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Autore: Sharon_SassyVampire    15/02/2017    3 recensioni
"La notte ride e si dimena insieme a me, la sento e ne sono colmato nell’animo, che lei sa e comprende, quanto nauseabondo è il cadavere del male su questa terra, che va alla caccia alle streghe ma non crede più nemmeno alla magia."
Cross-over di Arancia Meccanica.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gerard Way, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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“I can’t control what my heart tells my head, if my heart tells my head that it needs to destroy everything in its path.”
 
 
La notte è gioiosa e ridente sopra la corruzione di questo sporco mondo, e io mi rallegro insieme a lei nel raffinato elogio della mia brutalità.
Oh sì, lo sento, quel sapore acido e ristagnante nelle budella, che si contorce per risalire a galla, su per la gola, sporco come il pavimento su cui sono felicemente disteso.
Un’opera d’arte di biochimica, materiale gastrointestinale, rancido e corrosivo, tanto quanto la loro evidente inferiorità.
Cin cin.
E hip hip urrà a voi, cari frammenti di maleodorante sterco.
Perché son bravi ragazzi, perché son bravi ragazzi.
Bravi, bravi, bravissimi.
Non so cosa sia più rilassante, se il buio giocoso o l’ebbrezza delle lacrime.
O più accattivante, non so.
Potrei farne colare giusto un paio, così, per fingere almeno un pochino di essere ancora soltanto un miserabile mortale, ma non vorrei rischiare di sbavare sul mio bel faccino da demonietto angelico.
Il fegato si sta già corrompendo, ahimè, lui ricorda anche meglio di talvolta e mi aiuta a rinfrescare le ferite aperte con qualche opportuna goccia di alcol.
Etilico, 100%, denaturato, squisitamente rosa, all’aroma di kerosene metanolo.
Lui ha una memoria così pungente e carnale, sotto il segno della propaganda per la vendetta.
Ogni mio orgoglio lacerato ama sguazzare nello spirito di vino.
Proprio una magnifica combriccola, lui e la dannata nausea nelle viscere.
È un problema se sto ridendo?
Non che stessi cercando la mia parte in questa farsa, ma mi hanno messo tra le mani un copione da antagonista, e ho pensato, ma sì, è solo una farsa dopo tutto, no?
Non posso nemmeno dire di aver semplicemente recitato, che ci volete fare, sono entrato un po’ troppo nel mio personaggio.
In fondo è soltanto una farsa, giusto?
Mi è stato detto con così tanta ammirazione che la parte mi calzava a pennello, e non ho potuto fare a meno di insuperbirmi un poco.
Che dire, devo essere davvero talentuoso.
Mi turbano le mie stesse risa, sanno di rancore e di fiducia straziata, e forse se riuscissi a rimettere il vomito potrebbe anche coprirne l’aspro sapore.
Irritante.
Sanno anche di violenza prigioniera e hanno un vago fetore di pazzia, dovrei averne timore, credo.
Le piastrelle non le ho mai sentite così crudeli sotto alle ginocchia, ma non è molto rilevante ora come ora.
Un buco torbido e placcato in giallo urina mi aspetta con fare malizioso.
Provocante.
Mi sembra quasi di sentire umidità e nebbia nelle ossa, ma è soltanto la condensazione delle lacrime.
Le lascio lì dove sono, al sicuro negli occhi dell’antieroe, e ormai ridotte in raccapricciante brina da mattinata invernale.
I tempi del processo di solidificazione dell’acqua deve aver trovato la sua eccezione in natura nel mio particolarissimo apparato lacrimale.
Bisogna scegliere ad un certo punto nella vita, non è forse questo quello che ci hanno sempre insegnato?
Fare delle scelte ed essere giudiziosi nel prenderle.
Io ho scelto.
Tra l’essere un banale mortale e un dio, ho voluto essere un dio.
E gli dei non piangono.
Sei obbligato a svendere la tua emotività visibile in onore dell’assoluta, splendente, luminosa e oh così libera invincibilità.
Perché son bravi ragazzi, perché son bravi ragazzi.
Loro sì che sono bravi, mica come me, oh no, oh no.
I buoni sconfiggono sempre i cattivi.
Vero. Verissimo.
Sarà per questo motivo che alla fine della guerra vinco sempre io.
Nella luce intermittente della lampadina da cambiare, vedo in tutti i suoi brillanti colori un bel vasetto di sali da bagno.
Arancio, blu cobalto, verde speranza, giallo sabbia del mare e rosso sangue.
Sbam.
Questo è per il retrogusto indelebile del rifiuto immotivato.
Sbam.
Questo è per le parole che non avrei dovuto mai sentire ma che ancora mi urlano ai timpani nell’eco dei miei incubi a occhi aperti.
Sbam.
Questo è per aver tentato di fottermi la dignità.
Sbam.
E poi colpisco soltanto perché non ci sono più cose da voler riportare alla mente, e le mie budella in rigurgito mi guidano da sole nello schiantare il vetro a destra e a manca.
Ah, ah. Bugiardi.
Le bugie non si devono dire, che bimbi cattivi.
Ma poiché mi colmate di così tanta pietà, vedrò di sistemare le cose.
Farò in modo che le vostre menzogne diventino realtà.
Felici? Io sì.
Molto.
E la mostruosità è più reale nell’esplosione innocente dei profumati granelli di colore che nei vostri falsi racconti del terrore.
Ho sempre odiato il frastuono del vetro in frantumi, si infilza nelle orecchie e graffia nel cervello, ma stavolta non mi importa.
E la colpa di chi è poi, se non la mia che sono ancora qui a non far nulla, per il solo diletto di vermi informi che amano strisciare e attorcigliarsi nel fango.
La notte ride e si dimena insieme a me, la sento e ne sono colmato nell’animo, che lei sa e comprende, quanto nauseabondo è il cadavere del male su questa terra, che va alla caccia alle streghe ma non crede più nemmeno alla magia.
Cerca le streghe per l’orgasmo del rogo.
Dovremmo smetterla di generalizzare comunque, non è mai carino.
Che melodia gastrica.
Il rigurgito di tutto ciò su cui ho sempre rimuginato e rimuginato.
Se solo non li avessi sentiti.
Menzogne.
E lo so.
Ma ho promesso che le avrei rese reali.
Per non contraddirli, no?
Hanno detto che sono il mostro, perciò ne sono diventato uno, per non farli passare per bugiardi e per non far perdere loro credibilità.
Gli applausi alla fine, grazie.
Ah, non ho ancora ben rifinito quella certa faccenda delle scelte, non è esattamente onnipotente quello che sta accadendo, ma poiché conta solo ciò che si può recitare nella farsa, che importa di quello che poi si mette in scena nell’anima?
Il sipario lì è chiuso a tempo indeterminato.
Sono in pochi ormai a possederne una oggigiorno, in ogni caso.
Non capirebbero. Non capiscono.
Non se ne accorgeranno.
È uno spettacolo privato, vietato ai minori di cento anni e con alto contenuto pornografico, essendo io parecchio attratto sessualmente da me stesso.
Molte scene sono state tagliate, tra l’altro.
Ora un po’ di lacrime si affacciano sul serio, ma è solo il riflesso dello sforzo intestinale durante il rigetto, e preferisco così.
Son conati furenti, oh là là.
Guardo ancora, esausto, nel buco acquitrinoso del cesso e non vi sono né coriandoli di squisito cibo né nulla che vi si possa piacevolmente trovare in una pozza di vomito.
C’è solo rabbia e ingiustizia e impotenza e cocci di preziosi vasi buttati via senza che qualcuno ne capisse il valore.
Effettivamente, forse, come vaso potrei essere più amabile.
Ma non sono un vaso, e non son più fatto di ceramiche delicate e rifinite, ora sono solo prezioso.
Ora può bastare e posso anche finirla qui, quest’altra farsa non troppo falsa in cui anche io ho dei sentimenti.
Ripulirmi è sempre stato il mio forte.
Un assaggio di NaC12H25SO4 e son di nuovo un dio.
Tranquilli, è solo il sodio lauril solfato del dentifricio.
Candido come la luna, madre del terrore notturno, e nero come il mio rancore, l’assorbimento totale di tutte le belle intenzioni.
Il rosso è per l’ira e sarà quello del sangue, ma non il mio, possibilmente.
Una rosa rossa tra i denti e si scende a suon di tip tap per le scale, incontro all’ingiusta giustizia.
I miei drughi mi aspettano con il tremore del vero amore.
Il meglio del peggio, o il peggio del meglio.
Il mostro del bene o il bene del mostro.
La speranza dell’angoscia o l’angoscia della speranza.
Come non amarmi?
Batto sempre il mio bastone per i vicoli della città, perché devono saperlo tutti quando arrivo, devono fremere e gridare al lupo ancor prima di vedermi.
E lo batto a ritmo cardiaco, per amplificare il palpito della vita e di quel cuore che nessuno deve scorgere.
Nessuno lo vuole conoscere, diciamoci la verità.
Io dico sempre la verità ed è anche con questa che prendo a manganellate i loro piccoli, maleodoranti, sottosviluppati cervellini di buonissima e sincerissima cattiveria.
Perché son bravi ragazzi, perché son bravi ragazzi.
Urlerei se ne avessi voglia.
Magari più tardi.
E poi li vedo.
Che visione celestiale, bastone in alto e aria che fischia nei colpi a vuoto, estasi mistica.
I miei fratellini.
C’è Mikey, il mio vero fratellino, lì in fondo alla strada, con quel suo fare sempre così serio e quel cipiglio naturale, sangue, sangue, sangue del mio sangue.
E c’è Ray, follia pura allo sbando fin su ai riccioli d’oro, un cherubino d’elettricità in cortocircuito.
E poi ancora, dietro di tutti, saltellando dall’angolo nero del putrido muro, lo sento canticchiare fino a qua e posso sbirciare nei suoi occhi di santità infernale ancora prima che faccia capolino, sorriso lucifero come sempre, portatore di luce.
Può ritrovare la strada in ogni tenebra con quelle iridi onnipotenti di sole e di aldilà.
Mi vede.
Ci vediamo.
Frank ride e ogni volta che ride è un’eruzione lavica che incenerisce ogni cosa, direttamente dal fondale magmatico della sua anima.
Incandescente.
Bisogna che io ve lo dica, anche lui è un dio.
Siamo dei del caos più ordinato e dell’anarchia di una pace guerriera.
E noi andiamo, balliamo fuori tempo il valzer dell’ambiguo, 1 2 3, 1 2 3, 1 8 5, 2 9 4.
Sappiamo esattamente dove andare e la meta la decidiamo quando ci va.
Si hanno tante cose da bruciare e da demolire, tante quante sono quelle che ci vorrebbero bruciare e che ci vorrebbero demolire, e noi urliamo gioiosi e crudeli ancora più forte, contro le voci dei crudeli eroi dai non-superpoteri.
Ho ancora il gambo della rosa in bocca ma non ne sento più le spine, vedo la nostra meta e mi si infiammano gli occhi di brutale vita, i vellutati petali rossi tra i denti di Frank.
Morde e preme la guancia sulla mia, il rosso floreale sgorga dalle sue labbra mentre sparge mozziconi di petali per la strada, in onore del nostro corteo divino, marcando il nostro passaggio di delicata distruzione.
Ci siamo, ecco, siamo quasi arrivati.
To be continued…(forse)
 
Personalmente ho detto e ho voluto dire molte cose in queste poche righe, ma lascio libera l’interpretazione e non spiegherò nulla (a meno che non me lo vogliate chiedere direttamente).
Diciamo che ero un po’ incazzata e un po’ ferita l’altro giorno, quando ho scritto tutto ciò.
Non so bene se finire qui oppure, non so nemmeno se quella era una sfumatura Frerard (probabilmente sì aw), ma prendetela come volete.
Fatemi sapere cosa ne pensate se vi va.♥
 

p.s. Un grazie speciale alla mia Boo per avermi ascoltata con pazienza e per avermi fatto ritornare io sorriso quel giorno. Ti voglio troppo bene Alby.♥♥♥
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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