aveva parlato, canticchiava a voce bassa in una lingua che Gregorio non conosceva. Le parole erano fredde e appuntite, come se fossero fatte di metallo, e lui si rese conto di essere terrorizzato. Più si avvicinavano più Gregorio pregava di sembrare morto, voleva sparire nascosto sotto tutti quei cadaveri. Ovviamente loro sapevano che era vivo, ed erano inesorabilmente attratti verso di lui.
“Fa davvero un buon odore..” disse quello dei due prima cantava. Gregorio si rese conto che molto probabilmente era un bambino.
Non poté evitare di pensare a un ragazzino biondo e paffuto, che annusava l’aria come un segugio, con due occhi rossi, fatti di sangue e di fuoco. Aveva voglia di vomitare.
Gregorio sentiva i loro passi dietro di lui, a volte rumorosi e pesanti quando i loro piedi poggiavano sul terreno duro del campo di battaglia, altre volte ovattati, se calpestavano i cadaveri che si ammassavano ovunque.
Ci misero poco a trovarlo. Lo raggiunsero e gli tolsero di dosso il corpo che gli impediva di muoversi con una facilità impressionante.
Quando Gregorio li vide il cuore smise di battergli per qualche secondo. Urlò con quanto fiato aveva in gola, perché niente al mondo era tanto spaventoso e terribile.
E poi fu di nuovo buio.uesto
 
 
Salve a tutti, pubblico questa storia principalmente perchè mi piacerebbe avere dei feedback da parte dei lettori. Spero che la storia di Teodora vi piaccia e spero che mi facciate sapere che cosa posso migliorare.
Commentate, commentate, commentate!
Grazie mille!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: carlottad87