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Autore: koopafreak    24/02/2017    4 recensioni
Troppa curiosità spinge l'uccellino nella rete. Se è stato un boo con un paio di scheletri nell'armadio a tesserla, sarà premura dello spettro accertarsi che non voli tanto lontano.
[Seguito de "Danse Macabre"]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Luigi, Nuovo personaggio, Re Boo
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Personaggi: Luigi (menzionato), Mario (menzionato), Pauline (menzionata), Peach (menzionata), Bowser Jr. (menzionato), Ludwig von Koopa (menzionato), OC.
Genere: Introspettivo, Mistero, Soprannaturale.
Pairing: Het.
Note: Nessuna.



Clinker



'Se le impastano insieme e le dividono in due parti uguali, ne fanno due normali'.

Magari chi aveva bisbigliato quella frase, nella vana certezza che lei non avesse sentito, per “normali” intendeva identiche o alla pari, cioè più simili come due gemelle di regola dovrebbero essere e non perché lei era taciturna, maldestra e talmente chiusa e schiva da rasentare il limite umano concesso: una stramba, insomma, come la reputavano i compagni di scuola a Brooklyn. La sua era una qualifica che le avevano affibbiato già da piccolina e che non si era più scollata di dosso, nemmeno nel Regno dei Funghi.

Lucilla aveva concluso che, prima di assumere forma fisica, tutta la dose di prodigiosità destinata a entrambe da ereditare si era invece incanalata su sua sorella. Gloria era forte, molto più forte di qualunque altro coetaneo o coetanea, tanto che nella loro vera casa, in mezzo ai toad, era considerata la degna figlia di Mario e prossimo paladino del reame. Lucilla invece era malata un giorno sì e uno no e, al contrario della gemella, non sapeva fare un accidenti di speciale. Lei non era apparentemente alcunché di speciale, sia per gli standard dei sudditi della regina Peach che per quelli umani.

In compenso era cinica, sarcastica e caustica, perché si sa che l'arma di difesa più raffinata, in mancanza dei muscoli, è l'ironia. Il tempo bloccata a letto, nelle catene della sua salute trabicolante, non era stato buttato nell'autocommiserazione e nell'inerzia (magari giusto un pochino), ma validamente speso col naso in ogni libro capitatole tra le mani. Il bottino delle sue scorribande letterarie era consistito in una proprietà linguistica spiccata per la sua età e un acuto spirito di analisi: doti che, sfortunatamente, saltano meno all'attenzione in confronto a traguardi più eclatanti, come divenire la punta di diamante della squadra di pallavolo o stendere da sola il bullo più temuto della scuola, nonostante lo svantaggio fisico e il sole negli occhi.

Le già penose capacità di socializzazione di Lucilla avevano finito per atrofizzarsi col passaggio dalle elementari alle medie, agevolandole la ritirata nelle retrovie della classe sino a mimetizzarsi con la parete. I gradassi non la toccavano solo perché per Gloria vigeva una sorta di rispetto misto a timore e ammirazione, e mettersi contro di lei significava automaticamente inimicarsi anche l'ampia cerchia di amici di quest'ultima. Fino a poco tempo prima le sorelle avevano condiviso la stessa ombra: dove c'era Gloria, coraggiosa e peperina, lì c'era anche Lucilla, fragile e timida, dietro la sagoma protettiva dell'altra. Poi, compiuti dodici anni, Lucilla aveva espresso il desiderio di una camera tutta per sé e la soffitta era stata ripulita e trasformata in un ambiente più confortevole con un letto, una libreria, due finestre che davano rispettivamente sul fronte e sul retro della casa e un lucernario da cui poteva sbirciare le stelle.

Pauline, rassicurata che la salute della figlia si fosse relativamente stabilizzata, si era dedicata a una fiorente carriera di agente immobiliare a Brooklyn e ne ricavava molta soddisfazione, avendo abbandonato il mondo del teatro per stare sempre accanto alla cagionevole Lucilla nei suoi primi, critici anni di vita. Prevalentemente era loro padre a occuparsi della casa, quando non era richiesto altrove a salvare città o reami interi in giro per il globo. Andava molto fiero della sua cucina ed era ben deciso a rendere partecipi le figlie del patrimonio culinario tramandato dai loro nonni. Purtroppo anche l'attitudine gastronomica doveva aver saltato una generazione, cioè mezza, visto che Gloria, proprio come Mario, privilegiava del dono straordinario (e sovente irritante) di essere brava in qualunque cosa.

La regina Peach invitava volentieri la famiglia del paladino al suo castello splendente e qualche volta c'erano anche alcuni dei figli a scorrazzare lì in giro. Ludwig deteneva l'autorità assoluta e tutti i fratelli rispondevano ai suoi richiami, sebbene non fosse colui designato al trono: i genitori avevano congiuntamente stabilito che il più giovane degli eredi Toadstool Koopa avrebbe governato entrambi i reami. Bowser Jr. pareva beatamente ignaro del peso degli oneri che lo attendevano dietro l'angolo, svignandosela dai precettori a ogni occasione e con la testa da diciassettenne persa dietro svaghi e ghiribizzi. Non era raro scorgere Ludwig trascinarlo per i corridoi, stringendo tra le grinfie una delle corna ai lati della criniera scarlatta come una mamma che tira un bambino disubbidiente per un orecchio.

La verità era che i fratelli più grandi si fossero resi fonte di guai un po' troppo spesso per i gusti del popolo di Peach, ai tempi dei rapimenti con cadenza quasi mensile, e il Regno dei Funghi covava maggiori speranze nel più giovane della discendenza per redimersi della cattiva fama consolidatasi in anni. Tuttavia i sovrani non avevano scartato in origine l'idea di proporre Ludwig in linea di successione, istruito e promettente, ma il maggiore aveva abdicato in favore dell'ultimogenito.

« Mio fratello fa ancora in tempo a scrollarsi la pessima reputazione che ci siamo costruiti agli occhi dei sudditi di nostra madre » le aveva confidato senza traccia di risentimento, quando lei si era fatta timorosamente avanti per scoprire la ragione dietro l'impensabile rifiuto. Lucilla si rattrappì nella sua felpa oversize avvertendo le guance avvampare, come le capitava ogni volta che la mente volgeva al principe koopa. Oltre che affascinante, era anche di animo davvero generoso.

La bambina custodiva con gelosia il ricordo di lui che le aveva detto, esattamente un anno prima, mentre lei se ne stava come al solito rannicchiata in disparte in compagnia di un libro e sua sorella era presa da un incontro di basket con Larry e Roy, che trovasse carino il suo nome. Era stato un complimento inaspettato, dal suono baritonale ma dolce, accompagnato dall'accenno di un sorriso sui lineamenti perennemente seriosi. Quando Ludwig le aveva parlato, una scossa le aveva pervaso il corpo gracilino: si era sentita rinata, felice come mai prima di allora dopo un lungo sonno senza sogni, dove i giorni si alternavano incolori e lei si limitava a sopravvivere nel proprio distacco dietro un muro gelido da cui era improvvisamente filtrato uno spiraglio di sole.

Ludwig aveva inoltre apprezzato il suo interesse per la lettura, asserendo che avrebbe gradito altrettanta passione nell'autoarricchimento da parte del fratellino, e Lucilla aveva praticamente sguazzato in brodo di giuggiole. Dunque la brevissima conversazione si era conclusa lì, perché il koopa era sempre stato un tipo verbalmente oculato, ma, qualche mattina dopo in cui la ragazzina si era ritrovata di nuovo allettata, con spasmi di tosse che la squassavano e la spossavano, il postino aveva bussato alla porta per riferire che il principe Ludwig von Toadstool Koopa le avesse intestato l'abbonamento permanente alla biblioteca di Fungopoli e che, da quel momento, lei poteva ordinare i libri che voleva e farseli recapitare direttamente a casa. Alcuni cavalieri si presentavano anche con guscio puntuto e artigli al posto del destriero e armatura scintillante.

Tuttavia, le romanticherie erano state temporaneamente surclassate nelle priorità di Lucilla, perché un grande mistero era sul punto di essere risolto quella sera stessa: zio Luigi. Anche lui era uno strambo e, nella loro mutua stramberia, questi e Lucilla avevano stabilito una certa intesa. Lo zio era il tipo più interessante che la nipote conosceva (escludendo il principe Ludwig), ma, purtroppo, non faceva loro visita molto spesso: due volte l'anno per la precisione, una per il compleanno delle bambine e l'altra per il proprio e del fratello. Ogni tanto telefonava e non sempre rispondeva quando lo cercavano. La sua latitanza dalla vita familiare era motivo di profondo turbamento per loro padre che non era mai riuscito a convincerlo a farsi vivo più spesso. Anzi, a volte l'insistenza di quest'ultimo sfociava nella collera di fronte al puntuale declinare dello zio che, al contrario, non si scomponeva di un millimetro e, se gli animi iniziavano a scaldarsi, toglieva garbatamente il disturbo per ripresentarsi in seguito come se nulla fosse accaduto.

Suo zio parlava con gli spettri e per questo si faceva chiamare “fantasmologo”, che non era un'attività universalmente riconosciuta essendo lui il primo e unico pioniere: li ascoltava e li aiutava a venire a patti con la loro condizione e a risolvere le loro faccende in sospeso, affinché potessero trovare la pace dopo il Game Over. Lucilla amava le storie che le raccontava, così diverse dai soliti resoconti trasudanti di vittorie e autocelebrazione del padre ogni volta che questi faceva ritorno da un'impresa: storie commoventi e tormentate che potevano tuttavia concludersi con un sorriso, uniche fra loro, con protagonisti che non avevano alcun dono speciale, eppure la loro avventura non era meno degna di essere riferita. Secondo i genitori, Luigi era ossessionato dalla sua vocazione, siccome il suo non si definiva effettivamente un lavoro, errando per il mondo alla costante ricerca di spiritelli smarriti, tanto da dimenticarsi coloro che lo avevano caro. Di lui non si accennava quasi mai per evitare che Mario si rabbuiasse e persino loro madre ci andava cauta sull'argomento.

Pauline si raccomandava con le bambine di essere estremamente gentili con lo zio, ribadendo che fossero ormai le sole capaci di convincerlo a riallacciare i rapporti coi vivi. In particolar modo, era Lucilla quella con cui si era creato un legame ancor prima che lei nascesse. Era stato Luigi infatti a sceglierle il nome: la mia lucciola, la mia lucetta la chiamava con tenerezza. Mario aveva deciso per Gloria e Pauline aveva invece ceduto il privilegio al cognato, pur di riavvicinarlo alla famiglia, ignorando i rimbrotti del marito. Quando i dottori avevano concordato che Lucilla fosse finalmente fuori pericolo, dopo giorni interminabili di accertamenti, i Mario avevano fatto ritorno a casa con un fagottino rosa ciascuno e, poggiati alla porta, giacevano due bellissimi fasci di ginestre bianche invece dei classici bouquet per bebè. « Figurati se lui non doveva distinguersi » aveva commentato asciutto loro padre.

Ad ogni modo, Lucilla aveva intuito che vi fosse qualcos'altro sotto, sorvolando sul chiodo fisso per la fantasmologia. Vi aveva ponderato scrupolosamente, aveva spigolato informazioni in ogni singolo manuale sull'occulto imprestato dalla biblioteca, oltre ad aver fatto ricerca online, e aveva maturato la certezza di aver scovato infine il terribile segreto: suo zio era un vampiro.

Era un sospetto che la piccola serbava quietamente da diverso tempo, avendo sommato uno ad uno i campanelli di allarme intercettati: Luigi non si presentava mai prima del tramonto, come se rifuggisse la luce del sole; sebbene lui e suo padre fossero gemelli, adesso Mario sembrava salito di grado a fratello maggiore mentre lo zio non aveva neppure un accenno di ruga in faccia; inoltre quest'ultimo condivideva la medesima sobrietà di un becchino nel vestire, a conferma della norma secondo cui i vampiri non indossavano colori appariscenti per agevolare la caccia notturna e, in secondo luogo, il nero donava charme per irretire le vittime.

Per nascondere il pallore della pelle e i denti da ematofago bastavano del trucco da attore e una protesi, e che lo zio ingerisse il loro stesso pasto poteva trovare spiegazione nel fatto che non stava scritto da nessuna parte che un alimento diverso dal sangue fosse letale per i vampiri; sicuramente non adatto, ma nemmeno letale. Magari gli avrebbe causato un tremendo mal di stomaco e lo avrebbe costretto a vomitare una volta fuori dal loro campo visivo, di fatti lo zio non si fermava mai per molto dopo aver cenato insieme. La mente della bambina delineò ubbidiente l'immagine di Luigi avvinghiato al vaso sanitario in bagno, come in preda a una delle peggiori sbornie mai prese.

Sull'altro piatto della bilancia, un paio di fatti remavano contro la teoria appena esposta: a dispetto delle credenze più antiche, lo zio si rifletteva negli specchi esattamente come un qualsiasi comune mortale e poteva varcare con disinvoltura la soglia di casa senza che nessuno gli esprimesse vocalmente il permesso di entrare. Secondo i dati raccolti, ai vampiri è concesso di introdursi in un dominio altrui a patto che il padrone abbia prima scandito il benvenuto, altrimenti l'aura vitale degli abitanti passati e presenti a impregnare la dimora avrebbe corroso il guscio di carne, rivelando la loro vera natura. Nell'ultima visita da parte di Luigi, la nipote gli aveva aperto la porta per testare il principio, scansandosi senza emettere un fiato e l'ospite aveva attraversato illeso l'ingresso e di conseguenza smentito quella che era soltanto una diceria folcloristica. In merito al discorso del riflesso, anche in tal caso poteva trattarsi di una banale leggenda stokeriana imbevuta di superstizioni religiose, proprio come con l'aglio e coi crocifissi assolutamente sopravvalutati.

Tuttavia, un ulteriore dettaglio a conferma dell'idea di Lucilla si era aggiunto a spronare la piccola nella sua missione di smascheramento: le impronte dello zio, o meglio, quelle che non c'erano. Luigi aveva spiegato loro che, a causa degli impegni assolvibili solo di notte, il suo orologio biologico si era ormai invertito, ovvero che il tramonto per lui corrispondeva all'alba e vice versa. Per tale ragione a casa si posticipava la cena così da permettergli di protrarre la permanenza e lo zio levava le tende quando fuori era calata notte fonda. Per non infastidire i vicini Luigi si premurava di parcheggiare la moto poco lontano, al limitare del bosco, e la mattina dopo Lucilla aveva seguito le orme di quest'ultimo sul sentiero che si biforcava dalla strada principale e che conduceva nella foresta. Quasi non si sorprese nell'attimo in cui si interruppero bruscamente, come se il piede che Luigi aveva sollevato non avesse più toccato terra. Ovviamente non si era vista neanche mezza traccia di pneumatici in giro e Lucilla aveva dunque compreso di trovarsi nel punto preciso, godendo della presenza ingombrante degli alberi per passare inosservato, dove lo zio aveva abbandonato le spoglie umane per trasformarsi in un bellissimo pipistrello.

Malgrado la bambina sentisse che i tasselli coincidevano, gli indizi elencati non erano certo abbastanza per convincere almeno un goomba tendenzialmente credulone, figurarsi gli scettici più incalliti. Serviva una prova così schiacciante da sgominare ogni obiezione, ed ecco perché Lucilla aveva aspettato ancora, altri mesi di segreti e progetti, fino alla sera del suo tredicesimo compleanno.

Avrebbe dimostrato a tutti la verità che avevano avuto sotto il naso senza nemmeno immaginare.

Avrebbe dimostrato a se stessa di non essersi sbagliata.


Nota d'autrice:

E fu così che, dagli accordi stridenti e dalle languide stonature della Danse Macabre, siamo passati al ritmo sbrigliato e saltellante dello swing. Il titolo che ho preso in prestito per questa fanfiction appartiene a una canzone composta dai Big Bad Voodoo Daddy. Quando la ascolto mi ispira l'immagine di una festa gigantesca dentro una casa infestata.


  
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