Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: mughetto nella neve    24/02/2017    1 recensioni
"Su New York non scende mai la notte. È una città che non smette mai di lavorare: le luci dei locali si accendono e spengono con intermittenza regolare, le macchine formano lunghe code nelle strade principali ed ancora si vedono gironzolare persone nonostante le tre inoltrate.
Steve vorrebbe dormire ed, invece, sta davanti alla finestra dello spazioso salotto.
Steve dovrebbe tornare nella sua stanza ed, invece, continua a sorseggiare il caffè – in piedi."

[ Stony (ma leggera, eh!) | missing moment ]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

autore: mughetto nella neve [ AO3LJ ]
fandom: MCU
personaggi: Tony Stark, Steve Rogers; [citati] Pepper Potts, James Rhodes, Natasha Romanov
coppia: [hint] Stony
rating: verde
genere: introspettivo, sentimentale
numero parole: 1869
avvertimenti generali: missing moment
nota: Mi ero ripromessa di scrivere alla mia ragazza una one-shot su Sengoku Basara - sulla sua OTP, magari; ed invece STONY HAPPENS. Ed è pure venuta su uno schifo. Insomma, è un lavoro oggettivamente insipido! E non è manco questa la parte più divertente. La parte più divertente è che lei manco lo segue questo fandom! Quindi, boh, ho speso due ore della mia vita così, a cazzo. E questa nota sembra più una lamentela che una annotazione vera in sé; ma che volete farci? È mezzanotte ed io sono stanca. Non siamo tutti degli amanti delle ore piccoli come i due citrulli di questa storia. Che dire, dunque? Buona lettura!

 


 

a Giulia,
che da un anno rende la mia vita più felice

 

 

Holding us Back

 

Su New York non scende mai la notte. È una città che non smette mai di lavorare: le luci dei locali si accendono e spengono con intermittenza regolare, le macchine formano lunghe code nelle strade principali ed ancora si vedono gironzolare persone nonostante le tre inoltrate.

Steve vorrebbe dormire ed, invece, sta davanti alla finestra dello spazioso salotto.

Steve dovrebbe tornare nella sua stanza ed, invece, continua a sorseggiare il caffè – in piedi.

Oltre lo spesso vetro, il mondo continua a muoversi. Può quasi intuire il suo viaggio, anticipando gli avvenimenti dell’indomani vagheggiando circa il numero delle nascite, dalle morti, di chi troverà lavoro, chi l’amore. Recentemente si sente un po’ fuori da simile fiumana. Si potrebbe dire che, per certi versi, è dall’altra parte del vetro. È Steve Rogers lui, Captain America – l’uomo che ha sconfitto i nazisti, l’Hydra e forse il tempo stesso. Da parecchio tempo, non è più un essere umano come tutti gli altri. Si è sottratto al moto del mondo ed ora può solo osservarlo, da lontano.

Non è che si sia pentito. Non ha mai desiderato una vita serena, come gli altri. Dentro di lui, ha sempre saputo di volere altro: il bruciante sogno di servire il suo paese, di essere utile, di voler fare del bene ancora pulsa dentro di lui. Non gli interessa la gloria o il pubblico riconoscimento, vuole semplicemente aiutare. E forse, anche se ormai fuori da quel movimento costante ed inarrestabile di vita e di morte, può ancora farlo.

Beve ancora il suo caffè. Mancano, si e no, dieci minuti alle quattro. Dovrebbe andare a dormire. Si ferma, tuttavia, a guardare New York ed il suo corpo torna a farsi di sale. Non ha più forze, osserva la vita oltre il vetro e quasi si perde ad immaginare dei singoli individui che vede passare sul marciapiede. Sono felici, tristi, frustrati dalle loro esistenze? Sono consapevoli di quanto la loro vita quotidiana, per quanto imperfetta, sia quanto di più prezioso possiedono? Chiude gli occhi e passa una mano sul suo viso. Sta bevendo troppo caffè. Dovrebbe andare a dormire. Si, dovrebbe proprio tornarsene a letto. Emette un mugugno frustrato quando è costretto ad ammettere a se stesso che, anche in camera, nella propria branca, comunque non prenderebbe sonno.

« Problemi di insonnia, capitano? »

Tony non dovrebbe essere lì. Fa fatica a contestualizzarlo nel soggiorno, solitamente non è mai lì; la maggior parte delle ore – che si tratti di giorno o di notte non fa differenza – le passa nel laboratorio o a disturbare Banner circa qualche progetto venutogli in mente mentre era in riunione. Quando non combattono per salvare le sorte del pianeta, Tony Stark è simile ad un gatto selvatico che si vede raramente: Steve lo vede entrare in cucina, uscire dal laboratorio, magari lo saluta anche quando si incrociano nel corridoio e lo sente litigare con Jarvis o con Pepper per qualcosa circa la sua salute e il suo regime alimentare. In verità – e qui Steve si sente in dovere specificarlo – lui non vorrebbe ascoltare e, tanto meno, essere inteso come una spia; semplicemente Tony ha la brutta abitudine di scappare via quando la segretaria comincia a ricordargli degli impegni presi e quindi le loro urla si sentono per tutta la casa dato che la attraversano almeno una decina di volte. Rhodey trova la cosa incredibilmente divertente, paragonandoli spesso ad una vecchia coppia sposata.

« Potrei dire lo stesso di te, Stark » risponde a voce bassa mentre lo guarda aggirarsi per il salotto in cerca di qualche cosa. Agita le mani davanti a sé e si muove a scatti alterni – per certi versi gli ricorda davvero un gatto.

Tony non gli risponde subito: per poco non sbatte contro il divano e, con poca cautela, riprende a muoversi senza apparente cognizione di causa. Lo ignora per qualche minuto, attraversa l’intero soggiorno e finalmente raggiunge un mobile che sta a pochi passi dal pianoforte a coda. Steve alza un sopracciglio e quasi si avvicinerebbe a lui per sapere cosa va cercando nei cassetti. Quando vede la bottiglia di whisky trattiene per qualche istante il respiro e poi emette un verso rassegnato.

« Io sto lavorando » obietta Tony, aprendo senza fatica la bottiglia e cercando di recuperare anche il bicchiere. L’altro non replica e questo pare in qualche modo calmarlo dato che i suoi movimenti si fanno più lenti e calcolati. Steve lo osserva e, nonostante la poca luce nella stanza, segue perfettamente i suoi gesti impacciati tanto che – quando uno dei bicchieri casca non è poi tanto sorpreso. Tony pare essersi sporcato, impreca sottovoce e quasi fa per chiamare Jarvis salvo poi fermarsi e spostare i cocci verso il muro. « Potrei dormire, ma preferisco fare altro; tu, invece, » e qui lo indica con sorriso sotto i baffi mentre prende la bottiglia e si sposta sul divano con rinnovata calma « Tu vorresti dormire, ma non ci riesci ».

Steve lo guarda sedersi. La luce proveniente dalla strada illumina i contorni della sua figura. È un profilo parziale quello che ha di Tony: vede con difficoltà il suo viso e tuttavia riesce a notare gli abiti di lavoro con cui è solito trafficare nel proprio laboratorio, riconosce la sua barba curata e così anche la marca del whisky e però non riesce ad afferrare cosa stia guardando. Si volta completamente, dando le spalle alla finestra e lo guarda prendere qualche sorso dalla bottiglia.

L’odore dell’alcool gli da fastidio, tira su col naso e la voce di suo padre gli torna alla mente. Chiude gli occhi e si concentra su altro, non ha voglia di pensarci ora: « Comincio seriamente a pentirmi dell’essermi alzato dal letto ».

Tony, invece, ride. Si porta una mano sulla bocca e cerca quasi di essere silenzioso anche se la sua risata è qualcosa di grossolano ed incredibilmente alto. Forse ha svegliato tutti – sicuro Romanov lo è, anche se probabilmente lo era anche prima. Tony continua a ridere e Steve lo guarda leggermente confuso. Era davvero così divertente quanto detto? Il suo voleva essere un pensiero neutro. Certo, era ovviamente diretto a Tony ed il suo mancato controllo circa l’assunzione di alcolici; ma era un’enunciato piuttosto cinico e freddo. Tony, però, rideva e non pareva volersi fermare. Forse era colpa del whisky. Non ne aveva bevuto molto – cinque sorsi, aveva contato – e di certo non era così immediato l’effetto; ma forse aveva bevuto qualcosa prima, forse era già ubriaco quando lo aveva raggiunto in salotto o forse, chissà, trovava quel suo momento di antipatia gratuita genuinamente divertente.

Fatto sta che erano le quattro e, continuando in quel modo, gli sarebbe venuto il singhiozzo.

Steve lo guarda bere un altro sorso di whisky ed il ricordo del padre lo prende di nuovo. Era come vedere un vecchio fotogramma ripetersi più e più volte. Dovrebbe semplicemente ignorarlo, tornarsene in camera e magari provare a prendere sonno; ed invece continua a guardare Tony ed un nervosismo crescente aveva ormai preso il suo animo: « Non dovresti bere a quest’ora »

« E tu non dovresti crederti mia madre » risponde prontamente l’altro uomo, alzando il viso. Ricambia il suo sguardo e pare intenzionato a non cedere. Steve lo osserva per quelli che paiono essere minuti interi. Tiene i suoi occhi fissi sul viso di Tony e nota particolari che non ha visto prima d’ora, forse è la luce a fargli brutti giochi o la stanchezza per il poco sonno. Guarda Tony e vede gli occhi di Howard, lo stesso fuoco che aveva negli occhi e qualcosa in più. Sa poco dell’uomo davanti a sé: particolari specifici sulla sua alimentazione scorretta, notizie sparse sulla sua vita ed aneddoti stravaganti che ogni tanto saltano fuori dalla bocca di Rhodey o di Fury. Ma chi è l’uomo che ha davanti? Il genio, forse. Magari il miliardario o l’uomo in armatura. Tony lo guarda negli occhi e non pare voler cedere il passo.

Chi è? Chi è? Sembra così diverso da quello con cui ha a che fare tutti i giorni. D’improvviso tutte le informazioni che ha guadagnato col tempo su di lui vengono meno, cadono a terra e vengono accostate al muro come il bicchiere di poco prima. Steve guarda l’uomo davanti a sé e si convince che l’uomo davanti a sé non sia Tony Stark. Quello che ha davanti a sé è uno sconosciuti: guarda i suoi capelli disordinati, i vestiti disordinati e si rende conto troppo tardi di aver abbassato lo sguardo. Ha perso. Steve, però, non si sente come tale; non sente di aver perso l’orgoglio o la faccia, in fondo non c’era niente di maturo nello sfidarsi a chi mantiene lo sguardo più a lungo. Cosa sono? Bambini? Steve si porta una mano in viso e sospira.

Tony, però, sta ancora fissandolo. Ricambia il suo sguardo e va a sedersi accanto a lui. La pelle del divano è fredda e Tony, accanto a lui, non pare non intenzionato a riaprire il discorso. Va bene così. Non si sarebbe scusato. Pensa davvero che Tony non dovrebbe bere a quest’ora della notte – o del mattino, a seconda dei casi. Fissa la finestra e trova il panorama improvvisamente noioso. Davanti a lui ci sono palazzi, la luce dei lampioni è fastidiosa ed anche i rumori delle gomme sul cemento gli fanno aggrottare le sopracciglia. Accanto a lui, il respiro dell’uomo è tranquillo. Steve lo fissa e si ferma a studiarlo.

« Non ti chiederò scusa » inizia di nuovo parlare Tony. La sua voce è più roca e, anche se si sforza di apparire più serio e composto possibile, nota un certo imbarazzo nel suo parlare. Lo vede poi passarsi la mano sul viso, massaggiandosi prima la fronte e poi scorrendo veloce fino alle guance, chiude gli occhi e prende un lungo respiro. Steve osserva la sua pelle e la scopre sporca e sudata, si domanda quanto tempo sia passato dall’ultima doccia fatta; resta zitto e lo guarda fare lunghi respiri. « Non ti chiederò scusa, si. Ma forse sono sbronzo, quindi – dato che ufficialmente non rispondo delle mie parole ed azioni – posso anche farneticare sul fatto di diventare troppo rude quando tratto troppo a lungo con le macchine ».

Restano in silenzio.

Steve lo osserva, di nuovo. È stordito. Forse è per via dell’insonnia, della puzza di whisky per tutto il salotto o forse è solo Tony quello a confonderlo. Davanti a sé, la città continua a muoversi – quasi respira e vive come un vero e proprio essere umano. L’altro uomo la osserva, salvo poi tornare seduto composto e stringere la bottiglia di whisky a sé. Puzza davvero di sudore e di qualche strano odore di bruciato; i suoi capelli sono davvero sporchi e così la barba gli appare d’improvviso più folta e disordinata. Steve si trova a fronteggiare presto lo sguardo di Tony. Si osservano ancora. Di nuovo. Restano ad osservarsi dall’altra parte del vetro, entrambi troppo presi dall’altro uomo per riprendere ad osservare la città di New York lentamente illuminarsi dal sole.

 

 

« Resta il fatto che tu non dovresti bere a quest’ora »

« Devo trovarti un hobby, Capitano. Un hobby che ti faccia dormire e non sia diventare una madre ossessiva. »

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: mughetto nella neve