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Autore: shadowofthemoon    18/02/2017    4 recensioni
La storia è il seguito della mia precedente "Per Sherlock Holmes Lei è sempre La Donna".
"Quando Sherlock, in quel piovoso pomeriggio londinese, aveva chiuso il famoso cellulare di Irene Adler in un cassetto, credeva fermamente che non l’avrebbe mai più rivista..."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo. Dal prossimo ho in mente un salto temporale, per ovvie ragioni. Fatemi sapere le vostre impressioni! 

III
 
 
Rimase per ore a fissare una piccola crepa sul soffitto della sua stanza. Aveva già cercato su internet l’indirizzo e corrispondeva a quello di un piccolo albergo a due stelle nel East End. Un posto misero, per niente adatto ad una come Lei. 
Cosa sarà così urgente da averla portata qui, nonostante la sua nuova vita, correndo il pericolo di essere riconosciuta? Ripensò all’ultima conversazione che avevano avuto prima che lui lasciasse il Canada. Ricordò quello sguardo, la luce negli occhi di Lei. Una luce diversa. Gli era sembrata sinceramente preoccupata per lui. Possibile che La Donna ancora provasse qualcosa per lui? E’ vero, aveva dedotto il sentimento che provava per lui. Ma poteva veramente fidarsi ancora di un battito e di una pupilla dilatata? In fondo si era persino sposata. E con un uomo. Possibile che amasse questo Norton?
Sentì riemergere di nuovo quella strana sensazione, quasi di rabbia , mista a delusione e…tristezza. Che fosse gelosia? Gelosia?
In effetti non riusciva a spiegarsi come potesse preferire un uomo qualunque a lui.
Lei per lui restava un’eccezione. Non che non avesse rispetto per altre donne, Mrs. Hudson , Molly, sua madre su tutte.
Ma La Donna era speciale, diversa da ogni altra per lui. Ma non voleva neppure interrogarsi sul perché. Ma di fatto era così.
Quindi lui non era lo stesso per Lei?
Si coprì la faccia con un cuscino e sbuffò. La sua testa stava andando nella direzione sbagliata. Tutto questo pensare non lo avrebbe aiutato molto a capire cosa fare.
E perché mai doveva ancora perdere sonno per colpa di quella Donna?
Dai rumori sulle scale capì che John era a casa. Guardò l’orologio e vide che erano già le cinque del mattino.
Si alzò, uscì dalla sua camera e si diresse in cucina. John era in piedi in salotto davanti al caminetto con in mano un foglio di carta.
“Cosa fai?” Gli chiese, mentre metteva a scaldare l’acqua per il tè nel bollitore elettrico.
John sobbalzò leggermente udendo la sua voce “ Sei già in piedi? Stavo solo rileggendo degli appunti, mi sembra che mi sfugga qualcosa su questo paziente…Ma stai bene? Ultimamente non dormi praticamente mai.”
“Mi annoio così tanto che non riesco nemmeno a prendere sonno. Se non arriva un nuovo caso prima della fine della settimana comincerò a sparare io dalla finestra.”
“ Non ne dubito, ma vedrai che qualcosa arriverà, devi sono cercare di concentrarti su qualcosa. Mentre tornavo a casa ci è mancato poco che uno non mi investisse con la macchina…”
“Mmmh?” rispose Sherlock mentre versava l’acqua nella tazza
“ Ero furioso. Non so da dove sbucasse questo tizio ma giuro.. se fossi riuscito a prenderlo almeno. Ma si è dileguato subito”
“ A Londra è piuttosto comune avere questi problemi...”
“ Non è questo, ti giuro, è che tutta la situazione si è svolta in modo assurdo e veloce.”
“ John, la noia sta facendo diventare paranoico anche te.”
“ Forse hai ragione. Io vado a dormire qualche ora. Questa settimana avrò più tempo libero. Speriamo arrivi qualche caso interessante. Torna a dormire .” Detto ciò , si diresse verso le scale che conducevano alla sua camera.
Sherlock rimase in silenzio, bevendo il tè a piccoli sorsi. Avvicinandosi alla finestra, guardò in strada. Niente di strano. Se qualcuno li stesse sorvegliando, se ne sarebbe accorto, pensava. Poteva davvero solo essere una paranoia di John senza fondamento, in fondo.
A metà mattinata Sherlock era ancora in pigiama e vestaglia, seduto al tavolo a leggere il giornale. John si era appena alzato ed era in cerca di qualcosa di commestibile con cui fare colazione, quando udirono dei passi.
“ Venga su Lestrade! “ gridò Sherlock verso le scale.
Poco dopo, salendo alla svelta i gradini, Lestrade fece il suo ingresso nella stanza.
“ Buongiorno, mi stavo chiedendo se potevate darmi una mano con questo caso…si tratta di..”
“Di quell’uomo ritrovato morto accoltellato davanti casa ieri?” Lo interruppe Sherlock. 
John sorrise, come sempre Sherlock era un passo avanti a tutti, pensò.
“ Si, ma come…”
“ L’ho letto poco fa sul giornale” disse mentre ripiegava le pagine del quotidiano per posarlo sul tavolo.” E’ un caso elementare, come è possibile che non riusciate a risolverlo da soli?”
“Elementare? E come puoi averlo risolto solo leggendo il giornale?
“ Beh , anche guardando le foto. Noioso.”
“Come fai a dirlo? Non ti ho ancora mostrato niente del caso!!” Disse porgendogli la cartellina con le foto della scena del crimine e della vittima.
Sherlock iniziò a sfogliarlo svogliatamente.
“E’ stato sicuramente il fratello, dalla foto sul giornale si evince chiaramente che è un giocatore d’azzardo, uno che scommette su tutto direi. Ma probabilmente vince poco. Il fratello amministrava i beni di famiglia, come riportato chiaramente nell’articolo, una famiglia decisamente benestante. La vittima era un avvocato abbastanza di successo, ma il fratello nonostante una laurea si rifiutava di lavorare, facendo conto sulla rendita di famiglia. A questo punto il movente mi pare chiaro. Soldi. Noia.”
“ Al possibile movente del fratello ci eravamo arrivati anche noi! Ma lui dice di avere un alibi e i testimoni hanno visto più persone.”
“ L’alibi è stato controllato?  Non avete notato le ferite al braccio? In questa foto sul giornale sembra cercare di coprire qualcosa con la manica della camicia. Per i complici, cercate nella cerchia degli scommettitori che è solito frequentare. Probabilmente qualche suo creditore saprà darvi qualche indizio. E direi di cercare nel fosso del parco vicino casa della vittima. Sono certo che l’arma del delitto è lì“
Lestrade lo fissava ancora un po’ sconcertato. “Okay, ma sei sicuro di non voler nemmeno uscire di casa per controllare la scena?”
“ Chiamami se non trovate nulla sul fratello o nel parco. Ma ne dubito fortemente. Mi sembra un caso piuttosto banale.”
“ Fratello contro fratello. Un classico” Disse John mentre si sedeva al tavolo, per fare colazione.
“ Va bene ragazzi, ma a volte vorrei che prendeste più seriamente anche i casi che sembrano scontati. In questo caso ci sono ancora molti punti oscuri…”
“ Suvvia, mi pare davvero il classico caso di dramma familiare, mi stupisce che non sia riuscito a risolverlo da solo.”
“ Ma anche noi avevamo pensato al fratello, ma pensavo che magari potesse sfuggirci qualcosa.”
“ A volte le cose sono esattamente come sembrano. E a volte anche voi potete riuscire a risolvere un caso senza aiuti.”
“ Okay, farò le verifiche che suggerisci.” Replicò Lestrade.
“Niente altro?” Disse Sherlock asciutto
“ Greg, vuoi fermarti a mangiare qualcosa con noi?” aggiunse John con un sorriso.
“ Grazie, ma sono in servizio. Ci sentiamo più tardi” disse uscendo, con un espressione un po’ scocciata.
John guardò Sherlock  scuotendo la testa. “Certo ogni tanto potresti essere anche più garbato. Capisco che il caso fosse semplice per te, ma loro devono anche procurarsi prove concrete. Non bastano le deduzioni. Magari voleva solo farti uscire un po’ di casa.”
“ Io esco di casa. Sono uscito ieri. E visto che insistete tanto uscirò anche stasera.”
“ Veramente? Per andare dove?”
“ Ho delle ricerche da fare per uno dei miei progetti personali. Giri qua e là.” Mentì.
“Ricerche personali? Un altro pezzo su ceneri o polveri varie? Ai lettori non interessano queste cose.” Sorrise John sorseggiando il caffè.
“I tuoi lettori sono stupidi. Comunque puoi esimerti dal venire. Almeno sarò fuori di casa e sarete tutti contenti. Sta tranquillo, non mi metterò nei guai” O almeno così sperava. “ E comunque devo passare anche da Molly. Ho un esperimento da finire al laboratorio e voglio anche dare un’occhiata alle prove del caso di Lestrade.”
“ Sei serio? Pensi che sia un 7? Uscire di casa per un caso che hai già risolto seduto al tavolo mentre fai colazione.” Si stupì John.
“Ho semplicemente delle cose da fare, sono certo che sia stato il fratello. Ma visto che devo passare da Molly..”
“Non puoi finirlo qui l’esperimento?” Incalzò John.
“Cos’è? L’Inquisizione Spagnola? Devo solo fare un test su un cadavere recente. Qui a casa non ce l’ho. Ma se vuoi fornire tu la materia prima. “ Sorrise
Doveva veramente portare a termine un esperimento, stava raccogliendo dati sulle reazioni di alcune sostanze chimiche sui tessuti umani. Un esperimento semplice, più utile per una catalogazione che per altro.
Tornò in stanza e si vestì. Camicia bianca. Giacca scura. Infilò il cappotto e diresse verso le scale.
 
Passò tutto il viaggio in taxi a rigirarsi quel foglietto tra le mani, in parte ancora combattuto sul da farsi. Arrivato nelle sale dell’obitorio, notò subito Molly, minuta nel suo camice, intenta a catalogare delle prove in laboratorio. Le andò incontro, cercando di non essere il solito insensibile.
Gli piaceva Molly, ma finiva sempre col dire qualcosa che la faceva star male.
Non era proprio capace a trattare con gli altri esseri umani. Specialmente quelli come Molly. Disponibili, dolci e gentili.
“Devo finire quei test, hai qualche corpo su cui posso effettuarli? “disse dopo averla salutata con un cenno del capo.
“ Oh! Ciao Sherlock!” rispose con un sorriso sincero.” Oggi niente, giornata tranquilla. A parte il caso di Lestrade. “
“ Lo so, E’ passato da me stamattina. Posso dare un’occhiata alle prove? Hai già effettuato dei test?”
“Qualcuno. Tieni, questo è quello che ho per ora.” Gli rispose, porgendogli una cartellina."Non è“molto”
“ Mmmmh. Come pensavo. Il caso l’ho già risolto stamattina, ma so che a Scotland Yard servono più prove. Cerca di effettuare test sugli abiti e sulle parti di moquette raccolte. Sono certo che troverai qualcosa che incastrerà il fratello.”
“Il fratello? Uh. Vuoi darmi una mano?”
Pensò che mancavano ancora delle ore all’appuntamento e decise di restare.
“Va bene” Disse, sfilandosi la sciarpa.
….
Verso le 20 e 30 decise che era ora di muoversi. Si congedò in fretta da Molly. Le fibre e le particelle trovate sui vestiti e sulla moquette sul quale era morto l’uomo potevano già bastare come prove, non c’era bisogno che si fermasse oltre.
Arrivò in breve all’indirizzo sul biglietto nell’estremo sud di Londra. Vi era un piccolo albergo di scarsa qualità, un uomo presidiava l’ingresso, in un piccolo gabbiotto.
 “ La manda la signora?” chiese l’uomo immediatamente ebbe varcato la soglia.
“Signora?” Si stava chiedendo se una sua parola potesse metterla in pericolo. Bruciare la sua nuova identità e renderla nuovamente un bersaglio. Guardò nuovamente l’uomo.
Basso, un po’ sovrappeso, viso appesantito da molte notti insonni, vestiti logori e non certo di buona fattura.
Capì che l’uomo era davvero solo un portiere di notte, che non rappresentava alcun pericolo imminente.
“ La stavo aspettando” disse nuovamente l’ometto, porgendogli una busta sigillata.
Aprì la busta.  Solo un bigliettino.
“…Dove lui perse il suo cavallo”
Sapeva benissimo a cosa si riferiva. A qualcosa che conoscevano solo loro due. Alla loro partita a scacchi. Disse all’uomo il nome della piccola cittadina vicino Montreal in cui aveva tentato di farle trovare rifugio. Da dove Lei era fuggita in cerca di nuove avventure. Chiaramente non era un test di intelligenza, voleva solo essere certa che lui e solo lui potesse arrivare a Lei stanotte.
Appena udita la risposta, l’ometto gli porse un'altra busta sigillata.
Vi era un altro indirizzo. Dall’altro capo della città.
Evidentemente stasera il gioco era una caccia al tesoro. Prese un taxi al volo diretto verso Hampstead High Street. Non appena sceso dall’auto, il telefono della cabina telefonica davanti al civico indicato sul biglietto, cominciò a squillare. Riuscì appena a sollevare la cornetta. Aveva già messo giù. Il gioco cominciava già a dargli sui nervi. Se Lei aveva intenzione di farsi inseguire per mezza Londra, poteva scordarselo. Stava per uscire furiosamente dalla cabina quando notò una altra busta sigillata e una cassettina chiusa da una combinazione sul ripiano sotto all'apparecchio telefonico.
Non poteva essere lontana. Doveva averlo visto arrivare. In quel momento un uomo all’esterno della cabina gli chiese se ne aveva per molto. Uscì e aprì la busta.
“…Quando Lui sentì il proprio cuore accelerare.”
Dannata Donna. Non stava facendo riferimento a quello, vero? Al giorno infausto in cui le sue difese erano cadute per un istante. E in quell’istante si era perso in Lei.
Solo al pensiero sentiva salire il sangue al volto.
Inserì le cifre di quel giorno, il giorno in cui le loro labbra si erano incontrate per la prima volta, e aprì la scatola. Un altro biglietto, un altro indirizzo.
Stavolta si trattava di qualche isolato.
Iniziò a camminare, dirigendosi verso la zona prettamente residenziale del quartiere. Sentì qualcuno alle spalle, mentre camminava. Si fermò, voltandosi per guardarsi indietro. Ma era solo un ragazzo  minuto che camminava così svelto, cappello scuro calato sul volto e che quasi gli finì addosso. Eppure qualcosa non lo convinceva.
“ Mi scusi” Disse il ragazzo, continuando dritto per la sua strada, sparendo nel buio delle viuzze del quartiere.
Arrivò ad un bel villetta, con una piccola siepe tutta intorno. Era quello il posto indicato nel biglietto. Salì la piccola rampa fino alla porta di ingresso e bussò.
Rimase quasi attonito quando il ragazzino che lo aveva superato poco prima venne ad aprire. Ma stavolta lo guardò bene. E poi riconobbe la Sua risata.
“ Ahahah, andiamo Mr. Holmes. Davvero non mi ha riconosciuta? La aspettavo vicino alla cabina da 20 minuti.” Disse, lasciandolo entrare in casa e richiudendo la porta dietro di sé. “ pensavo mi avrebbe riconosciuta subito.”
“ Ero concentrato su altro. Il mio cervello aveva notato qualcosa di strano, ma non avevo tempo e voglia di notare altro.” rispose seccato. La realtà è che era talmente preso da Lei che non aveva lasciato spazio al suo cervello per lavorare correttamente. Stupido.
“Quindi perché mi ha fatto venire fin qui? Solo per giocare alla caccia al tesoro?” la incalzò.
“Beh, non crede che io sia un gran bel tesoro da scoprire??” rise ancora, mentre toglieva il cappello, lasciando sciolti i folti capelli scuri . Iniziò a togliersi la felpa, entrando nel piccolo salottino dell’appartamento.
Sherlock si irrigidì leggermente.
“Mi ha già visto completamente nuda! Non sarà una felpa a sconvolgerla!” Sotto al travestimento indossava una magliettina nera a manica lunga, aderente e pantaloni aderentissimi neri. “ Visto? Sono completamente vestita. Stasera prometto di fare la brava."
“ Lo spero per suo marito.“ disse, asciutto. “Perché sono qui, dunque?” Improvvisamente voleva scappare il più velocemente possibile. Ma qualcosa continuava a tenerlo legato a quella Donna, in quella stanza.
“ Mi lascerai spiegare? Il perché del matrimonio intendo.” Gli rispose, fronteggiandolo al centro della stanza.
“ Tanto farà comunque come vuole” Sherlock si diresse verso il divano e si sedette. “ Andiamo. Sono qui, ora.”
“Ho conosciuto Godfrey  una sera a Montreal…”
“Godfrey???” sbottò.Che razza di nome è?? Pensò.
Lei lo guardò divertita “ Ero andata a teatro, e lui era lì. Ha cominciato da subito a farmi una corte spietata. Era così tenero, povero caro...”
“Povero davvero.” Ghignò Sherlock
“E’ stato lui a farmi nuovamente calcare le scene, dopo avermi sentito cantare…” continuò Lei, mentre passeggiava lentamente lungo il salottino
“Nuovamente?”
“Si, cantavo, tanti anni fa. Ho fatto anche qualche musical nella mia vita precedente. Una delle tante. E’ un imprenditore, ma si diletta anche come impresario e produttore di piccoli show. Come ha potuto vedere. Era in Canada solo per affari, e dovendo tornare in Europa, mi ha chiesto di sposarlo per non doversi separare da me.” continuò
“E tutti e due sappiamo che il matrimonio era il suo sogno segreto fin da bambina.” La schernì
“Mi serviva protezione, un nuovo nome, per tornare in Europa. Per ora è la soluzione migliore.”
“ Per lei sicuramente. Non so per il povero Signor Norton.” Sentiva ancora quella strana sensazione alla bocca dello stomaco. Distolse lo sguardo dal quello di Lei.
“Non intendo far del male a Godfrey. E’ adorabile. Voglio solo che mi tenga compagnia per un po’. Alla fine anche lui avrà i suoi vantaggi.”
Sherlock sentì una sensazione di fastidio mista a rabbia.
“E’ sempre una questione di utilità e potere per lei, vero?” Voleva essere ironico, ma la frase gli uscì strana, quasi rabbiosa. Cosa lo stava infastidendo così tanto? Cosa gli importava se Lei si era sposata, se aveva ora qualcun altro che poteva proteggerla e occuparsi di Lei? Se manipolava qualcun altro ora?
“No. Non sempre.” Gli era di nuovo davanti ora, in piedi di fronte a lui. “Per questo sei qui.”
Sherlock si limitò a guardarla, senza risponderle. Non poteva fidarsi di Lei.
Non di nuovo. Non sapendo di cosa era capace.
Irene si inginocchiò davanti a lui, appoggiando le mani sulle sue gambe.
“Ascoltami. Sono voluta passare a Londra solo per parlarti. So che la comunicazione sincera non è il nostro forte, ma ti giuro, non ho secondi fini.” Aveva di nuovo quello sguardo negli occhi. Quello che gli faceva sempre credere che fosse sincera, che non stessero ancora giocando.
“Smettila. Cosa vuoi?” Sapeva di essere freddo. Voleva essere freddo. Era l’unica difesa che aveva verso quella Donna.
“Voglio che tu mi ascolti e che stia attento a quello che fai.”
“Hai fatto tutta questa strada per quella storia di Moriarty? Ancora? Te l’ho detto. Io non vedo l’ora di scontrarmi con lui. Lo aspetto a braccia aperte.” Disse, ridendo.
“Smettila di essere così spavaldo. So che sei intelligente. Forse anche più di lui. Ma lui non ha punti deboli.” Sembrava infuriata e disperata allo stesso tempo.
“E io ne ho?” La incalzò, tornando nuovamente ad incontrare il suo sguardo.
“Certo che ne hai. E lo sai, Sherlock. E’ quello che ti rende migliore di lui. So per certo che sta organizzando qualcosa di grosso a Londra, proprio in questo momento.” Disse, continuando a sostenere il suo sguardo.
“E come hai ottenuto queste informazioni? “ ribattè. Era stata così folle da rimettersi nel giro? Da mettersi in contatto con qualcuno?- “Se qualcuno scoprisse che sei viva, non lo resteresti a lungo.”
“Sono stata prudente. Sono entrata in uno dei nostri vecchi network nel deep web, spacciandomi per Kate. Anche se nessuno mi ha contattato direttamente, ho letto stralci di informazioni, e so per certo che sta tessendo la sua ragnatela. E tu sei la mosca.”
“ Non sono così facile da catturare. Dovreste saperlo, Miss Adler.”  Era quasi offeso dal suo eccesso di premura. Sapeva benissimo difendersi da solo.
Irene si alzò di scatto, e ricominciò a camminare su e giù per il salottino.
“ So cosa stai pensando. Tu pensi di poterlo battere, tu brami di poterti misurare col suo genio. Ma non è un gioco questo. E’ diverso dal nostro gioco. Tu lo sai. Potrei tradirti e ingannarti, potrei mentirti mille e mille volte ancora. Sparire senza dire una parola. Ma mai vorrei porre fine alla nostra partita. Mai ti metterei in pericolo, mai ti farei del male. Con lui è diverso. Moriarty vuole torturarti, e ti vuole morto. Questo è il suo modo di vincere. “- disse, con una voce che gli suonò strana, come se cercasse di controllare e reprimere rabbia e preoccupazione. -“Ho potuto fermarlo una volta, Sherlock. Non volevo che morissi in quella piscina senza aver avuto nessuna possibilità di conoscere il tuo genio… ma ora io neppure esisto. Non posso far altro per aiutarti!”  
A questo punto la voce di Lei gli sembrò davvero disperata. Ma il suo orgoglio gli impediva di cedere a sciocche paure e sentimentalismi.
“Non le chiesi allora di aiutarmi, e ne ho bisogno neanche ora.” Disse alzandosi in piedi. Il tono della propria voce gli suonò meno duro di quanto intendesse e non riuscì a non aggiungere “ Non devi preoccuparti.”
Sconvolto dalla propria reazione alla preoccupazione di Lei, si avviò verso la porta. Che diavolo stava facendo? Sentiva il bisogno di allontanarsi dalle troppe emozioni che permeavano la stanza, aveva la necessità di stare solo, per rifugiarsi nella consolante razionalità della sua mente.
Ma proprio quando aveva quasi raggiunto la porta, sentì la mano di lei afferrargli il braccio, delicatamente ma in modo deciso. Come quella volta nella sua casa di Belgravia, istintivamente si voltò a guardarla.
Irene, scalza e minuta, in quel momento gli sembrò quasi indifesa e fragile. Sorrise tra sè e sè a quel pensiero, tanto sciocco. Mai apparenza poteva trarre più in inganno. La Donna gli prese la mano tra le sue, e rimasero in silenzio, occhi negli occhi per quello che gli sembrò un’eternità.
Un attimo dopo, Lei chinò la testa, iniziando a scrivere qualcosa sul palmo della sua mano.
“ So che non vuoi il mio aiuto, so che puoi farcela da solo. Ma se mai avrai bisogno di me, potrai trovarmi qui. Riceverai mie notizie, che tu lo voglia o no.” Disse, liberando la mano di lui dalle sue.
Sherlock non rispose, si voltò verso la porta e la raggiunse in poche veloci falcate. Afferrata la maniglia però, rimase immobile, come pietrificato. Sentiva la presenza di Lei ad una manciata di centimetri, sentiva il suo respiro. E quel profumo, che avrebbe riconosciuto tra mille.
Si voltò di scatto, con un movimento rapido le fu di nuovo accanto, lasciando scivolare una mano sui fianchi di Lei, la attirò a sé. L’altra mano sul volto, a sfiorarle delicatamente una guancia, per poi sprofondare nei suoi morbidi capelli scuri. Le loro labbra si trovano immediatamente, senza nessuna esitazione. Come se si cercassero da sempre. Sherlock si lasciò trascinare in quel vortice di sensazioni stavolta, quasi tuffandoci dentro. Le aveva già provate prima, ma ogni volta sembravano nuove. Diverse.
Provava emozioni sempre più forti e intense, dalle quali era sempre più difficile distanziarsi.
Le mani di Lei salirono delicatamente lungo le spalle di Lui, verso il collo, accarezzandolo. Si infilarono dolcemente tra i suoi riccioli scuri. Lui la strinse di nuovo a sé, sollevandola leggermente da terra, eliminando ogni spazio rimasto tra i loro corpi. Quelle sensazioni oscure lo dominavano, si sentiva soccombere a quella passione tanto totalizzante, e non riusciva a tornare razionale. Voleva solo lasciarsi andare, per un attimo, a tutto quello che provava, tutto quello che cercava di reprimere da mesi.
Mai si erano scambiati prima baci così lunghi ed appassionati, tali da fargli dimenticare dove fosse.
Dopo quello che gli sembrò un eternità ed un attimo allo stesso tempo, Sherlock interruppe il bacio, ma senza allontanare il viso da quello di Lei, tenendola stretta a sé. Rimasero per un lungo istante a guardarsi negli occhi, senza proferire parola.
La liberò dalla sua stretta, delicatamente. “ Addio, Miss Adler.” disse, calmo.
Velocemente si voltò e aprì la porta, scomparendo nell’oscurità.
Lei rimase sulla porta, a fissare l'aria umida e scura della notte.
“Arrivederci, Mr. Holmes”
  
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