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Autore: AlenGarou    13/02/2017    0 recensioni
Piccola storia priva di senso dedicata alle persone che a fatica riescono ad alzarsi dal letto, figuriamoci trovare la forza di passare san Valentino con qualcuno.
I personaggi non sono altro che l’odiosa combriccola di When the children play, ma non preoccupatevi; potete leggere questo speciale benissimo così, senza aver bisogno d’incorrere in altro disagio. Con la storia non c’entra veramente nulla. Il mio cervello ha solo voluto creare una mini parentesi in onore di una delle feste più amate per ricevere regali a scrocco: san Valentino!
Trama:
Alexander non è una ragazza romantica, proprio per niente. I sentimenti per lei contano davvero poco e passa molto più tempo ad analizzarli che a esprimerli; sempre se ci riesca. Tuttavia ha fatto un errore madornale: non tenere conto della sua migliore amica, Emily.
Alla vigilia di una delle feste più insignificanti buttate nel minestrone temporale detto calendario gregoriano, Alex viene presa in scacco dalle sue amiche, decise a elaborare un piano di battaglia per la festa degli innamorati.
Riuscirà la povera protagonista a sopravvivere al declino sociale che ne deriverà? Riuscirà a non farsi coinvolgere e a continuare con la propria vita invece di trovare l’amore? Oppure soccomberà?
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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13 febbraio

 

 

 

 

 

 

 

«State scherzando, non è così?»

In piedi davanti alla soglia della propria abitazione con una mano ancorata alla maniglia, Alex osservava di sottecchi Emily e Sarah immobili sul pianerottolo. Entrambe le ragazze avevano le braccia cariche di sacchetti della spesa e un’espressione sorniona dipinta in volto, traducibile come: guai all’orizzonte. Come se non fosse già stata abbastanza seccante la loro presenza, le sue amiche avevano pensato bene di presentarsi all’improvviso, senza nemmeno prendersi la briga di avvertirla della loro incursione pomeridiana al di fuori dell’orario scolastico, irritandola ancora di più. Fortunatamente aveva già finito per tempo i compiti o le avrebbe rispedite a casa a calci. Trattenendo un’imprecazione, Alex si ritrovò a sospirare. Ciò non toglieva il fatto che la sua idea di passare un tranquillo pomeriggio in compagnia del suo sacco da boxe era stata letteralmente infranta. Liberarsi di loro sarebbe risultata un’impresa titanica. Se Emily s’impuntava su qualcosa era impossibile dissuaderla, non senza giocare sporco.

«Andiamo, Alex. Sei la nostra unica speranza» la pregò Emily con tono piagnucoloso. Notando che rimaneva impassibile a fissarle, sfoderò la sua arma segreta: dietro le lenti degli occhiali, sgranò gli occhioni verdi e incurvò le labbra in un broncio delizioso. Sapeva che niente avrebbe potuto resistere ai suoi occhi da cerbiatto impaurito, nemmeno Alex che…

In tutta risposta le sbatté la porta in faccia senza sentirsi in colpa.

«Bene, e anche questa è fatta. Prima un bel panino e poi si prende a pugni RenBox» sentenziò, scricchiolando il collo e dirigendosi leggera come una piuma verso il frigorifero.

All’esterno, le due ragazze si scambiarono uno sguardo sbigottito. Dopo un attimo di tentennamento, Emily risuonò il campanello e rimasero ad aspettare. E aspettare. E aspettare.

Con uno sbuffo, la bionda pinzò una borsa sotto il mento e premette di nuovo il campanello, questa volta senza annullare la pressione esercitata sul pulsante.

Dopo un paio di minuti, Alex si decise a riaprire la porta per la pace dei suoi provati timpani. Emanava un’aurea oscura e spaventosa che fece fare a Sarah un passo indietro, gli occhi a mandorla ancora più grandi per lo sbigottimento, ma Emily continuò a guardarla supplicante.

«Allora, ci aiuterai?»

«Ma non avete un altro posto dove andare?» sbuffò la ragazza, passandosi una mano tra i capelli scuri, scostandoseli dietro le spalle. «I genitori di Sarah posseggono un ristorante, vuoi farmi credere che non c’è spazio per voi due in cucina?»

Emily scosse con eloquenza il capo, i riccioli biondi che ballonzolavano a ogni movimento. «Ma non capisci. Lì sono tutti impegnati ed esperti dell’uso dei coltelli. Se facciamo disastri sono sicura che Lin ci affetta e ci serve al posto del sashimi!»

«Il sashimi è giapponese!» sentenziò Sarah offesa, ma Emily la liquidò con un gesto della mano.

«Chissà perché ma non ne dubito» mormorò Alex, mentre Sarah la guardava male. Con un sospiro, aprì un po' di più la porta, ma non si scostò abbastanza per lasciarle entrare. Il suo sguardo indagatore continuava a scrutarle, cercando di carpire qualsiasi indizio del perché della loro presenza nella sua proprietà. «Comunque» sentenziò dopo un momento. «Non mi avete ancora spiegato che cosa volete cucinare.» E il presentarsi a casa sua urlando: “Alex! Abbiamo un disperato bisogno di usare la tua cucina!” non era una motivazione abbastanza valida.

«Possiamo parlarne dentro? Non mi sento più le braccia» si lamentò Sarah, ma Alex scosse il capo.

«Forza ammettete i vostri peccati! Rivelate il vostro piano diabolico e fate ammenda.»

Emily grugnì. Con nonchalance, lasciò cadere a terra le borse che le aveva tra le braccia, incurante dello stato d’integrità del loro contenuto. Posandosi le mani sui fianchi, si protrasse in avanti, osservando Alex con un’espressione arcigna. «Ma lo sai almeno che giorno è domani?»

Alex inarcò le sopracciglia. Quella domanda la colse del tutto impreparata. «La scadenza per la consegna della relazione di Biologia?» domandò annoiata.

«Che cosa?» espresse terrorizzata Emily, per poi ritornare padrona di sé. «No, scema! È san Valentino! Ti rendi conto?»

Il suo sopracciglio ebbe uno spasmo. Dovette combattere contro se stessa per non ripetere la scenata di prima. «E questo come dovrebbe riguardarmi? L’unica di noi ad avere un ragazzo è Sarah» esclamò Alex, tediata da quella situazione. Appoggiò un fianco sullo stipite della porta, incrociando le braccia al petto.

«Che ottusa che sei!» Emily ormai sbuffava esasperata. «Non bisogna avere per forza un ragazzo per festeggiare san Valentino. È il giorno degli innamorati, questo è vero, ma anche dell’amore in tutte le sue forme. Per questo dobbiamo assolutamente preparare dei dolci! Lo scambio della cioccolata è solo un modo per dimostrare a una persona il proprio affetto e che vuoi prenderti cura di lei, inoltre passare insieme la giornata è…»

«Ok! Entrate!»

Prima di rischiare una crisi iperglicemica con quelle scemenze, Alex si scostò dall’uscio e lasciò passare le due ragazze con l’armamentario al seguito. Tutto per non doversi sorbire le deliranti teorie umanistiche di Emily. Doveva già sopportarle abbastanza al raduno settimanale del Club del Libro, ci mancava solo che le desse una dimostrazione plateale nel suo ingresso.

A volte, accettare la propria sconfitta, era la migliore strategia per vincere la seguente battaglia.

Senza aspettare indicazioni, Emily si diresse a passo di carica verso alla cucina. Sarah la seguì in silenzio a qualche passo di distanza, guardandosi attorno incuriosita. Dopotutto, la bionda era un’assidua frequentatrice della sua pomposa dimora, oltre che essere la detentrice del ruolo di compagna di gossip adolescenziali prediletta di sua madre, per cui sapeva già come muoversi. Grazie al cielo quella donna era ancora a lavoro o sarebbe scoppiato il finimondo e Alex non avrebbe sopportato per molto l’atmosfera rosa e piena di cuori che era discesa nella sua abitazione. Scrollando la mano davanti al viso come per scacciare un insetto, si chiese se il pesticida fosse nello sgabuzzino o nel garage.

Con un sospiro desolato e già pentita della propria debolezza, richiuse la porta alle proprie spalle, avviandosi poi verso l’origine dei rumori molesti che la colsero alla sprovvista. Quando entrò nella stanza, osservò senza parole le amiche intente a rovistare in ogni cassetto e credenza alla ricerca di ciò che occorreva loro.

«Ferme!» urlò, pietrificandole di botto con le mani che ancora frugavano nei cassetti. «Non vi ho dato il permesso di comportarvi come un branco di scimmie! Ditemi ciò che vi occorre!»

E, in quattro e quattr’otto, il piano di lavoro in granito fu riempito di ciotole, terrine, pentolini, cucchiai, fruste, misurini, stampini e cioccolata, uova, latte, farina, zucchero, lievito, sale in quantità industriale.

«Bene, direi che è tutto pronto» sentenziò Alex, mentre le altre due osservavano quella collezione con fare meditabondo. Troppo meditabondo. «Avete idea di come procedere almeno?»

«In un certo senso…» mormorò Sarah, rigirandosi tra le mani lo stampo dei muffin in silicone.

«Non ne ho la più pallida idea» esclamò solare Emily, con tutta la naturalezza di questo mondo.

Alex prese il viso tra le mani. Non poteva essere vero…

«Ma sapete almeno come si prepara un dolce?» chiese con un gemito.

«Non basta seguire la ricetta?» domandò Emily, tirando fuori dallo zaino un giornalino per ragazze tutto spiegazzato. Lo aprì sicura alla pagina giusta, dove venivano illustrati vari tipi di dessert al cioccolato con a seguito la preparazione da copiare.

Le ragazze si chinarono a osservare le varie ricette e subito Alex scartò quelle più complesse. Ci teneva ad avere ancora una cucina, specialmente con quello che era costata.

Era stata uno dei desideri di Clarissa. Sebbene sua madre fosse una donna dalla carriera impeccabile, al punto da volerla dimostrare in ogni dettaglio della propria casa con un leggero disappunto del marito, non era mai stata una cuoca formidabile. Era capace di preparare le ricette più semplici, ma del resto delle pietanze se ne occupava Alex. O suo padre, all’occorrenza. Essendo una ragazza ancora in fase di crescita, saper gestire l’intera cucina era stato un punto focale per la buona riuscita dei suoi giretti notturni in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Senza contare che lo trovava un passatempo rilassante, oltre che pieno di soddisfazioni a livello del suo apparato digerente, e un’ottima scusa per migliorare la propria destrezza con le lame. La stessa cosa però non valeva per le altre due. Nonostante Sarah lavorasse nel ristorante dei suoi per dare una mano, non conosceva appieno le sue abilità di pasticciera e per quanto riguardava Emily… non voleva rischiare.

«Ok, partiamo dalle cose semplici. Avete deciso il dolce che volete fare?»

Sarah annuì, mentre Emily si limitò a gongolare.

«A te che dolce piacerebbe ricevere?»

Quella domanda la lasciò interdetta. «Stai scherzando, vero?»

Emily scosse il capo, il suo sorriso era ancora lì. Alex alzò un sopracciglio e incominciò a ragionare, ignorando Sarah che nel frattempo stava radunando ciò che le serviva per iniziare la sua opera culinaria. Subito nella sua testa sbucarono un’infinità di torte del tutto differenti tra loro e senza accorgersene si ritrovò con gli occhi luccicanti.

Nel rendersi conto del suo madornale errore, la bionda dovette rettificare.

«Qualcosa che rientri nelle nostre capacità!»

Quello sì che fu un colpo basso. Cercando di non far trasparire la sua delusione, Alex osservò nuovamente il giornale e indicò con il dito la ricetta più semplice.

«Dei biscotti con le gocce di cioccolato dovrebbero andare bene. Se non sbaglio da qualche parte dovrebbero esserci degli stampi a forma di cuore che puoi usare per dare forma all’impasto.»

«E biscotti siano allora!» esclamò Emily, tirandosi su le maniche della maglia. Afferrò le prime pentole che le capitarono tra le mani e corse ai fornelli.

Alex dovette trattenere l’impulso di sbattere la testa sul ripiano, sapendo che una colluttazione con tale elemento le avrebbe sicuramente provocato una commozione celebrale. Si concentrò invece su Sarah, che stava già iniziando a misurare le dosi degli ingredienti che le sarebbero serviti per i suoi muffin. Fortuna che una di loro aveva la minima idea di quello che doveva fare.

«Sarah?»

«Uhm?» esclamò la ragazza, mentre mischiava il burro con lo zucchero.

«Perché?»

«Ho come l’impressione che questa volta voglia dichiararsi a un ipotetico Mr X.»

Alex si bloccò, attonita nell’udire quella rivelazione. Che Emily perdesse il suo tempo a sbavare dietro ragazzi improponibilmente famosi e irraggiungibili era un dato di fatto, ma non avrebbe mai immaginato che prima o poi si sarebbe fatta avanti.

«Ehi, guardate che vi sento! E non è vero!»

Entrambe si voltarono verso la bionda che, nella foga, aprì troppo forte il pacchetto della farina, spargendola ovunque. Si ritrovò così a tossire, la faccia completamente bianca e le lenti degli occhiali rovinate.

Esasperata, Alex si lasciò scappare un gemito. Le strappò di mano il sacchetto. «Dai, ti aiuto. O questo strazio sarà eterno. Tu intanto prova a sciogliere un po' di cioccolato.»

Emily ricambiò la sua espressione irritata con una linguaccia. Si tolse gli occhiali e incominciò a pulirli sulla maglietta, mentre Alex incominciava a preparare l’impasto dei biscotti. Presa com’era da quelle semplici operazioni, finì col perdersi nei propri pensieri e, nel mentre, incominciò ad avvertire una strana sensazione al petto. Emily la faceva sentire parte integrante della sua vita, anche quando ne avrebbe fatto volentieri a meno, e le raccontava qualsiasi cosa. Sapere che voleva fare colpo su un ragazzo a lei ignoto la lasciò basita, quasi stordita. Perché non glielo aveva detto? Non si fidava di lei? Sapeva di non essere un esempio di bontà e amore, ma provò un’emozione a lei del tutto estranea.

Quando voltò lo sguardo e si accorse che nella confusione la pagina del giornale si era girata, si pietrificò.

Amicizia o amore: scopri se la tua amica preferisce il fidanzato alle amiche.

“Ma che cazz…”

«Ehm, Alex…?» La voce di Sarah le giunse lontana.

Ah, forse aveva capito! Aveva paura di non provare più quella quotidiana irritabilità che la accompagnava sempre mentre ascoltava gli sproloqui privi di senso dell’amica. Ormai ne era così assuefatta che l’idea di separarsene la preoccupava, ma in realtà la soluzione era semplice e più che logica. Emily avrebbe avuto il suo spazio e lei si sarebbe dedicata ad altro, facendo poi finta di ascoltarla quando si sarebbe lamentata senza tregua dei problemi che attraversavano comunemente le coppie: come visualizzare un messaggio e aspettare in eterno la risposta, i “mi piace” delle altre ragazze sulle foto dei social, la sopportazione delle scuse per non uscire a fare shopping e altre cose che rasentavano la psicosi. Dopotutto Emily aveva il diritto di farsi una vita e qualsiasi altra forma mammifera pensante era migliore di lei come passatempo, persino un cane idrofobo.

«Alex!»

L’urlò di Sarah la fece sussultare. Interrompendo il flusso constante dei suoi pensieri, si voltò verso di lei con un’espressione seccata. Tuttavia, prima che potesse chiederle il motivo del suo turbamento, lo vide con i suoi stessi occhi. E rimase letteralmente esterrefatta.

Per un lungo istante non riuscì a muovere un muscolo. La paura ammantò dentro di lei come le colate laviche che si riversavano sul piano cottura attraverso il pentolino fuso. Un disastro apocalittico. La creazione di un’arma di distruzione di massa, la rappresentazione in miniatura del Monte Fato.

«EMILY!»

L’amica era succube del panico, completamente spiazzata e confusa dalla sua creazione di un vulcano fai-da-te. Prima che combinasse altri danni irrimediabili, Alex prese in mano la situazione e con uno strofinaccio afferrò il pentolino ormai carbonizzato. Quando notò le sfumature argentee che attraversavano il cioccolato nero, si rese conto che quella scema non aveva tolto la pellicola di alluminio. Fece per girarsi verso il lavello in modo da gettare quel disastro sotto il getto, ma poi si rese conto che avrebbe solo sollevato una nube di vapore acqueo che avrebbe complicato le cose, oltre che rischiare di ustionare qualcuno con gli schizzi che si sarebbero sollevati a contatto con l’acqua. Decise dunque di provare l’impossibile.

Corse verso la porta sul retro, sparendo in giardino sotto lo sguardo attonito delle altre. Si lanciò verso il rubinetto esterno, ma ormai la temperatura della pentola era diventata insostenibile. Con un grido, scagliò istintivamente il tegame lontano da lei, che finì il suo volo in uno dei cespugli di rose preferiti di sua madre. Dopo pochi secondi e nonostante l’umidità, l’arbusto prese fuoco.

Alex rimase immobile, lo sguardo fisso sul rovo ardente. Cadde a terra in ginocchio, incurante del freddo che le sferzava la pelle. Qui si andava contro ogni legge fisica e logica! Ma che aveva quella ragazza? La maledizione della Cenerentola inversa? Doveva essere un incubo. Sì, non c’erano altre spiegazioni. Il cioccolato non reagiva come una sostanza chimica instabile, gli arbusti non bruciavano in pieno inverno e lei certamente non avrebbe mai dato il suo consenso per un piano così strampalato! Quando si focalizzò sulle pulsazioni della sua mano dolorante, dovette ricredersi, malgrado il suo sconcerto.

In preda alla disperazione, sentì a malapena Emily e Sarah avvicinarsi alle sue spalle, chiuse in religioso silenzio. E fu in quel momento che il cielo si aprì; le miti nubi che fino a quel momento avevano coperto la volta celeste si dissolsero, lasciando posto alla luce fredda del sole invernale.

Alex chiuse gli occhi e sollevò il capo, avvertendo i timidi raggi accarezzarle la pelle come un balsamo. Quell’evento biblico l’aveva ricoperta di grazia, facendole comprendere le regole che governavano quell’universo. Prendendone atto, si girò verso le altre con un’espressione mite, pronta a condividere il verbo di Dio.

«Alex?» chiese spaventata Emily nel scorgere il suo sguardo.

Lei sorrise e poi scoppiò.

«Fanculo al rovo ardente! Fanculo a san Valentino! Fanculo ai dolci e fanculo a questa cazzo di…»

«Alexander Freesia Evans!»

Alex si bloccò. Persino le sue amiche s’irrigidirono nell’udire la voce di suo padre provenire da dietro le loro spalle. Apparso sulla porta, l’uomo la guardava incredulo, gli occhiali leggermente pendenti sul naso. A giudicare dalla ventiquattrore ai suoi piedi e dalla giacca ancora sulle spalle, doveva essere appena rincasato.

«Ehm, salve Signor Evans…» lo salutò con la mano Emily, lo sguardo colpevole.

L’uomo era sbiancato. «Che cosa è successo? Come… come…?»

«Come abbiamo fatto a dare fuoco alle rose di mamma utilizzando un pentolino di cioccolata che all’improvviso si è trasformato in una colata lavica di all’incirca di 600 gradi Celsius?» completò lei al posto dell’uomo. «Bella domanda. Emily…»

«Io non lo so com’è successo! Ho messo la cioccolata nel pentolino e…»

«Perché diavolo non l’hai scartata?»

«Non è come pensi! Volevo farlo, ma mi è scivolata. Mi sono distratta un attimo per prendere qualcosa con cui tirarla fuori senza scottarmi e…»

Alex si lasciò cadere per terra. E lì rimase.

«Qualcuno mi uccida. Ora.»

Un’ombra entrò nel suo campo visivo. Sollevando lo sguardo, non oppose resistenza quando suo padre l’afferrò per le braccia e la sollevò di peso, togliendole poi con celeri mosse l’erba che le si era rimasta appiccicata ai jeans.

«Non abbiamo tempo per le tue dimostrazioni da drammaturgo. Forza, vi aiuto a sistemare la cucina prima che rincasi mia moglie. Altrimenti chi la sente quella?»

 

 

 

Passarono l’intero pomeriggio a ripulire il disastro che avevano combinato in cucina.

Suo padre le aiutò al meglio delle sue capacità, impietosito com’era per la piega che avevano assunto gli eventi. Oltretutto, ci teneva a prevenire qualsiasi altro incendio doloso, per cui tenne sempre a portata di mano il piccolo estintore che avevano in dotazione. Si prodigò persino a tenerle sotto controllo mentre ultimavano i loro dolci che, per grande disagio di Alex, furono comunque in cima alla lista delle priorità.

Sarah finì la seconda infornata di muffin al cioccolato, mentre lei e suo padre aiutarono Emily a creare dei biscotti commestibili senza il rischio di sciogliere la laringe a qualcuno. Alex riuscì persino a trovare il tempo di plasmare delle praline per conto suo, sperimentando alcuni tipi di ripieno con ciò che era rimasto. Sembravano ben riuscite ma, quando provò ad addentarne una, Emily la bloccò.

«Dovresti donarle a una persona speciale, non mangiarle.»

«Emily…»

«No, Alex. Il segreto per un buon dolce di San Valentino è quello di trasmettere in esso il proprio amore per durante la preparazione, in modo da catturare la persona a cui verrà donato.»

«E io che pensavo fossero solo da mangiare» bofonchiò. Non poteva certo rivelarle che aveva riversato in quei cioccolatini tutta la sua rabbia repressa e il suo odio per non poterle storcerle legalmente il collo. In aggiunta, non aveva affatto dimenticato il mistero di questo fantomatico Mr. X. E se c’era qualcosa che Alex odiava, erano proprio le questioni in sospeso.

Una volta sistemato tutto e incartato i dolci grazie ai ritagli di carta a tema che aveva portato Sarah, Alex accompagnò alla porta le sue amiche. Ormai mancava poco all’ora di cena e non voleva altri drammi. Con i nervi a pezzi e la testa dolorante, si appoggiò alla porta. Invece di salutarle con la mano, le allontanò con un ombrello per mantenerle a distanza di sicurezza.

«Da questo momento in poi, non metterete mai più piede nella mia cucina» decretò.

«Ma Alex!» piagnucolò Emily.

«Niente “ma Alex!”. È già una fortuna che non sia partito l’allarme antincendio.»

Emily mise il broncio, ma poi si limitò a scrollare le spalle. «Te l’ho detto, ricomprerò io le rose a tua madre, se riesco… E poi dai. Abbiamo passato un pomeriggio tra ragazze! Era da un sacco che…»

«Sì, beh. Io me ne vado prima che quella decida di ucciderci. A domani» borbottò Sarah, accorgendosi dell’espressione di Alex. Si allontanò da loro e raggiunse la piccola e ammaccata auto di Emily, come sempre parcheggiata malamente a ridosso del vialetto. Aprì la portella del passeggiero e la richiuse con un tonfo secco, aspettando con pazienza l’arrivo della sua autista dentro la vettura.

Rimasero a fissarla in silenzio, dopodiché Emily sospirò. «Beh, ci vediamo domani a scuola. Ricordati i cioccolatini, mi raccomando.»

«Sì, contaci…» bofonchiò lei in risposta, mentre l’amica le rivolgeva un sorriso, probabilmente di scuse.

La osservò darle le spalle e dirigersi verso la sua auto. E poi accadde. Senza pensarci, Alex si protese in avanti, come se volesse fisicamente afferrarla e la chiamò.

«Emily?» Perché la sua voce le parve così supplichevole.

«Sì?» rispose l’altra, voltandosi per osservarla incuriosita.

Alex rimase per un attimo interdetta, senza sapere bene che cosa dire. Non si era mai trovata in una posizione simile prima d’allora e non capiva come comportarsi. Alla fine sospirò, per poi scrollare le spalle. «Non è nulla. Solo… Sono curiosa di sapere a chi donerai quei biscotti.»

Nell’udire tale esclamazione, gli occhi verdi dell’amica s’illuminarono d’immenso. Un sorriso sornione le comparve in viso, tant’è che dovette fare quasi uno sforzo per non ridere. Se l’avesse fatto, probabilmente non sarebbe arrivata al giorno seguente. Non dopo tutti i disastri che aveva già combinato.

«Oh, non preoccuparti. Lo saprai domani.» Le fece l’occhiolino e, saltellando, uscì finalmente dalla sua proprietà.

Alex rimase fuori a osservarle finché non scomparvero alla vista, incurante del freddo. Doveva essersi persa nei suoi pensieri perché non si rese conto della presenza appostata alle sue spalle.

«Dolci di san Valentino eh?»

Non si voltò. «Prova a farne parola con mamma e giuro che faccio saltare in aria la tua macchina.»

Avvertì suo padre ridacchiare dietro di lei. Le prese l’ombrello dalle mani e lo ripose al suo posto, per poi dirigersi di nuovo verso il salotto. Prima di scomparire nel corridoio, il rumore dei suoi passi si arrestò.

«Dovresti provare, lo sai? Continuando così rischi di rimanere sola e non voglio questo per te. Meriti qualcuno che ti capisca e che ti apprezzi per quello che sei.»

Alex non ebbe nemmeno la forza di arrabbiarsi per quella constatazione. Tenendo a freno il suo disagio, lo seguì all’interno dell’abitazione con un sorriso tirato. «Papà, lo sai che il dottor Carmack è sposato.»

«Oh, certo. Chiamami papà quando più ti fa comodo.»

«Ovviamente Maximillian. Come potrei non approfittare del tuo cuore dolce e sincero?»

L’uomo tossicchiò e attese che fosse abbastanza vicina per darle una pacca sulla nuca.

«Ehi!»

«Ora, senza far esplodere pentole… Che cosa ti andrebbe per cena? Oggi è la giornata del tofu di tua madre e non vogliamo certamente privarla di quella delizia.»

Alex inorridì, pensando alle bislacche diete che quella donna si ostinava a fare. Prima o poi sarebbe diventata invisibile a furia di mangiare roba macrobiotica a sere alterne. Dato ciò che aveva appena passato, decise che si meritava almeno un pasto decente. «Pasta al formaggio. E a seguire bistecca di manzo con contorno di purè, piselli e salsa?»

«Andata. E come dolce?»

«Tutto, purché non contenga cioccolato.»

 

 

 

 

 

 

Rieccomi qui con questo bellissimo racconto fantascientifico.

Lo so, sono in ritardo con gli altri aggiornamenti e sono in ULTRAritardo per quanto riguarda i contest di questo mese, ma non ho resistito. Dovevo scrivere lo speciale di san Valentino dello speciale di Halloween. Il senso di questa cosa? Non esiste. Per cui non chiedetevelo.

E io devo ancora capire come faccio a essere presa peggio di uno scoiattolo sotto caffeina. Ovviamente avrei preferito che il mio cervello partorisse questa tragedia qualche giorno prima, in modo da scriverla con calma, ma noooooo, troviamoci agli ultimi giorni!

Ebbene, dovrei mettere il prossimo e ultimo capitolo domani (spero).

Come da programma, sarà presente la banda al completo e, inutile dirlo, il romanticismo sarà passeggero come una nuvoletta nel terso cielo estivo. O della neve a maggio. O delle gioie. Insomma, probabilmente finirò per offendere qualcuno come al mio solito.

Ma non siamo qui a mettere le ciglia finte ai delfini e io non sono qui a scrivere roba seria.

Per concludere, vorrei porgere le mie condoglianze a tutti i ragazzi che, volenti o no, saranno costretti a mettere un mutuo ai loro organi per riempire le loro dolci punzelle di regali.

A domani!

 

  
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