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Autore: solarial    03/06/2009    3 recensioni
Non la stava toccando ma poteva sentire, tramite la loro vicinanza, come il suo corpo fosse teso e rigido.
Conoscendola, si stava anche mordendo le labbra con forza, come era solita fare quando era nervosa.
Passarono minuti prima che lei cominciasse a parlare.
-Sai...- la sua voce era incerta.
-Che c'è Racchia?-
-Insegnami a sopprimere le emozioni.-
[Sai/Saku - Team7/Saku]
Attenzione non è un errore di battitura quello nel titolo.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sai, Sakura Haruno | Coppie: Tenzo/Yamato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una furtiva lagrima

Note: Questa one-shot è stata scritta per Temporal-mente, iniziativa by Criticoni.
Betarider
: Mystcmoon *sparge amore.*
Credits
: Nel titolo della fanfiction “Lagrima” NON è un errore, ma è il titolo della canzone appartenente all'opera “L'elisir d'amore” musicata da Gaetano Donizzetti sul libretto di Felice Romani.
I personaggi di Naruto non sono miei e appartengono di diritto a Masashi Kishimoto (se fossero stati miei di sicuro avrei costretto Itachi a giochetti poco puliti u.u)


Attenzione, leggere queste note prima di passare alla lettura della fanfiction.

Forse il personaggio di Sakura Haruno potrebbe risultare un pochino OOC rispetto all'opera di Kishimoto, ma è stata una scelta motivata e voluta. Questo perché ho cercato di parlare, seppur non so se ci sono riuscita, della Sakura Kunoichi, diversa dalla Sakura sin ora presentata nelle mie fanfiction, divisa tra il suo essere donna e il suo essere Ninja. Quindi, per una volta, niente innamoramenti o fluff e zucchero vario (no, forse questo un po' c'è sparso qui e lì... non odiatemi XD)
Ho letto in giro che le Kunoichi venivano addestrate all'utilizzo del corpo e della sua femminilità. Mi sono chiesta cosa avrebbe fatto Sakura in questi casi, quale sarebbe stata la sua reazione a missione conclusa. Ovviamente questa è la mia personale visione della cosa. Ed ecco il frutto del mio parto XD
Probabilmente anche
Sai risulterà un po' fuori dagli schemi, ma anche in questo caso è voluto. Non si aspetta certe richieste da parte di Sakura ed inoltre la fic è ambientata alcuni anni dopo lo Shippuden e dal momento in cui Sai si sta sforzando, secondo Kishimoto, a capire le emozioni umane, in questo lasso di tempo, che è la mia fic, Sai è leggermente più incline ai sentimenti seppur non ne capisce completamente la natura. Sarà il primo ad accorgersi del cambiamento di Sakura e questo lo spinge a cercare di capire le strane sensazioni che prova.
Inoltre la mia priorità era quella di provare a parlare della ship
Sai/Saku (interpretatela voi se dal punto di vista amoroso o menoXD) andando a battere il chiodo su Sakura come “collante” del Team 7 essendo la “normale” del gruppo. Ma per capire questo passaggio vi lascio alla lettura (ammesso che mi sia spiegata XD) :P
Chiaramente è una
What if.




A Chià,
che adora questa ship.
Scusa se non sono
riuscita a renderla
meglio.


Una furtiva lagrima



"And I miss you, like the deserts miss the rain."
(Missing – Everybody but the Girl)

Non era la prima volta che la seguiva. Ormai quella era diventata una sorta di strana routine che si susseguiva di giorno in giorno.
Al calar della sera, quando Konoha si abbandonava tra le braccia di Morfeo, non appena lei lasciava l'ospedale, lui la seguiva in silenzio, senza farsi notare.
Passi silenziosi e movenze feline si celavano dietro l'andatura di Sai. Non riusciva a capire il perché lo facesse, eppure sentiva che doveva farlo, che era giusto, che non doveva perdersi nemmeno un momento di quegli attimi che sembravano celarsi nell'immensità della notte.
Aveva provato a non lasciarsi andare, a fregarsene; d'altronde non erano affari suoi, ma non ci era riuscito. Se una parte di lui lo implorava di restare fermo, l'altra continuava a battere freneticamente affinché si inoltrasse verso quel sentiero a lui sconosciuto.
Forse, se l'avesse fatto, avrebbe capito il perché quella sensazione l'avesse avvolto come una coperta durante le notti d'estate soffocandolo. E lui si sentiva frustrato, poiché non riusciva a capire l'immensità di quelle emozioni che lo scuotevano dentro.
Non amava sentirsi così, poiché era come se non riuscisse più ad essere il padrone di se stesso e di quel corpo che veniva scosso, giorno dopo giorno, da nuove e strane emozioni.

La prima volta che si era sentito attraversare da quella sensazione, era corso immediatamente in biblioteca per cercare di capire cosa stesse succedendo.
Si poteva dire che quel luogo, fatto di silenzio e odore di carta, in un certo senso, era quasi diventato una sorta di tempio per lui. Era solito fare ricerche per comprendere il significato dei comportamenti umani.
Non era ancora riuscito a capire il perché facesse così ma, oltre alla curiosità, se da un lato pensava che questo lo potesse aiutare a capire, dall'altro, una piccola parte di se stesso, che cercava disperatamente di emergere, continuava a ripetergli, come una cantilena, che lo faceva perché non voleva sentirsi diverso. Se avesse compreso il significato di ciò che provava ed era in grado di assoggettargli un nome, questo l'avrebbe messo
al pari degli altri, o per lo meno, lui sperava.

In quegli anni aveva compreso che non si poteva sfuggire alle emozioni come gli era stato insegnato, non quando si viveva costantemente a contatto con esse, non quando si viveva e si respirava quell'armonia che circondava il Team alla quale faceva parte e che gli consentiva di sentirsi vivo.
Aveva imparato a vedere quelle persone non come semplici compagni o colleghi, non come figure umane, ma come componenti di una famiglia che si rispettava e amava reciprocamente, seppur loro avevano uno strano modo di provarlo.
Ricordava che era andato in giro per i vari team per studiare se la stessa cosa valesse anche per loro, ma a quanto pareva, da quello che era riuscito ad ottenere parlando con gli altri ragazzi, il loro era un legame speciale che si era consolidato durante il tempo, attraverso il dolore che li aveva uniti sempre di più.
Eppure, negli ultimi tempi, aveva notato che c'era qualcosa che non andava. Era come se il filo che teneva unito la loro famiglia si stesse spezzando, come se la fiamma che ardeva inesorabile riscaldandoli, cominciasse ad indebolirsi.

Voleva capire.
La prima volta che l'aveva vista in quello stato, era stato quando lei era tornata da quella missione. Non ne sapeva i dettagli, non si era informato dal momento in cui Sakura aveva detto loro che era una questione della massima riservatezza.

Ricordava che Naruto le aveva chiesto il perché dovesse andare da sola, che poteva essere pericoloso, che sarebbe andato a parlare immediatamente con l'Hokage affinché gli permettesse di seguirla.
Lui aveva assistito alla scena silenzioso ed impassibile, seguendo attentamente tutta la scena, guardando dapprima l'esitazione, poi la paura ed infine la rabbia negli occhi di Sakura. L'aveva picchiato come era solita fare quando Naruto la innervosiva. Ma aveva compreso che questa volta c'era qualcosa di diverso; dietro la rabbia si celava l'amarezza, poiché, prima di correre via cercando di reprimere le lacrime, aveva sussurrato:
- Non posso farlo se voi siete con me...
-

Due mesi dopo era tornata portando a termine la sua missione, ma c'era qualcosa di strano. Solitamente non cercava di reprimere la sua felicità né l'orgoglio di mostrarsi a tutti come la Kunoichi che non si ferma dinnanzi a niente e nessuno, sopratutto quando partiva da sola, offrendo da bere a tutti, rallegrando la compagnia con gli aneddoti più strani, arrivando persino a litigare furiosamente con la Yamanaka, che odiava sentirsi inferiore.
Invece, nulla di tutto questo si era ripetuto; aveva attraversato l'ingresso della sua città natale silenziosamente, mostrandosi quasi come lo spettro di se stessa. Non si era fermata come era solita fare all'Ichikaru Ramen per salutare Naruto, così come non si era diretta da Kakashi-sensei o Yamato-taichou.
Nonostante lui l'avesse salutata con quel nomignolo che tanto la faceva infuriare, lei, invece di picchiarlo o riprenderlo, dopo aver abbassato gli occhi, a passi lenti, si era rivolta direttamente verso la torre dell'Hokage, dove era rimasta per un tempo indefinibile.

I giorni passavano, ma la situazione sembrava peggiorare. Era come se la potesse vedere lì, su un filo di rasoio, pronta a precipitare da un momento all'altro.
Nonostante fuori si mostrasse la se stessa che riusciva ad incantare tutti con il suo carattere e la sua solarità, dentro sembrava urlasse disperatamente affinché qualcuno le strappasse la vita, affinché potesse farla finita una volta per tutte.
Se gli altri non avevano ancora capito, non si erano ancora resi conto della gravità della situazione, probabilmente illusi da quel sorriso che riusciva ad ingannare alla superficie, confortandoli come solo una mamma riesce a fare con il suo bambino, per lui era diverso.
Dietro quel sorriso che sembrava risplendere alla luce del sole, si celava qualcosa che la rendeva sofferente. Era falso e lui lo sapeva, lo percepiva, lo sentiva. Poteva ingannare gli altri, ma non lui, non chi si era celato dietro la sottile linea di quel sorriso che per anni, tagliente come una lama, si era posato sul suo viso.
A lui non erano sfuggiti quegli occhi che mostravano la malinconia, quel corpo che sembrava spezzarsi sotto il peso di qualcosa che la schiacciava.

Nonostante avesse cercato di far finta di nulla, non ci era riuscito. Si sentiva come se potesse sentire quella voce proveniente dentro di lei che lo chiamava affinché la aiutasse.
Era cambiata, e lui lo poteva vedere con gli occhi e sentire tramite quelle emozioni maledette che pesavano dentro di lui e lo spingessero a fare qualcosa per sollevarla da ciò che la stava trascinando nel baratro della disperazione.

Ciò che gli aveva fatto prendere quella decisione, era stata quella notte.

***

Se ne stava sdraiato sul letto, mani dietro la testa e occhi chiusi. Apparentemente sembrava stesse dormendo, ma non era così. In quei giorni si sentiva agitato e non riusciva a trovare sollievo da quella inquietudine che si faceva strada dentro di lui.
Era nervoso poiché non riusciva a comprendere il perché dovesse sentirsi così. Nonostante riuscisse perfettamente a controllare le sue emozioni quando si trovava fuori, nel rifugio della propria casa si lasciava andare, sapendo perfettamente che nessuno l'avrebbe visto in quelle condizioni.
Nemmeno disegnare riusciva a sollevarlo o a distrarlo quanto bastasse per rilassarlo. No, poiché persino la sua arte si tramutava, in quei momenti, nell'immagine esatta di ciò che lo tormentava da tempo.

Il profumo di vaniglia si disperse nell'aria proprio quando una figura attraversò la finestra della sua camera. Si sorprese. Sapeva perfettamente a chi apparteneva quella fragranza, dolce ed intossicante ma, nonostante si chiedesse che cosa ci facesse lei lì e quell'ora, non disse nulla, limitandosi soltanto ad aspettare.
Non si mosse dalla sua posizione nemmeno quando avvertì il materasso abbassarsi sotto il peso di Sakura che
, lentamente, si stava stendendo accanto a sé.
Non la stava toccando ma poteva sentire, tramite la loro vicinanza, come il suo corpo fosse teso e rigido.
Conoscendola, si stava anche mordendo le labbra con forza, come era solita fare quando era nervosa.
Passarono minuti prima che lei cominciasse a parlare.
- Sai... - la sua voce era incerta.
- Che c'è Racchia? -
- Insegnami a sopprimere le emozioni. -

Gli occhi di Sai si spalancarono di colpo. Non era una domanda, questo lui lo sapeva. Non gli aveva chiesto se poteva, poiché lo desiderava ardentemente. Lo poteva sentire tramite la voce della ragazza che, nonostante avesse cercato di dare un tono distaccato a quelle parole, non gli era sfuggito la nota disperata. Lo poteva udire tramite il suo cuore che batteva talmente forte da riuscire a sentirlo rapidamente.
Non era possibile che Sakura gli avesse chiesto di fare una cosa del genere. Non c'era motivo per cui lei imparasse a non provare emozioni, giusto? Ma allora perché quella richiesta, per quale motivo? Che diavolo era successo per portarla a quella decisione?
Improvvisamente, l'immagine della Konoichi con gli occhi vuoti e spenti, gli attraversò la mente, provocandogli un brivido che risalì lentamente la colonna vertebrale, quasi come se fosse la lama di una Katana che, fredda e anonima, lo sfiorava trepidante, gustandosi sadicamente il momento. Sentì il cuore mancare un battito ed istintivamente portò una delle sue mani al torace.
Perché il pensiero di quella ragazza senza emozioni gli provocava quel dolore? Per quale motivo doveva sentirsi così?
Anche se una parte di lui aveva accettato di vivere in balia dei sentimenti, non era solito abbandonarsi così alle emozioni, ma dopo quella richiesta, non era riuscito a reprimere il suo stato d'animo. Aveva cercato di aprire bocca per dare voce alle sensazioni che stava provando nel profondo, ma non riusciva ad esprimersi, trovandosi ad aprire e chiudere la bocca respirando profondamente.
Non voleva. No. Non voleva.
Ora capiva perché tutti volevano proteggerla, perché cercavano disperatamente di non lasciarla mai andare, perché per ciascuno di loro voleva essere parte integrante del suo essere. Per la prima volta, aveva capito anche il senso delle parole di Kakashi.

- Kakashi-sensei, perché tu, Naruto-kun e persino Yamato guardate la Racchia come se fosse il bene più prezioso? -
- Perché ci accetta per quelli che siamo, Sai. -
- In che senso? -
- Naruto è il custode della volpe a nove code, Yamato è il frutto di un esperimento venuto male, Sasuke è logorato dalla vendetta, io porto dentro di me il senso di colpa dovuto ai rimpianti e tu... tu sembri un guscio vuoto. - Sai non si era scomposto a quelle parole, eppure, nonostante tutto, gli sembravano così
strane.
- Vedi... non ci guarda come se fossimo sbagliati, non ci giudica all'apparenza, semplicemente ci assiste, anche quando non lo meritiamo. -
Non è vero Sasuke?
- Anche quando ci picchia? Ha un modo tutto suo di dimostrarlo. -
Kakashi si era lasciato andare ad una risata che lo aveva lasciato stranito. Non gli sembrava avesse detto qualcosa di comico, ma si limitò a mostrare il suo solito sorriso falso.
- Sakura non ha mai provato sulla pelle il dolore della perdita di qualcuno, perlomeno, non la morte... ha sempre potuto contare su una famiglia che l'assistesse sempre, degli amici pronti a difenderla e proteggerla, e persino l'Hokage la tratta come se fosse una figlia. Diciamo che tra tutti noi, lei è quella
normale. -
- Non capisco... -
- Quello che noi vogliamo è poter preservare la sua
normalità sempre, per poterne fare ritorno e poter rifletterci dentro la sua innocenza, per poter sentire ancora una volta che siamo umani, una famiglia.
Le emozioni di Sakura, il calore del suo abbraccio, il sorriso sul suo volto, il candore dei suoi occhi e persino il suo caratteraccio, è tutto quello di cui abbiamo bisogno. -
Kakashi lo guardò sorridendo da sotto la sua maschera e dopo aver sussurrato - Lo capirai anche tu, è solo questione di tempo Sai. - Gli aveva dato delle piccole pacche incoraggianti sulla spalla destra, per poi cominciare ad incamminarsi completamente assorto dalla lettura del suo libro.

Lui lo sapeva.
Qualora Sakura avesse imparato davvero a reprimere le emozioni, il team 7 avrebbe finito di esistere. Lei rappresentava il loro collante, colei che riusciva a tenerli tutti uniti, a dare un senso al loro essere famiglia. Non si tirava mai indietro quando doveva curarli, quando doveva riprenderli, quando doveva proteggerli, quando doveva consolarli.
Lei, semplicemente, rappresentava quel sorriso che per anni gli era stato negato.
La normalità che desideravano dal profondo.

Quando aveva inclinato la testa per dirle chiaramente che non avrebbe esaudito il suo desiderio, si accorse che lei si era addormentata tenendo la mano saldamente ancorata alla stoffa della sua maglietta, in una morsa talmente stretta da trasmettere questo suo bisogno di non essere abbandonata, di essere aiutata. Sentì una strana morsa attanagliargli il cuore.
Allungò una mano e, dopo aver sfiorando delicatamente il viso di Sakura, le asciugò le lacrime di dolore che erano scivolate lente ed inesorabili dai suoi occhi chiusi. Non l'avrebbe lasciata sola, no.

***

Silenziosamente, dopo aver attraversato la lunga salita per poter arrivare sino ai monti dove facevano sfoggia di sé i volti degli Hokage, Sakura si avvicinò sino all'estremità per poter osservare, indisturbata, la completa visuale della sua città natale. Le case viste da lassù sembravano così piccole.
Da piccola, quando veniva in quel posto, si illudeva che da lassù bastava che chiudesse gli occhi e allargasse le braccia per provare la sensazione di poter abbracciare tutta Konoha. Era così stupenda quella sensazione, che aveva il potere di regalarne momenti magici, indimenticabili, unici.
Era come se potesse avere Konoha prostata ai suoi piedi, come se tutto potesse dipendere da lei e che le sue braccia potessero fungere da barriera protettiva per quel villaggio che tanto amava e custodiva come un tesoro dentro di sé.
Aveva giurato che avrebbe fatto ciò che era in suo potere per poterlo proteggere e non sarebbe mai venuta meno a quella promessa, a costo di diventare l'ombra di Konohagure.
Sorrise malinconicamente.
Era sempre stato un luogo che le aveva sempre calmata nei momenti di sconforto ma, a quanto pareva, le cose cambiavano nel tempo e nemmeno salire sin lassù riusciva a portarle via lo sconforto che provava dentro.

- Dovrai affrontarli Sakura, non puoi nasconderti per sempre.-
- Lo so... ma... -
Frustrata, aveva infilato le mani tra i capelli tirandoli quasi a volerseli strappare.
- Maledizione, con che coraggio potrò guardarli in faccia, quando non riesco nemmeno ad osservare me stessa riflessa allo specchio? -
Tsunade bevve un sorso del suo sake prima di alzarsi dalla sua poltrona e dare le spalle alla sua allieva. Le faceva così male vederla in quello stato.
Sospirò, lo sapeva che lei non era ancora pronta a portare a termine una missione del genere, lo sapeva. Strinse con violenza le mani tremanti cercando di reprimere quella voglia di spaccare tutto. Ma a che sarebbe servito? A nulla, non a cancellare il dolore dal volto di Sakura.
Avrebbe dovuto dare retta a Shizune quando le aveva detto di scegliere qualcuno che non si sarebbe lasciato coinvolgere emotivamente. Ma Sakura l'aveva guardata con quegli occhi così fieri e così decisi
che non aveva saputo dire di no. Era convinta fosse pronta... non si sarebbe aspettata che la situazione sarebbe degenerata così.

- Sakura... -  soppesò le parole - Tu sei una Kunoichi prima ancora di essere una donna. Sei chiamata per servire il tuo villaggio anche se questo ti porta a dover fare qualcosa che va contro la tua stessa morale. -
Sakura chiuse gli occhi, stringendoli a forza, tremando. Lo sapeva, Dio lo sapeva... ma non riusciva lo stesso a reprimere quella sensazione di
sporco che provava dentro. Credeva di essere davvero pronta a tutto ma... non era così.
- Ci vorrà del tempo Sakura, passerà... passerà davvero. - Prima che lei rispondesse, si era vista stringere tra le braccia di Tsunade in una morsa protettiva.
- Non vergognarti di essere umana Sakura, piangi... sfoga tutto il dolore che hai dentro e lascia che il tuo essere Kunoichi possa proteggere ciò che è stato strappato a forza alla Sakura umana. -
Così fece, piangendo ed urlando, aggrappandosi disperata a Tsunade, rimproverandosi della sua debolezza, della sua incapacità di reprimere le emozioni.

- Non voglio più soffrire... voglio solo dimenticare... - Sussurrò portando le mani al petto.
- La sofferenza è un'emozione umana... è una condizione di dolore che può riguardare il corpo e/o il vissuto emotivo del soggetto*  -
I passi di Sai, lenti e misurati, sembravano rimbombare alle sue spalle.
- Questo è quello che lessi in un libro. -
Chiuse gli occhi, si era deciso a venir fuori, dunque. Non seppe dove trovò la forza di farlo, ma sollevò le labbra ironicamente. D'altronde, non poteva fuggire per sempre.
Era arrivato il momento della resa dei conti. Mai in vita sua si sarebbe aspettata che un giorno avrebbe atteso con trepidazione l'aiuto di Sai, così come non si sarebbe mai aspettata di pendere dalle sue labbra. Era tutto talmente strano e anormale che se avesse voluto, avrebbe riso.

- Quando ero piccola, mi piaceva poter seguire le lezioni all'accademia. Era sempre stata una bambina curiosa e poter ampliare le mie conoscenze studiando il mondo degli Shinobi mi aveva sempre affascinata. Sai che provengo da una famiglia civile, giusto? -
Sai si limitò ad ascoltare. Si stupì di come il corpo della ragazza gli sembrasse così fragile da spezzarsi. Oltre ad essere pallida, gli sembrava pure dimagrita. A giudicare dalle occhiaie che gli ingrigivano il viso, era da tanto che non dormiva.
- C'erano delle lezioni in particolare di cui andavo fiera. Ogni giorno le sensei venivano a prenderci per dividerci dai nostri compagni maschi e sottoporci a delle lezioni speciali.
Io ne andavo orgogliosa perché, non essendo stata allevata in una famiglia di Shinobi, credevo che quelle lezioni potessero servire, un giorno, per far risaltare il lato femminile di noi Kunoichi e poterlo sfoderare dinnanzi alla persona amata. Ero convinta che un giorno Sasuke-kun si sarebbe accorta di me proprio grazie alla mia
innata femminilità.
Quelle lezioni dovevano servire anche a quello... O per lo meno, ero talmente sciocca da non comprendere il reale significato di quegli studi... -
Si lasciò sfuggire una risata amara.
- Ci credi? Sakura Haruno, la più intelligente e brillante ragazza del suo corso, che non capisce lo scopo principale di quelle lezioni.... che ingenua! -
Scosse il capo quasi come se volesse auto ammonirsi.
- Se avessi capito, probabilmente non starei qui a compiangermi. Sai perché le bambine vengono sottoposte a queste lezioni
speciali? -
Era ovvio che lui lo sapesse, ma nonostante tutto, non riuscì a frenare quelle parole che, come un fiume in piena, sgorgavano dalle sue labbra senza che potesse fermarle.
- Per. Diventare. Un'arma. Manipolare gli uomini affinché si possa ricavare informazioni, sfoderare la femminilità per adescarli, usare il proprio corpo per colpirli, ecco a cosa servivano quelle lezioni.  -
- Sai... - Respirò profondamente, prima di voltarsi e guardarlo negli occhi. - Io... non potrò mai più essere come prima... -
- Perché? -
- Io... - Si lasciò scivolare a terra, prostrandosi ai suoi piedi - Per favore... ti scongiuro... insegnami a reprimere le emozioni... -
Lui rimase attonito dinnanzi alla mano di Sakura che gli stringeva con forza l'orlo dei suoi pantaloni.
- Fammi dimenticare... -
Era davvero arrivata a tanto? Era davvero disposta a mettere da parte l'orgoglio pur di scongiurarlo in ginocchio?
Dov'era finita la Sakura sicura di sé che non si lasciava abbattere da nessuno?
- Sai... non ce la faccio più... Io ho lasciato che qualcuno abusasse di me... nonostante non volessi, ho lasciato che quell'uomo venisse sedotto da me e approfittasse del mio corpo perché la missione lo richiedeva... - Le lacrime presero a scendere accentuando l'espressione addolorata sul suo viso.

Sai chiuse gli occhi. Adesso capiva.
Si trovò a stringere le mani in pugni sentendo le unghia premere sulla carne. Le aveva chiesto di addestrarla a reprimere le emozioni per dimenticare il male che provava dentro.
Sapeva che le Kunoichi spesso erano costrette a scendere a compromessi con il loro essere donna per portare a termine le missioni, ma non avrebbe mai immaginato che Tsunade potesse mandare Sakura in una di quelle. Era una Kunoichi, ma era pur sempre un essere umano che negli anni non era mai riuscita a controllare le sue emozioni. E loro vivevano di esse.

Le emozioni di Sakura, il calore del suo abbraccio, il sorriso sul suo volto, il candore dei suoi occhi e persino il suo caratteraccio, è tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Inginocchiandosi dinnanzi a lei, calando la testa quasi come se fosse un sipario, avvicinò le labbra al suo orecchio, sfiorandolo, in modo che lei potesse avvertire su di sé il suo respiro caldo che si contrastava al gelo di quelle parole che le avrebbe sussurrato.
- Un giorno mi dicesti che... le emozioni, essendo parte integrante dell'essere umano, non possono essere dimenticate. -
Sakura respirò profondamente mentre le sue braccia scivolavano pesantemente lungo i fianchi.
Era la sua risposta.
Ripetendole quelle maledette parole che lei stessa gli aveva riferito tempo addietro, le aveva appena negato il suo aiuto. Non le avrebbe insegnato a reprimere le emozioni, l'avrebbe lasciata sprofondare sempre di più dentro il baratro della disperazione.

No, non poteva andare così, non era giusto. Perché si rifiutava? Non era sempre stata lì quando lui le aveva chiesto aiuto? Non c'era sempre stata quando lo aiutava in biblioteca o lo assisteva in ospedale? Allora... perché?
Possibile che a lui non importasse niente di lei?

- Non valgo proprio niente per te? - Avvicinò il suo viso a quello del ragazzo - Possibile che in questi anni tu... non mi hai mai voluto bene? - Aggrappandosi con tutta la forza che aveva in corpo alla maglietta di Sai, accostò le labbra a quelle sue, lasciando trapelare tutta la delusione e l'amarezza che provava da quel contatto.
Sai, preso in contropiede, si ritrovò istintivamente ad aprire le labbra e questo bastò a far sì che Sakura insinuasse la propria lingua dentro la sua bocca, lasciando che il sapore salato delle lacrime si mescolasse a quello di lei.

Sakura spalancò gli occhi quando si sentì staccare con forza dal corpo di Sai. Si portò la dita tremanti sulla guancia colpita dalla mano di Sai che era rimasta sospesa in aria.
Che diavolo aveva fatto?

- Mi dispiace... scusami... io... non... mi aiuterai vero? - Domandò sperando di spezzare quell'atmosfera tesa e pressante che quel bacio, dettato dalla disperazione, aveva portato con sé. Si vergognava da morire e l'imbarazzo era tanto che non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. Aveva paura di scorgere dentro la compassione o,
peggio, la pietà.
Perché era diventata così?
Perché doveva succederle tutto questo?
- No. - Fu la sua risposta, fredda e distaccata.
- Capisco... - Rispose dopo alcuni minuti di silenzio. Si passo lentamente una mano sul volto stanco. - Lasciami sola ora. - Disse poi, lasciando che le braccia la circondassero, sperando di portare, con quel gesto, un po' di calore al gelo che sentiva dentro.
- No! - Sakura alzò la testa di scatto tra lo stupito e lo scioccato.
- Lasciami sola! - Ordinò.
- No. -
- Ti ho detto di andartene! -
- No. -
Le sopracciglia di Sakura si aggrottarono minacciosamente mentre digrignava con violenza i denti. La frustrazione stava lasciando spazio alla rabbia.
- Va via. -
Lui si limitò a scuotere la testa negativamente, incrociando le braccia al petto. Oh, ne era sicuro, se gli occhi di Sakura in quel momento avessero potuto, lo avrebbero ucciso seduta stante. Sollevò le labbra in un ghigno.
- Vorresti farmi paura? - No, quello era decisamente troppo.
Si sentiva stanca, affranta, tradita, umiliata...
sola e lui ingranava la dose prendendola in giro?
Alzandosi lentamente da terra, flettendo le dita, sentì scattare le ossa della mano destra quando la chiuse in pugno. La rabbia era talmente tanta che tutto il corpo tremava convulsamente.
- Sai... - Non sapeva nemmeno lei come diamine riusciva a trattenersi dallo sganciare quel destro su quella stramaledettissima faccia da ebete per sentire, sotto il suo pugno, le ossa del suo viso frantumarsi uno per uno e non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi per curarlo. -Te lo chiedo un'ultima volta... VA VIA!-
- No. -
- Diamine Sai, ti picchierò talmente forte da lasciarti marcire in preda al dolore per mesi perché non permetterò a nessuno di avvicinarsi e cur... - Il fiume in piena delle sue parole si bloccò quando percepì una presenza alle sue spalle.
No, si sbagliava, non era una... erano
tre, e la voce che aveva detto quel “no” non era stata quella di Sai.
Si voltò lentamente in direzione di quella voce, seria e roca, mentre il suo cuore batteva furiosamente.

- Sakura-chan, noi siamo una famiglia, ricordi?-
Naruto?
- Qual è la prima regola che vi ho insegnato, Sakura? Nel mondo dei ninja, chi non rispetta le regole viene considerato feccia, però... chi non tiene conto dei propri compagni è feccia della peggiore specie** -
Kakashi-sensei...
- Non ti lasciamo sola Sakura. -
Yamato-Taichou...
- Noi siamo un Team, lo hai detto anche tu una volta che siamo una squadra ed in quanto tale dobbiamo sostenerci a vicenda. - Si voltò in direzione di Sai.
- Ma tu non vuoi... aiutarmi... -
- Non voglio aiutarti perché non voglio addestrarti nella rimozione delle emozioni. -
- Ma solo così riuscirò a cancellare quello che sento dentro... solo così riuscirò a non disprezzarmi, a chiudere gli occhi e non sentire le mani di quella persona sul mio corpo, le sue labbra sul mio viso, la sua voce mentre raggiunge l'orgasmo...  - Portò le mani alle orecchie cercando di scacciare il ricordo di quella voce che le sibilava quanto fosse bella tra una spinta e l'altra.
- No Sakura, così non risolverai nulla. - Disse dolcemente Kakashi posando una mano sulla spalla della sua ex allieva. Vederla così, piccola e fragile, le straziava il cuore.
- Ma dimenticherò! - Si ostinò a rispondere lei cercando di reprimere quelle lacrime che cercavano di lasciarsi spazio dai suoi occhi.
- E noi ti perderemo... -
Naruto sorrise amaramente appoggiando una mano sulla sua guancia, accarezzandola dolcemente.
- Ho già perso Sasuke, non farmi perdere anche te... - Sussurrò debolmente prima di stringerla tra le sue braccia. Sakura appoggiò la testa sull'incavo della spalla di Naruto ricamando l'abbraccio. La stringeva talmente forte da mozzarle il respiro e farle male, ma non le importava. Aveva un disperato bisogno di sentirsi protetta e amata, non voleva sentire più quella solitudine che per mesi l'aveva accompagnata rendendola quasi lo spettro
di se stessa. Si era sentita violata da quelle mani che le avevano strappato la sua purezza senza che potesse impedirlo. Nonostante la missione lo richiedesse, nonostante l'avesse portata al termine con successo, non era riuscita a sopprimere quel senso di nausea che l'aveva accompagnata durante il viaggio di ritorno, così come nei mesi successivi.

- Passerà Sakura... - Yamato le appoggiò una mano sulla testa arruffandole dolcemente i capelli.
- Non è colpa tua, non sentirti in colpa. - Sussurrò Kakashi.
Sai si limitò ad osservarla tremante e piangente, stretta tra le braccia di Naruto, cullata dalle parole di Yamato e Kakashi.

- Sai... non ti sei mai chiesto come sarebbe stata la tua vita se non avessi dimenticato? -
Sai alzò la testa dal pesante volume che stava leggendo.
- No. - Rispose senza rifletterci.
- E... - Lui vide le guance di Sakura imporporarsi. Aveva letto da qualche parte che quella era una reazione dettata dalla rabbia o dall'imbarazzo. Ma dal momento che non stava digrignando i denti ed evitava il contatto degli occhi, doveva essere imbarazzata.
- Tu cosa pensi dei sentimenti umani? -
- Siamo Shinobi, Racchia. -
- Eh? -
- Siamo chiamati a non esprimere le nostre emozioni in nessuna circostanza. -
- Ma che razza di Ninja è colui che sopprime le proprie emozioni? -
- Un Ninja che mette in primo piano solo ed esclusivamente la missione. -
- Sono tutte stronzate! - Urlò Sakura sbattendo violentemente la mano sul tavolo della biblioteca, lasciando che il contenuto del tè si disperdesse sulla superficie.
- Una vita senza emozioni non è vita. Per quanto possa fare male il sentimento del dolore, ci fa sentire vivi perché abbiamo la consapevolezza di sentire ciò che proviamo... così come quando siamo felici, perché avvertiamo indistintamente la gioia scorrere dentro di noi.
Se non provassimo più emozioni non saremo altro che delle marionette vuote e prive della linfa che ci fa andare avanti. Siamo umani perché proviamo, sentiamo.-
- Non capisco... -
- Tu dici che hai dimenticato, ma non è così... ti sbagli... - Avvicinò la mano al petto di Sai - Io lo so, nel profondo, lo sento che non l'hai fatto. Le emozioni, essendo parte integrante dell'essere umano, non possono essere dimenticate. -

- Me lo dicesti tu... Sakura. Non ti aiuterò a dimenticare... ma proverò a sorreggerti. - Sussurrò guardando Kakashi sollevare tra le braccia il corpo stravolto di Sakura.
Si passò un dito sulle labbra, per sentire ancora una volta il calore di quelle labbra che avevano lasciato su di lui una traccia indelebile.


The End.


(*) Santa Wikipedia mi ha aiutato a far parlare Sai come un libroXD

(**)Le parole famose che Obito disse a Kakashi e che lui ripeté all'allora Team 7 per far capire quanto fosse importante il lavoro di squadra.


   
 
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