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Autore: BabaYagaIsBack    12/02/2017    3 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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  "You know I've seen a lot of what the world can do
and it's breaking my heart in two" 

-Wild World (Cat Stevens)

Il cuore di Alexandria prese a battere con così tanta forza che per un attimo temette potesse schizzarle fuori dalla gabbia toracica e, più si sforzava di percepire un qualsiasi rumore, più i palpiti nel petto parevano diventare assordanti. Erano anni che non provava una simile ansia, eppure bastava il fantasma di una minaccia, o di una delusione, a piegarla a quel modo. Possibile che si fosse rammollita tanto?
Certo, c'erano molte possibilità che non vi fosse nessuno all'interno dell'edificio, viste le condizioni in cui vergeva, ma ve ne erano altrettante che si trattasse di una trappola del Cultus; in fin dei conti sapeva bene quanto scrupolosi e infimi fossero quei tizi, ma arrivare a temerli a tal punto le parve ridicolo. 

Seppur si trattasse di una setta centenaria, sicuramente più antica di lei, solo una volta era riuscita ad avere la meglio su di loro e, a essere del tutto onesti, non era nemmeno stata un'occorrenza voluta: dubitava fortemente che dopo le peripezie e i cadaveri che avevano accumulato, l'intento di quel gruppo di folli fosse semplicemente quello di uccidere Salomone. Anzi, per quel che ne sapevano, era esattamente l'opposto. Il Cultus Sanguinis desiderava il Re per la sua conoscenza dell'Ars, per comprendere come fosse possibile, dalla morte, dar vita alle Chimere e, certamente, raggiungere l'immortalità.

Erano alchimisti, o così amavano definirsi, ma non avevano mai raggiunto la grandezza del Sovrano d'Israele; e a confutare quella verità c'era l'innumerevole susseguirsi di fallimenti che aveva segnato l'esistenza della loro loggia. Che senso avrebbe avuto, altrimenti, dare la caccia alla loro famiglia, se già da soli potevano controllare una simile magia?

Negli anni Z'év si era domandata spesso, mentre si macchiava le mani con il sangue di quei poveri idioti, per quale ragione non riuscissero a ottenere ciò a cui tanto ambivano, ma ogni volta che lo aveva chiesto a Salomone la risposta era stata vaga, diversa. Forse nemmeno lui la conosceva realmente, quindi provava a barcamenarsi tra i propri pensieri. Alla prima occasione le aveva detto "ignoranza, credo", "mancanza d'ambizione" quella successiva. Una volta le aveva persino sussurrato che "l'Ars sceglie i propri figli, non il contrario" - e lui ne era la prova, Levi e tutti i suoi fratelli le altre sette. Quella, forse, era stata la risposta più sensata, anche se a distanza di trent'anni non avrebbe più saputo dire quanto ancora vi credesse; dopotutto una come lei cosa aveva di speciale? Non lo riusciva a immaginare, eppure era riuscita a sopravvivere sia alla Délet -b Ge'henom , sia a quel corpo. Non tutti potevano dire lo stesso.

Prendendo un grosso respiro, la Contessa provò a ritrovare la calma perduta. La tachicardia non aveva smesso di assillarla per un solo momento da quando il fratello aveva bussato, peccato che in una situazione del genere non potesse in alcun modo lasciarsi sopraffare dalla sé umana.
Nonostante in trecento anni avesse ucciso, compiuto empietà indicibili e lasciato che la Chimera prendesse più volte il controllo sulla sua volontà, provando persino un appagante piacere, quella che era stata Alexandria Orsòlya Vàradi non ne era mai stata realmente divorata. Le fauci del Lupo le si erano strette attorno, come una gabbia, però non si erano permesse di strapparle di dosso l'anima, anche se più volte aveva creduto d'essere sul punto di venire sbranata. In lei, così come doveva essere per le altre creature del Re, uno strano gioco di pieni e vuoti si era andato a creare tra le due entità - ed era forse per quel motivo che i loro corpi non si erano mai trasformati del tutto, mantenendo per la maggioranza una parvenza... normale.

Levi la osservò, dubbioso, e lei ricambiò alla stessa maniera. Nessuno dei due riusciva a capire cosa stesse succedendo, men che meno cosa fosse meglio fare - era la prima volta dopo molto tempo che si ritrovavano in una situazione del genere.

Z'èv a quel punto si volse verso la fine della calla, osservando il nulla e riflettendo su una qualche strategia, ma proprio quando le labbra le si schiusero per dire qualcosa, uno strano fastidio le fece pizzicare la cicatrice sulla bocca dello stomaco.
Arricciando il naso si portò le dita all'altezza del Sigillo, cercando in qualche modo di capire cosa le stesse succedendo. L'ultima volta che l'aveva sentito fremere era stato quando, in punta di piedi, era scappata dalla casa che aveva condiviso con la sua famiglia - la stessa che ora Nakhaš stava cercando di rimettere insieme.
La ragazza corrugò le sopracciglia, quasi il gesto potesse aiutarla a schiarirsi le idee, peccato che i suoi pensieri furono presto interrotti dalla voce roca del fratello che, del tutto alla sprovvista, picchiò un palmo sulla porta: «Akh! Lemmas!» lo udì inveire contro chiunque vi fosse in casa - sempre se vi fosse stato, qualcuno. 
La pazienza stava pian piano abbandonando entrambi, o forse sarebbe stato meglio dire che l'ansia stava avendo sulla loro psiche; in fin dei conti il semplice essere insieme, allo scoperto, e in una città non pi così familiare li rendeva prede facili, nonostante entrambi fossero spietati predatori. 

Mordendosi il labbro, Alex non poté evitarsi di pensare che, come lei, anche il fratello percepiva nell'aria l'elettricità di due nemici equamente letali: il Cultus e il tempo.  Già, perché ogni minuto d'attesa era un battito in meno dei loro ormai fragili cuori, muscoli che senza Salomone avrebbero presto smesso di funzionare. Era solo per merito suo se i loro corpi non erano marciti con il passare dei giorni e, per evitare che l'eventualità potesse presentarsi prima del dovuto, dovevano sbrigarsi a ritrovarlo - ma se Zenas non si trovava lì allora voleva dire che le ore trascorse nel fetido vagone ferroviario, che da Milano li avevano condotti fino a Venezia, erano solamente state vane, un ritardo che avrebbero fatto meglio a non accumulare. 

Se non si fossero spicciati lo zman li avrebbe ridotti in cenere, così come le Sacre Scritture narravano.

Z'èv si fece ancor più vicina. Sentiva i nervi tendersi a ogni nuovo colpo, a qualsiasi richiamo da parte della Chimera accanto a lei, eppure non aveva idea di come risolvere il problema.  
«Provo a sfondarla» disse d'un tratto, senza realmente riflettere su quel piano.
«Scordatelo».
Confusa, si volse a fissarlo. Nelle enormi lenti scure poteva vedersi riflessa, una cosetta pallida e tutt'altro che minacciosa a cui Levi, senza giri di parole, fece notare la stupidità di quella affermazione: «Sei quasi la metà di me, come pensi di buttare giù una porta che è praticamente sopravvissuta fino ad oggi?»
In effetti, ammise tra sé e sé, se nemmeno le alte maree erano riuscite a farla marcire non doveva poi essere tanto frangibile: come pensava di poter essere più resistente, viste le membra che si ritrovava? Però non le parevano esserci chissà quante altre soluzioni - o lasciavano perdere, o provavano con le maniere forti.
Alzando le spalle, Alex cercò di farsi valere: «Tentare non mi costa nulla, no? Mal che vada verrò rimbalzata indietro» ma nel fingere indifferenza si rese conto che, se quell'anta non avesse ceduto, il suo corpo gliel'avrebbe fatta pagare amaramente - non ne aveva già avuto prova a casa propria, andando a sbattere contro la cucina?

«Z'èv...» ancora visibilmente restio all'idea, Levi provò a chiamarla nel vago tentativo di farla rinsavire; sfortunatamente per lui, la cocciutaggine era una dote che Salomone si era premurato fosse intrinseca di tutte le sue Chimere, dalla prima all'ultima, quindi Alexandria fece qualche passo indietro.
Sciogliendo la tensione nella parte superiore del corpo, la ragazza studiò con attenzione l'anta di fronte a sé. Doveva individuare il punto che, venendo colpito, avrebbe permesso alla serratura di cedere e, quando infine si convinse di averlo trovato, si preparò all'impatto.
«Non starai facendo sul se-» ma prima che il fratello potesse concludere la frase, i piedi di lei si staccarono dal pavimento.


Uno, due, tre.

Peccato che a interrompere la sua corsa non vi fu nulla. 

La Chimera-Lupo si ritrovò a oltrepassare la soglia con uno slancio tutt'altro che aspettato, finendo persino con l'inciampare nel vuoto di un dislivello imprevisto e sentendo il vuoto riempirle lo stomaco. Le ci vollero pochi istanti per comprendere che presto avrebbe picchiato il viso contro il pavimento, piegandosi a una violenza tale che certamente non l'avrebbe lasciata illesa, così strinse gli occhi nella speranza di avvertire meno dolore. In un ultimo e disperato gesto, che sapeva bene non sarebbe mai stato abbastanza repentino, si portò le braccia davanti al volto, ma stranamente queste arrivarono prima dell'impatto.

Ciò che avvertì non ebbe nulla a che fare con il contraccolpo che aveva immaginato, fu piuttosto un forte pressione allo stomaco, un comprimersi nauseante di un oggetto rigido contro le sue budella.

E poi una presenza. Un'agghiacciante sensazione di pericolo che le fece nuovamente spalancare gli occhi.

Il cuore le si bloccò in gola, il panico le mozzò il respiro e, quando nella penombra di quel luogo scorse i riflessi scuri di un immenso pungiglione puntato alla sua nuca, avvertì l'urgenza di gridare, ma purtroppo le fu impossibile.

«At ... » sentì sussurrare da un punto cieco al di là della sua schiena prima di venir mollata senza preavviso. Alex cadde a terra e il dolore non si palesò come aveva previsto, però la paura parve non abbandonarla per un solo istante. 
Con gli occhi sgranati e arrancando sul pavimento gelato, la ragazza provò a mettere distanza tra sé e quell'immenso arto animale, un'arma tanto letale che persino lei si ritrovò quasi paralizzata innanzi al suo cospetto.

Era la coda di uno scorpione. 
La mutazione di Zenas.
Akràv, la seconda Chimera.


Eppure, prima che potesse rendersene realmente conto, un'altra figura fece capolino nel suo campo visivo. Levi si scagliò come una furia contro il fratello, afferrandolo bruscamente per qualsiasi indumento avesse indosso e allontanandolo ancora da lei, forse preoccupato all'idea che l'artiglio di lui potesse conficcarsi nella sua carne e ucciderla. 
«Hamessakenn! Tagezim zott Z'èv! » Gridò il Generale del tutto in balìa delle emozioni. E come biasimarlo? Persino lei avrebbe ucciso chiunque avesse attentato alla sua vita, dopotutto difendersi l'un l'altro era stato il mantra della loro famiglia per secoli.


Zenas a quell'aggressione non si oppose, piuttosto alzò le mani e si lasciò strattonare. Con gli occhi scuri rivolti verso di lei, permise al fratello di urlargli contro, di spostarlo di peso e farsi maltrattare in un evidente ammissione di colpevolezza. Sapeva di aver sbagliato, di aver quasi compiuto un omicidio indicibile; lo stava ammettendo e, il tutto, pensò Alexandria, perché non l'aveva riconosciuta.

 

Délet -b Ge'henom : Porta dell'Inferno (forse, ancora non ho ben chiaro come si usi -b)
Lemmasapri
Zman tempo
At Tu
Hamessakenn Disgraziato
Tagemiz zott Z'èv E' la tua Z'èv

(Mi scuso per la brevità del capitolo e se le traduzioni italiano-ebraico non coincidono alla perfezione. Il testo potrebbe subire cambiamenti o modifiche. Ogni stellina e commento è sempre ben accetto)

 

 
   
 
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