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Autore: fra_eater    21/02/2017    1 recensioni
Nella sede di Tartaros, Jackal ritorna dopo la battaglia contro Happy e Natsu e incontra il nuovo membro della Gilda di Demoni.
Storia classificata prima alla seconda edizione del contest di fanfiction indetto dalla pagina facebook 999 motivi per amare Fairy Tail
*Fan Fiction partecipante al Sfiga&CRack's Day indetto dal Forum Fairy Piece*
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jackal, Minerva
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa in comune
 
 
 
“Lamy! Lamy!”
Dove diavolo è quella matta pervertita?
Le ferite della mia stessa esplosione mi stanno facendo provare un male cane. Quei maledetti bastardi di Fairy Tail la pagheranno cara per tutto questo, a partire da quell’inutile gattaccio blu.
“Dove cazzo sei, Lamy? Stupida gallina senza cervello!”
“Lamy non è qui”
“ E tu chi cazzo sei?”
Mi guardo intorno per cercare a chi appartiene la voce femminile che mi ha risposto.
Da dietro una vasca di rigenerazione compare una donna, alta, dai capelli neri con degli strani odango in testa e con le labbra non molto carnose tinte con un rossetto nero. Indossa un abito strano, forse orientale ed ha la faccia da puttana, ma non è solo la faccia, anche il modo in cui cammina trasuda un elevato cenno di altezzosità e stronzaggine.
“Io sono Minerva Orland”
La sua voce è autoritaria, ma al tempo stesso ha una nota di paura, deve essere intimorita da me.
Non cerca di stringermi la mano, rimane a braccia conserte e mi scruta con attenzione, corrugando le sopracciglia piccole e ovali con superiorità.
“Che cazzo stai a guardare?”
Sobbalza lievemente al mio tono ma tenta subito di ricomporsi “Sei conciato molto male” commenta irrigidendo la mascella, indispettita dal mio sguardo.
“Dove cazzo è Lamy?” ripeto, cercandola con lo sguardo e ricominciando a urlare il nome di quella pazza sperando che arrivi presto.
“Non è qui ti ho detto!”
“E dov’ è?”
“Con Kyouka”
Merda! Peggio di così non poteva andare. E mo come diamine posso fare per sistemare queste ferite di merda?
Questa Minerva Orland continua a fissarmi, ma che cazzo vuole?
Scrollo il capo e vado verso i medicamenti. Se non c’è quella cretina me la caverò da solo.
I segni di bruciatura sulle mie mani e sul mio corpo hanno lasciato dei segni orribili su tutta la mia pelliccia, non che me ne importi, ma anche toccare le maniglie fredde di metallo dell’armadietto mi fa ululare di dolore.
“Da’ qua, sacco di pulci!”
Sollevo un sopracciglio mentre guardo questa tipa spostarmi di malo modo e afferrare boccette e bende dall’armadietto “Come mi hai chiamato, sgualdrina?”
Lei ridacchia, sollevando un sopracciglio minuto e regalandomi un sorriso sadico “Da come parlavi prima credevo mi avresti chiamato puttana. Io preferirei meretrice, se proprio dovessero affibbiarmi un tale epiteto, ma il modo in cui sono stata più spesso chiamata è stato strega oppure stronza”.
Riporta lo sguardo all’interno dell’armadietto bianco, poi annuisce soddisfatta “Credo che stronza sia quello che preferisco”.
Poi si volta, guardandomi con sguardo indagatore “Ti lasci medicare o vuoi leccarti da solo le ferite come un cane bastonato?”
 
Le mani di questa donna sono veloci sul mio corpo ustionato. Certo, una cella di rigenerazione sarebbe perfetta, ma solo Lamy sa come si usano e in sua assenza devo accontentarmi del lavoro di questa qui.
La osservo con  attenzione: ha i capelli neri con dei lievi riflessi blu, gli occhi sono grandi e violacei, ma quello che più mi stupisce è la velocità delle sue mani che con delicatezza e precisione avvolgono sorvolano il mio corpo ferito e ustionato e il suo profumo: sa di cucina e di fuoco. Ad essere sincero non è male. I lineamenti sono aggraziati e anche le curve sono tutte al loro posto, come piacciono a me. Ma meglio non abbassare la guardia. Le femmine puzzano tutte di tradimento.
“Che cazzo ci fai qui?”
“Voglio diventare una di voi” replica senza alzare lo sguardo, è molto dedita a quel che fa. Deve essere una leccaculo di merda.
“E per quale motivo?”
Si blocca di colpo, le mani scivolano lungo il mio braccio ustionato, come se si fosse scordata che dovesse fare con le mie ferite, ma poi le solleva per stringerle e vedo che si conficca le unghie nei palmi; il volto, prima calmo, cambia velocemente espressione, divenendo una maschera di puro odio.
“Io…” respira profondamente, cercando di riprendere il controllo di sé “io…” stringe i denti e chiude gli occhi.
Il silenzio è tangibile. Le mie ferite fanno male, ma la curiosità mi pervade.
“ Vuoi parlare insomma?”
Mi lancia uno sguardo che fa raggelare il sangue, ma non posso lasciarglielo vedere. Lei solleva la mano destra, ai miei occhi non sfuggono i segni rossi delle unghie. Chiude gli occhi, come a volersi rilassare e abbandona la testa sul collo, come se fosse sul punto di ridere .
 Chiude il palmo e quando lo riapre una sfera di energia contenente una fiamma balla sulla sua mano.
“Che diavolo…”
“La vendetta!” esclama, interrompendo la mia imprecazione  “Voglio vendicarmi di quei bastardi di Fairy Tail!” mentre lo dice i suoi occhi sono puntati sul fuoco che sembra nutrirsi del suo odio.
Fairy Tail… quelli che mi hanno sconfitto come un demone da quattro soldi, sono li stessi per cui lei prova tutti questo odio che riesco a fiutare nell’aria.
Questa donna davanti a me, in cui lo spirito della vendetta arde più del fuoco che ha tra le mani, ha un non so che di affascinante; sta dimostrando un animo corrotto, da vero demone, e questo mi piace.
Allungo le mani verso il fuoco. Lei mi guarda nervosa ma non dice nulla.
“Questa fiamma” le dedico un ghigno sadico che lei non comprende “ Questa fiamma diventerà la mia prossima esplosione che distruggerà definitivamente quei bastardi”
Il suo viso, dapprima corrucciato, si rilassa in un sorriso austero, con un lato della bocca alzato.
“Il fuoco della vendetta?”
“Quello più potente”
Lei sorride e si passa la lingua sulle labbra, rendendole lucenti e ritorna a fissare la fiamma, rinvigorita dalle mie parole.
Sorrido a mia volta e per poco mi dimentico delle mie ferite.
Sembrerebbe l’inizio di qualcosa destinato ad ardere a lungo.
 
  
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