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Autore: Agapanto Blu    19/02/2017    5 recensioni
“Tu—” Yuuri non ascolta ragioni. Gli pianta un dito della mano sana nel petto e blatera tutto ciò che ha pensato in ogni secondo in cui Viktor gli ha parlato di sé e della sua vita e di quei mostri che avrebbero dovuto essere la sua famiglia. Yuuri è calmo e tranquillo, Phichit ha sempre detto troppo, ma Viktor è il pulsante giusto per farlo scattare e adesso è tanto che si tiene queste cose dentro. “—puoi andartene all’inferno, per quel che mi riguarda! [...]"
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Viktor sta cercando di lasciarsi alle spalle tutta la sua famiglia, incluso il fratello che lo ha abbandonato, perciò quando Yuuri si trova di fronte nientemeno che Alexander Nikiforov, beh, ha un po' di cose da dirgli.
***
[Sequel di "Un centimetro è troppo", ma può essere letta come a sé stante - Ambientata circa un anno dopo la fine della serie - Menzione di Omofobia e Abusi su minore]
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'La densità del sangue'
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'Scusa' è poco

 

Lo stadio di Parigi è pieno. Le gradinate sono un mare di figure senza volto che brulicano e vibrano aspettando l’inizio della gara e il suono dei mormorii e delle chiacchiere, incomprensibili ma in crescendo come un’onda, sono abbastanza per farlo paralizzare. I suoi pensieri annegano e le voci denigranti nella sua mente bruciano come sale su una ferita aperta.

Yuuri si porta una mano al petto, un tentativo testardo di calmare il cuore, e non è neppure la mia gara!, ma non lo fa sentire meglio. Il pensiero della Rostelecom Cup che lo aspetta in pochi giorni si aggiunge attorno al suo collo, come un cappio, perché lì sarai completamente solo.

Non ci si può fare nulla, forza un sorriso sulle labbra quando una telecamera si sposta pigramente su di lui, e sa che è diventato più bravo a mentire ormai, ma va bene lo stesso. Lo fa solo per proteggere Vitya, in fondo, perciò va bene. Va bene.

Continua a muoversi tra le gradinate fino a raggiungere il suo posto ed è sollevato quando finalmente riesce a sedere, vicino ad un furioso Yurio che non smette di lamentarsi per essere stato trascinato ad un evento che non lo riguarda nemmeno.  L’adolescente non lo degna di uno sguardo, ma nemmeno lo insulta, il che deve contare come una vittoria, da qualche parte.

La voce fredda e distaccata dell’annunciatrice elenca i nomi dei partecipanti e la mano di Yuuri si stringe a pugno istintivamente. 

È stata solo sfortuna, lo sa. Viktor è stato sorteggiato per il Trophée de France e l’NHK, mentre lui è stato assegnato alla Cup of China e alla Rostelecom Cup. Non gareggiare ancora l’uno contro l’altro dovrebbe rassicurarli e motivarli a raggiungere la finale del Grand Prix, ma in realtà è solo uno stress in più, almeno per Yuuri. Saranno separati per così tanto a lungo, per voli e fusi orari e chilometri, che non sono riusciti a trovare un solo giorno da poter spendere assieme senza doversi allenare. E per questo, a nemmeno dieci giorni dalla sua gara, è qui a guardare il suo compagno, invece di essere alla pista ad allenarsi.

“Non devi venire per forza, Yuuri,” Viktor ha riso, baciandogli la punta del naso e carezzandogli la spalla nuda. Sdraiati sotto un piumone spesso un palmo e con le gambe aggrovigliate, nella luce soffusa dell’alba di San Pietroburgo che entrava dalle finestre del loro appartamento, di casa, Yuuri si è chiesto ancora una volta, per un attimo, se non fosse tutto un sogno dovuto alla sbornia del banchetto di quel suo infame primo Grand Prix. L’adorabile russo al suo fianco non si era accorto della sua distrazione. “Saremo nella città più romantica del mondo e non potremo nemmeno visitarla, non è orribile?” e Yuuri gli aveva risposto con un rossore violento sulle guance e scomparendo in un bozzolo di coperte.

Viktor pattina per ultimo. Ovviamente. Indifferente alla stagione di pausa presa per allenare il suo fidanzato, il grande Viktor Nikiforov ha già reclamato indietro maestosamente il suo posto sul ghiaccio con il suo short program; una melodia meravigliosa dalle gentili note di pianoforte che rifletteva perfettamente il suo tema per la stagione: domesticità. Era stata certo una sorpresa per il mondo del pattinaggio di figura, che si era aspettato qualcosa di incredibile ed eccitante, ma Viktor era riuscito a rovesciare le regole anche con qualcosa di così semplice.

La sua coreografia del giorno prima era un turbinio ed un’espressione di felicità che aveva fatto sentire Yuuri come se qualcosa di molto morbido gli fosse stato stipato nel petto, tipo una coperta o un cucciolo. Guardarla gli ricordava lo svegliarsi al mattino con l’odore del caffè e gli attacchi di Makkachin mentre l’insopportabile personalità mattiniera di Viktor rideva di lui dalla cucina; e il fare la spesa assieme che finiva per andare sempre per le lunghe perché il russo continuava a lanciare cose nel loro carrello che poi lui doveva rimettere a posto sugli scaffali senza farsi notare dal compagno; e il portare in giro il cane per tutta la città solo per avere una scusa per invitarsi ad un appuntamento; e il ridere a tavola quando Yurio si presentava all’improvviso lamentandosi perché ogni volta che lo invitavano a cena era sempre con meno di un’ora di preavviso; e lo stare senza un paio delle lenzuola che normalmente servirebbero contro il temibile inverno russo solo perché Viktor è un maledetto polpo quando dorme e finirà per uccidere Yuuri, prima o poi.

E il suo Free Skate, oh. Quello fa vergognare il vecchio Eros. Yuuri lo sa, lo ha già visto agli allenamenti. È così palese che nello studiare la coreografia Viktor sia stato attento solo a dimostrare quanto sesso esattamente rientri nella sua domesticità, che il suo fidanzato ha avuto voglia di scappare e nascondersi per l’imbarazzo ben più di una volta. Questa è la prima occasione in cui il programma sarà rivelato al pubblico, e Yuuri può già immaginarsi i meme, la tag #victuuri di nuovo in cima a tutte le classifiche di trending. Gli scappa un verso disperato che si perde nel caos.

Quando finalmente è il suo turno, Viktor prende il centro del giaccio dopo aver fatto un giro pigro dell’arena, per salutare i suoi fan urlanti e adoranti, e sorride, il mostro, quando incrocia un certo paio di occhi scuri tra il pubblico. Yuuri si assicura di alzarli al cielo in modo abbastanza palese da essere colto anche così a distanza, ma si ammorbidisce appena l’altro prende la posizione d’inizio.

Un minuto e Yurio ha già urlato e imitato la morte o il vomito tre volte in totale.

Viktor è bello nel modo in cui solo l’arte può essere. I suoi movimenti hanno preso qualcosa da Yuuri nell’anno passato; abbandonata la leggera rigidità della perfezione, ora il russo insegue i propri passi con l’allegria di un bambino che segua una farfalla, e il suo corpo ‘crea la musica’. Yuuri non aveva mai capito cosa intendesse prima, ma ora lo sa. Ed è bello, bellissimo, ed è anche sensuale da morire — e Yuuri si sforza di ignorare il fischio di apprezzamento che Chris si concede proprio accanto al suo orecchio quando Viktor fa scivolare le mani giù dal collo e per il petto, fino ai fianchi prima di scattare in una sequenza di piroette.

“Glielo hai insegnato tu?” chiede il pattinatore svizzero dal suo posto una fila dietro, punzecchiante ma senza cattiveria, e Yuuri si scopre in qualche modo dispiaciuto che Giacometti non competa, quest’anno.

Ritirato. La parola sa ancora di agrodolce, nella sua bocca.

“Non ho idea di che cosa tu stia parlando, Chris,” borbotta invece, sforzandosi di non arrossire e al contempo di non guardare all’altro con pietà. Dalla risata che sente e il calore del suo viso, deduce di essere riuscito in uno solo dei suoi propositi.

La performance di Viktor finisce a gambe incrociate alle caviglie e con le ginocchia piegate così tanto che le spalle toccano il ghiaccio, le braccia allargate ma i polsi uno sopra l’altro appena sopra la sua testa. Yuuri ha un piccolo flashback della prima volta in cui lo ha visto provare Eros e ha pensato di poter rimanere incinto solo alla vista. Deve essere in dolce attesa di almeno tre gemelli come Yuuko, dopo questo.

Tra i cori assordanti e le forti voci di apprezzamento dei commentatori, lui si alza e tocca la spalla di Yurio senza unirsi ai festeggiamenti. “Vado a vederlo appena ha finito al Kiss and Cry,” urla, cercando di far arrivare le parole nonostante il rumore. “Vuoi venire anche tu?”

L’espressione di Yuri è di puro disgursto. “E vedere voi due vecchi balordi che fate tutte quelle cose da coppiette disgustose? Cazzo, no! Trovatevi una camera o qualcosa e lasciatemene fuori!”

Yuuri è abbastanza certo che Christophe non sia una scelta molto migliore di loro, come compagnia, ma ha anche la sensazione che c’entri qualcosa il pattinatore kazako che si farà strada per il podio in pochi minuti, quindi lascia perdere.
 

***

 

Yuuri lo sapeva già che Viktor avrebbe vinto. Non ne ha mai dubitato, e quindi sapeva anche che il suo fidanzato sarebbe stato rapito dal marasma di giornalisti prima di essere trascinato sul podio. Si era offerto di aspettare che Viktor avesse finito con tutto questo, ma il re del dramma della rappresentanza russa — e Georgi era stato molto felice di lasciare di nuovo il titolo — aveva dichiarato che sarebbe morto se non avesse visto il suo futuro marito prima della conferenza stampa. E poi aveva minacciato di saltarla completamente, facendo così venire a Yakov quel famoso attacco di cuore che lui conclamava sempre. Yuuri non ha avuto altra scelta se non promettere di farsi trovare prima di allora.

Scivolare tra la gente nei corridoi è facile, soprattutto dal momento che sono tutti ancora seduti per vedere il punteggio dell’esibizione di Viktor e la cerimonia di premiazione, e Yuuri sfrutta il momento per chiudere gli occhi per un secondo e prendere un lungo respiro, finalmente lontano dalla folla soffocante.

Ed è così che finisce a sbattere contro qualcuno.

Gli scappa un rapido "Scusi!" dalle labbra, e lui se le morde, irritato, accorgendosi di aver usato l'inglese, ancora nella sua testa dopo Chris e Yurio, nonostante Viktor si sia divertito anche troppo nel cercare di insegnargli almeno le basi del francese. Scuote la testa come per schiarirla prima di, finalmente, alzare gli occhi sull'altra persona con un mezzo "Pardonnez" sulla lingua.

Si strozza con il "moi" appena il suo cervello riesce a registrare la vista davanti a sé.

Il primo pensiero è che Viktor si sia fatto crescere, nell'ordine: il corpo di cinque anni, i capelli di quei sette centimetri perché gli arrivino alle spalle, e per qualche folle motivo anche una barba sul mento. Non che stia male, ma Yuuri ha passato lo scorso Natale a convincere il suo fidanzato che, no, Yurio scherzava, lui non somiglia a Babbo Natale, e comunque fino a cinque minuti fa era sbarbato e con i capelli corti quindi, no, la cosa non ha molto senso.

È come quando a Detroit passava le notti insonni con Phichit per studiare in una settimana tutto ciò che avevano saltato per gli allenamenti in mesi di lezioni: gli ingranaggi della sua mente si muovono lentamente, sforzano per cercare di collaborare verso un fine comune, poi ad un tratto qualcosa scatta e oh, è il fratello di Viktor.

Yuuri si ferma, la bocca semiaperta e i ricordi di una notte con la puzza di aeroporto addosso e un Makkachin esausto e pesto rannicchiato nella sua cuccia di coperte in un angolo della stanza, con la voce di Viktor fredda di segreti e brutti ricordi ma il volto caldo e umido contro il suo petto, e lo odio, Yuuri, lo odio così tanto, volevo solo che mi portasse via ma non l’ha fatto.

L'altro uomo sembra sorpreso e, da qualche parte nella sua mente, Yuuri lo capisce. Non crede che ci sia nessuno in tutto lo stadio che non lo conosca almeno di vista, almeno come il futuro marito di Viktor. Sono stati il gossip più sussurrato dell'anno passato e ora vanno per il secondo, ha solo senso che anche il fratello del suo compagno lo sappia. Ciò che non ha senso è che Alexander Nikiforov sia proprio a Parigi, in quello stadio, a quella gara, oggi.

Yuuri lo fissa. Normalmente la sua ansia colpirebbe a questo punto, facendolo arrossire e balbettare, ma invece la bellezza algida e un po’ ruvida dell'uomo di fronte a lui gli ricorda di quella morbida, assurda, esagerata e buffa del suo fidanzato. La cosa gli irrigidisce le spalle. 

Viktor.

"Uh, Katsuki Yuuri, giusto?" Parla in Inglese perché non parla con suo fratello minore da quasi dodici anni e non può sapere che Yuuri ormai sa parlarlo, il russo. Qualcosa gli ribolle nel petto e non sa cosa sia. "Uhm, congratulazioni? Per il fidanzamento con Viktor?" Sorride un po' dal mezzo della barba sul suo viso, è orribile e gli sta male e la odio. "Sembrate felici insieme."

Ah, Yuuri pensa, mentre la sensazione dal petto si sposta alle sue mani per stringerle a pugno. Ecco cos'è.

Lascia libera la rabbia e le sue nocche trovano la mascella di Alexander con facilità anche sotto la sua stupida barba.

 

***

 

“Yakov!”

Yakov è vecchio. Decrepito. È pronto per la pensione, lo è da quando Viktor aveva sedici anni, e le sue ossa scricchiolano per ricordarglielo ogni mattina in cui si alzi per andare alla pista e agli scrocchi si aggiungono le sue imprecazioni a bassa voce contro ignoti. 

Gli avevano detto che allenare i migliori campioni di Russia era un onore, che il suo lavoro gli avrebbe dato tantissime soddisfazioni, che avrebbe trovato solo il meglio del meglio a San Pietroburgo. Nessuno aveva mai pensato di menzionare al suo sé più giovane e imbecille che ci sarebbero state anche crisi puberali da scampare e scandali da evitare e più dramma di una soap opera spagnola da…guardare mentre accadeva perché davvero non ci si poteva fare più nulla ormai. Nessuno gli aveva detto che avrebbe dovuto gestire Viktor Nikiforov. Nessuno gli aveva nemmeno mai detto cosa fosse un Viktor Nikiforov. 

Un vivo, respirante, camminante problema.

“Yakov! Lo vedi? Lo vedi?! Dov’è Yuuri?! Aveva promesso di venirmi a vedere al Kiss and Cry!”

Yakov è troppo vecchio per questo. Davvero, troppo. E Katsuki gli aveva promesso — no, giurato — che avrebbe aiutato a tenere sotto controllo quella bomba ad orologeria che per qualche motivo ancora sconosciuto al genere umano lui aveva acconsentito a sposare.

Yakov!

“PIANTALA, VITYA!”

Viktor sembra immune ai suoi scatti di rabbia; è stato la causa di così tanti, ormai, che non gli fanno più effetto. Invece, nella sua tuta rossa con le lettere RU, nei suoi trent’anni dannati, nel suo aspetto da ‘modello di Versace’, incrocia le braccia al petto e mette il broncio, il broncio!

Yakov è troppo vecchio, e basta. 

“Non lo so, dove sia Katsuki!” sbuffa infine, gettando le braccia al cielo. “Starà arrivando! Adesso rispondi alle domande dei giornalisti e diamoci una mossa!”

“Ma Yakov—!”

“ADESSO, VITYA!”

 

***

 

Alexander Nikiforov è confuso. 

Non è tanto per il pugno che si è visto arrivare in faccia da parte del fidanzato di suo fratello in meno di cinque minuti dal loro primo incontro, no, quello lo capiva. Se lo meritava anche, probabilmente, senza il probabilmente. A confonderlo era il come comportarsi dopo.

Se si fosse trovato in un film, sarebbe probabilmente svenuto a terra ora e Katsuki direbbe qualche frase ad effetto per intimargli di non avvicinarsi mai più e poi se ne andrebbe per tornare tra le braccia di Viktor o qualcosa del genere. Viten'ka lo adorerebbe, ha sempre avuto un debole per le cose drammatica e teatrali e sdolcinate fino alla carie. Probabilmente gli verrebbe una paralisi alla faccia per via del sorriso a cuore che ha preso dalla loro madre. Urlerebbe di gioia finché tutti nello stadio fossero a conoscenza di quanto assolutamente innamorato del suo compagno lui sia — come se i suoi programmi non lo avessero già rimarcato abbastanza —. Tutto sommato, sarebbe divertente.

Ma la vita non è un film e Katsuki non ha mai tirato un pugno che sia uno in vita sua, se il modo il cui si tiene il polso contro il ventre, imprecando a bassa voce in una qualche lingua, è un’indicazione. 

Alexander non sa davvero cosa fare. Certo, la sua mascella pulsa un po’, ora, ma non se la sente nemmeno di chiamarlo pugno, a dire il vero. Il suo compagno di stanza a Cambridge, la notte in cui  si è ubriacato e gli ha raccontato la sua storia, lo ha colpito più forte. Da parte di tuo fratello, idiota, gli aveva detto, prima di buttare giù mezza lattina di birra e offrirgli l’altra metà scuotendo la testa con disappunto. Gli era stato grato, e non per l’alcol.

“Tutto bene?” Non è la frase giusta, lo sa. Lo sapeva già prima di dirlo, ma ne è ancora più sicuro quando Katsuki si raddrizza un po’, gli occhi che bruciano di furia.

“Non chiedermi se va tutto bene dopo che ti ho preso a pugni!” sibila, saltando le formalità completamente, l’inglese che gli scivola sulla lingua come la lama di un rasoio sulla pelle, ti raso a zero quella barba inutile, stronzo. “Non hai il diritto di farlo!”

Alexander sbatte le palpebre, ha gli occhi come quelli di Viktor e non è giusto, alla scelta di parole, ma alla fine decide che l’ostilità è meritata. 

Lui e Viktor hanno una cosa in comune, che non capiscono mai quando è il momento di chiudere la bocca e stare zitti, quindi ci prova ancora. “Uh, giusto… Allora pos-”

Katsuki è di un altro parere e in un attimo gli è così vicino che tutto ciò che vede sono gli occhi scuri e decisamente incazzati. “E lo sai cos’altro non hai il diritto di fare?! Non hai il diritto di spuntare dal nulla così, dieci anni in ritardo, tutto sorrisi e congratulazioni, dopo che hai fatto le valigie e l’hai abbandonato.

“Io-”

Tu—” Yuuri non ascolta ragioni. Gli pianta un dito della mano sana nel petto e blatera tutto ciò che ha pensato in ogni secondo in cui Viktor gli ha parlato di sé e della sua vita e di quei mostri che avrebbero dovuto essere la sua famiglia. Yuuri è calmo e tranquillo, Phichit ha sempre detto troppo, ma Viktor è il pulsante giusto per farlo scattare e adesso è tanto che si tiene queste cose dentro. “—puoi andartene all’inferno, per quel che mi riguarda! Ci hai già lasciato Vitya, tanto! E già che ci siamo, un cane, davvero?! Credevi sul serio che sarebbe bastato a compensare per tutte le volte che hai ignorato lui e quanto stesse male o semplicemente non ti sei nemmeno degnato di pensarci un po’ prima di prenderglielo?!”

Io ho fatto ciò che potevo!, ma non è vero, Alexander lo sa e lo sanno gli occhi di Katsuki, le sue parole al veleno che rimbalzano in sibili contro le pareti del corridoio. Sa che si merita questo attacco, lo sa bene, ma prima di potersi fermare sta già cercando di rispondere. 

“Gli ho affittato una casa…”

“Non ne avrebbe avuto bisogno se tu avessi fatto qualcosa prima o se lo avessi portato via quando te ne sei andato!” Quest’uomo non gli assomiglia, è giapponese e moro e ha le iridi scure ed è più basso ed è più giovane, e lui si sente lo stesso come se stesse urlando contro uno specchio che gli riflette contro ogni singola colpa che lui sa di aver commesso. Katsuki è un grillo parlante poco paziente e con negli occhi un velo di lacrime che testardamente rifiutano di cadere. “E come ti aspettavi che facesse a pagare le bollette e il cibo e tutto quello che gli serviva per competere se non avesse vinto i primi premi alle gare, eh?! Aveva a malapena diciotto anni!”

Alexander irrigidisce la mascella. “Viten'ka era già un campione. Sapevo che non avrebbe avuto problemi a mantenersi da solo.” L’unica cosa buona che abbia mai fatto è stata non dubitare mai che ce l’avrebbe fatta. Non portarmi via anche quello.

“NON È QUESTO IL PUNTO!”

Yuuri non riesce a crederci. Il viso di Mari continua a comparire sopra quello dell’uomo di fronte a lui e le sue orecchie fischiano dei suoi costanti ‘Ci sarò comunque vada, Yuuri’. Come può questa persona non vedere il danno che ha fatto? Come può non sapere di quanto dolore abbia causato a Viktor solo andandosene? Era suo fratello e Vitya ci credeva ancora, che lui fosse diverso, e lui se era sparito senza voltarsi indietro. Senza contare… 

“Dov’eri quando tuo padre era ubriaco e lo picchiava?” Gli esce dalle labbra come un proiettile e Alexander sgrana gli occhi, sbianca, si irrigidisce, dritto al cuore da parte a parte. “Che cosa c’era di così importante da non poter uscire dalla tua stanza ad aiutare il tuo fratellino? Non hai alcun diritto di far finta che lui non esista per anni e poi lasciargli un regalino tanto per metterti a tacere la coscienza prima di sparire del tutto; e non hai il diritto di non farti vivo per anni, non un messaggio o una telefonata o un cazzo di niente, solo per poi spuntare un giorno davanti a me per congratularti per il nostro fidanzamento! Non è così che funziona!”

Adesso qualcuno li guarda, gli occhi sgranati e sorpresi, ma nessuno dei due ci bada. Alexander dovrebbe stare zitto ma è un idiota.

Lo so!” e questo, almeno, è vero. “Mi dispiace, d’accordo?! L’ho ferito, sono stato uno stronzo, I sbagliato tutto ciò che potessi fare di sbagliato in quella situazione, lo so!” Katsuki non sembra impressionato, ha un’espressione di disgusto sul viso e gli occhi che dicono che spera che Alexander capisca che è tutta per lui. Lo fa, e si passa una mano sul viso, già stanco. “Ascolta, io volevo davvero solo guardarlo pattinare. Me ne sarei andato senza dire niente se non ti avessi sbattuto contro per caso!”

Ci sono urla di gioia che arrivano dall’arena. La premiazione deve essere cominciata e Yuuri se la sta perdendo e ha rotto la sua promessa, ma non è per quello che le sue spalle crollano, schiacciate, e la forza che lo aveva spinto al confronto lo lascia all’improvviso. 

Non riesce a crederci, davvero. Adesso il bisogno di vedere Viktor è viscerale, gli torce lo stomaco dolorosamente.

“Non solo non capisci, ma nemmeno sei cambiato affatto.” Non urla né sibila, adesso. Le sue parole sono un sussurro indebolito mentre scuote la testa, sentendo freddo nelle vene come se ci fosse il ghiaccio a cui è così abituato. Ormai è un po’ che è rientrato nei corridoi caldi della struttura, dovrebbe essersi scaldato ormai, sa che normalmente lo sarebbe, ma invece sta ancora tremando per la tensione nei suoi muscoli. “È proprio vero che sei bravo a far finta di non aver visto niente.”

A questo, Alexander non risponde. È diverso da Viktor perché la sua sorpresa a malapena traspare, negli occhi un po’ dilatati e la linea delle labbra strette che si ammorbidisce un po’. 

Per Yuuri, è rivoltante. Cammina intorno all’uomo come se non fosse altro che un ostacolo inanimato sulla sua strada, ed è per metà sollevato quando non sente passi seguirlo mentre si allontana. L’altra metà di lui sente l’indignazione riaccendersi a quella mancata battaglia.

 

***

 

Alex lo lascia andare sentendosi ad un passo dal vomitare.

Ha sempre saputo cosa ha fatto a Viten'ka, non è un idiota. All’epoca, si diceva che non poteva essere incolpato per le cose che faceva suo padre, per le bugie di sua madre e per aver cercato di proteggere sé stesso per primo. Non si illudeva riguardo le apparenti preferenze di suo padre: ad Alexei lui poteva piacere di più di Viten'ka perché Viten'ka era testardo nell’opporglisi, con il pattinaggio e con il balletto, ma se Alexander avesse mai provato ad andargli contro, sapeva che non avrebbe ricevuto un trattamento diverso. Diavolo, se gli avesse detto che voleva essere un pittore, avrebbe sentito la cinghia due volte più forte di Viten'ka; almeno il pattinaggio aveva portato a suo fratello un sacco di soldi e di sponsor.

Gli ci era voluto scendere a colazione una mattina e vedere i capelli corti di suo fratello — così impari e scompigliati attorno agli occhi ancora rossi e al livido su un guancia gonfia —, mentre questi si affrettava a lasciare la cucina mentre lui entrava, per capire che aveva fatto un casino. Aveva fatto un casino così grande che suo fratello non voleva più avere niente a che fare con lui come con i loro genitori. Quello non è Viten'ka, era stato il suo primo pensiero, scioccato, ma nei due anni successivi aveva visto i risultati di ciò che la sua famiglia gli aveva fatto: i muri e le maschere e le ragazze che a malapena baciava solo quando venivano da loro e suo padre li guardava, e i sorrisi falsi e l’allenamento massacrante dall’alba fino a tarda notte. Alexander era stato pressoché certo che Yakov non stesse tenendo Viktor così a lungo — quell’uomo non avrebbe permesso al suo miglior stallone di distruggersi di lavoro —, ma era anche abbastanza furbo da non chiedere dove suo fratello spendesse il resto del tempo, specialmente in fronte ai loro genitori.

Per quando se n’era andato, lui e Viktor avevano smesso di essere fratelli già da parecchio. Anche ‘conoscenti’ sembrava una parola troppo forte per ciò che sapessero l’uno dell’altro. L’appartamento era esattamente ciò che Katsuki aveva detto, solo un modo per far tacere il senso di colpa e nulla di più. Alexander sapeva di aver fatto un casino e il suo modo di rimediare era stato di restare abbastanza lontano da non far del male a suo fratello mai più.

Si volta a guardare Katsuki che ancora cammina pesantemente lungo il corridoio e realizza con un po’ di amarezza di aver fatto un casino di nuovo. Andarsene, abbandonare, come il giapponese ha detto, è la cosa sbagliata da fare e lui l’ha appena ripetuta. Davvero, è la peggior parodia di un fratello maggiore.

Katsuki ferma un membro dello staff e Alexander sorride, ironico, nel guardarli parlare. Sta per essere sbattuto fuori dalla pista?, bandito dall’attendere una qualsiasi competizione cui mai prenda parte il grande Nikiforov, come fosse uno stalker o un maniaco? Sarebbe una punizione adeguata, in fondo, e Katsuki gli è sembrato il tipo da essere perfettamente felice di sapere di aver garantito che il mostro del passato del suo fidanzato non si avvicini mai più a quest’ultimo. Molto stile ‘cavaliere col cavallo bianco’, se il concetto vale anche per le coppie omosessuali. 

Alexander non ne ha idea; non sa nulla di gay se non che suo fratello è uno di loro. Non si è mai preoccupato di informarsi, in effetti.

Aspetta che la sicurezza arrivi. Non pensa che essere gettato nella neve lo farà sentire meglio con sé stesso, ma vale la pena provare. O magari vuole solo una scusa per non dover tornare di nuovo, scusa mi hanno cacciato non posso venire a vederti fratellino, o qualcosa del genere.

Katsuki ha ragione, non è cambiato affatto.

Katsuki sta anche tornando, marciando come un soldato verso il proprio destino, con una penna in una mano e un pezzo di carta nell’altro. Magari vuole pugnalarlo in un occhio?

Alex si irrigidisce, pronto per il colpo, ma gli riesce solo di sbuffare pesantemente quando l’altro uomo gli sbatte entrambi gli oggetti contro il petto. Le mani gli salgono ad afferrarli istintivamente quando li sente cadere, ma per il resto lui resta lì, incerto su cosa dovrebbe fare ora.

Yuuri lo fulmina con un’occhiataccia tanto intensa che Alexander si sente ad un passo dall’esplodere in un vortice di fiamme. “Non fraintendermi,” avvisa, e adesso sibila di nuovo, come prima. “Io dirò a Vitya che penso che tu sia uno stronzo che non merita il suo tempo, ma questa volta almeno voglio che sia una sua scelta, alla fine, e di nessun altro, soprattutto non mia. Non gli farei mai una cosa del genere.”

Alexander aggrotta la fronte, gli occhi che corrono dagli oggetti nelle sue mani all’uomo ostile di fronte a lui. Deve scrivere le sue scuse sul foglio? È un po’ piccolo per tutto ciò che sa di dover dire, e Katsuki decisamente sembra sarebbe d’accordo, ma allora cosa? Una promessa scritta di non comparire mai più nella vita di Viktor?, tipo un contratto?, dovrebbe anche firmarlo?

“Scrivi il tuo stupido numero di telefono!” Katsuki praticamente esplode, anche se in qualche modo riesce a tenere la voce bassa. Dev’essere una cosa dei giapponesi; Alexander sa per certo che i russi non sono così, o almeno non nella sua famiglia. Eccetto forse Viktor; è riuscito a fare una cosa simile in una sua intervista recente, quando un giornalista ha criticato la sua relazione con ‘un avversario’. Era Katsuki che aveva imparato a farlo da Viten'ka o l’opposto? “Muoviti, non ho tutto il giorno! Io voglio essere là per lui quando uscirà dal ghiaccio.”

 

***

 

Viktor sorride alle telecamere solo perché Yakov lo sta guardando come fosse a un passo dall’ucciderlo, ma è falso e tirato così tanto che Phichit non esita a saltare sul gradino del primo posto e a dargli un pizzicotto sulla schiena senza farsi notare, fingendo una foto per ricordo. Otabek, il traditore, lo imita con la sua medaglia di bronzo e i flash ripartono inarrestabili.

“Viktor, tu sai che io adoro Yuuri ma non mi sembra il caso di sputare su un oro perché non lo hai potuto vedere per cinque minuti,” Phichit lo prende in giro, senza alcuna malizia nello sguardo mentre lancia un occhiolino ad un fotografo che gli si avvicina.

L’angolo della bocca di Otabek si solleva di esattamente mezzo millimetro. Può essere per ridere del campione o per via dell’adolescente russo in platea che urla sventolando un orsetto di peluche, in ogni caso è un miracolo.

Si fanno fotografare ancora, mostrano le medaglie, ridono, accettano fiori. Sembra infinito finché Viktor non coglie un movimento accanto a Yakov. Il rilassarsi dell’uomo già la dice lunga su chi possa essere il nuovo arrivato — nessuno della squadra russa, tanto per dirne una —.

La seconda cosa che Viktor nota è che qualcosa non va.

Anche da lontano si vede che Yuuri ha le spalle tese e i pugni serrati, l’espressione concentrata di quando si prepara ad una gara, prima che l’ansia arrivi, ma con le sopracciglia aggrottate. Parla con Yakov in parole basse, le labbra troppo veloci per essere lette, e l’allenatore, di suo, sgrana gli occhi. Yuuri ha fissato Viktor tutto il tempo, Yakov lo guarda quando hanno finito di parlare.

“Cosa succede?” Phichit magari non conosce Feltsman, ma conosce Yuuri abbastanza da sapere che si arrabbia raramente, e che quando lo fa è meglio nascondersi da qualche parte e pregare per il povero idiota che subirà quella furia. Yuuri, ora come ora, è a dir poco furibondo. Perfino Otabek si irrigidisce un po’, e sbatte le palpebre con sorpresa.

Viktor non risponde. Lancia alla telecamera un ultimo sorriso brillante e poi salta giù dal podio. Scivola verso l’entrata del ghiaccio a braccia aperte e chiamando “Yuuri~!” con tutto l’entusiasmo che gli riesce di fingere. Lo sta abbracciando prima che i fotografi possano notarne l’espressione.

“Yuuri,” ripete nella pelle del suo collo, e l’intonazione è completamente diversa. C’è un misto di preoccupazione e un principio di rimprovero, tanto perché l’altro si ricordi che loro sono una coppia e affrontano le cose insieme, qualsiasi la situazione, ma la sua risposta è un cenno di diniego del capo contro la sua guancia.

“Dopo.” Suona come una promessa e Viktor decide che può accettarla. Non vuole comunque che tutti i giornalisti che li circondano si immischino in qualcosa che ha così turbato il suo fidanzato, quindi non è una gran rinuncia.

Si tira indietro per guardarlo in faccia e invece vede solo le sue palpebre chiuse. Labbra sulle sue, dita sottili che gli si aggrappano ai polsi, è la prima volta che Yuuri inizia un bacio di fronte a qualcuno — non è molto per le pubbliche dimostrazioni d’affetto — e ovviamente deve farlo di fronte ad una platea che passa di molto le migliaia.

Il cervello registra nuovi flash, urla che aumentano di volume alle loro spalle e un’imprecazione sottovoce di Yakov, poi si spegne definitivamente e lascia che Viktor pieghi la testa appena per approfondire il contatto.

Qualsiasi cosa sia successa, se ne occuperanno dopo.
 

***

 

Viktor non chiama. Alexander si ripete che l’era aspettato.

Piange lo stesso, e lo fa ridendo al pensiero di cosa suo padre avrebbe da dire per quello.




 


Note Autrice:
Ed eccola di nuovo qua, di nuovo piena di Angst da morire perchè così si fa.
Che posso dire, non ero soddisfatta di come ho chiuso la storia del fratello di Viktor nel Prequel di questa storia, "Un centimetro è troppo", e quindi ho buttato giù questo. Nel farlo mi è venuta in mente una possibile terza storia, un finale per queste vicende folli sulla vita del povero Vitya, quindi vedremo. Per ora creo una seconda serie di cui fanno parte solo queste due storie.
--- Una piccola nota va ai nomi usati: ho cambiato soprannomi e altri modi di indirizzarsi ai personaggi a seconda di chi li stesse usando, quindi Viktor tende a pensare 'Yuuri' mentre Alexander tende a usare 'Katsuki', e 'Vitya' è il diminutivo più da fidanzati - almeno per quanto ho capito - che Yuuri usa per Viktor mentre 'Viten'ka' è la versione un po' più infantile sempre del nome Viktor che Alexander usa per lui. Alexander non ha soprannomi se non un banalissimo Alex perché non se li merita. ---
Chiusa parentesi, aperta un'altra: la solita nota "Traduzione" riferisce solo al fatto che io abbia postato questa stessa storia anche in Inglese sul mio account AO3 e sul mi Tumblr, è solo per evitare confusione ma l'autrice sono sempre io in entrambe le lingue, promesso!
Che dire, a presto.

Agapanto Blu

  
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