Note:
Questa one-shot è
stata scritta per Temporal-mente,
iniziativa by Criticoni.
Betarider:
Mystcmoon
*sparge
amore.*
Credits:
Nel titolo della fanfiction “Lagrima”
NON
è un errore,
ma è il titolo della canzone appartenente all'opera “L'elisir
d'amore”
musicata da Gaetano
Donizzetti
sul libretto di Felice
Romani.
I
personaggi di Naruto
non
sono miei e appartengono di diritto a Masashi
Kishimoto
(se
fossero stati miei di sicuro avrei costretto Itachi a giochetti
poco
puliti u.u)
Attenzione,
leggere queste note prima di passare alla lettura della fanfiction.
Forse
il personaggio di Sakura
Haruno
potrebbe risultare un pochino OOC rispetto all'opera di Kishimoto, ma
è stata una scelta motivata e voluta. Questo
perché ho
cercato di parlare, seppur non so se ci sono riuscita, della Sakura
Kunoichi, diversa dalla Sakura sin ora presentata nelle mie
fanfiction, divisa tra il suo essere donna e il suo essere Ninja.
Quindi, per una volta, niente innamoramenti o fluff e zucchero vario
(no, forse questo un po' c'è sparso qui e lì...
non
odiatemi XD)
Ho
letto in giro che le Kunoichi venivano addestrate all'utilizzo del
corpo e della sua femminilità. Mi sono chiesta cosa avrebbe
fatto Sakura in questi casi, quale sarebbe stata la sua reazione a
missione conclusa. Ovviamente questa è la mia personale
visione della cosa. Ed ecco il frutto del mio parto XD
Probabilmente
anche Sai risulterà
un po' fuori dagli schemi, ma anche in questo caso è voluto.
Non si aspetta certe richieste da parte di Sakura ed inoltre la fic
è
ambientata alcuni anni dopo lo Shippuden e dal momento in cui Sai si
sta sforzando, secondo Kishimoto, a capire le emozioni umane, in
questo lasso di tempo, che è la mia fic, Sai è
leggermente più
incline ai sentimenti seppur non ne capisce completamente la natura.
Sarà il primo ad accorgersi del cambiamento di Sakura e
questo
lo spinge a cercare di capire le strane sensazioni che prova.
Inoltre
la mia priorità era quella di provare a parlare della ship
Sai/Saku
(interpretatela voi se dal punto di vista amoroso o menoXD) andando a
battere il chiodo su Sakura come “collante”
del Team 7 essendo la “normale” del gruppo. Ma per
capire questo
passaggio vi lascio alla lettura (ammesso che mi sia spiegata XD) :P
Chiaramente
è una What
if.
A
Chià,
che
adora questa ship.
Scusa
se non sono
riuscita
a renderla
meglio.
"And
I miss you, like the deserts miss the rain."
(Missing
– Everybody but the Girl)
Non
era la prima volta che la seguiva. Ormai quella era diventata una
sorta di strana routine che si susseguiva di giorno in giorno.
Al
calar della sera, quando Konoha si abbandonava tra le braccia di
Morfeo, non appena lei lasciava l'ospedale, lui la seguiva in
silenzio, senza farsi notare.
Passi
silenziosi e movenze feline si celavano dietro l'andatura di Sai. Non
riusciva a capire il perché lo facesse, eppure sentiva che
doveva farlo, che era giusto, che non doveva perdersi nemmeno un
momento di quegli attimi che sembravano celarsi
nell'immensità
della notte.
Aveva
provato a non lasciarsi andare, a fregarsene; d'altronde non erano
affari suoi, ma non ci era riuscito. Se una parte di lui lo implorava
di restare fermo, l'altra continuava a battere freneticamente
affinché si inoltrasse verso quel sentiero a lui sconosciuto.
Forse,
se l'avesse fatto, avrebbe capito il perché quella
sensazione
l'avesse avvolto come una coperta durante le notti d'estate
soffocandolo. E lui si sentiva frustrato, poiché non
riusciva
a capire l'immensità di quelle emozioni che lo scuotevano
dentro.
Non
amava sentirsi così, poiché era come se non
riuscisse
più ad essere il padrone di se stesso e di quel corpo che
veniva scosso, giorno dopo giorno, da nuove e strane emozioni.
La
prima volta che si era sentito attraversare da quella sensazione, era
corso immediatamente in biblioteca per cercare di capire cosa stesse
succedendo.
Si
poteva dire che quel luogo, fatto di silenzio e odore di carta, in un
certo senso, era quasi diventato una sorta di tempio per lui. Era
solito fare ricerche per comprendere il significato dei comportamenti
umani.
Non
era ancora riuscito a capire il perché facesse
così ma,
oltre alla curiosità, se da un lato pensava che questo lo
potesse aiutare a capire, dall'altro, una piccola parte di se stesso,
che cercava disperatamente di emergere, continuava a ripetergli, come
una cantilena, che lo faceva perché non voleva sentirsi
diverso. Se avesse compreso il significato di ciò che
provava
ed era in grado di assoggettargli un nome, questo l'avrebbe messo al
pari degli altri, o
per lo meno, lui sperava.
In
quegli anni aveva compreso che non si poteva sfuggire alle emozioni
come gli era stato insegnato, non quando si viveva costantemente a
contatto con esse, non quando si viveva e si respirava quell'armonia
che circondava il Team alla quale faceva parte e che gli consentiva
di sentirsi vivo.
Aveva
imparato a vedere quelle persone non come semplici compagni o
colleghi, non come figure umane, ma come componenti di una famiglia
che si rispettava e amava reciprocamente, seppur loro avevano uno
strano modo di provarlo.
Ricordava
che era andato in giro per i vari team per studiare se la stessa cosa
valesse anche per loro, ma a quanto pareva, da quello che era
riuscito ad ottenere parlando con gli altri ragazzi, il loro era un
legame speciale che si era consolidato durante il tempo, attraverso
il dolore che li aveva uniti sempre di più.
Eppure,
negli ultimi tempi, aveva notato che c'era qualcosa che non andava.
Era come se il filo che teneva unito la loro famiglia si stesse
spezzando, come se la fiamma che ardeva inesorabile riscaldandoli,
cominciasse ad indebolirsi.
Voleva
capire.
La
prima volta che l'aveva vista in quello stato, era stato quando lei
era tornata da quella missione. Non ne sapeva i dettagli, non si era
informato dal momento in cui Sakura aveva detto loro che era una
questione della massima riservatezza.
Ricordava
che Naruto le aveva chiesto il perché dovesse andare da
sola,
che poteva essere pericoloso, che sarebbe andato a parlare
immediatamente con l'Hokage affinché gli permettesse di
seguirla.
Lui
aveva assistito alla scena silenzioso ed impassibile, seguendo
attentamente tutta la scena, guardando dapprima l'esitazione, poi la
paura ed infine la rabbia negli occhi di Sakura. L'aveva picchiato
come era solita fare quando Naruto la innervosiva. Ma aveva compreso
che questa volta c'era qualcosa di diverso; dietro la rabbia si
celava l'amarezza, poiché, prima di correre via cercando di
reprimere le lacrime, aveva sussurrato:
- Non
posso farlo se voi siete con me... -
Due
mesi dopo era tornata portando a termine la sua missione, ma c'era
qualcosa di strano. Solitamente non cercava di reprimere la sua
felicità né l'orgoglio di mostrarsi a tutti come
la
Kunoichi che non si ferma dinnanzi a niente e nessuno, sopratutto
quando partiva da sola, offrendo da bere a tutti, rallegrando la
compagnia con gli aneddoti più strani, arrivando persino a
litigare furiosamente con la Yamanaka, che odiava sentirsi inferiore.
Invece,
nulla di tutto questo si era ripetuto; aveva attraversato l'ingresso
della sua città natale silenziosamente, mostrandosi quasi
come
lo spettro di se stessa. Non si era fermata come era solita fare
all'Ichikaru Ramen per salutare Naruto, così come non si era
diretta da Kakashi-sensei o Yamato-taichou.
Nonostante
lui l'avesse salutata con quel nomignolo che tanto la faceva
infuriare, lei, invece di picchiarlo o riprenderlo, dopo aver
abbassato gli occhi, a passi lenti, si era rivolta direttamente verso
la torre dell'Hokage, dove era rimasta per un tempo indefinibile.
I
giorni passavano, ma la situazione sembrava peggiorare. Era come se
la potesse vedere lì, su un filo di rasoio, pronta a
precipitare da un momento all'altro.
Nonostante
fuori si mostrasse la se stessa che riusciva ad incantare tutti con
il suo carattere e la sua solarità, dentro sembrava urlasse
disperatamente affinché qualcuno le strappasse la vita,
affinché potesse farla finita una volta per tutte.
Se
gli altri non avevano ancora capito, non si erano ancora resi conto
della gravità della situazione, probabilmente illusi da quel
sorriso che riusciva ad ingannare alla superficie, confortandoli come
solo una mamma riesce a fare con il suo bambino, per lui era diverso.
Dietro
quel sorriso che sembrava risplendere alla luce del sole, si celava
qualcosa che la rendeva sofferente. Era falso e lui lo sapeva, lo
percepiva, lo sentiva. Poteva ingannare gli altri, ma non lui, non
chi si era celato dietro la sottile linea di quel sorriso che per
anni, tagliente come una lama, si era posato sul suo viso.
A
lui non erano sfuggiti quegli occhi che mostravano la malinconia,
quel corpo che sembrava spezzarsi sotto il peso di qualcosa che la
schiacciava.
Nonostante
avesse cercato di far finta di nulla, non ci era riuscito. Si sentiva
come se potesse sentire quella voce proveniente dentro di lei che lo
chiamava affinché la aiutasse.
Era
cambiata, e lui lo poteva vedere con gli occhi e sentire tramite
quelle emozioni maledette che pesavano dentro di lui e lo spingessero
a fare qualcosa per sollevarla da ciò che la stava
trascinando
nel baratro della disperazione.
Ciò che gli aveva fatto prendere quella decisione, era stata quella notte.
***
Se
ne stava sdraiato sul letto, mani dietro la testa e occhi chiusi.
Apparentemente sembrava stesse dormendo, ma non era così. In
quei giorni si sentiva agitato e non riusciva a trovare sollievo da
quella inquietudine che si faceva strada dentro di lui.
Era
nervoso poiché non riusciva a comprendere il
perché
dovesse sentirsi così. Nonostante riuscisse perfettamente a
controllare le sue emozioni quando si trovava fuori, nel rifugio
della propria casa si lasciava andare, sapendo perfettamente che
nessuno l'avrebbe visto in quelle condizioni.
Nemmeno
disegnare riusciva a sollevarlo o a distrarlo quanto bastasse per
rilassarlo. No, poiché persino la sua arte si tramutava, in
quei momenti, nell'immagine esatta di ciò che lo tormentava
da
tempo.
Il
profumo di vaniglia si disperse nell'aria proprio quando una figura
attraversò la finestra della sua camera. Si sorprese. Sapeva
perfettamente a chi apparteneva quella fragranza, dolce ed
intossicante ma, nonostante si chiedesse che cosa ci facesse lei
lì
e quell'ora, non disse nulla, limitandosi soltanto ad aspettare.
Non
si mosse dalla sua posizione nemmeno quando avvertì il
materasso abbassarsi sotto il peso di Sakura che,
lentamente, si stava stendendo accanto a sé.
Non
la stava toccando ma poteva sentire, tramite la loro vicinanza, come
il suo corpo fosse teso e rigido.
Conoscendola,
si stava anche mordendo le labbra con forza, come era solita fare
quando era nervosa.
Passarono
minuti prima che lei cominciasse a parlare.
- Sai... -
la sua voce era incerta.
- Che
c'è Racchia? -
- Insegnami
a sopprimere le emozioni. -
Gli
occhi di Sai si spalancarono di colpo. Non era una domanda, questo
lui lo sapeva. Non gli aveva chiesto se poteva, poiché lo
desiderava ardentemente. Lo poteva sentire tramite la voce della
ragazza che, nonostante avesse cercato di dare un tono distaccato a
quelle parole, non gli era sfuggito la nota disperata. Lo poteva
udire tramite il suo cuore che batteva talmente forte da riuscire a
sentirlo rapidamente.
Non
era possibile che Sakura gli avesse chiesto di fare una cosa del
genere. Non c'era motivo per cui lei imparasse a non provare
emozioni, giusto? Ma allora perché quella richiesta, per
quale
motivo? Che diavolo era successo per portarla a quella decisione?
Improvvisamente,
l'immagine della Konoichi con gli occhi vuoti e spenti, gli
attraversò la mente, provocandogli un brivido che
risalì
lentamente la colonna vertebrale, quasi come se fosse la lama di una
Katana che, fredda e anonima, lo sfiorava trepidante, gustandosi
sadicamente il momento. Sentì il cuore mancare un battito ed
istintivamente portò una delle sue mani al torace.
Perché
il pensiero di quella ragazza senza emozioni gli provocava quel
dolore? Per quale motivo doveva sentirsi così?
Anche
se una parte di lui aveva accettato di vivere in balia dei
sentimenti, non era solito abbandonarsi così alle emozioni,
ma
dopo quella richiesta, non era riuscito a reprimere il suo stato
d'animo. Aveva cercato di aprire bocca per dare voce alle sensazioni
che stava provando nel profondo, ma non riusciva ad esprimersi,
trovandosi ad aprire e chiudere la bocca respirando profondamente.
Non
voleva. No. Non voleva.
Ora
capiva perché tutti volevano proteggerla, perché
cercavano disperatamente di non lasciarla mai andare, perché
per ciascuno di loro voleva essere parte integrante del suo essere.
Per la prima volta, aveva capito anche il senso delle parole di
Kakashi.
- Kakashi-sensei,
perché tu, Naruto-kun e persino Yamato guardate la Racchia
come se fosse il bene più prezioso? -
- Perché
ci accetta per quelli che siamo, Sai. -
- In
che senso? -
- Naruto
è il custode della volpe a nove code, Yamato è il
frutto di un esperimento venuto male, Sasuke è logorato
dalla vendetta, io porto dentro di me il senso
di colpa dovuto ai rimpianti e tu... tu sembri un guscio vuoto. - Sai
non si era scomposto a quelle parole, eppure, nonostante tutto, gli
sembravano così strane.
- Vedi...
non ci guarda come se fossimo sbagliati, non ci giudica
all'apparenza, semplicemente ci assiste, anche quando non lo
meritiamo. -
Non è vero Sasuke?
- Anche
quando ci picchia? Ha un modo tutto suo di dimostrarlo. -
Kakashi
si era lasciato andare ad una risata che lo aveva lasciato stranito.
Non gli sembrava avesse detto qualcosa di comico, ma si
limitò
a mostrare il suo solito sorriso falso.
- Sakura
non ha mai provato sulla pelle il dolore della perdita di qualcuno,
perlomeno, non la morte... ha sempre potuto contare su una famiglia
che l'assistesse sempre, degli amici pronti a difenderla e
proteggerla, e persino l'Hokage la tratta come se fosse una figlia.
Diciamo che tra tutti noi, lei è quella normale.
-
- Non
capisco... -
- Quello
che noi vogliamo è poter preservare la sua normalità
sempre, per poterne fare ritorno e poter rifletterci dentro la sua
innocenza, per poter sentire ancora una volta che siamo umani, una
famiglia.
Le
emozioni di Sakura, il calore del suo abbraccio, il sorriso sul suo
volto, il candore dei suoi occhi e persino il suo caratteraccio,
è
tutto quello di cui abbiamo bisogno. -
Kakashi
lo guardò sorridendo da sotto la sua maschera e dopo aver
sussurrato - Lo capirai anche tu, è solo questione di tempo
Sai. - Gli aveva dato delle piccole pacche incoraggianti sulla spalla
destra, per poi cominciare ad incamminarsi completamente assorto
dalla lettura del suo libro.
Lui
lo sapeva.
Qualora
Sakura avesse imparato davvero a reprimere le emozioni, il team 7
avrebbe finito di esistere. Lei rappresentava il loro collante, colei
che riusciva a tenerli tutti uniti, a dare un senso al loro essere
famiglia. Non si tirava mai indietro quando doveva curarli, quando
doveva riprenderli, quando doveva proteggerli, quando doveva
consolarli.
Lei,
semplicemente, rappresentava quel sorriso che per anni gli era stato
negato.
La
normalità che desideravano dal profondo.
Quando
aveva inclinato la testa per dirle chiaramente che non avrebbe
esaudito il suo desiderio, si accorse che lei si era addormentata
tenendo la mano saldamente ancorata alla stoffa della sua maglietta,
in una morsa talmente stretta da trasmettere questo suo bisogno di
non essere abbandonata, di essere aiutata. Sentì una strana
morsa attanagliargli il cuore.
Allungò
una mano e, dopo aver sfiorando delicatamente il viso di Sakura, le
asciugò le lacrime di dolore che erano scivolate lente ed
inesorabili dai suoi occhi chiusi. Non l'avrebbe lasciata sola, no.
***
Silenziosamente,
dopo aver attraversato la lunga salita per poter arrivare sino ai
monti dove facevano sfoggia di sé i volti degli Hokage,
Sakura
si avvicinò sino all'estremità per poter
osservare,
indisturbata, la completa visuale della sua città natale. Le
case viste da lassù sembravano così piccole.
Da
piccola, quando veniva in quel posto, si illudeva che da
lassù
bastava che chiudesse gli occhi e allargasse le braccia per provare
la sensazione di poter abbracciare tutta Konoha. Era così
stupenda quella sensazione, che aveva il potere di regalarne momenti
magici, indimenticabili, unici.
Era
come se potesse avere Konoha prostata ai suoi piedi, come se tutto
potesse dipendere da lei e che le sue braccia potessero fungere da
barriera protettiva per quel villaggio che tanto amava e custodiva
come un tesoro dentro di sé.
Aveva
giurato che avrebbe fatto ciò che era in suo potere per
poterlo proteggere e non sarebbe mai venuta meno a quella promessa, a
costo di diventare l'ombra di Konohagure.
Sorrise
malinconicamente.
Era
sempre stato un luogo che le aveva sempre calmata nei momenti di
sconforto ma, a quanto pareva, le cose cambiavano nel tempo e nemmeno
salire sin lassù riusciva a portarle via lo sconforto che
provava dentro.
- Dovrai
affrontarli Sakura, non puoi nasconderti per sempre.-
- Lo
so... ma... -
Frustrata,
aveva infilato le mani tra i capelli tirandoli quasi a volerseli
strappare.
- Maledizione,
con che coraggio potrò guardarli in faccia, quando non
riesco
nemmeno ad osservare me stessa riflessa allo specchio? -
Tsunade
bevve un sorso del suo sake prima di alzarsi dalla sua poltrona e
dare le spalle alla sua allieva. Le faceva così male vederla
in quello stato.
Sospirò,
lo sapeva che lei non era ancora pronta a portare a termine una
missione del genere, lo sapeva. Strinse con violenza le mani tremanti
cercando di reprimere quella voglia di spaccare tutto. Ma a che
sarebbe servito? A nulla, non a cancellare il dolore dal volto di
Sakura.
Avrebbe
dovuto dare retta a Shizune quando le aveva detto di scegliere
qualcuno che non si sarebbe lasciato coinvolgere emotivamente. Ma
Sakura l'aveva guardata con quegli occhi così fieri e
così
decisi che non aveva
saputo dire di no. Era convinta fosse pronta... non si sarebbe
aspettata che la situazione sarebbe degenerata così.
- Sakura...
- soppesò le parole - Tu sei una Kunoichi prima
ancora di
essere una donna. Sei chiamata per servire il tuo villaggio anche se
questo ti porta a dover fare qualcosa che va contro la tua stessa
morale. -
Sakura
chiuse gli occhi, stringendoli a forza, tremando. Lo sapeva, Dio lo
sapeva... ma non riusciva lo stesso a reprimere quella sensazione di
sporco che provava
dentro. Credeva di essere davvero pronta a tutto ma... non era
così.
- Ci
vorrà del tempo Sakura, passerà...
passerà
davvero. - Prima che lei rispondesse, si era vista stringere tra le
braccia di Tsunade in una morsa protettiva.
- Non
vergognarti di essere umana Sakura, piangi... sfoga tutto il dolore
che hai dentro e lascia che il tuo essere Kunoichi possa proteggere
ciò che è stato strappato a forza alla Sakura
umana. -
Così
fece, piangendo ed urlando, aggrappandosi disperata a Tsunade,
rimproverandosi della sua debolezza, della sua incapacità di
reprimere le emozioni.
- Non
voglio più soffrire... voglio solo dimenticare... -
Sussurrò
portando le mani al petto.
- La
sofferenza è un'emozione umana... è una
condizione di
dolore che può riguardare il corpo e/o il vissuto emotivo
del
soggetto* -
I
passi di Sai, lenti e misurati, sembravano rimbombare alle sue
spalle.
- Questo
è quello che lessi in un libro. -
Chiuse
gli occhi, si era deciso a venir fuori, dunque. Non seppe dove
trovò
la forza di farlo, ma sollevò le labbra ironicamente.
D'altronde, non poteva fuggire per sempre.
Era
arrivato il momento della resa dei conti. Mai in vita sua si sarebbe
aspettata che un giorno avrebbe atteso con trepidazione l'aiuto di
Sai, così come non si sarebbe mai aspettata di pendere dalle
sue labbra. Era tutto talmente strano e anormale che se avesse
voluto, avrebbe riso.
- Quando
ero piccola, mi piaceva poter seguire le lezioni all'accademia. Era
sempre stata una bambina curiosa e poter ampliare le mie conoscenze
studiando il mondo degli Shinobi mi aveva sempre affascinata. Sai che
provengo da una famiglia civile, giusto? -
Sai
si limitò ad ascoltare. Si stupì di come il corpo
della
ragazza gli sembrasse così fragile da spezzarsi. Oltre ad
essere pallida, gli sembrava pure dimagrita. A giudicare dalle
occhiaie che gli ingrigivano il viso, era da tanto che non dormiva.
- C'erano
delle lezioni in particolare di cui andavo fiera. Ogni giorno le
sensei venivano a prenderci per dividerci dai nostri compagni maschi
e sottoporci a delle lezioni speciali.
Io
ne andavo orgogliosa perché, non essendo stata allevata in
una
famiglia di Shinobi, credevo che quelle lezioni potessero servire, un
giorno, per far risaltare il lato femminile di noi Kunoichi e poterlo
sfoderare dinnanzi alla persona amata. Ero convinta che un giorno
Sasuke-kun si sarebbe accorta di me proprio grazie alla mia innata
femminilità.
Quelle
lezioni dovevano servire anche a quello... O per lo meno, ero
talmente sciocca da non comprendere il reale significato di quegli
studi... -
Si
lasciò sfuggire una risata amara.
- Ci
credi? Sakura Haruno, la più intelligente e brillante
ragazza
del suo corso, che non capisce lo scopo principale di quelle
lezioni.... che ingenua! -
Scosse
il capo quasi come se volesse auto ammonirsi.
- Se
avessi capito, probabilmente non starei qui a compiangermi. Sai
perché le bambine vengono sottoposte a queste lezioni
speciali? -
Era
ovvio che lui lo sapesse, ma nonostante tutto, non riuscì a
frenare quelle parole che, come un fiume in piena, sgorgavano dalle
sue labbra senza che potesse fermarle.
-
Per.
Diventare. Un'arma.
Manipolare gli uomini
affinché si possa ricavare informazioni, sfoderare la
femminilità per adescarli, usare il proprio corpo per
colpirli, ecco a cosa servivano quelle lezioni. -
- Sai... -
Respirò profondamente, prima di voltarsi e guardarlo negli
occhi. - Io... non potrò mai più essere come
prima... -
- Perché? -
- Io...
- Si lasciò scivolare a terra, prostrandosi ai suoi piedi -
Per
favore... ti scongiuro... insegnami a reprimere le emozioni... -
Lui rimase attonito dinnanzi alla mano di Sakura che gli stringeva con
forza l'orlo dei suoi pantaloni.
- Fammi
dimenticare... -
Era
davvero arrivata a tanto? Era davvero disposta a mettere da parte
l'orgoglio pur di scongiurarlo in ginocchio?
Dov'era
finita la Sakura sicura di sé che non si lasciava abbattere
da
nessuno?
- Sai...
non ce la faccio più... Io ho lasciato che qualcuno abusasse
di me... nonostante non volessi, ho lasciato che quell'uomo venisse
sedotto da me e approfittasse del mio corpo perché la
missione
lo richiedeva... - Le lacrime presero a scendere accentuando
l'espressione addolorata sul suo viso.
Sai
chiuse gli occhi. Adesso capiva.
Si
trovò a stringere le mani in pugni sentendo le unghia
premere
sulla carne. Le aveva chiesto di addestrarla a reprimere le emozioni
per dimenticare il male che provava dentro.
Sapeva
che le Kunoichi spesso erano costrette a scendere a compromessi con
il loro essere donna per portare a termine le missioni, ma non
avrebbe mai immaginato che Tsunade potesse mandare Sakura in una di
quelle. Era una Kunoichi, ma era pur sempre un essere umano che negli
anni non era mai riuscita a controllare le sue emozioni. E loro
vivevano di
esse.
Le emozioni di Sakura, il calore del suo abbraccio, il sorriso sul suo volto, il candore dei suoi occhi e persino il suo caratteraccio, è tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Inginocchiandosi
dinnanzi a lei, calando la testa quasi come se fosse un sipario,
avvicinò le labbra al suo orecchio, sfiorandolo, in modo che
lei potesse avvertire su di sé il suo respiro caldo che si
contrastava al gelo di quelle parole che le avrebbe sussurrato.
- Un
giorno mi dicesti che... le emozioni, essendo parte integrante
dell'essere umano, non possono essere dimenticate. -
Sakura
respirò profondamente mentre le sue braccia scivolavano
pesantemente lungo i fianchi.
Era la sua
risposta.
Ripetendole
quelle maledette parole che lei stessa gli aveva riferito tempo
addietro, le aveva appena negato il suo aiuto. Non le avrebbe
insegnato a reprimere le emozioni, l'avrebbe lasciata sprofondare
sempre di più dentro il baratro della disperazione.
No,
non poteva andare così, non era giusto. Perché si
rifiutava? Non era sempre stata lì quando lui le aveva
chiesto
aiuto? Non c'era sempre stata quando lo aiutava in biblioteca o lo
assisteva in ospedale? Allora... perché?
Possibile
che a lui non importasse niente di lei?
- Non
valgo proprio niente per te? - Avvicinò il suo viso a quello
del ragazzo - Possibile che in questi anni tu... non mi hai mai
voluto bene? - Aggrappandosi con tutta la forza che aveva in corpo
alla maglietta di Sai, accostò le labbra a quelle sue,
lasciando trapelare tutta la delusione e l'amarezza che provava da
quel contatto.
Sai,
preso in contropiede, si ritrovò istintivamente ad aprire le
labbra e questo bastò a far sì che Sakura
insinuasse la
propria lingua dentro la sua bocca, lasciando che il sapore salato
delle lacrime si mescolasse a quello di lei.
Sakura
spalancò gli occhi quando si sentì staccare con
forza
dal corpo di Sai. Si portò la dita tremanti sulla guancia
colpita dalla mano di Sai che era rimasta sospesa in aria.
Che
diavolo aveva fatto?
- Mi
dispiace... scusami... io... non... mi aiuterai vero? -
Domandò
sperando di spezzare quell'atmosfera tesa e pressante che quel bacio,
dettato dalla disperazione, aveva portato con sé. Si
vergognava da morire e l'imbarazzo era tanto che non riusciva nemmeno
a guardarlo negli occhi. Aveva paura di scorgere dentro la
compassione o,
peggio, la pietà.
Perché
era diventata così?
Perché
doveva succederle tutto questo?
- No. -
Fu la sua risposta, fredda e distaccata.
- Capisco... -
Rispose dopo alcuni minuti di silenzio. Si passo lentamente una mano
sul volto stanco. - Lasciami sola ora. - Disse poi, lasciando che le
braccia la circondassero, sperando di portare, con quel gesto, un po'
di calore al gelo che sentiva dentro.
- No! -
Sakura alzò la testa di scatto tra lo stupito e lo scioccato.
- Lasciami
sola! - Ordinò.
- No. -
- Ti
ho detto di andartene! -
- No. -
Le
sopracciglia di Sakura si aggrottarono minacciosamente mentre
digrignava con violenza i denti. La frustrazione stava lasciando
spazio alla rabbia.
- Va
via. -
Lui
si limitò a scuotere la testa negativamente, incrociando le
braccia al petto. Oh, ne era sicuro, se gli occhi di Sakura in quel
momento avessero potuto, lo avrebbero ucciso seduta stante.
Sollevò
le labbra in un ghigno.
- Vorresti
farmi paura? - No, quello era decisamente troppo.
Si
sentiva stanca, affranta, tradita, umiliata... sola
e lui ingranava la dose prendendola in giro?
Alzandosi
lentamente da terra, flettendo le dita, sentì scattare le
ossa
della mano destra quando la chiuse in pugno. La rabbia era talmente
tanta che tutto il corpo tremava convulsamente.
- Sai...
- Non sapeva nemmeno lei come diamine riusciva a trattenersi dallo
sganciare quel destro su quella stramaledettissima faccia da ebete
per sentire, sotto il suo pugno, le ossa del suo viso frantumarsi uno
per uno e non avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi per curarlo.
-Te lo chiedo un'ultima volta... VA VIA!-
- No. -
- Diamine
Sai, ti picchierò talmente forte da lasciarti marcire in
preda
al dolore per mesi perché non permetterò a
nessuno di
avvicinarsi e cur... - Il fiume in piena delle sue parole si
bloccò
quando percepì una presenza alle sue spalle.
No,
si sbagliava, non era una... erano tre,
e la voce che aveva detto quel “no” non era stata
quella di Sai.
Si
voltò lentamente in direzione di quella voce, seria e roca,
mentre il suo cuore batteva furiosamente.
- Sakura-chan,
noi siamo una famiglia, ricordi?-
Naruto?
- Qual
è la prima regola che vi ho insegnato, Sakura? Nel mondo dei
ninja, chi non rispetta le regole viene considerato feccia,
però...
chi non tiene conto dei propri compagni è feccia della
peggiore specie** -
Kakashi-sensei...
- Non
ti lasciamo sola Sakura. -
Yamato-Taichou...
- Noi
siamo un Team, lo hai detto anche tu una volta che siamo una squadra
ed in quanto tale dobbiamo sostenerci a vicenda. - Si voltò
in
direzione di Sai.
- Ma
tu non vuoi... aiutarmi... -
- Non
voglio aiutarti perché non voglio addestrarti nella
rimozione
delle emozioni. -
- Ma
solo così riuscirò a cancellare quello che sento
dentro... solo così riuscirò a non disprezzarmi,
a
chiudere gli occhi e non sentire le mani di quella persona sul mio
corpo, le sue labbra sul mio viso, la sua voce mentre raggiunge
l'orgasmo... - Portò le mani alle orecchie
cercando di
scacciare il ricordo di quella voce che le sibilava quanto fosse
bella tra una spinta e l'altra.
- No
Sakura, così non risolverai nulla. - Disse dolcemente
Kakashi
posando una mano sulla spalla della sua ex allieva. Vederla
così,
piccola e fragile, le straziava il cuore.
- Ma
dimenticherò! - Si ostinò a rispondere lei
cercando di
reprimere quelle lacrime che cercavano di lasciarsi spazio dai suoi
occhi.
- E
noi ti perderemo... -
Naruto
sorrise amaramente appoggiando una mano sulla sua guancia,
accarezzandola dolcemente.
- Ho
già perso Sasuke, non farmi perdere anche te... -
Sussurrò
debolmente prima di stringerla tra le sue braccia. Sakura
appoggiò
la testa sull'incavo della spalla di Naruto ricamando l'abbraccio. La
stringeva talmente forte da mozzarle il respiro e farle male, ma non
le importava. Aveva un disperato bisogno di sentirsi protetta e
amata, non voleva sentire più quella solitudine che per mesi
l'aveva accompagnata rendendola quasi lo spettro di se stessa. Si era sentita violata da quelle
mani che le avevano
strappato la sua purezza senza che potesse impedirlo. Nonostante la
missione lo richiedesse, nonostante l'avesse portata al termine con
successo, non era riuscita a sopprimere quel senso di nausea che
l'aveva accompagnata durante il viaggio di ritorno, così
come nei mesi successivi.
- Passerà
Sakura... - Yamato le appoggiò una mano sulla testa
arruffandole dolcemente i capelli.
- Non
è colpa tua, non sentirti in colpa. - Sussurrò
Kakashi.
Sai
si limitò ad osservarla tremante e piangente, stretta tra le
braccia di Naruto, cullata dalle parole di Yamato e Kakashi.
- Sai...
non ti sei mai chiesto come sarebbe stata la tua vita se non avessi
dimenticato? -
Sai
alzò la testa dal pesante volume che stava leggendo.
- No. -
Rispose senza rifletterci.
- E... - Lui vide le guance di Sakura imporporarsi. Aveva letto da
qualche
parte che quella era una reazione dettata dalla rabbia o
dall'imbarazzo. Ma dal momento che non stava digrignando i denti ed
evitava il contatto degli occhi, doveva essere imbarazzata.
- Tu
cosa pensi dei sentimenti umani? -
- Siamo
Shinobi, Racchia. -
- Eh? -
- Siamo
chiamati a non esprimere le nostre emozioni in nessuna circostanza. -
- Ma
che razza di Ninja è colui che sopprime le proprie emozioni?
-
- Un
Ninja che mette in primo piano solo ed esclusivamente la missione. -
- Sono
tutte stronzate! - Urlò Sakura sbattendo violentemente la
mano
sul tavolo della biblioteca, lasciando che il contenuto del
tè
si disperdesse sulla superficie.
- Una
vita senza emozioni non è vita. Per quanto possa fare male
il
sentimento del dolore, ci fa sentire vivi perché abbiamo la
consapevolezza di sentire ciò che proviamo...
così come
quando siamo felici, perché avvertiamo indistintamente la
gioia
scorrere dentro di noi.
Se
non provassimo più emozioni non saremo altro che delle
marionette vuote e prive della linfa che ci fa andare avanti. Siamo
umani perché proviamo, sentiamo.-
- Non
capisco... -
- Tu
dici che hai dimenticato, ma non è così... ti
sbagli...
- Avvicinò la mano al petto di Sai - Io lo so, nel profondo,
lo
sento che non l'hai fatto. Le emozioni, essendo parte integrante
dell'essere umano, non possono essere dimenticate. -
- Me
lo dicesti tu... Sakura.
Non ti aiuterò a dimenticare... ma proverò a
sorreggerti. - Sussurrò
guardando Kakashi sollevare tra le braccia il corpo stravolto di
Sakura.
Si
passò un dito sulle labbra, per sentire ancora una volta il
calore di quelle labbra che avevano lasciato su di lui una traccia
indelebile.
The End.
(*) Santa Wikipedia mi ha aiutato a far parlare Sai come un libroXD
(**)Le parole famose che Obito disse a Kakashi e che lui ripeté all'allora Team 7 per far capire quanto fosse importante il lavoro di squadra.