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Autore: cin75    25/02/2017    6 recensioni
Dopo l'ennesima caccia , questa volta, sono Dean e Castiel a vedersela brutta. tutto si risolverà e i due avranno modo di approfondire quella loro già profonda amicizia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Mary Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Quando Dean riaprì gli occhi, si rese immediatamente conto che non era più in quella soffitta abbandonata ma in un comodo e soffice letto di ospedale. Sospirò, forse di sollievo per essere ancora vivo, forse di frustrazione perché non riusciva a ricordare che cosa fosse successo.
Aprì meglio gli occhi e mise a fuoco le due figure che lo fissavano con sguardo felice ma comunque apprensivo.
“Finalmente!” esclamò Sam, in piedi.
“Ehi, tesoro!” si accodò Mary seduta alla sedia accanto al suo letto.
Dean strinse le labbra e se le leccò per riuscire così a dire qualcosa. Poi deglutì per inumidirsi la gola che sentiva secca e che gli bruciava da morire.
“Da quanto…da quanto sono qui?” chiese con una voce che parve comunque sofferente.
“Solo un paio di giorni.” Rispose Mary.
“Eri messo davvero male!” precisò Sam.
Dean cercò ancora di fare mente locale su quello che era successo e poi all’improvviso come un flash, alcune immagini della sua ultima caccia gli esplosero nel cervello, mandandolo nel panico.
“Castiel!!?” quasi gridò. “Dov’è Cass?!” ripetè decisamente preoccupato. “Lui era con me. Era ferito anche lui. La manticora ha attaccato anche lui!!! Dov’è?”
 
“Sono qui, Dean. Ma smetti di gridare o mi scoppierà la testa!” fece la voce dell’angelo alle sue spalle. Nel letto accanto al suo.
 
Dean si girò di scatto verso la voce e vide Cass, l’angelo del Signore, il prode guerriero del Paradiso, steso nel letto, con una flebo nel braccio e l’aspetto sfatto almeno quanto lui. Il viso ancora segnato dai colpi subiti e i segni di alcuni tagli al sopracciglio e sul labbro inferiore. Gli occhi erano stanchi e così paradossalmente colmi di sofferenza…umana.
 
“Ma che è successo?” chiese poi, rivolgendosi di nuovo ai due cacciatori.
 
Fu Sam a rispondergli, mentre Mary veniva richiamata da un’infermiera per alcuni chiarimenti.
“Stavamo seguendo il caso di quella specie di mostro, la manticora. Ricordi?!”
Certo che ricordava quel dannato mostro, ma comunque, il cacciatore, strizzò gli occhi come per sforzarsi di ricordare tutto e ci riuscì e pian piano tutti i pezzi del puzzle che ancora gli mancavano, lentamente sembravano tornare al loro posto.
“Tu e Castiel, ci avete chiamato e avete detto che pensavate di aver rintracciato la casa dove molto probabilmente era tenuta nascosta la scatola da cui la manticora veniva liberata per uccidere. Io e la mamma eravamo nella biblioteca per parlare con la figlia dell’ultima vittima e quando abbiamo capito che la casa in cui stavate entrando era quella giusta, ho provato a richiamarti per metterti in allerta , ma non mi hai mai risposto.” Spiegò Sam.
“Sì, quella casa , non appena siamo entrati, è diventata una sorta di sigillo formato gigante. Era tutto bloccato. Porte, finestre, telefoni. Perfino Cass, lo era.”
“Già. Ed è uno dei motivi per cui siamo ridotti così!” ci tenne a precisare l’angelo ammaccato. “La magia che c’era lì dentro ha bloccato quasi tutti i miei poteri!”
“Quasi?!” fecero all’unisono i due fratelli.
“Sì. Il potere che sentivo ancora di avere , anche se non forte, era solo quello di guarire e..”
“Cosa??!!” sbottò Dean esterrefatto.
“Castiel ma allora perché…” intervenne Sam, anche lui sorpreso da quell’ammissione, ma Dean lo interruppe prima che il minore potesse completare la sua frase.
“Perché cavolo non ci hai guariti, invece di farci rimanere lì dentro a languire nel nostro sangue. E se Sam e la mamma non ci avessero trovato in tempo?? Se la manticora fosse riuscita ad entrare nella soffitta prima che Sam la facesse fuori?” lo accusò mettendosi a sedere sul letto e ignorando il doloroso fastidio che sentiva in tutto il corpo. “Cosa diavolo stavi aspettando? un invito scritto?” infierì ancora.
“Dean…” cercò di calmarlo Sam, notando la sguardo avvilito dell’amico angelo, ma comunque non riuscendo a capirne il comportamento.
“Dean, un corno. Questa me la devi proprio spiegare, Cass!”
“Non potevo farlo!” fu la risposta a quelle accuse.
“Tu non potevi fare cosa? Guarirmi? Guarirti? Cosa, Cass?” insistette il maggiore.
“Entrambe le cose!” rispose in colpa Castiel mentre cercava di mettersi , anche lui, a sedere, al centro del letto, imitando la posizione del maggiore die Winchester.
“Ma hai detto che il tuo potere di guarigione lo sentivi. Allora perché?”

Castiel guardò Sam e poi Dean e la sua aria furibonda.
Sapeva che quello che stava per dire in un certo senso sarebbe sembrato assurdo e forse, molto molto forse, i due lo avrebbero compreso. Ma era quello che era successo ed era quello che avrebbe confessato ai due.

“Allora?!” lo incoraggiò con poca gentilezza Dean.
“Tu eri ferito gravemente e…”
“Ma va?!”esclamò sarcastico Dean.
“Dean fallo finire.” Mediò Sam.
“…e anche io lo ero. Se mi fossi guarito , la forza che mi sarebbe rimasta non mi sarebbe bastata per guarire te o per sconfiggere la manticora. Ma se avessi guarito te per primo, l’energia che avevo nelle condizioni in cui ero, non sarebbe stata comunque sufficiente a sanare le tue ferite. Saresti rimasto ancora molto debole e incapace di difenderti.” Provò a spiegare Castiel.
“Castiel, stai dicendo che…” azzardò Sam.
“…che qualunque cosa avessi fatto in quella soffitta non avrebbe risolto le cose e …” e poi spostando lo sguardo sul maggiore. “…e ti avrei visto morire.”
“Cass, ma tu potevi….cioè. Potevi guarirti e …”
“E fare cosa , Dean? Essere comunque incapace di difenderti o difendere entrambi?”
“E hai preferito lasciare le cose come stavano?!” ironizzò.
Castiel sapeva che cosa si nascondeva sotto quel rimprovero che adesso non sembrava più così rabbioso da parte di Dean. Per il maggiore se c’era la possibilità di salvare almeno qualcuno della squadra, era una possibilità e un’occasione che non poteva e non doveva essere sprecata. Anche a costo della sua vita.
“Se dovevamo andare a fondo, saremmo andati a fondo entrambi. La famiglia non lascia nessuno indietro!” disse infine ricordando all’amico cacciatore le sue stesse parole.

I due fratelli si lanciarono uno sguardo complice. Sam comprese appieno l’agire dell’angelo e ringraziò mentalmente la loro leale amica fortuna di essere arrivato in tempo per salvarli.
Dean benchè colpito da quello che aveva saputo, ancora non gli andava giù che Castiel avesse agito in quel modo. Quel sacrificio era tanto onorevole quanto stupido.
Il silenzio si fece pesante e a tratti imbarazzato. Nessuno dei tre sapeva cosa dire a quella rivelazione dell’angelo. Fu Sam a spezzare quel momento di stasi.
“Sentite, io vado a vedere se la mamma ha bisogno di un aiuto con i documenti della nostra assicurazione sanitaria!” fece virgolettando la parola assicurazione. “Voi riposate un altro po’, perché il vostro aspetto è di mersa. Ci vediamo domani mattina quando vi dimetteranno e riparleremo di tutto quando saremo al bunker!” fece mentre recuperava il suo giacchetto.
“Sam?” lo richiamò Dean. “Perché non ce ne andiamo e basta?!” alludendo che potevano benissimamente svignarsela da quell’ospedale.
“Perché lui è messo male, tu stai peggio e ti sei ripreso meno di un’ora fa. Non mi va di raccogliervi sul pavimento del bunker perché non ce la fate nemmeno ad arrivare alle vostre stanze. E poi come vi ho detto: avete un aspetto di….”
“..di merda. Si!! L’ho capito!” lo fermò, frustrato, il maggiore, mentre si tuffava sconfitto sul materasso.
“Restate qui per stanotte. Qualche ora di sonno e un altro paio di queste flebo vi rimetteranno in sesto.”
“Portami un vero hamburger e qualche birra e salterò giù da questo letto in men che non si dica.”
“Tu restaci in questo letto fino a domani e quando verrò a prendervi, la colazione sarà crostata di ciliegia e doppio espresso nero e fumante!” fece soddisfatto di vedere lo sguardo insolitamente adorante con cui Dean lo stava guardando.
“Ti ho detto che sei il miglior fratellino del mondo?!” confermò quell’adorazione.
“No, mai. Anzi, di solito io sono il fratellino che è sempre stato una fastidiosa spina nel…”
“Sta’ zitto e portami la torta!!” lo fermò stanco di quel botta e risposta fraterno.
“Fesso.”
“Stronzo!”
“Sapevo che ve lo sareste detti!” si intromise innocente, Castiel.
“Sta’ zitto Cass!!” lo ammonirono all’unisono. E l’angelo abbozzò un mezzo borbottio e anche lui si rimise giù , tirandosi addosso le lenzuola.
 

Dopo che anche l’ultimo giro dei medici fu passato e rassicurò i due pazienti che le loro condizioni andavano più che per il meglio, Castiel e Dean, rimasero per lo più in un rigoroso silenzio. L’angelo sapeva di aver dato la spiegazione più vera, il cacciatore sembrava ancora non accettarlo del tutto.
Testardi entrambi e convinti delle loro posizioni, sembravano che comunque , tutti e due volessero evitare altre discussioni.
Quindi: silenzio.
Nella stanza c’era una finestra. Le tende erano aperte ed era possibile vedere il cielo scuro della notte. Era sgombro da nubi e quindi le stelle brillavano vistose e vivide.
Dean si ritrovò a fissare l’amico angelo che guardava , forse, con aria malinconica quel cielo notturno.
Il cacciatore sospirò silenziosamente e finalmente decise di mettere da parte quel po’ di rancore che gli era rimasto dentro.
“Pensi mai a casa tua, Cass?!”
“Intendi il Paradiso?!” rispose con tono tranquillo.
“Mmh!” assentì.
“No.”
“Ohw!!”
“Non più, almeno!” precisò.
“Che significa?!” chiese Dean, curioso per quella precisazione.
Solo allora, Castiel, si girò verso l’amico e lo guardò negli occhi, così da potergli parlare sinceramente, mostrandosi sincero.
“Prima di scendere sulla Terra, il Paradiso era tutto per me. Lottavo strenuamente per proteggerlo da ogni male. Ed ero fiero ed orgoglioso di poterlo fare. Poi mi affidarono una missione?!”
“Una missione?!” chiese ingenuamente Dean.
“Sì, a quanto pare dovevo recuperare l’anima all’Inferno di uno stupido umano che se l’era venduta per poter salvare la vita del suo amato fratellino!” gli rispose ironico ma senza arroganza e sorrise quando vide la faccia imbarazzata dell’amico.
“Ehi! Che devo dirti. Ho la sindrome dell’eroe!” scherzò di rimando.
“Decisamente!” convenne l’angelo.
“Che cosa è cambiato?!” chiese di nuovo , serio.
“Ho visto gli umani. Li ho visti da vicino. Li ho visti davvero. Ho conosciuto  a fondo le loro emozioni, le loro passioni, in che modo sono capaci di sacrificarsi, di difendersi a costo della vita stessa, di essere leali, sinceri. Eroici fino a vendersi l’anima ad un incrocio!”
“E allora ?! cosa è cambiato nel tuo Paradiso?” domandò ancora.
“Non c’era niente di tutto quello che ti ho detto nel mio Paradiso. Lì c’era solo superbia, ricerca del potere, presunzione, intrighi. Non era più casa mia. Non era più quel posto per cui sarei morto senza esitare. Non lo era a tal punto che anche Dio lo aveva lasciato!”
“Ma tutti hanno bisogno di una casa, Cass?!” provò a ..cosa?, confortarlo?
“Io ce l’ho una casa, Dean. O almeno qualcosa che gli si avvicina molto.” fece con semplicità. “Ce l’ho da quando, tu e Sam, mi avete accettato come uno di voi. Da quando mi avete chiamato amico. Da quando mi avete chiamato fratello. Voi siete la mia casa e la mia famiglia. Non mi serve altro per continuare a fare quello che faccio.” e tornò a fissare oltre la finestra, anche per evitare lo sguardo annichilito di Dean, che di certo non si aspettava una risposta simile. Poi senza guardarlo ancora fu lui a fare a Dean quella stessa domanda che prima il cacciatore aveva fatto a lui.
“E a te , Dean, non manca mai la tua casa?!”

A quella domanda, Dean si riprese da quel suo senso di sorpresa gratitudine per quelle parole. Deglutì e si schiarì la voce.
“Andiamo, Cass! Sei il nostro angelo custode…” scherzò a modo suo. “.. e dovresti conoscere per filo e per segno la nostra storia. Sai che non ho una casa da quando aveva meno di cinque anni.”
“Ma io credevo che…”
“Dopo l’incendio in cui morì la mamma, papà , io e Sammy, fummo ospiti da un collega di officina di papà. Fu roba di mesi, il tempo che papà finì la sua iniziazione..” fece enfatizzando la parola. “.. da una sensitiva di nome Missouri. Dopo che seppe quello che gli serviva per iniziare la sua missione di vendetta, iniziammo a girare in lungo e in largo. La mia casa, come quella di Sammy, fu la stanza di ogni motel in cui ci fermavamo o molto più facile, l’Impala.”
“Ma ora c’è il bunker.” azzardò l’amico angelo. “E’ quella casa tua ora, no?”
Dean arricciò per un attimo le labbra. Ci pensò su.
“Sai? Credo che tu abbia ragione. Infondo casa è dove c’è la tua famiglia, no?” chiese e sorrise quando l’angelo gli annuì convinto. “Lì c’è mia madre..” e precisò. “.. di tanto in tanto!” e poi disse ancora: “Lì c’è Sam. Sempre.” Sorridendo. “E c’è anche uno strano tipo che si ostina a girare per i corridoi con uno strano trench che lo fa sembrare uno esibizionista maniaco!”
Castiel rise sommessamente. Sapeva che Dean non sopportava quel suo trench, ma sapeva anche che quello stesso trench lo aveva tenuto ripiegato nel bagagliaio della sua macchina quando lo credeva morto.
“Quindi ora ce l’hai una casa!” convenne Castiel.
“Credo di sì. Credo davvero che tu abbia ragione.” Ammise sconfitto. E poi: “E credo che anche tu ne abbia una.”
“Il bunker?!” azzardò , l’angelo.
“Perché no? È lì che c’è la tua famiglia, no?” rispose con il tono di uno che dice qualcosa che è del tutto naturale.
Castiel non disse altro. Ma annuì , grato.
Solo dopo aver fissato un altro po’ le stelle in silenzio, Dean, gli sentì dire: “Ho di nuovo una casa!”
 

La mattina dopo, quando Sam arrivò, Dean si rese conto che era piuttosto ansioso.
“Ecco la mia colazione!” esclamò Dean.
“Non ora!” lo fermò, il minore, smorzando il suo entusiasmo culinario.
“Ehi, fratellino? Che c’è? Che succede?”
Sam guardò un attimo fuori dalla stanza e poi si rivolse ai due che erano già mezzo vestiti.
“I dottori vorrebbero tenervi un altro giorno in osservazione. Specie lui!” disse indicando Castiel.
“Cosa?!” replicò Dean.
“Perché?” si accodò Castiel.
“Hanno il tuo sangue e quando lo hanno analizzato hanno visto qualcosa che non sembrava …”
“Umano.” Convenne l’angelo. “Beh! Allora credo che sia davvero meglio andarsene!”
“E alla svelta!” convenne il maggiore, mentre afferrava le altre poche cose che c’erano nella camera.

Uscirono di soppiatto dall’uscita di sicurezza e una volta in macchina, si allontanarono il più presto possibile dall’ospedale, prendendo la strada che li avrebbe riportati al bunker.
Una volta certi di essere abbastanza lontani, i tre , tirarono un sospiro di sollievo.
“Ehi, Sammy!” lo richiamò Dean che per questa volta aveva lasciato la guida al più piccolo.
“Che c’è?”
“Mi devi una colazione, fratellino!”
“Ma possibile che tu pensi sempre e solo alle tue dannate torte?!” lo rimproverò bonariamente Sam.
“Non essere blasfemo, Sammy!! Le mie non sono dannate torte, ma pezzi di felicità fatte di zucchero e cannella e marmellata e…”
“E basta così o mi verrà il diabete solo a sentirti!” scherzò il minore. “ E comunque sta’ tranquillo. La mamma te ne ha presa una che ti aspetta al bunker!”
“Grandioso!” esclamò soddisfatto e poi guardò l’amico angelo che sorrideva appena seduto sul sedile posteriore. “Cass? Tutto ok, amico?!”
“Al bunker?!” quasi sussurrò Castiel.
Dean capì e annuì compiaciuto. Poi si rimise dritto al suo posto, poggiandoi la schiena al sedile della sua amata Chevy.
“Sì, Cass. Andiamo al bunker.” fece. “Andiamo a casa!”








N.d.A.: Rivedevo la scena finale della 12x12 e quella battuta di Dean : "Andiamo a casa!" ha portato a tutto questo.
Non so se piacerà, non so se ha un senso o un suo perchè. Ma so che si è praticamente scritta da sola e quindi volevo darvi fastidio, postandola.
Ci si risente martedì per l'aggiornamento della storia sui J2!

baci baci
CIN!
   
 
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