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Autore: Kim WinterNight    16/02/2017    5 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Is it a joke?

[Shavo]




Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. Mi rendevo perfettamente conto di dovermi muovere, ma solo l'idea di uscire nel caos losangelino mi metteva addosso un'ansia indicibile.

Che palle.

Mi rigirai nel letto e chiusi gli occhi. Forse avrei dovuto alzarmi, prepararmi un tè dai tratti giamaicani, poi prendere qualche vestito a caso e fare una passeggiata. Sì, una passeggiata...

Le palpebre pesanti, ecco cosa mi fregava. C'era un meccanismo secondo il quale io lottavo come Don Chisciotte contro i mulini a vento, e questi mulini mi fottevano sempre. Merda.

Udii uno squillo estremamente fastidioso e quasi gridai per lo spavento. Chi cazzo era? Perché qualcuno suonava alla mia porta? Quando mi trovavo in questi periodi di reclusione domestica, tutti sapevano che avrebbero dovuto lasciarmi tranquillo.

Il campanello suonò ancora.

Probabilmente era un venditore porta a porta; forse avrei dovuto ricordarmi, la prossima volta, di staccare il campanello, almeno in certi momenti...

La persona al di sotto del mio palazzo si attaccò letteralmente al pulsante, e allora capii di chi si trattava.

Lanciai via le coperte, conscio che, se non avessi risposto, quel dannato coglione non avrebbe mai smesso di suonare e avrebbe presto cominciato a suonare anche i campanelli degli altri condomini.

Mi precipitai vicino all'ingresso e afferrai il citofono, strappandolo quasi dalla parete su cui era sistemato.

«Malakian, giuro che sei morto! Che cazzo vuoi?» strillai, la voce ancora impastata per il sonno uscì simile a quella di un orco cattivo. Forse lo avrei spaventato, almeno un po'.

«Ritenta, sarai più fortunato» gracchiò una voce familiare, ma che non riconobbi come quella di Daron.

«Ah... ehm... John?!» farfugliai.

«Già, Daron mi ha spiegato come fare per costringerti a rispondere» disse il batterista, utilizzando un tono innocente, per il quale quasi scoppiai a ridere.

«Mi ricorderò di scollegare quell'arnese infernale la prossima volta che decido di...»

«Posso salire o devo stare qui a fare la muffa?» mi interruppe John.

«Ah già, okay. Sali.»

Schiacciai il pulsante per aprire il portone d'ingresso del palazzo e socchiusi la porta, mettendo fuori la testa e attendendo che John arrivasse.

Proprio in quel momento, la porta di fronte alla mia si spalancò e ne uscì una ragazza abbigliata in modo bizzarro, cosparsa di tatuaggi e piercing, con i capelli arruffati e tinti di blu elettrico.

«Ehi pelatone, come te la passi? Hai deciso di uscire dal tuo antro oscuro?» mi apostrofò la mia dirimpettaia, trascinandosi dietro una grossa valigia.

«Abby, è sempre un piacere vederti» replicai in tono sarcastico. «E anche i tuoi capelli sono piacevoli da osservare, sì.»

«Sono sexy, ammettilo!» ammiccò.

John ci raggiunse e strabuzzò gli occhi nel notare Abby.

«Ah ecco perché sei uscito dalla tana» commentò la ragazza, squadrando John da capo a piedi, in maniera del tutto spudorata. «Per accogliere questo bel manzo! Divertitevi miei cari, io parto.»

«Dove saresti diretta? Un altra marcia per i diritti degli omosessuali in crisi di peso?» la punzecchiai.

«Spiritoso Shavy, davvero spiritoso.» Abby mi mostrò il dito medio e si infilò nell'ascensore poco prima che questo si richiudesse.

«Simpatica» commentò John.

«La lesbica più etero del mondo. Entra.»

Lasciai passare il mio amico e richiusi la porta, per poi appoggiarmici contro e incrociare le braccia al petto; volevo assumere un'aria contrariata, ma mi resi presto conto che con indosso un pigiama azzurro sformato non dovevo incutere molto timore.

Dolmayan mi lanciò un'occhiata interrogativa, poi disse: «Piantala di fare il cretino, Shavo. Mi offri qualcosa da bere? Sono venuto a piedi fin qui, sono abbastanza affaticato».

«Ma che ore sono?» domandai.

«Le otto e un quarto» annunciò fieramente il batterista, battendo con un dito sul suo orologio da polso.

«E tu... tu... hai osato svegliarmi così presto? Merda, Dolmayan!» sbottai.

«Devo dirti una cosa. Smettila di rompere, andiamo in cucina.»

Lo seguii controvoglia, neanche fossi io l'ospite in casa mia. Bizzarro come possano mettersi le cose, a volte...

«Spero per te che si tratti di qualcosa di vitale importanza» sottolineai, decidendomi a preparare un caffè per entrambi. Conoscevo John, non amava il tè come me, non glielo proposi neanche.

Mentre aspettavo che il bollitore facesse il suo dovere, recuperai il mio materiale per prepararmi una sigaretta e vidi John roteare gli occhi al cielo.

«Vuoi favorire, socio?»

«Fottiti. Ascolta, piuttosto. Ieri qualcuno ha proposto a Rick una data per noi» mi riferì, tornando improvvisamente serio.

«Per noi

«Per i System Of A Down, Shavo.»

«Cazzo. Dove? Quando? Devo prepararmi psicologicamente...» cominciai a sparare a zero, facendomi subito prendere dall'ansia.

«Odadjian, stai calmo! Se te lo dico non ci credi.» John mi sorrise.

Mi alzai per finire di preparare il caffè e lo passai a John senza porgergli lo zucchero, mentre io me ne versai tre bustine.

«Quello è zucchero con caffè, Shavo!» commentò inorridito.

«Macché. Allora? Me lo vuoi dire o no?» lo incalzai, mescolando la bevanda fumante con un cucchiaino.

«Al Dodger Stadium» buttò lì lui con nonchalance.

Avevo appena sorseggiato un po' di caffè e per poco non glielo sputai in faccia, rischiando di soffocare. Allontanai la tazza da me e presi a colpirmi sul petto, cercando di respirare almeno con il naso.

John si alzò e venne a picchiarmi sulla schiena, ridendo come un deficiente.

«Non mi prendere per il culo!» gli gridai contro. «Se tu e Malakian avete deciso di farmi uno scherzo, avete sbagliato giornata!»

«Ma quale scherzo?! È tutto vero, Odadjian!» si difese il batterista, tornando a sedersi di fronte a me.

Lo guardai perplesso. Com'era possibile che noi fossimo stati invitati a suonare nello stadio dei Dodgers? Mi sentivo male, giuro, mi stavo sentendo realmente male. Non era possibile, era uno scherzo, sì, doveva esserlo.

«Devi calmarti. Non so perché ho accettato di dirtelo io, non mi aspettavo una reazione del genere.»

«Frena, amico. Sta' un po' zitto.»

Ripresi a costruire la canna che avevo lasciato a metà mentre preparavo il caffè e me la riempii per bene. Osservai il mio astuccio e aggrottai la fronte: era ora di uscire di casa, dovevo rifornirmi di erba.

«Quello ti aiuta davvero a calmarti?» borbottò John, finendo di bere il suo caffè amaro.

«Sicuro.»

Afferrai l'accendino e lo feci scattare. Già con il primo tiro, sentendo la gola bruciare, mi sentii subito meglio; ero in grado di ragionare, di darmi una calmata e farmi passare quel dannato senso d'agitazione che mi attanagliava ogni volta che capitava un fuori programma come quello.

«Quindi, lo hanno chiesto a Rick?» domandai dopo qualche tiro, notando che John si avvicinava alla finestra e la socchiudeva appena. Quell'odore lo infastidiva, ne ero cosciente, ma non potevo farci niente.

«Sì.»

«Avrebbe potuto proporre Shakira, no?» scherzai.

«Hanno esplicitamente chiesto di noi.»

«Ah.»

Il cellulare di John prese a squillare: la sua suoneria consisteva in un esercizio eseguito da lui, in cui applicava sulla sua batteria una roba impossibile come ritmi dispari di percussione araba. Era un genio, questo non avrei mai potuto negarlo.

Lui afferrò il telefono e aggrottò la fronte, poi rispose: «Sì?».

Io continuai a fumare tranquillamente, sentendomi decisamente meglio. Tuttavia, ero ancora sotto shock.

«Ah, cazzo. E adesso?» borbottò Dolmayan con sguardo preoccupato. «Chiama un medico, no? Che cazzo ne so io?!» Rimase in ascolto, poi riprese a parlare con fare pratico: «Va bene, ti raggiungo. Sì, sono da Shavo. Dammi... mmh... sono a piedi, quindi penso che ci impiegherò una cinquantina di minuti».

Gli lanciai un'occhiata interrogativa. Avevo come l'impressione che la giornata fosse iniziata nel modo sbagliato.

«Okay, a dopo. Ciao.»

John si ficcò il cellulare in tasca e sospirò pesantemente.

«Ehi, che c'è?» gli chiesi.

«Daron» biascicò. «Ha un attacco di panico e Serj non riesce a farlo uscire da sotto il suo divano, non si capisce che cazzo gli sia preso. Dio, quel ragazzo ha seri problemi...»

«Di nuovo?»

John annuì.

«E cosa ci fa a casa di Serj?» mi informai perplesso.

«Ieri ha cenato da lui, poi a quanto pare si è ubriacato e Serj ha deciso di lasciare che dormisse da lui. Poi stamattina...»

Annuii. «Il solito, insomma.»

«Pare che stessero festeggiando per questa cosa del concerto... okay, grazie per il caffè. Poi ci aggiorniamo per questa storia, va bene? Cazzo, devo andare» farneticò John, afferrando la giacca e avviandosi verso l'uscita.

Lo seguii e gli posai una mano sulla spalla, prima che potesse lasciare il mio appartamento. Gli indicai un quadro che avevo appeso poche settimane prima alla sinistra della porta d'ingresso.

«Un altro regalo di Malakian Senior?» ammiccò.

«Sì. È fantastico.»

John sorrise brevemente, poi mi salutò con un cenno e si avviò di corsa giù per le scale. Ci avrei scommesso che non avrebbe preso l'ascensore.

Osservai il quadro dai colori scuri e tetri, e mi parve di riconoscere in esso l'animo tempestoso e tormentato di Daron; suo padre dipingeva da dio, e con i suoi lavori riusciva a cogliere delle emozioni, a metterle su tela e a trafiggere l'anima di un acuto e appassionato osservatore. Qualcuno lo definiva sconclusionato, ma del resto l'arte era solo arte, non era fatta per seguire una logica.

Mentre mi avviavo in bagno per buttarmi sotto la doccia, fui stranamente grato a John per aver impedito che la mia reclusione tra quelle quattro mura proseguisse oltre.




Ciao a tutti e grazie per aver letto questo primo capitolo.

Sono fiera di annunciarvi che ho deciso di cominciare a pubblicare questa long sui SOAD perché sono, per me, i migliori; non so che dirvi, non ci posso fare niente, è così e basta.

Quest'idea è nata quasi per caso, e mi fa piacere poter fare qualcosa per ripopolare una categoria così tristemente scarna qui su EFP... l'ispirazione per scrivere anch'io su questa band è nata anche e soprattutto grazie alle storie di StormyPhoenix, di cui vi consiglio di leggere tutto ciò che ha scritto su di loro, ma non solo: è davvero brava e merita su tutta la linea!

Il titolo della storia prende ispirazione dal testo di “Peephole”, brano presente nel primo e omonimo lavoro dei SOAD. Se non la conoscete, ascoltate un po' qui, e preparatevi a ballare un bel valzer XD

Vi lascio con questa domanda, la stessa che sorge alla band in questo brano: voi, cari lettori, avete mai creduto di sporgervi nell'immenso del cielo, di sfiorarlo con un dito?

Forse ciò che intendono loro è ben diverso, ma io l'ho interpretata così e vorrei sapere cosa ne pensate... :D

Grazie a chiunque sia arrivato da queste parti, attendo i vostri commenti e ci sentiamo al prossimo aggiornamento, che sarà giovedì prossimo ♥

  
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