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Autore: Luna_R    24/02/2017    0 recensioni
Najla Louise Chedjou è una venticinquenne, in una Parigi agli sgoccioli degli anni sessanta.
Ha un fratello, Benjamin, che adora e la adora; una madre che in giovinezza, nonostante le rigide regole dell'epoca, fu una vera anticonformista e uno zio acquisito, che ha riportato nelle loro vite la serenità e l'arrivo di un altro fratello, Lukas. Najla è una ragazza determinata ad inseguire i suoi obiettivi da medico, sebbene la società la voglia moglie e madre, non intende rinunciare per nulla al mondo. Questa forza nasconde però una grande fragilità e il dolore di una perdita che l'ha segnata. Riuscirà il destino a farla ricredere?
*
Storia ispirata alla mia F.F Zenzero&Cannella. I miei vecchi personaggi sono andati avanti, nel prologo ho inserito le informazioni base necessarie per capire la psicologia dei nuovi personaggi, perciò non ritengo sia necessario aver letto la suddetta, ma ovviamente sarei felice se qualcuno ci passasse!
***
Capitolo 1_Non credo di essere speciale nel desiderare che le persone non soffrano più. Credo che ogni medico tutti i santi giorni debba svegliarsi con la voglia di salvare quante più vite gli sia possibile e sono certa che sia così.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Menta e Cioccolato



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Capitolo 17.



Maggio 1968. Parigi.


La situazione era precipitata.

Dal tre maggio la città di Parigi era ufficialmente sotto assedio e testimone di numerosi scontri fra forze armate e protestanti.

Un nome fra tutti spiccò fra questi ultimi; Daniel Cohn-Bendit, che la storia ricorderà quale motivatore delle proteste universitarie e simbolo di tutte le altre. Si partì dall'università di Nanterre, dove gli studenti vennero sfrattati dopo quaranta giorni di assedio, per poi prendere occupazione alla Sorbona. L'intero quartiere latino fu teatro di grandi cortei e barricate, non senza conseguenti scie di sangue e centinaia di feriti.

L'apice si toccò il tredici di maggio, con l'università occupata da sempre più accoliti e un corteo di ottocentomila persone che portò al collasso la città.

Nessuno dimenticò quella data.

Io e la mia famiglia ne uscimmo devastati.



*


L'ospedale continua ad essere sotto assedio, ma si è giunti a un compromesso interno, che non impedisce di negare sussitenza a chi neccessiti di cure urgenti.

Il pensiero che i miei bambini siano tutelati, mi rende il cuore più leggero ma certo non posso negare a me stessa la preoccupazione per ciò che accade fuori queste mura. Patrick fa la spola dal cortile in sala chirurgica, io stessa ho tolto il camice per fare la sentinella pacifica. Richard e Geremia ci guardano consumarci fra la stanchezza e l'orgoglio da dieci giorni ormai, temendo di vederci accasciati su un pavimento o vittime di chissà quale pestaggio.

Le forze dell'ordine sono aumentate, una fitta barricata in divisa, ma non si è mai venuti allo scontro, prego perchè questo non accada mai.

La tv è perennemente accesa, i notiziari si susseguono in un valzer di immagini cruenti che facciamo fatica a restare impassibili; ogni giorno decine di ragazzi e ragazze vengono scortati in pronto soccorso, malconci e sul filo della vita.

Sto medicando un giovane che avrà si e no ventanni, quando Patrick irrompe nella sala e alza il volume della televisione.

Scioperanti a Nanterre hanno iniziato ad occupare le fabbriche, con un bilancio di almeno venti di esse sotto assedio; ero così presa dai punti di sutura sul volto pesto del giovane, che ho del tutto messo una pausa sulla realtà.

"Non ci vorrà molto perchè i parigini li imitino." Strepita in un misto di orgoglio, cautelato dalla mia situazione personale. In effetti non credo di aver messo su una delle mie espressioni più rassicuranti, tanto che ho persino un punto di sutura a mezz'aria da un pò. "Perchè non lo lasci a me e provi a chiamare tuo fratello?" Dice, avvicinandosi. Annuisco come un automa, temendo il peggio.

Esco dalla stanza con il terrore nelle pupille, mi precipito al primo telefono libero e compongo un numero a memoria.

Diversi squilli a vuoto mi fanno protestare lo stomaco per l'ansia.

Decido di chiamare casa, quando la mamma risponde, sa già cosa voglio sentirmi dire.

"Tuo fratello è sotto sequestro alle fabbriche. Non lo lasciano andare via, finito la riunione con i sindacati terrà un dibattito." Esordisce con voce rotta. "Non vogliono azioni violente, si definiscono pacifici, vogliono solo un manipolo di giornalisti per essere ascoltati e a questo sta già pensando Richard." Un discorso sentito altre volte, penso in angoscia. Finito di parlare Deesire scoppia a piangere; dai primi minuti della nostra conversazione, sento tutta l'impotenza della mia frustrazione. "Se gli dovesse accadere qualcosa io.." Aggiunge, squassata dai singhiozzi.

"Mamma non dire così!" Protesto, scacciando via qualsiasi pensiero nefasto. "Benjamin è un uomo giusto, sono sicura non gli torceranno un capello."

"Fabien non fa che ripetermelo, come una litania. E' più agitato di me, è corso alle fabbriche appena lo ha saputo."

"E' solo o anche Richard è lì?"

"Richard è riuscito ad entrare." Sussurra secca. "Pensavo lo sapessi, lo hanno detto anche al notiziario."

Il mio cuore manca un battito. Parick sull'uscio, nero come la pece, conferma le parole di mia madre. "Mamma devo lasciarti.." dico in un fil di voce.

"Najla Louise.." il suo tono si fa fermo e protettivo. "Per l'amor del cielo, ti prego di non prendere iniziative avventate!"

"Cosa dovrei fare?" Strepito ancora. "Dentro quella fabbrica ci sono mio fratello e l'uomo che amo!"

"Najla.. siete la mia vita, se vi accadesse qualcosa io morirei insieme a voi."

"Smettila di dirlo!" Protesto immaginando scene devastanti. "Forse per la prima volta dopo tanti anni, questo paese sta reagendo a una situazione che lo ha annichilito e svalutato.. e tu, pensi solo alla catastrofe? Dovresti essere la prima a scendere in strada, darti da fare, non piagnucolare per i tuoi figli!"

"Ingrata!" Ribatte, furiosa e piangente. "Vi ho tirati su quando non avevamo più nulla, se non un buon nome. Ho ricostruito un'intera famiglia con le mie sole forze, come ti permetti di darmi della piagnucolona?"

Abbozzo una risata cattiva, i brividi mi scuotono come corde di violino. "Credo che Fabien ti abbia dato una grossa mano a riguardo."

"Cosa c'entra Fabien?"

Sento gli argini dei miei segreti taciuti, esplodere; sono sconvolta e disperata, stanca e sicuramente poco lucida, ma parlo.. e sono senza freni.

"Credo tu lo sappia bene, infondo. Quale uomo lascia i conti aperti a una donna.. se non perchè questa è la madre di suo figlio?"

Lei non ribatte dapprima e il suo silenzio è una lama che mi percuote l'anima. Non ci siamo mai parlate con tanta durezza e disprezzo nel corso della nostra vita, mi sento come a un punto di non ritorno e la cosa strana è che non sono per nulla pentita delle mie parole.

"Come lo hai saputo?" Dice dopo un pò, non tentando neanche di giustificarsi.

Sento la sua domanda, ma non l'ascolto veramente. Quella verità, mi squarcia il cuore e lo lascia sanguinare.


Patrick si avvicina, brandisco ancora la cornetta, riaggancia e mi prende per mano fino alla sala con il televisore.

"Mi dispiace." Dice funereo, indicando Benjamin in diretta sul canale cittadino.


*

Il soprabito lungo e nero svolazza nei cortili antistante le aziende; ogni passo che percorre, ogni volantino che consegna, presagiscono la faccia funerea che Hamilton metterà su quando verrà smascherato e il clan Chedjou affossato. Passa un foglio a un gruppo di uomini stipati vicino all'ingresso, chiede loro di farlo entrare, ma questi lo trattengono con la forza senza neanche badare a ciò che gliè stato consegnato.

Ringhia. "Sono quì per aiutarvi ad ammutinare il vostro capo! Ho le prove che lui non è ciò chi dice di essere!" Uno di questi gli ride in faccia additandolo a pazzo, per spintonarlo all'indietro. Vacilla ma torna dritto e alza le spalle più fiero che mai. "E' scritto là, razza di idiota! Hai la verità fra le mani e non te ne sei neanche accorto." Quello getta una rapida occhiata annoiata al foglio, quando ha fatto rialza lo sguardo e lo fissa esterrefatto. "Già. E se vi ha mentito sulla sua identità.." ribatte, affilando il tono di voce ed ergendosi con il petto. "Cosa vi fa credere che non menta anche sulla vostra attuale situazione? Ho ricevuto una soffiata che riguarda la sua decisione di oggi; non cederà ai vostri ricatti nemmeno sotto tortura!"

Un uomo gli si para di fianco, stringe in mano il volantino che ha fatto stampare con il referto medico che attesterebbe la non consaguineità di Benjamin con i Chedjou. "Come hai avuto questa prova?" Dice fra i denti.

"Da qualcuno che li conosce bene."

"Stronzate." Ribatte.

"Come le vostre, che vi state raccontando oggi! Lui è un gran cantastorie, non cederà e voi non vedrete il becco di un quattrino." Ride sarcastico e chiassoso. "Con questa prova potete ridurlo in poltiglia; pensateci bene, sarà così soprafatto dall'essere stato smascherato che sarà il momento giusto per affondare il coltello e prendervi ciò che vi spetta di diritto."

Il manipolo di uomini si guarda fra loro in un cupo silenzio, dopo pochi minuti si avvicinano altri uomini e poi altri ancora.

"E' vera questa storia?" Chiede uno.

"Ah quanto pare sì."

"Ci ha ingannati." Risponde un altro.

"Che si fa?!" Chiede un altro ancora dalle file.

"Fra un pò terrà la conferenza. Facciamoglielo avere mentre è in atto il dibattito." Ghigna l'uomo che aveva accusato Morgan di dire stronzate. "Tu che dici sei dei nostri?" Si volta a cercarlo, ma Morgan è già lontano, oltre i portoni dell'azienda con una macabra risata stampata sul volto.


"La sorella di Chedjou è quì?" Chiede dopo un giro di ispezione nel quale ha intravisto la sagoma di Richard Hamilton; Il bavero del soprabito tirato fin sul volto, lo ha salvato per un soffio dall'essere riconosciuto.

Il tizio sotto al palchetto pronto per la conferenza, lo fissa torvo. "Pare che non sia la sorella." Gli passa un volantino e la soddisfazione accresce nel suo petto ancora di più. "Comunque no. Da quanto so è piantonata al Salpietrere da giorni ormai." Poi gli fa cenno di scansarsi. "Voglio il posto migliore quando lo vedrò cadere nelle sue bugie."

"Goditi lo spettacolo." Risponde, addentrandosi nei cunicoli dell'azienda.


*


Benjamin sente il cuore martellargli negli orecchi, mentre scende le scale che dagli uffici lo portano al centro del cuore dell'azienda; in un attimo file di ricordi belli e brutti lo investono, facendolo vacillare sui suoi stessi passi. Sente nell'aria una strana sensazione di sconfitta, nonostante la riunione con i sindacati abbia portato a una buona soluzione. Il periodo storico in cui vessa Parigi lo ha messo nella condizione di andare di pari passo alle richieste dei suoi operai ma daltronde nei suoi impegni futuri si era già prefigurato di rivedere la loro la paga base, dopo che l'intervento sanatorio di Chedjou volto ai conti dell'azienda, aveva portato buoni frutti. Si sentiva pieno di orgoglio verso quegli uomini, anche se lo avevano messo sotto torchio e la sua posizione in quel momento non era delle migliori, sapeva che avrebbero gradito vedere i loro sforzi ripagati.

"Lavoratori e lavoratrici delle aziende Chedjou, sono quì per comunicarvi l'esito della discussione avuta con le sigle sindacali che vi rappresentano." Prende il respiro ma subito un boato di fischi si leva dalle file, tenta di sorvolare ma questi si fanno più forti e più incessanti. "Cosa avete da fischiare se non ho ancora parlato?" Chiede nell'immediato, sbottonandosi i primi bottoni della camicia.

"Bugiardo! Sei un vile" Gli risponde un uomo.

"Vile!"

"Fanatico!"

"Traditore!"

Gli insulti si moltiplicano, coprendo la sua voce e persino il suo respiro; getta un'occhiata agli uomini che tengono stretti fra le mani dei fogli tutti uguali e lascia il proprio posto per accaparrarsi uno di quei volantini. Non c'è bisogno che arrivi molto lontano, perchè qualcuno glielo consegna senza battere ciglio.

I flash gli puntano addosso.

"Bastardo!" Ululano in coro gli uomini esaltati dal suo sguardo perso e vacuo.

"Bastardo usurpatore, dicci chi è il tuo vero padre!"

"Bastardo!"

Quelle voci gli penetrano il cervello, Paul gli è subito accanto, gli sfila il foglio dalle mani e nel leggerlo viene montato dalla rabbia; lo accartoccia e lo getta ai piedi, guardando spiritato i suoi sottoposti. "Ma che vi prende? Da quando date retta a certe fandonie?" Ulula. "Avete davanti l'uomo che ha rivoluzionato questa azienda per far si che il vostro futuro fosse dei migliori. E ci ha impiegato un solo anno solare! Che vi prende?"

"Sappiamo che non cederà alle richieste dei sindacati." Abbozza un tipo tozzo e calvo lì accanto.

Paul si agita, sta per rispondere ma Benjamin gi posa una mano sulla spalla, pregandolo di mettersi da parte.

E' annientato da un tale gesto ma sa che spetta a lui difendersi, proprio come gli ha insegnato suo padre.. e prega che dal cielo, stia guardando altrove in quel momento. "Non mi avete lasciato parlare. Vi siete soggiogati e montati a vicenda così tanto, che avete dimenticato chi sono e cosa ho fatto per questa azienda." Alza di un tono la voce, così che possa essere chiaro. "Ero giunto quì pieno di speranze, certo che i miei uomini avrebbero apprezzato la discussione di una nuova paga salariale." Il brusio si spegne, l'attenzione è alle stelle, le stesse facce accusatorie si fanno ancora più scure e presto ammantate dai sensi di colpa. "Non credevo fosse una questione di sangue, uomini che non fanno parte di questa famiglia hanno amministrato l'azienda al loro meglio, prima di me. Io sono nato per questo, non mi è stato chiesto cosa volessi fare della mia vita, semplicemente questo è il posto in cui dovevo essere." Come se si fosse levato un vento improvviso, i volantini scivolano di mano dagli uomini. "Ma questo è qualcosa che va al di là, di ciò che devo essere. Questo gesto mi fa capire che il mio tempo quì è terminato e che non posso più dare nulla a questa azienda o a voi. Mi dimetto!"

Paul lo sovrasta, il volto cenereo. "Benjamin che dici? Sistemeremo tutto, per quanto è vera questa rivoluzione metterò a soqquadro l'intera azienda, per trovare l'artefice di questa pagliacciata. Ma aspetta! Ragioniamo insieme!"

"Paul, a quale scopo se non hanno la minima fiducia nel sottoscritto?!" Risponde affilato.

"Lo hai detto tu, gli animi sono incendiati, Parigi è in guerra.."

"Parigi non può essere una scusa per tutto." Lo mette a tacere, negando con il capo. "Ti prego di prendere i documenti di cessione di Hamilton. E fallo chiamare, che si precipiti quì."

Paul è ammutolito e il suo corpo non risponde ai richiami.

"Benjamin!" La voce di Richard sovrasta dalle file ormai scarne di persone. I più avviliti hanno lasciato la sala, i più agguerriti non sanno se esultare o piangere. I giornalisti non battono più le dita sulle macchine, i fotografi hanno smesso di armeggiare le loro macchine fotografiche; c'è grande patos e attesa. "Sono quì per l'amor del cielo!" L'uomo è sollevato nel vederlo. "Mi dispiace." Dice nell'immediato, secco.

Ben scuote il capo. "Avevi ragione tu fin dall'inizio. Senza la fiducia dei miei uomini non c'è ragione per la lotta."

"Chedjou.." Richard è teso, il volto una maschera di emozioni nefaste. "Era una vita fa. E tu non sei mai stato uno che molla, l'ho capito subito, per questo mi sono fatto da parte, perchè sei sempre stato un fottuto osso duro."

Ben sogghigna al suono del suo appellativo. "E' arrivato il tuo momento Richard."

L'uomo scuote il capo, un volantino fa capolino dalla sua tasca; lo prende e guarda alle sue spalle. "Maximilianne ha trovato chi lo ha diffuso."

Il sorriso di Benjamin è un sorriso amaro e diabolico. "Se parliamo di fottuti ossi duri tu mi sei sempre un passo avanti, Richard. Dov'è?"

"Nel tuo ufficio." Ribatte Richard. "Ma lascia che ti accompagni, devo raccontarti qualcosa."



Il pugno di Benjamin era qualcosa che attendeva, dopo avergli raccontato per filo e per segno di suo nonno e dell'accordo preso per impossessarsi delle aziende; non si è scansato di mezzo millimetro, accogliendolo come se fosse una carezza.

"Credo di meritarlo." Dice, massaggiandosi la guancia. "Ma dalla teoria alla pratica, non c'è stato attimo in cui ho pensato di fregarti. Quando mi sono reso conto di ciò che provavo per Najla, sapevo già che mio nonno non avrebbe vinto."

Benjamin lo guarda duro, si massaggia le nocche e parla serafico. "Non sei degno di starle accanto, questo lo sai?"

"Ti sbagli." Risponde fiero. "Il suo amore mi ha cambiato e adesso sono l'uomo che voglio essere e di cui lei ha bisogno."

Un sorriso di scherno trasforma le labbra serrate di Benjamin. "Sì, ma a quale prezzo?"

"Non ci sono io dietro questa storia, Maximilianne lo ha messo sotto torchio, puoi farti dire da lui ciò che ha rivelato."

"Potreste mentire entrambi, per quanto mi riguarda."

"Chedjou, se avessi voluto farti fuori avrei avuto diverse occasioni, non trovi? Ho accesso ai bilanci e ad ogni cavillo di questa azienda."

Il volto di Ben si dipinge di una smorfia. "Vuoi mettere la gogna pubblica? L'esaltazione dell'umiliazione? Per quanto mi riesce difficile pensarti così meschino, che tu abbia ragione oppure menta.. le aziende saranno tue Hamilton. Proprio come hai sempre voluto."

"Si le ho desiderate." E' questo che risponde il cuore di Richard. "Le ho desiderate tanto, ma non al prezzo dei miei sentimenti!"

Un lampo passa negli occhi verde azzurro di Chedjou. "Ti sbagli, tutto può essere comprato. Perchè tutto può essere venduto."

Le stesse parole di allora, quelle che aveva pronunciato quando ancora la sete di rivalsa faceva di lui un ragazzo ricco e arrogante, lo lasciano con il cuore colmo di tristezza, senza parole. Si limita a seguirlo in silenzio fino all'ufficio, nonostante Benjamin lo guardi molto male.

La scena che gli si para favanti è quella di Maximilianne che tiene stretto Morgan per il bavero, minaccia qualcosa ma quando li vede entrare, si volta immediatamente verso Hamilton. "Avevi ragione capo, era quì per te."

Richard tace ancora. Benjamin a grandi passi afferra una sedia e la piazza dinnanzi a Morgan. "Chi ti ha dato questo documento?" Chiede angosciato da una verità che va via via assumendo delle tinte sempre più terrificanti. A quel punto la sua carriera, il lascito delle aziende.. nulla sembrava più importante e doloroso quanto scoprire la verità della sua paternità da perfetti sconosciuti.

"Me lo sono procurato da solo." La risata arcigna dell'uomo provoca in Richard una reazione, tanto che gli si scaglia contro.

"Stai in disparte Hamilton!" Bercia Benjamin, volgendogli uno sguardo carico d'odio.

Richard stringe i pugni, arretrando lentamente.

"Te lo chiedo con le buone affichè questo colloquio resti in forma pacifica." Abbozza Benjamin tornando su Morgan con disprezzo e un sorriso sarcastico sulle labbra. "Dalle condizioni del tuo occhio deduco tu non gradisca essere preso a pugni fino a quando non tirerai fuori qualcosa di bocca. E bada bene, tutti e tre abbiamo più di un motivo per cavarti gli occhi dalle orbite. Richard Hamilton mi sembra il più motivato fra tutti."

"Quell'uomo non è lo stinco di santo che vuole farti credere." Ringhia l'altro fra i denti.

"Non l'ho mai creduto." Ribatte Benjamin. "Come non voglio credere che tu sia un pazzo megalomane."

Morgan contrae nervoso la mascella. Fissa Maximilianne e il pugno fermo a mezzaria e si convince a parlare."L'ho prelevato dal suo vecchio appartamento del Claridge, quello in cui risiedeva fino allo scorso anno; fino ad allora aveva un patto con suo nonno per dimostrare che la cessione delle aziende a tuo carico fosse un illecito."

"Perchè non sono uno Chedjou." Risponde asciutto non tradendo la minima emozione.

"Mi sovviene di quanto tu possa essere così sprovveduto da non sapere chi si è infilato nel letto di tua madre.." Benjamin tira indietro la sedia, scosso da una scarica di rabbia da volerlo colpire a sangue. Maximilianne intercetta la sua intenzione e stringe il bavero ancora più forte.

"Finora abbiamo solo giocato. E forse non hai capito quanto delicata sia la tua posizione. Te lo faccio capire io.." Lo molla, spostandosi la giacca e scoprendo una pistola. I loro occhi si incrociano, Maximilianne sorride."Sta a te decidere se vuoi uscire da quì con le tue gambe o trascinato in un sacco."

"Continua." Benjamin lo incalza, approfittando del suo volto impaurito.

"Raymond Hamilton mi ha dato l'incarico di procurare le prove, vedeva vacillare la volontà di suo nipote, così la scorsa primavera mi sono introdotto in quella grande casa del Marais e ho trafugato alcune carte, fra le quali è spuntato fuori il referto medico che Raymond Hamilton gli ha successivamente fatto avere." Indica Richard con il mento e prosegue. "Ma questo non è servito a granchè, solo a rendere più netto il distacco dei rapporti fra i due. Sono stato minacciato dal quì presente Hamilton di stare lontano da questa famiglia..ma prendere ordini da quel damerino non mi è mai piaciuto gran che." Per un attimo tutta la vena sprezzante del pericolo torna prepotente nell'uomo. "Nel mio quartiere subisco ancora l'onta del suo attacco. Diciamo che non sono nemmeno abituato a farmi mettere i piedi in testa."

"Così hai deciso di vendicarti del suo gesto, copiando i volantini e organizzando una sommossa alla mia persona." Ben riflette ad alta voce.

"Complimenti per l'intuito." L'uomo abbozza un riso di disprezzo.

"Non è stata proprio una grande mossa." Benjamin si alza lentamente rivolgendo lo sguardo alla porta; due agenti della polizia scortati da Paul fanno irruzione nella stanza, intimando a Morgan di restare immobile. "Ha confessato di essere il mandante della sommossa e di essersi introdotto con scasso nell'abitazione di mia sorella." Soffia agli agenti che lo prelevano. Quello protesta ma la sua voce si perde nel corridoio fino a divenire solo un sussurro lontano.

Il silenzio piomba sui tre, un silenzio assordante al quale Richard abbozza con parole confuse. "Mi dispiace.. non volevo finisse così."

"Questo non cambia le cose, almeno non del tutto; vorrei credere che ti dispiace Richard, ma ho bisogno di starmene da solo e riflettere. Ti prego di andartene e di non farti vedere fino a nuovo ordine aziendale." Benjamin ha il volto sfinito, Richard fa cenno a Maximilianne di andare.

"Chedjou..io queste aziende senza di te non le voglio."

L'uomo alza le spalle e si mette seduto, fissa la scrivania, le foto di suo figlio e di Charlotte e infine quelle con suo padre, scoppiando a piangere.


*


"My friend, per l'amor del cielo non credo sia il caso di andare!" Patrick mi trattiene per un braccio, siamo sull'uscio della porta a vetri che conduce fuori al piazzale, dove gli uomini come sentinelle sono ormai da più di dieci giorni. Credo di non aver mai versato così tante lacrime come oggi in tutta la mia vita, vedere mio fratello alla gogna pubblica e costretto a sapere del nostro segreto in questo modo.. mi annienta.

"Quel foglietto potrebbe essere dello stesso fanatico che ha organizzato tutto, cosa te ne fai di un ulteriore dispiacere?"

"Patrick." Rispondo fra i denti, ribellandomi alla sua stretta. "Se Richard è invischiato in questa storia io devo saperlo."

Era successo tutto all'improvviso, mentre guardavamo l'orribile conferenza stampa di Benjamin alla tv, uno degli strutturati è entrato in stanza e mi ha consegnato un biglietto da parte di un vetturino postale. Non vi erano firme, ne mittenti. Il testo molto chiaro.



"Recati al Claridge e avrai tutte le risposte che vorrai."



"Fammi venire con te." Insiste.

Il mio sguardo è lontano e assente. "Tu devi restare quì e proteggere il nostro ospedale." Gli passo una carezza sul volto alla quale si aggrappa.

"Stai attenta e promettimi che quando avrai bisogno di me, farai in modo di farmelo sapere." Soffia sulla mia mano tesa.

"Va bene." Dico, deglutendo un boccone di ansia.

Mi tira a se e ammetto a me stessa di avere avuto bisogno di quell'abbraccio come di aria nei polmoni.

Salgo sul taxi e i pensieri mi conducono in un vortice di afflizione e inquietudine; tutto sembra esserci piombato sulla testa all'improvviso, ovunque guardi solo catastrofi, sciagure e Dio solo sa cos'altro c'è in serbo. Benjamin il figlio di Fabien. Per quanto questa realtà mi provochi una fitta allo stomaco, mi rendo conto di averlo sempre saputo; la mamma ha più e più volte tentato di farmelo capire, la protezione oltre l'amore folle che Fabien ha da sempre messo nei riguardi di Ben e con il passare del tempo anche i loro tratti somatici.. quei tratti somatici così simili sono stati sempre sotto ai miei occhi. E Benjamin non fa che somigliargli, umanamente parlando, come nel fisico.

Cerco di respirare per mantenermi integra, quando mi domando come mio padre abbia scoperto la cosa, come abbia accettato questo destino e perchè ha poi deciso di tenere nascosto questo segreto; poi penso alla loro epoca così bigotta e puritana, la guerra piombatagli addosso e al poco tempo che gli è stato concesso.. e un sorriso triste mi dipinge il volto. Sento il respiro venire meno, prego l'autista di farmi scendere.

Una fitta piogerellina scende dal cielo, improvvisamente commosso.


Pioggia.

Mi piace l'odore della pioggia.

E Parigi è maledettamente bella quando piove. Ma piove sul serio, non quella fitta nebbiolina bagnata che urta il sistema nervoso e basta.

Mi piace essere bagnata in questo momento, ho come la sensazione che tutti i problemi vengano lavati via e al loro posto una tela immacolata da sporcare daccapo; oh.. il cielo è in tumulto, il mio cuore è in tumulto.


La città è in tumulto. E non si parla d'altro. Deesire Bonnet e il suo amante, Fabien Moreau.




Resto inerme, dinnanzi al quadro di mia madre in quella che era la cabina armadio di Richard.

Sento le gambe cedermi, mentre lo porto nel salotto alla luce del giorno, quasi incredula di averlo fra le mani. E invece è proprio quì con me, bello e perfetto.. e dolorosamente vero. Dietro di esso è attaccata una busta, la tiro via di forza e la apro scoprendo l'originale del referto medico incriminante.

Scorro avida gli occhi su quel foglio; si capisce chiaramente che la paziente e chi per lei ha sorvolato sul periodo di gestazione, solo che la mia mente si rifiuta di accettare anche questa, perciò addito la colpa di tali lacune sempre al periodo storico in cui mia madre ha vissuto la gravidanza.

Non vi erano ecografie ergo dati imprecisi. E per di più si trovava dall'altro capo del mondo.

Si come no. Risponde la parte razionale di me che è rimasta lucida, in preda a un riso isterico.

Il riso se ne va presto e al suo posto un pianto amaro con una terribile verità; Richard sapeva tutto e in qualche modo ha fatto sì che lo sapesse il mondo intero.

Sento dei passi alla mia sinistra, me lo trovo proprio in quella stanza nel suo volto perfetto, zuppo e sconvolto. Mi alzo come punta da uno spillo.

"Sei contento adesso?" Chiedo con la voce asciutta. "Hai ottenuto quello che volevi." Trattengo a stento l'aria che brucia nella gola.

"Najla." Si avvicina, vedo le sue mani circondarmi le braccia, lo scanso malamente. "Non è come pensi tu! Non sono stato io!"

"Le tue bugie mi nauseano." Gli lancio contro le prove, il quadro si squarcia a contatto con le sue braccia alzate, nel tentativo di difendersi.

Si piega a raccoglierlo, mi guarda con una faccia tetra. "Ero in accordi con mio nonno per impossessarci delle aziende, ma io non li ho mai rispettati e quello che sta accadendo oggi ne è la conseguenza."

"Mi fai schifo, Hamilton." Sento una costante e pungente sensazione di nausea, ho bisogno di aria.

Apro la finestra di scatto e l'aria fredda che mi sferza sul viso mi rigenera.

"Najla, non potrei mai farti una cosa del genere, lo sai!" Strepita, agitandosi dal suo posto.

Mi volto a guardarlo, in una calma che non mi riconosco. "La cosa che mi fa più paura invece è che da te mi aspetto esattamente il peggio."

"Stai parlando così perchè sei sconvolta e non conosci tutta la verità."

Sa che non deve avvicinarsi ma il suo corpo non vuole e si agita in passi scordinati verso la mia persona; alzo la mano e metto definitavemente un muro fra di noi. Un muro invalicabile e di cemento armato; il dolore per le sue menzogne.

"La verità è che non so chi ho davanti e questo mi rende immensamente triste. L'uomo che per il potere ha lacerato ogni forma di fiducia e amore, annienta in solo colpo quello compassionevole e generoso. Questa eterna salita e discesa mi ha stancato Richard. Se ti guardo provo disgusto..e sai una cosa? Sono contenta di non essere tua moglie, non avrei sopportato l'onta di vergogna nell'essermi unita ad un essere tanto spregevole." Lui non si muove, non parla più. Annuisce e basta. "E' finita Hamilton." Sento di non avere altro da aggiungere, gli passo accanto senza toccarlo e mi dirigo al telefono.

"Fabien sono Najla."

"Oh signore ti ringrazio." La sua voce mi fa scoppiare in un mare di lacrime. "Dimmi dove sei, ti raggiungo."

"No, ho bisogno di..capire. Vediamoci tutti al Marais, sto andando a casa."

Mette giù e mi volto; guardo Richard sentendo con consistenza il dolore della sua ultima immagine nei miei occhi.

E' terribile e straziante.


*


Entriamo in casa sconvolti. Con stizza serro tutte le finestre, fino a che c'è un buio innaturale in casa.

La mamma è una latania continua, li precedo nel salone per accendere la tv: passano a raffica notizie di diversi scontri ma non una parola sulla mia famiglia. Sospiro, solo allora mi accorgo di Raymond Hamilton ritto in un angolo della sala, come un fantasma.

"Che cosa ci fa in casa mia?!" Gracido per la paura. Ben, Fabien e la mamma accorrono preoccupati.

Benjamin gli va subito contro come un razzo, lui si mette sulla difensiva ma porge la guancia.

"Avanti, colpiscimi ragazzo!" La sua voce è ferma e sicura, a Ben tremano le braccia mentre tenta di auto-controllarsi.

"Ha sentito mia sorella? Cosa ci fa quì?"

"Sono venuto a parlare con lei. Civilmente, per favore solo due parole." Mi indica, poi alza le mani.

Tiro Ben per un lembo della camicia, lui arretra e mi guarda confuso. "Ci penso io." Rispondo non distogliendo lo sguardo dal vecchio Hamilton. "Lei non è affatto gradito quì, la prego di andarsene."

"Lo farò, ma prima mi deve dare la possibilità di spiegare."

"Spiegare cosa?" Rantolo nella mia stessa bile. "Ci guardi!" Indico la mia famiglia. "Mia madre e suo marito sono a pezzi. Mio fratello è distrutto. Come si permette di sentirsi in diritto di parlare..ancora?!"

"Sono quì per Richard." Mi zittisce, facendomi piombare in un silenzio inquieto. "Glielo devo è ingiusto che paghi per delle colpe non sue."

Un conato mi squassa. "Non ho intenzione di ascoltare nulla che lo riguardi." Dico, piegata su me stessa.

Mia madre è su di me, mi prende sotto braccio e incrociare i suoi occhi mi annichilisce. Vorrei scusarmi con lei ma lei annuisce, come sempre in linea con i miei pensieri. Poi fissa Hamilton, con lo sguardo da battagliera che le ho sempre visto, quando si è trattato di proteggerci.

"Mia figlia ha riposto in suo nipote fiducia e molto amore. Gli sono state aperte le porte delle nostre case, nonostante Clorine Bonnet, che lei conosce molto bene, ci avesse avvisati. Abbiamo accettato di buon grado la sua promessa di matrimonio..ed ora questo?! Cosa può dire in sua discolpa che ai nostri lembi non risulti artefatto?" Domanda ma non chiede veramente, stanca di vedere i suoi figli nella sofferenza. "L'ha sentita Hamilton, se ne deve andare e con immediatezza, se non vuole che riversi su di lei tutta la mia rabbia di madre addolorata."

"Signora, la prego.."

"FUORI!"

Non credo di aver mai sentito mia madre urlare in questo modo. Hamilton ha un sussulto di paura e si accascia sul divano.

Deesire gli va contro, viene intercettata da Benjamin che si fa avanti; Raymond non riesce a respirare, si tocca il petto annaspando.

Tutto ciò che è dopo è trambusto e il mio riso isterico.



I suoi occhi di ghiaccio mi scrutano. Sento tutta l'invadenza di quello sguardo, mi adiro.

"Cosa ha da guardare?" Slego la fascia dell'apparecchio per la misurazione della pressione, dal suo braccio e mi scanso.

"Come ti senti?" Ignora del tutto la domanda, ponendomene un'altra.

"Ha davvero una faccia da schiaffi." Bercio, inorridita. "Ho appena saputo che mio fratello in realtà non è mio fratello. Come vuole che sto?"

Piega il capo e fa ammenda. "Non è stata colpa sua. E' un ragazzo ambizioso ma l'idea di sabotare Benjamin Chedjou è stata mia."

"Non mi interessa." Rispondo scostante, piegandomi a controllare i valori della pressione.

Lui mi afferra il polso con una certa predominanza, costringendomi a guardarlo. Sento le guance andarmi a fuoco.

"Dovrebbe invece!" Tuona con voce accalorata. "Ti ha amato dalla prima volta che ti ha visto, ed io troppo scettico e illuso da una vita meschina che ho vissuto, non gli ho creduto." Inizia a tremare, getto ancora un occhio alla pressione. E' alle stelle.

"Deve darsi una calmata..rischia un infarto." Lo interrompo, provocandogli uno spasmo.

"No!" Brontola laconico. "Ho amato mia moglie allo stesso modo.."

"Che strano.." rispondo sarcastica. "Mi risulta che abbia passato la maggior parte del suo tempo a sollazzarsi con altre donne."

"E' per questo che ti parlo così, testona!"

Non posso credere che l'abbia detto veramente. Sono adirata. "Ah, io sarei testona? E lei cosa sarebbe?! Vuole farmi la morale, ma si guardi!"

"Sono un farabutto." Risponde con il sorriso mesto, eppur senza segni di pentimento. "Ma Richard è di un altro stampo. Mi ha contrastato in ogni modo possibile, costringendomi a ritirarmi in America."

"Sì, lei è davvero un farabutto.." rimarco con fare ironico. "So tutto dei suoi affari americani, non tenti di abbindolarmi con queste sciocchezze." Gli slego il braccio e mi sposto, ha la faccia tosta di venirmi dietro. "Mi sta stancando, la riluttanza tipica degli Hamilton per il rispetto degli altri esseri umani è un qualcosa con cui non voglio più avere a che fare."

"Sbaglieresti, ragazza." La sua voce si fa tragicamente seria. "Perchè perderesti l'amore della tua vita per qualcosa che non ha mai avuto modo e ragione di esistere." A quel punto torna al lettino per recuperare la sua camicia e vestirsi. "Quando gli ho parlato per la prima volta di questo affare ero così pieno di livore per quello smacco del passato, che ho agito come un vero stupido. Il suo diniego poi, mi ha creato nient'altro che indignazione; voleva fare le cose a modo suo, con onestà." Quella parola mi gela il sangue, sento gli occhi lucidi, mi torturo una guancia a morsi per non piangere. "Era determinato e pieno di aspirazioni, non credevo che dietro tutto questo ci fossi tu."

"Io?" Chiedo in un sussurro straziato.

"Najla Louise, tu sei stata la sua salvezza e io pagherei qualsiasi prezzo per tornare indietro."

"Il denaro." Bercio, riappropriandomi del sarcasmo. "Tipico vostro, dare un prezzo anche ai sentimenti."

"Io non posso cambiare la mia natura. Ma quì è di Richard che stiamo parlando! Volevo che fosse come me, invece lui è meglio di me."

Mi mordo le labbra. "Cosa è successo poi?"

"Ho commissionato il furto del referto medico e del quadro che hai trovato. Nonostante fosse in possesso della verità, Richard mi ha dato un ultimatum e lo ha dato anche al mio scagnozzo; starti lontano, il più lontano possibile. Così ho fatto, ma l'altro senza scrupoli gli ha servito la sua vendetta. E' stato lui a diffondere quei volantini nell'azienda, Maximilianne lo ha tenuto sotto torchio.." dice con un sorriso sinistro che mi gela. "E ha confessato." Mi guarda, sta zitto e mi guarda, come volesse trapassarmi. Sono impassibile, il pianto ricacciato nella gola. "Vivi con lui da un anno, se fosse il mostro che tu credi, non pensi te ne saresti accorta da subito?"

"Sì, come credevo che lei fosse un uomo buono." Getto sarcastica. "Non ci provi a sostenere questa conversazione con me, non sono stupida signor Hamilton, so abbastanza bene che non serve la filantropia o un mucchio di soldi per essere un uomo degno di tale appellativo."

"Adesso sei tu che stai spostando la questione sui soldi." Lo guardo, ha occhi così limpidi che credo impossibile stia mentendo anche adesso. Poi scuoto il capo, non so dire chi ho di fronte. "Najla Louise non mi sei mai sembrata una sprovveduta e non voglio convincerti di nulla. Avevo promesso a Catherine di rimediare ai miei errori.. non ci sono riuscito. Forse." Già, la mia mente è vorticosamente confusa. "La cosa che mi dispiace è che io sono abituato a questo genere di etichetta, loro no." Finito di parlare mi viene vicino, non ho la prontezza di reagire, lo vedo allungare la mano verso i miei capelli e depositarvi una carezza. "Mi dispiace veramente tanto. Spero che nel tuo cuore ci sia la verità." Lascia la frase aleggiare intorno a noi. Si ritira e mi lascia al centro della stanza, con un enorme macigno nel cuore. "E' in aeroporto. Sta tornando a Londra."

Spara l'ultima cartuccia e lo maledico altre cento volte, quando chiude la porta e mi lascia sola.


Oh Richard Hamilton.. chi sei veramente?


Ripercorro con la mente il meraviglioso anno vissuto insieme; il nostro primo incontro, lo sfiorarsi delle nostre mani e il sussulto nelle ossa fino a sentirlo ancora adesso, a distanza di mesi. Rivedo la nostra prima incomprensione, Lydie e i suoi occhi liquidi, i mesi passati a cercare di strapparlo dal mio cuore. Come nulla cambia lo scenario, la festa di fidanzamento di Benjamin e il nostro primo bacio. Un bacio appassionato, di due persone che mentivano già allora.. e che chiedevano solo un'opportunità, il voler stare insieme senza avere il coraggio di dirselo. Poi la normalità finalmente, quella di una coppia giovane e spensierata, il susseguirsi di attimi che hanno portato quei due a voler condividere la quotidianità, senza regole troppo austere.. e non senza scontrarsi nuovamente! Il pensiero di quella lite sul matrimonio, mi fa sorridere. Fra quattro mesi ci sposiamo. Ecco arrivare l'estate ed ecco un timido Richard chiedermi di seguirlo a Londra, un viaggio di piacere per annunciare a suo padre il nostro fidanzamento. L'estate scoppia nel mio cuore e sul mio anulare fa la comparsa un diamante, a sugellare una promessa d'eternità. Questo ricordo potente mi annienta, sento le lacrime scivolarmi dagli occhi senza prepotenza, libere di esternare il mio dolore, semplicemente. Mi sento vigliacca in confronto a quella ragazza di allora.

Sto quì con la verità in tasca, eppure voglio oltremodo osteggiarla, perchè mi sento tradita. La mia famiglia. Aperta e diliniata nel peggiore dei modi. Ma infondo Richard non è che stato un mezzo, penso amaramente. Un mezzo attraverso le quali persone hanno mosso fili e ombre al fine di farci fuori. Non lo vedo come una vittima, questo no, ha consapevolmente deciso di prendere parte a una macchinazione ma devo anche credere che se ne sia tirato fuori praticamente da subito, visto come sono andate le cose. Oh.. la testa mi scoppia.


Richard Hamilton.. chi sei veramente?


"Posso entrare?"

Benjamin fa capolino nella stanza, annuisco e non so dire come ci guardiamo.

Non faccio in tempo ad asciugarmi una lacrima che ne scende subito un'altra e un'altra ancora.

Ci troviamo abbracciati, alle sue spalle vedo entrare la mamma e Fabien, si mettono in un angolo e aspettano.

"Tu sei mia sorella." Dice con la sua voce potente.

"E tu sei mio fratello." Faccio eco, con la voce più ferma che posso.

Entrambi ci giriamo verso la mamma e l'uomo che adesso come non mai, piange delle lacrime silenziose dagli occhi verdi-azzurri.

"Voglio dirti che io lo sapevo già, Ben." Prima che possano parlare ho delle cose da dichiarare, lui mi guarda accigliato. "No, non sapevo che tu fossi il figlio di Fabien, ma che la mamma lo ha sempre amato, questo sì. E' stato un grande amore osteggiato dal tempo e dalla famiglia e dalle loro condizioni sociali. Ecco, non mi stupisco che tu sia figlio suo." Mi sento a disagio nel pronunciare questa cosa, ma so che è solo uno stupido dettaglio, questo benedetto ragazzo non avrà il mio sangue, ma me lo sento scorrere nelle vene. "Tutto il resto è spazzatura per copertine scandalistiche."

La mamma mi manda un bacio silenzioso. "E' così Benjamin. Sei nato da un amore profondo." E' girata completamente nella sua direzione, lo zio le stringe la mano lei si volta e si guardano come li ho visti guardarsi negli ultimi otto anni. Con amore, semplicemente. "Probabilmente ti aspetti delle risposte. Siamo pronti a qualsiasi domanda."

"Deesire, io ho bisogno di dire qualcosa prima." Interviene Fabien, la donna annuisce compita. "Inanzitutto desidero scusarmi con voi." Si asciuga gli angoli degli occhi mentre parla per poi alzare lo sguardo verso entrambi. "Non è stato facile mentirvi, solo necessario. Sono entrato nelle vostre vite che eravate già una famiglia solida, provata da un terribile lutto. Sono stato io a insistere con vostra madre nel non turbarvi con certe notizie."

"Fabien, lo abbiamo deciso insieme. Non voglio che ti colpevolizzi. Sono artefice quanto te di questa menzogna." Ribatte lei.

"Fabien." Benjamin sovrasta le loro voci. "Non credo tu debba scusarti. Scusarti per cosa? Per aver amato mia madre? Per aver silenziosamente nascosto nel tuo cuore una verità..che Dio, mi fa mancare il fiato solo a pensarci. Come ci sei riuscito, senza impazzire?"

"Quando ero in Spagna abitavo in un quartiere di orfani. Ho giocato a fare loro il padre, fino a quando ho sentito forte e chiaro il richiamo del mio stesso sangue. Sono tornato a Parigi, ma era cambiato tutto. Il destino ha voluto che incontrassi tua madre quella mattina, ma questa storia la conosci già." Prende il respiro, continua a parlare ma stavolta la sua voce è rotta. "Mi sono sentito impazzire quando avevi un problema e correvi da me sapendo che lo avrei risolto, mi sono sentito impazzire quando hai incontrato Charlotte e sei corso a dirmelo. Dimmi qualcosa sul vero amore zio, avevi chiesto. E io volevo rispoderti quello che provo io per te. Ho rischiato spesso di impazzire sì, ma sapere che avevi fatto di me tuo padre, mi ha aiutato ad andare avanti. Mi hai dato così tanto, che non ho sentito la mancanza di null'altro. "

Benjamin ha gli occhi lucidi e anche io. Li guardo e mi sento spettatrice di un miracolo.

"Ti ho sempre sentito vicino."

"Ho fatto del mio meglio."

"Abbiamo perso delle occasioni, però." Puntualizza Benjamin con la voce incrinata.

"No, non le abbiamo perse. Eravamo entrambi lì, solo con altri ruoli."

Ben annuisce, lo avvicina, allungando le mani sulle sue spalle. "Mio padre." Sussurra e lo abbraccia; la mamma si scioglie in un pianto, io nascondo il viso girandomi nella direzione opposta. Dopo qualche attimo sento le braccia di mio fratello tirarmi verso loro e fare la stessa cosa con la mamma. "Basta bugie, d'ora in avanti." Pronuncia serio. "Tra qualche anno quando Lukas sarà più grande, gli diremo tutto. Questa farsa avrà fine una volta per tutte. Siamo una famiglia, lo siamo sempre stati nonostante le avversità e i ruoli sbagliati, adesso ci meritiamo la felicità e l'equilibrio alla luce del sole."

Annuiamo in un coro di braccia strette l'una all'altro. "Che ne sarà delle aziende?" Chiede la mamma, tesa e preoccupata.

"Richard le ha rifiutate." Questa notizia mi rende inquieta. Tremo. Benjamin si volta a guardarmi, passa le sue braccia dalle spalle di Fabien alle mie. "Dovresti correre da lui. Ti ama veremente, Najla Louise. Per tutto l'anno che abbiamo passato insieme, non ha mai e dico mai fatto un passo falso. Nella contrattazione è stato sempre netto e pulito; gli confessai che pensavo di vendere se avessi fallito, lui mi ha sempre spinto al massimo e si è proposto di acquistare l'azienda indebitata, solo alla mia rinuncia. C'ero quando quel Morgan questa mattina ha confessato di aver sparso i volantini, certo non mi fa piacere sapere cosa aveva architettato prima della stipula del contratto, ma ciò che è giusto dire, io devo dirlo."

A questo punto non so più perchè odi così tanto Richard.

Ho tutte le prove dinnanzi ai miei occhi..manca solo la ciliegina sulla torta, ma per averla, ho bisogno della sua voce.

"Che devo fare..sta partendo.." blatero, nel panico.

Ben guarda l'orologio, mi stringe forte cercando di calmarmi. "Ti accompagno in aeroporto." Pronuncia, guardando sommessamente i nostri genitori. "Stasera ceneremo insieme e parleremo ancora di noi." Senza dire altro mi spinge fuori dalla stanza. "Dove hai il passaporto?" Mi domanda, indico il settimino all'ingresso con un dito. Credo di essere in stato di trance. Benjamin lo trova e lo infila nella mia borsa; al mio sguardo tetro mi accarezza le braccia e mi conduce alla macchina. "Non fare così, doveva passare a ritirare le sue cose in azienda, sicuramente sei ancora in tempo." Poi mi squadra da capo a piedi. "E comunque hai il tuo passaporto. Vai a Londra e te lo riprendi."

Mi scappa da ridere. "Grazie Ben.. ma sono uno straccio."

"Lo ami o no?"

"Certo che si." Ammetto, disperata. "L'ho distrutto. Gli ho detto delle cose orrende.."

"Najla era un tuo diritto dirle." Dice con voce dolce, stringendomi la mano. "E' solo che non gli hai fatto la domanda più importante."

"Lo so.." mi metto le mani sulla faccia, sprofondando nel sedile.

"Adesso che sia quel vecchio coglione a dirtelo oppure io, non ti cambia la vita, ma è importante che tu veda l'insieme. Chiudi gli occhi e senti dentro di te se è vero o no, che Richard ti ama veramente. Ma sono sicuro che la risposta ce l'hai già..devi solo chiedergli altro."

Annuisco, chiudo gli occhi per qualche minuto e li riapro sorridendo. "Da quando sei così saggio?"

"Da quando sono padre. Aurelien ha cambiato la mia testa."

Sorrido. "Era già bellissima. Diciamo che l'ha riempita fino all'orlo."

Sorride sghembo, schizzando verso l'aeroporto.


C'è caos. C'è tanto caos. Mi perdo senza sapere dov'è che sto andando.

Cerco nei volti qualcosa di familiare. Una cappotto, un vestito, una camicia, camminando come una forsennata lungo il gate delle partenze.

Di Richard non c'è traccia. Scendo le scale che danno all'entrata, percorro a ritroso il passaggio sperando che dalle porte scorrevoli entri quel viso tanto amato, ma nulla. Decido di far dare un annuncio, fingendomi persa, ma trascorso diverso tempo nessuno viene a cercarmi.

Disperata salgo ancora al gate partenze e mi metto seduta; il flusso di persone mi calma, anche se ho il cuore in gola.

In un secondo di innaturale silenzio, sento la voce di una hostess annunciare il prossimo volo per Londra; controllo le file dinnanzi ai miei occhi e salto in piedi come un grillo.

"Richard!" Lo chiamo in un ultimo disperato tentativo. "Richard!"

Alcune persone si voltano a guardarmi. "Posso essere io il tuo Richard.." dice un ragazzo, canzonandomi.

Sbuffo e mi volto, in preda a una crisi isterica. Metto a fuoco, poche spanne da me quel volto tanto amato e una valigia mi fissano immobili.

Ha uno sguardo confuso, perplesso. Mi guarda come se fossi un'apparizione. Gli corro incontro, abbracciandolo forte.

"Non ci credo." Esala, rivitalizzandosi. "Sei tu!" Lascia andare la valigia e ricambia l'abbraccio.

Mi scosto, lo guardo, lo bacio e poi l'accarezzo. "Perchè non mi hai detto nulla?" Domando, senza senso, ma che ha molto senso per me.

"Avevo paura di perderti. Quando arrivava il momento giusto per dirtelo, accadeva sempre qualcosa che mi faceva capire che se non ti avevo perso per il rotto della cuffia fino ad allora, sicuramente ti avrei persa svelandoti questo piano. Ma c'ho provato Najla Louise, tante volte te lo giuro."

"Non serve che giuri. Perchè non ti sei fidato di me, di noi?"

"Non pensare questo perchè è il falso. Quando è accaduto di Lydie e del bambino siamo stati così vicino alla fine.. eppure quel giorno avevo deciso di dirti tutto. Ho sempre creduto in noi, ma la paura mi ha reso un vigliacco."

"Lo sei stato Richard. E mi devi giurare sul tuo amore che non mi mentirai mai più."

Fa di più, si inginocchia. "Sposami e ti giuro sul mio onore che non ci saranno più ombre sulla nostra vita. Najla Louise io ti ho sempre amata tanto."

"Lo so." Mi inginocchio anche io e lo bacio. Intorno a noi si è formato un capannello di persone che applaudono e fischiano. Ridiamo, abbracciandoci. "E ti sposo, perchè non so immaginare la mia vita senza te accanto."

"Mi fa piacere sentirtelo dire." Mi aiuta a rialzarmi, ride e non posso fare altro che andargli dietro.

Dai suoi occhi poi scende una lacrima che asciugo prontamente, abbracciandolo forte. "Andiamo a casa."



*


Marsiglia, 1974.



Il porto di Marsiglia dalla terrazza dell'hotel riluce dei raggi del sole; è una delle estati più calde di Francia, penso mentre coccolo Mathia Louise che questa mattina si è svegliato un pò capriccioso. Lalì con su le gambe la piccola Rose Isabelle ed io nonostante il caldo, amiamo fare colazione qua su con i bambini per goderci questo panorama così rilassante.

Richard ci raggiunge con un sorriso trionfante. "Il marinaio ci aspetta per le dieci." Si piega leggermente sul mio capo, baciandomi i capelli.

"Siete pronti per le calanques?" Dico raggiante ai nostri figli più grandi.

Lalì è la prima che sorride in segno di approvazione; compiuta la maturità ha formalmente deciso di stabilirsi da noi, c'è voluto molto tempo ma siamo in attesa di adottarla. La guardo nel fiore dei suoi ventanni e penso che è un vero miracolo. Philippe si dondola sulla sedia annuendo energicamente con il capo; lui per ovvie ragioni, non può essere adottato, Lidye vessata da un difficile riconoscimento di paternità, non ha trovato giusto che ricevesse il cognome di Richard ma questo non ha influito sul rapporto che ha con noi e specialmente con lui che a tutti gli effetti chiama padre.

Sono passati tanti anni da quello che fu ribattezzato, Maggio francese. La situazione politica si è fatta nel tempo più stabile e nonostante nuovi tumulti nei primissimi anni a seguire, mai nella storia di Parigi si è ripetuto un evento di così importante chiasso mediatico e portata.

La nostra vita invece.. quella si che è cambiata molto.

Mathia e Rose sono i figli bioligici che Dio ci ha mandato dopo le nostre nozze ed hanno rispettivamente due e quattro anni.

Richard ha aperto il suo studio di consulenze e nonostante le prime avversità, ora gli affari vanno discretamente bene.

La profonda ferita che Raymond Hamilton senior ha tracciato con la farsa delle aziende non si è ancora risanata del tutto, con il tempo si è rivelato un bisnonno amorevole ma pensando a ciò che ci ha fatto, i momenti di attrito sono dietro l'angolo. Alle volte consolo Richard dicendogli che il tempo aggiusterà tutto e che infondo qualsiasi creatura di Dio merita il perdono. I coniugi Hamilton purtroppo non la pensano ancora allo stesso modo.

Catherine non è guarita. Combatte la sua battaglia con ostinazione e coraggio, la tempra che l'ha sempre contraddistinta.

La mia ricerca dopo tanti anni è stata brevettata e attualmente se non proprio miracolosa quanto desiderassi, è di aiuto a molte persone. Patrick ne è orgoglioso e insieme a un team di specialisti è in giro per l'Europa a diffonderla; il prossimo inverno lo raggiungerò e insieme daremo vita a una rivoluzione, me lo sento.

Lalì è il nostro piccolo miracolo, le stille di cancro sono regredite, per sparire del tutto quest'anno. Il mio cuore balla il jazz quando la guardo.

Dice che vuole diventare medico e pereorare la causa di Richard, sull'ultimo desiderio dei bambini.

Il mare le piace ancora molto.

Benjamin ha lasciato le aziende, di cui ora si occupa una persona designata da egli stesso. In un futuro molto lontano spetterà a Lukas o Aurelien decidere cosa farne, perchè mio marito ha mantenuto stabile la sua promessa di non farle fallire, ma non le ha mai reclamate.

Il mio adorato fratello dopo accurati studi oggi fa il pasticcere, il primo vero amore di gioventù. La mamma non lo ha ancora ammesso ma è andata in visibilio quando le ha comunicato la buona nuova. Charlotte attende il loro secondogenito, sarà una meravigliosa femminuccia e per la prima volta nella nostra famiglia, acquisterà il cognome di Fabien.. la prima Moreau della nuova generazione, dopo Benjamin che ha voluto fortemente il cognome del padre nel suo stato di famiglia.

Infine ci sono io, un medico ma sopratutto una madre.

Non avevo idea di cosa significasse amare qualcuno al punto di rivedere le priorità di una vita ma sono felice di aver presto cambiato idea e di aver messo al mondo i figli miei e di Richard; ci barcameniamo come possiamo nel ruolo di uomo e donna impegnati con le nostre carriere, senza dimenticare quello che per noi è diventato il ruolo più importante.. essere genitori.

Non ci sono state più bugie dal quel sessantotto di battaglie politiche e dentro al nostro cuore.

Continuiamo a vivere questo profondo amore, legati ma dissimili, proprio come menta e cioccolato.

  
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