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Autore: Mirajade_    23/02/2017    1 recensioni
"E Chris avrebbe solo voluto abbracciarla in quell'istante, magari dirle che non l’avrebbe lasciata più andare. "
[Jill x Chris]
[Breaking Benjamin - Never Again]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Redfield, Jill Valentine, Piers Nievans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bring the broken back to life
https://www.youtube.com/watch?v=zEUG3_Zh-rw


Odiava le lapidi.
Il loro colore grigiastro, il marmo freddo, e le incisioni del nome del morto. Erano solo una scusa per rammentare il dolore, no? Forse dimenticare non era un’idea così infima ed errata; cancellare il peso sullo stomaco, sopprimere i brividi di freddo, detergere le lacrime di puro sale capaci di corrodergli la cute.
-L’eterno riposo dona o Signore, questa nostra sorella, Jill, e tutti i morti in Cristo, per la misericordia di Dio, riposino in pace- l’espressione di finto rammarico del prete quasi lo disgusta mentre i ricordi lampeggianti  gli offuscano la vista.
Vorrebbe strapparsi gli occhi e i pensieri a morsi: Jill che lo guarda, respiro sospeso e pupille dilatate; lui soffoca insulti e ringhi mentre la presa della mano di Wesker aumenta d’intensità, poi in una frazione di secondo i suoi polmoni sono di nuovo capaci di immagazzinare aria e la figura di Jill svanita tra frammenti di vetro  e rumori strazianti, portandosi con se la causa del suo dolore.
“JILL!” ed è un urlo infranto tra le rocce e il buio mentre la consapevolezza di averla persa, per sempre, lo divora dentro.
In un attimo agenti, amici, sconosciuti… erano svaniti sotto lacrime di cielo; erano rimasti in due.
Chris Redfield e una lapide.
“B.S.A.A Jill Valentine 1974-2000”
Take the color from your eyes
I bleed for you, I bleed for you
Bring the broken back to life
We'll make it through, we'll make it through


Era il suo sospiro a essere stato mozzato via.
Erano i suoi occhi quelli che ammiravano la figura slanciata e austera della partner.
Erano le sue mani quelle che allentavano la presa sulla pistola .
Non era uno scherzo del destino, una copia malsana o un incubo fin troppo dolce quello che stava vivendo: Jill sostava dinanzi a lui con fierezza e uno sguardo di pura morte che la rese per pochi istanti un’estranea, schiava di un dio del sangue quale era Albert Wesker.
-Jill- fu una nota dolce uscita dalle labbra dell’agente della B.S.A.A , prima che il dolore lancinante dei colpi feroci della donna si facessero sentire.
Chris ne percepì rabbia e tristezza incatramata come se l’albina avesse voluto urlargli contro quanto lo odiava per averla lasciata tra le zanne e gli artigli di quella bestia corrotta da virus e pazzia connaturata. Un pazzo che intesseva i fili di quel gioco come una ragno con la propria tela, che sapeva intrecciare i fili della vita per crearne di nuove o distruggerne altre.
-Jill, sono io Chris!-  mentre l’incessante dolore di una possibile lussazione gli addormentava l’arto destro superiore.
Gli occhi cangianti fissi sul volto della donna dallo sguardo incerto, forse rammaricato.
-Chris- furono le cinque lettere pronunciate da lei chiedendo un aiuto disperato con le iridi di ghiaccio sempre più lucenti.
Lacrime.
E Chris avrebbe solo voluto abbracciarla in quell’istante, magari dirle che non l’avrebbe lasciata più andare. Riversarle addosso quelle scuse incastrate tra i suoi pensieri e i grovigli dello stomaco, stringersela a sé lenendo le ferite aperte che avevano lasciato la sua mancanza.
Wesker avevo riso sommessamente  mentre digitava con fare frettoloso una sequenza di tasti su quello che sembrava essere un palmare, alzando poi lo sguardo di lava sulla figura piegata dal dolore di Jill e su quello infuriato dell’agente.
Avrebbe voluto prendere a calci l’albina in quell’istante: settimane, mesi di ricerche e manipolazioni mentali per poi ritrovarsi al punto di partenza con un giocattolo difettato, sacrificabile come un animale.
Doveva pagare… morire se era necessario, ma in un movimento frettoloso della mano si era limitato ad un “Goditi lo spettacolo di Jill mentre soffre”  addentrandosi nell’ascensore con ghigno demoniaco a incidergli le labbra.
 E Jill pagava con il dolore e il sangue. L’innesto del P30 bollente come fiamme pulsava ferocemente, scavandogli la pelle e rilasciando un quantitativo di droga capace di annebbiarle la mente col dolore; spronandola all’attacco del nemico.
Un respiro affannoso, un battito di ciglia, uno strappo muscolare e la pietra fredda del pavimento le era sembrato un tappeto di spine. Nelle orecchie lo stridio incessante del congegno meccanico che si accartocciava come un insetto, mentre il suo salvatore l’accoglieva tra l’antro caldo delle sue braccia, carezzandole i capelli come fosse cristallo.
-Mi dispiace così tanto- sospirò Jill perdendosi nel vortice di emozioni incessante dentro di lei, aggrappandosi con le unghia e i denti alla certezza che Chris Redfield era lì, davanti a lei, impegnato ad accarezzarle lo zigomo umido di lacrime con la mano.
-Va tutto bene-
Chris seppe di aver mentito.
Empty and perfect, shattered and worthless
Show me what's left, show me what's left
Dragging me further, forget to remember
Show me what's left, show me what's left

Jill aveva visto di tutto nella sua vita.
Un padre morto, episodi di furti risalenti all’adolescenza, zombie, armi biorganiche, e tanta… tantissima cattiveria nel mondo in cui viveva. Dove puntualmente qualche mente malata, qualche pazzo, ne rovinava la pace finta.
Albert Wesker era morto, chi sarebbe stato il prossimo?
Eppure nonostante gli orrori e le gioie che la vita le aveva riservato non si sarebbe mai aspettata di vedere Chris piangere.
L’uomo alto e forte dalla stazza di un armadio, sostava davanti a lei, con le lacrime a rigargli le guance e le unghia conficcate nei palmi delle mani. Addosso ancora i vestiti sporchi di terra e sangue che portavano l’odore dell’Africa, nonostante fossero ritornati in America da ore.
Adesso nel loro silenzio tombale, solamente loro, si dissero che non avevano bisogno di parole.
L’abbraccio che ricevette l’albina fu paragonabile ad un cura o una droga da cui uscirne dipendente alla prima prova; il corpo caldo dell’agente una casa che non aveva mai avuto. Strinse la presa lasciando lacrime bollenti scivolare via dal suo controllo, sospirando come un mantra due sole parole… “Sei qui”.
-Non permetterò mai più a nessuno di portarti via da me- parole di balsamo che le solleticavano il cuore immergendosi nella completezza di quegl’occhi cerulei che amava come poche cose al mondo.
Inspirò lasciandosi andare ad un bacio dal sapore salato .

Never again, never again
Time will not take the life from me
Never again, never again
Time will not take the life from me


Il volto deformato e marchiato di Piers fu l’ultima immagine che Chris poté vedere prima di calpestare nuovamente il suolo americano con la sconfitta nell’animo.
L’Haos era stato inarrestabile e mostruoso; né ricordava il corpo trasparente munito di tentacoli, dove un endoscheletro si mostrava quasi con fierezza con occhi tondeggianti e spalancati. Ne ricordava i movimenti confusi ma decisi, ricordava le urla di Piers mentre dell’arto strappato non rimaneva che carne lacerata e osso scheggiato, ricordava sempre quest’ultimo afferrare quella dannata siringa e iniettarsi lo stramaledetto Virus C.
“Andrà tutto bene” eppure Piers non gli aveva creduto, e chi lo avrebbe fatto? Aveva sbattuto la palpebra integra sulle iridi verdastre, spingendo la leva preparandosi ad un addio immediato.
Le urla del suo capitano come sottofondo.
Quello stesso capitano che si era ritrovato nuovamente davanti ad una lapide di marmo. Quante ne aveva viste? Troppe. Quanto tempo era passato? Troppo.
Tempo.
Il tempo che portava via la sua vita; il virus che faceva da complice.
Stava mandando tutto in fumo.
-Come va?- aveva incrociato le dita con le sue, Jill, lasciando carezze col pollice sulla mano piena di tagli del capitano e mirando quella lastra fredda rappresentazione di un uomo ingiustamente vittima di un fato cruento.
-Come sempre- aveva risposto Chris, ricambiando la presa.
-No, non questa volta- e se il tempo portava via loro la vita, ne avrebbero inventato altro per ricostruirla.
 
 
And after this world is out of reach
Sober and silent, faded and violent
Hopeless I fight to fall between
Never surrender out of the embers
Save a space inside for me
 
 
 

Extra
Il mare di lava prendeva forma nella mente di Jill, tenendo stretto quel pezzo di plastica puntato contro mostri informi mentre la sua collaboratrice si esibiva in un balzo felino sparando ferocemente proiettili leggeri.
Uno dei nemici cadde inerme sul suolo.
-Sono troppi- aveva urlato in uno stridulo la figura minuta da lunghi capelli color cioccolato, rotolando di lato e sparando un altro colpo non andato a segno questa volta; fece per spararne un altro, pregando che il nemico non l’attaccasse, ma le munizioni erano terminate e la sconfitta ad un passo da lei.
Poi la figura di cartone cadde sulla moquette assieme ad altre adornandola insieme ai proiettili di spugna.
-Missione compiuta  agente Redfield- sorrise vittoriosa Jill, ruotando tra le mani la pistola giocattolo, destreggiandosi in pigiama e ciabatte pelose –Ritornare alla base-
Sbuffò la bambina – Ma voglio giocare ancora-
-Ely- ma per quanto Jill potesse insistere Elinor era difficile da convincere, testarda come pochi. Poi un suono familiare provenire dal cellulare la fece ridestare accompagnato dal classico click della porta d’ingresso. Sorrise allora vittoriosa.
-Non vorrai che chiami i rinforzi, vero?-
Elinor strinse le braccia al petto, gettandosi sul pavimento e alzando le gambe in posa bambinesca sentendosi poi sollevata in aria come un sacco vuoto.
-Rinforzi?-
E Jill aveva risentito quel balsamo ammorbidirle il cuore, le risate della figlia belle come poche stretta tra le braccia possenti dell’agente della B.S.A.A, Chris Redfield.
E non le bastò altro…
Infondo di tempo ne avevano trovato.
   
 
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