Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: MystOfTheStars    25/02/2017    1 recensioni
Si sa, l'unica cosa in grado di sconfiggere anche le più potenti e oscure tra le maledizioni è, naturalmente, il potere del vero amore.
Il neonato principe En viene maledetto da un demone malvagio e l'incantesimo oscuro potrà essere spezzato solo da un bacio. Tuttavia, sarà davvero difficile - se non impossibile - per i suoi tre spiriti guardiani riuscire a crescere il principino nel cuore della foresta, cercando anche di fargli trovare la persona giusta di cui innamorarsi. Per fortuna, il ragazzo potrebbe riuscire a trovare l'amore anche senza il loro aiuto...
[EnAtsu, IoRyuu, con la partecipazione di - quasi - tutto il cast dell'anime]
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Kinshirou Kusatsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. XIV

Il bacio del vero amore

 

 

 

Il gelo gli mordeva la pelle con mille aghi, invisibile nel buio che tutt'attorno lo schiacciava.

Era strano, si disse Kinshiro, perché non pensava che fosse rimasto ancora qualcosa di lui da opprimere e spezzare. Credeva di essere stato ridotto al nulla, ma non era così. Zundar gli aveva risparmiato quel poco di vita che gli restava.

Riprese coscienza a poco a poco, realizzando quanto rimaneva di lui man mano che incontrava i suoi limiti. Sapeva di avere ancora un corpo, ma non si sorprese nell'accorgersi di non riuscire a comandare nemmeno un muscolo. Era debole, troppo debole.

Eppure il suo corpo era vivo più che mai, e si muoveva. Kinshiro poteva avvertire il vento tra i suoi capelli, ora, e vedere lampi di immagini di ciò che gli scorreva intorno. Erano fantasmi di sagome scure e di stelle, che passavano sotto e sopra di lui in un inseguirsi sfocato di fogliame nero e strisce luminose.

C'era un rumore che sovrastava quello del vento che gli fischiava nelle orecchie - una serie di tonfi attutiti e regolari, accompagnati da un risucchio d'aria. Kinshiro avrebbe voluto voltarsi per dare un senso a quella cacofonia di suoni ed immagini, ma i suoi occhi erano inesorabilmente puntati di fronte a lui, tesi all'orizzonte buio.

Lo sapevi.

Kinshiro avrebbe voluto tapparsi le orecchie ma, anche se avesse potuto, il suo gesto non avrebbe portato a niente. La voce gli risuonava direttamente nella testa ed aveva imparato che non vi era modo di sfuggirle.

Non potevi proteggere il ragazzo, né da me, né da te stesso. Mi hai intrattenuto a lungo con questi tuoi sciocchi tentativi, però, di questo devo darti atto.

Kinshiro lasciò che le parole lo attraversassero. Ognuna era un artiglio aguzzo che gli si incastrava nel petto, ma era abituato a quel dolore, ormai. Tutto il resto - la rabbia, il rancore, la gelosia - erano ora sentimenti distanti. Faceva fatica persino ad immaginare di averli mai provati.

Forse Zundar gli aveva sottratto anche quelli, dopo averglieli piantati nel cuore e averli fatti maturare. Ora di lui rimaneva solo un ammasso di magia tremante e debole.

Ricordi, vero?

Lo spirito ricordava. Era stato tanto tempo prima, ma la sua memoria di quel momento non era sbiadita. Era confusa, certo, esattamente come tutti gli altri ricordi legati alla lunga prigionia a cui l'aveva costretto il mago, confusa come le ombre che lo avevano circondato allora.

Ancora non avrebbe saputo dire quanto tempo aveva passato rinchiuso lì, sottoposto ai capricci dell'umano. L'unico ricordo nitido che gli rimaneva era quello dell'incontro con il demone, quando alle catene imposte dal mago si era aggiunto l'implacabile legame con Zundar.

Non aveva voluto niente di tutto ciò.

Non potrai più illuminare, ma solo generare tenebra. Non potrai più creare, solo distruggere. Non potrai più curare, solo uccidere.

La prima scelta che gli era stato consentito fare, dopo tanto tempo. Dentro di sé, aveva sempre saputo che per lui non ci sarebbe stato scampo comunque, ma almeno si sarebbe vendicato del mago. Si sarebbe vendicato di tutti gli inutili mortali che vedevano la magia solo come strumento per accumulare potere.

Ora, la parola vendetta non aveva nemmeno più un significato per Kinshiro.

Avrebbe dovuto capirlo molto tempo prima, quando si era accorto che le stelle, quando le guardava assieme a lui, tornavano a brillare come un tempo, come non le aveva viste splendere per anni. Ma se n'era reso conto troppo tardi.

Non faremo tardi, questa volta. Vedrai la fine di tutto.

Ancora una volta, tentò di muoversi, ma fu come fare il solletico a Zundar, che esplose in una risata.

Kinshiro avrebbe dato qualsiasi cosa per poter distogliere lo sguardo dalla sagoma del castello che andava man mano delineandosi all'orizzonte.

 

~~~

 

Atsushi si muoveva cautamente per i corridoi bui, camminando quasi in punta di piedi, come se un passo più pesante degli altri rischiasse di echeggiare tra le pareti silenziose e rompere il velo di sonno che ricopriva tutto e tutti.

Nonostante le rassicurazioni degli spiriti che lo guidavano nel dedalo di cortili e sale, Atsushi non riusciva a scuotersi di dosso l'impressione di non essere mai davvero uscito dall'incubo in cui l'aveva fatto precipitare Kinshiro il giorno prima.

Tutto - dai mobili lucidati, agli arazzi, agli arredi di ceramica e metallo, alle armature delle guardie, ai gioielli dei cortigiani - era spento, opaco. I contorni rilucevano appena lì dove si creavano pozze di luce pallida, dove le stelle ammiccavano dalle alte finestre delle sale.

I suoi occhi indugiarono appena sulle sagome delle guardie ripiegate su loro stesse alla base delle scale, che conducevano alla torre dove En dormiva. Il bagliore della luce magica di Yumoto fece scintillare le punte delle loro alabarde e le curve delle loro armature, ma non li riscosse dal sonno in cui erano sprofondati.

Mentre saliva, con il cuore in gola, il principe era grato per lo spessore e la durezza dei gradini sotto di lui, anche se ad ogni passo temeva che potessero cedere e dissolversi sotto le suole dei suoi stivali.

Sul pianerottolo, Ryuu accese alcune torce ed Atsushi gliene fu grato, almeno fino a che non mise piede nella stanza e non vide la piccola folla di cortigiani completamente addormentati e riversi chi su qualche sedia, chi sul pavimento.

"Non temere, dormono sonni tranquilli. Il peggio che può accadergli è un po' di mal di schiena al risveglio," Ryuu ammiccò, cercando di sdrammatizzare la situazione e di strappare un sorriso al ragazzo, che si era chinato accanto alla sorella.

Atsushi non rispose, ma alzò gli occhi ad esplorare il resto della stanza. Non gli fu difficile trovare En, perché era l'unico dei presenti disteso sul grande letto.

Gli si avvicinò e piano si sedette sul bordo del materasso. Gli spiriti, che si erano a loro volta sistemati vicino ad En, gli fecero spazio.

Improvvisa, gli tornò alla memoria un'immagine di qualche anno prima: En addormentato nella grotta nel bosco, mentre fuori imperversava il temporale, vestito di abiti poveri, i capelli tutti arruffati. Atsushi si era chiesto come facesse a dormire così beatamente in mezzo ai sassi e nonostante i tuoni.

Ora, in quel silenzio, su quel materasso morbido, sotto quelle lenzuola leggere accuratamente rimboccate attorno a lui ed ai suoi abiti sfarzosi, En dormiva così profondamente che non si sarebbe risvegliato mai più.

Atsushi gli pettinò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Aveva indugiato un momento, prima di sfiorarlo, quasi temendo di incontrare pelle fredda sotto le dita, ma le sue guance erano tiepide

Il principe si guardò intorno, e lo sguardo cadde di nuovo su sua sorella.

"Non preoccuparti," Ryuu gli si accostò, credendo di indovinare i suoi pensieri. "Non penso che la principessa fosse ansiosa di fidanzarsi con lui."

"Lo so," Atsushi rispose senza pensare. "Quando mi ha confessato di averlo conosciuto e che le aveva scritto tutte quelle lettere, mi ha anche detto che sospettava che per lui non si trattasse che di un gioco, e che in fondo non era felice di legarsi a qualcuno che aveva incontrato una volta soltanto, senza nemmeno essere così certa della sua identità. Ma io non ho nemmeno provato a starla a sentire."

Era stato sordo alle sue parole, aveva sentito solo ciò che aveva voluto, che lei ed En si erano conosciuti a sua insaputa. Non aveva dato importanza ai sentimenti di sua sorella. Se solo avesse messo a tacere il suo rancore, se solo fosse stato in grado di vedere oltre ciò che gli era sembrato una verità assoluta, forse ora le cose sarebbero state diverse.

"Avrei dovuto ascoltarla e parlarle di En. Avrei dovuto ascoltare En. Avremmo potuto uscirne, assieme, prima che succedesse tutto questo." Si voltò verso l'altro ragazzo, sfiorandogli di nuovo il volto con le dita. "Mi dispiace così tanto, Enny."

Si chinò su di lui. Il viso dell'altro era completamente privo di espressione, ma così tranquillo che Atsushi si chiese, non per la prima volta, se forse non avrebbe preferito continuare a dormire, se non l'avrebbe disturbato svegliandolo.

Aveva baciato così tante volte quella bocca, che sarebbe dovuta essere per lui la cosa più naturale del mondo, pensò, avvicinandoglisi lentamente. Eppure non era così.

Le sue labbra erano secche, quando le premette contro quelle immobili di En. Rimase fermo così per qualche istante e poi si staccò, gli occhi fissi sul ragazzo sotto di lui, ben consapevole che anche i tre spiriti, lì accanto, avevano l'attenzione rivolta al principe.

Il tempo passò, ma l'unica cosa a muoversi furono i riflessi della luce delle torce sul guanciale e sul volto del giovane.

"È inutile," Atsushi esalò a quel punto, "mi dispiace." En preferiva dormire che non svegliarsi ad un suo bacio. Il ragazzo chinò il capo, sconfitto.

"Sciocchezze!" Ryuu gli volò davanti, i pugni sui fianchi. "En ha solo il sonno pesante. E poi, che cos'era quello? Un bacio del vero amore? Per carità, altezza, non ditemi che non sapete fare di meglio! Guardate!" Afferrò il polso di Io e lo attirò a sé, passandogli disinvoltamente una mano dietro la schiena e legandolo in un bacio che lasciò allo spirito della terra ben poca aria per respirare.

Atsushi sbatté le palpebre. Certo Ryuu metteva molta energia in quella dimostrazione, pensò, vedendo Io riemergere rosso in volto ed allibito. Allora, Ryuu gli passò le braccia intorno al collo e lo baciò ancora una volta, teneramente. Il principe si ritrovò, suo malgrado, con un piccolo sorriso sulle labbra.

"Provate di nuovo, altezza. En vi sta ancora aspettando." Yumoto lo spinse gentilmente un po' in avanti, verso l'altro.

Atsushi tornò a guardare En. Era davvero così? Erano passati mesi dall'ultima volta che lo aveva abbracciato, dall'ultima volta che si erano parlati e che erano stati assieme. Non desiderava altro che vederlo riaprire gli occhi e sorridere, o sbadigliare, o anche arrabbiarsi con lui - qualsiasi cosa, purché si risvegliasse, pensò prendendogli la testa inerte tra le mani e sollevandogliela appena.

Allora, con la coda dell'occhio scorse un movimento - qualcosa era scivolato alla base del collo di En, lì dove il colletto della tunica lasciava intravedere un triangolo di pelle. Atsushi lo riadagiò sul cuscino e infilò un dito sotto la stoffa, ripescando la catenella che aveva intravisto.

In fondo, ora appoggiato al palmo della mano di Atsushi, c'era il ciondolo blu a forma di cuore.

Il principe strinse il pugno, lottando contro l'improvviso bruciore che sentiva pizzicargli i lati degli occhi. En lo stava aspettando davvero, ma Atsushi aveva dubitato di se stesso, ed aveva dubitato anche di lui.

Premette la fronte contro quella del principe addormentato. "Scusami, Enny. Ti prego, svegliati," sussurrò sulle sue labbra, e poi lo baciò.

Lo baciò con dolcezza, all'inizio, quasi a non voler disturbare il suo sonno, e poi con passione, perché aveva desiderato farlo per mesi ed ancora non si capacitava di come avesse potuto voltargli le spalle e lasciarlo solo nel bosco il giorno prima. Lo baciò per scoprire che il suo sapore era sempre lo stesso, che se anche non era più il ragazzo della foresta ed indossava abiti lussuosi, il profumo della sua pelle non era cambiato.

Lo baciò per quella che sembrò un'eternità, finché non lo sentì sussultare sotto di lui.

Nel socchiudere gli occhi, notò una strana aura verdastra avvolgere En. Colto alla sprovvista, si tirò indietro, mentre la luce si condensava sopra il petto del principe, formando un sottile ago luminoso, simile a quello che aveva visto comparire davanti a lui poco prima, nella villa di Kinshiro.

L'ago tremò per qualche istante appena e poi si dissolse.

"La maledizione..." le parole di Atsushi gli morirono in gola, come vide En ammiccare e portarsi una mano al volto.

"En!" Le quattro voci si sovrapposero, concitate, ma i tre spiriti lasciarono che fosse Atsushi a chinarsi su di lui per stringerlo a sé. Con la lentezza tipica di qualcuno ancora addormentato, En gli circondò le spalle, ricambiando l'abbraccio.

Atsushi allentò la stretta per allontanarsi un poco da lui e prendergli di nuovo il viso tra le mani: En aveva aperto gli occhi e lo stava guardando.

"Atsushi." Allora, un sorriso identico si dipinse sulle labbra di entrambi i ragazzi. "Stavo sognando che saresti arrivato," mormorò En piano, facendo scorrere le nocche delle dita lungo lo zigomo e la guancia del principe chino su di lui.

"Lo so." Atsushi piegò appena la testa di lato, per andare incontro alla carezza.

En si accigliò leggermente, affondando le dita nei suoi capelli scuri. Lo guardò negli occhi, cercando di metterli a fuoco nella penombra della stanza. "Atsushi, mi dispiace per quello che è successo ieri. Non intendevo..."

"Sssh," il principe gli premette un dito sulle labbra. "So tutto, Enny. E poi, è stata colpa mia."

Ma En, sotto di lui, stava scuotendo la testa. "No, avrei dovuto intuire che c'era qualcosa che non quadrava, avrei-"

Il rumore di qualcuno che si schiariva la voce accanto a loro li fece voltare all'unisono. I tre spiriti li stavano guardando, con sorrisi che stentavano a reprimere.

"Hai visto? Come promesso, gli ho spiegato tutto non appena ci siamo incontrati," disse Ryuu con malcelato orgoglio.

En si mise a sedere, ancora un po' intontito. Solo allora si rese conto dello strano affollamento nella stanza in cui si trovavano e del fatto che fosse notte fonda. Si stropicciò gli occhi un paio di volte, cercando di dare un senso a quello che vedeva, e tentando di riconnetterlo in qualche modo alle ultime immagini che ricordava prima di cadere addormentato.

"Immagino di essere in ritardo per la cerimonia, non è così?" dedusse alla fine, scuotendo lentamente la testa.

Attorno a lui, gli spiriti ed Atsushi ridacchiarono. Cercarono di raccontargli il più in fretta possibile quanto era accaduto da quando lo avevano trovato incosciente sul pavimento, solo poche ore prima.

"Abbiamo fermato i demoni, almeno per il momento, ma dubito che Kinshiro si riterrà soddisfatto dopo che gli siamo sfuggiti così, da sotto il naso," ragionò Ryuu, circondando le spalle di Io con in braccio e stringendolo a sé, orgoglioso per come aveva risolto la situazione.

"Non è Kinshiro," si intromise allora Atsushi, "è quella cosa che si porta appresso. Avete sentito anche voi il racconto di Ibushi! Il vero demone lo sta manovrando, è lui che dobbiamo sconfiggere."

I tre spiriti si guardarono l'un l'altro. Ciò era chiaro, ma certo non era semplice pensare a come riuscirci.

"Il legame magico che avevo con Akoya è sparito," aggiunse quindi Io. Non aveva idea del perché, naturalmente, ma, qualsiasi fosse la causa, non era una buona notizia. "Non posso dire se siano rimasti dove li abbiamo lasciati o se si siano già messi in movimento." In ogni caso, il tempo stringeva.

"Credo che al momento la cosa più saggia da fare sia cercare di mettere tutti voi al riparo, mentre noi pensiamo ad un piano per fermarli prima che possano attaccare il castello," spiegò quindi ai due principi. "Qui ci sono troppe persone, se decidessero di-!" Lo spirito si prese la testa tra le mani, come colto da un'improvvisa fitta di dolore.

Ryuu si voltò verso di lui, allarmato, ma prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa furono tutti congelati sul posto da un rumore sordo e ritmico, che si avvicinava ad ogni battito.

"Sono già qui." Io boccheggiò, raddrizzandosi.

Atsushi gli lanciò uno sguardo atterrito, ma i tre spiriti si erano già messi in movimento.

"Dobbiamo andarcene da questa torre," insisté Io. En si era allacciato la cintura con la spada in vita, ma Ryuu scosse la testa rigorosamente.

"Non pensare nemmeno per un attimo di venire là fuori ad affrontarli. Voi due rifugiatevi da qualche parte, ai demoni ci penseremo noi!"

En non rispose, ma prese per mano Atsushi e si lasciò condurre giù dalle scale assieme a lui.

Le sale del castello erano silenziose ed addormentate, esattamente come prima. Lo strano rumore pulsante sembrava essere svanito, ma tutti loro sapevano bene di non esserselo immaginato.

Cautamente, Yumoto si avvicinò ad una delle finestre che davano sull'ampio giardino interno. Era vuoto, o così sembrava, con i vialetti di ghiaia appena visibili nel tenue bagliore della notte stellata. Per un attimo, però, la luce sembrò venire meno; lo spirito alzò gli occhi in tempo per scorgere un'ombra oscurare la volta celeste e sparire subito dopo, oltre i tetti del castello.

Si ritrasse dalla finestra, congelato, ma prima che potesse riferire agli altri che cosa credeva di aver visto, notò un movimento nel giardino - o meglio, notò il giardino muoversi. Gli altri seguirono il suo sguardo ed osservarono con orrore i cespugli ed i fiori nelle aiuole ingrossarsi e muoversi, serpeggiando lungo i vialetti. Prima che avessero il tempo di realizzare quanto stava accadendo, i profili scuri dei rami avevano ricoperto la finestra di una ragnatela spinosa.

"Via di qui!" En li spinse oltre, correndo lungo il corridoio. Dietro di loro, si udì il rumore di vetri infranti.

Giunsero ad una porta che dava su uno dei cortili interni, la spalancarono e si gettarono fuori. La notte era tiepida e tranquilla, ma vennero improvvisamente investiti da una folata d'aria, accompagnata da una risata che fece loro gelare il sangue nelle vene.

Si voltarono ed alzarono gli occhi, cercando di mettere a fuoco ciò che stavano vedendo. Un'enorme sagoma nera si era appena posata sui tetti alle loro spalle. Le sue ali erano larghe e traslucide, dai contorni butterati ed aguzzi, e gli occhi erano due punte di luce gelida, inesorabilmente fissi su di loro.

"È... È un drago?" fece En in un sussurro concitato ed incredulo.

Una seconda, ben più famigliare sagoma scivolò giù dal dorso della creatura. I suo contorni scuri si confondevano con la notte, facendola sembrare sottile e minuscola accanto al mostro che aveva cavalcato.

"Ammetti la tua sconfitta, Kinshiro! La maledizione è spezzata, hai perso!" dichiarò Ryuu, avanzando di un passo.

"Sconfitta? Ho ancora tutto da vincere, invece, piccolo spirito." Per un attimo, nell'udire quella voce gutturale che nulla aveva in comune con quella del demone che ben conoscevano, gli spiriti ed Atsushi furono colti alla sprovvista.

"Che cos'hai fatto a Kinshiro?" Atsushi gridò allora, in un misto di disperazione e rabbia.

"Oh, il tuo amico è qui con me, non lo vedi?" Il demone fece un piccolo inchino. "Anche se ancora per poco, in effetti, visto che ha quasi esaurito il suo potere. Non temere, però, lo terrò con me per un ultimo saluto a voi, altezza, prima che ve ne andiate entrambi," fece con voce gelida e melliflua insieme.

"Ed Akoya ed Ibushi? Dove sono!?" si fece avanti allora Yumoto, a pugni serrati. Lo spirito ricordava bene l'aiuto ricevuto da loro, e sapeva con altrettanta certezza che la loro insubordinazione non poteva essere stata perdonata.

"Fanno quello che hanno sempre fatto, naturalmente; mi servono come possono." Kinshiro - Zundar, anzi, si strinse nelle spalle. "Certo, visto che ultimamente sono stati un po' indisciplinati, ho dovuto trovare un altro modo per impiegarli. Ma se vi interessa tanto della loro sorte, sarà mia premura fare sì che li incontriate presto," li rassicurò, mostrando loro i denti in quello che doveva essere un sorriso, ma sembrava piuttosto un ringhio.

"Questo è ancora da vedere," replicò Io, tirando fuori la bacchetta e puntandola contro il demone. La luce dorata che ne scaturì andò a formare una barriera di fronte a loro, mentre lo spirito gesticolava freneticamente agli altri di correre verso una delle uscite del cortile.

Zundar sembrava divertito. Le ombre attorno a lui tremarono alla sua risata, mentre puntava contro Io un indice candido ed appuntito. "Suoni così sicuro delle tue parole, piccolo spirito, ma ne hai davvero ragione?"

Io alzò il mento per replicare ma, l'attimo dopo, si ritrovò piegato in due a premersi le mani sulle tempie. Davanti a lui, la barriera dorata tremò e si dissolse.

"Io!" Ryuu corse al suo fianco, facendo eruttare una cascata di fuoco dalla sua bacchetta nella direzione del demone. Bastò un movimento della mano di Zundar per spegnere le fiamme, questa volta.

"Lo vedete, da soli siete imbelli, i vostri poteri non possono nulla." Zundar suonava soddisfatto. Nella sua voce c'era la stessa cupidigia di un affamato sul punto di assaporare un pasto succulento.

Gli occhi del drago brillarono ed il lampo verde investì tutto il cortile. En si ritrovò Yumoto tra le braccia, un peso morto, mentre poco più avanti Io e Ryuu erano crollati a terra, stretti l'uno a l'altro.

"Sicuramente darebbero frutti migliori se ad usarli fosse qualcuno di più potente, come me," dichiarò Zundar, mentre gli occhi del drago pulsavano ancora, pronti ad esplodere di nuovo.

Istintivamente, En strinse a sé Yumoto e si girò su se stesso, per fargli scudo con il proprio corpo dal nuovo lampo di luce che illuminò la notte. "Non puoi averli!" urlò al demone. Accanto a lui, però, Atsushi soffocò un grido di orrore.

"Enny! Sono spariti!"

Il principe si voltò. Sull'acciottolato del cortile, ora, non vi era più alcuna traccia di Io e Ryuu. Tra le sue braccia, Yumoto si mosse debolmente.

"Scappate, En," lo implorò in un sussurro.

"Non ti lascerò a lui," gli rispose il principe, ma proprio in quel momento si ritrovò avvolto dalle tenebre e spinto di lato da una forza incontrastabile. Perse la presa sullo spirito e si ritrovò a rotolare sul selciato, lontano da Yumoto.

"Io prendo ciò che voglio." Zundar avanzava verso di loro a grandi passi, preceduto da ombre striscianti che si allacciarono attorno ai polsi ed alle caviglie dello spirito. Questo tentò debolmente di muoversi, ma non aveva le energie per fuggire. "Lui è mio, ora," decretò. Come alzò la mano, la luce verde deflagrò di nuovo, lasciando il vuoto là dove Yumoto era disteso.

"Yumoto..." En stentava a rialzarsi in piedi, gli occhi fissi nel punto in cui lo spirito era sparito. Non era rimasto nulla di lui, così come non era restato niente di Ryuu e di Io. Non era rimasto niente della sua piccola famiglia.

Congelato sul posto, vide Zundar avanzare verso Atsushi. Le ombre che gli turbinavano attorno nascondevano il suo volto ma, dall'espressione atterrita del ragazzo che arretrava davanti a lui, non era difficile immaginare le sue intenzioni.

"Vedi, Kinshiro? Ora ho abbastanza potere per lasciarti sparire, non è un sollievo?"

Atsushi tentò di scappare, ma i tentacoli d'ombra furono più veloci e lo raggiunsero, facendolo inciampare e rovinare malamente al suolo.

"Ti avevo promesso un ultimo saluto al tuo amico umano, però, e non me ne sono affatto dimenticato," proseguì Zundar con tono magnanimo. A terra, Atsushi si dibatteva disperatamente, ma le ombre non lo lasciavano andare. Il demone mosse appena le dita della mano e i tentacoli oscuri si arricciarono sulla gola del principe. Atsushi emise un grido strozzato, cercando di strapparseli di dosso, ma le sue dita afferravano solo ombre.

"Per una creatura magica non ha senso prendersi così a cuore un mortale, capisci? Gli umani sono fragili, si rompono troppo facilmente," considerò, chiudendo le dita. Ai suoi piedi, Atsushi si portò le mani al collo, tentando inutilmente di respirare. Il demone sorrise e strinse il pugno, ed il ragazzo si contorse sul selciato, alla disperata ricerca di aria.

"Lascialo! Lascialo andare!" La spada di En impattò contro lo scudo di tenebre. Non lo scalfì nemmeno, ma il demone abbandonò la presa su Atsushi per concentrarsi sull'altro principe.

"Perché non te ne torni a dormire?" fu la gelida risposta. "Non sei niente senza i tuoi amici spiriti, non sei mai stato niente se non un'inutile pedina."

"Così inutile che ti sei accanito sulle mie tracce per ben diciotto anni?" La lama della spada brillava, ora, e quando colpì nuovamente l'ombra attorno a Zundar si dissolse. Il demone, irritato, si voltò a fronteggiarlo. Un gesto del braccio, e tra le due dita comparve l'elsa di una spada, la cui lama era così scura che avrebbe potuto essere stata forgiata nell'ossidiana.

"Non sei niente se non il titolo nobiliare che ti porti dietro," fece freddamente, parando con annoiata facilità il successivo colpo di En.

"Perché hai scelto me per la tua maledizione, allora?" insisté il principe, continuando a tirare fendenti contro il demone.

Zundar gli tenne testa senza sforzo. "Sei un bersaglio troppo facile e succulento, principe," gli spiegò, vagamente divertito. "Quale preda migliore del primo ed unico figlio dei sovrani di un grande regno per scatenare panico e disperazione, e per accontentare parte della nostra sete di vendetta contro voi mortali?"

Il demone, ora, era passato all'attacco, ed En faticava a parare i suoi colpi. Ad ogni impatto, l'elsa dell'arma era sempre più instabile tra le sue mani.

"Voi umani non siete degni della magia che vi circonda, non fate che usarla per il vostro tornaconto personale. È stupido, da parte di quegli spiriti, soggiogarsi così al vostro volere. A che cosa ti hanno portato tutte le loro benedizioni? E questa spada, poi?" Un colpo di sbieco, e l'arma volò da qualche parte sul selciato dietro al ragazzo. Il demone sorrise, soddisfatto. "Non è che un giocattolo nelle mani di un inutile mortale."

En arretrò, tentando di fuggire, ma le ombre gli immobilizzarono le caviglie, facendolo crollare in ginocchio davanti al demone.

"Ora, principe, mettiamo fine a questa caccia, che è durata anche troppo a lungo," decretò Zundar, alzando la sua spada nera, e facendola calare inesorabilmente addosso al giovane.

En alzò le braccia in un vano tentativo di difesa ma, invece del dolore tranciante della lama sulla sua pelle, arrivò il rumore dell'impatto di metallo contro metallo. Sopra di lui splendeva di nuovo la lama magica, ed a stringerla era Atsushi.

Zundar sbuffò. "Cosa speri di ottenere mettendoti in mezzo in questo modo? Ormai l'hai capito, non sono Kinshiro, non puoi indurmi a pietà."

"Lo so bene," rispose il principe, la presa ben salda sull'elsa della spada. "Non sono qui ad invocare pietà, infatti."

Fulmineo, si girò per affondare la lama nei tentacoli d'ombra che tenevano ancora prigioniero En e tranciarli. Prima che l'arma del demone potesse abbattersi su di loro, En aveva spinto via Atsushi, rotolando con lui di lato, lontano dal punto in cui la spada nera si abbatté sul selciato. Insieme, si rialzarono e corsero via, cercando di guadagnare una delle porte del cortile.

"Che cosa sperate di fare?" chiese il demone, dirigendosi con calma verso di loro. "Pensate forse di riuscire a sfuggirmi? Siete rimasti voi due da soli, nel bel mezzo di un castello immobile, due stolti umani che a malapena sanno tenere in mano una spada."

Sopra di loro, si udì nuovamente il battito d'ali - un unico, poderoso colpo, ed il drago atterrò sul tetto di fronte a loro, scendendo lungo il muro come un'enorme lucertola fatta d'ombra.

 

~~~

 

L'ultima cosa che aveva visto, dopo il volto di En, era stata l'esplosione di luce verde. Poi, solo buio. Quando riaprì gli occhi, Yumoto fece fatica a riabituarsi alla luce. Era ancora circondato da quel bagliore verdastro, ma era tenue, ora, e proveniva da tutt'intorno a lui.

Al suo fianco erano inginocchiati Ryuu ed Io. Il secondo si teneva ancora la testa tra le mani, mentre il primo si stava guardando attorno freneticamente, cercando di capire che cosa fosse successo.

Da quel che potevano vedere, si trovavano all'interno di una minuscola caverna. Le pareti lustre scintillavano, rifrangendo la luce verde che proveniva da un globo pulsante, che fluttuava di fronte a loro. Guardarlo direttamente era difficile, e sia Ryuu che Yumoto dovettero abbassare gli occhi, abbagliati.

"Siamo all'interno di quella statuina...?" si chiese lo spirito della luce, cercando di dare un senso a quello che stava vedendo.

Contro il bagliore pulsante del globo si stagliavano due ombre. Ora che i loro occhi si erano abituati alla bizzarra luminosità della stanza, riuscivano anche a distinguerne le sagome.

"Akoya e Ibushi...?" Ryuu si strofinò gli occhi, spostandosi di lato per non averli controluce.

Entrambi i demoni erano sospesi a mezz'aria. Un raggio di luce verde, pulsante all'unisono con il nucleo da cui si sprigionava, li avvolgeva e li manteneva eretti, nonostante fosse chiaro che entrambi erano incoscienti.

Non era tanto l'abbandono dei loro corpi a lasciare Ryuu incredulo, quanto il fatto che, nell'alone verde che li imprigionava, le loro membra apparissero diafane, quasi inconsistenti, tanto che vi si poteva vedere attraverso. Se fissava Akoya, gli sembrava che i suoi lunghi capelli rosati fossero in realtà un delicato agglomerato di petali, e se si voltava verso Ibushi, invece, gli pareva di vedere un turbinio di vento racchiuso nei lineamenti del suo volto.

"Sta risucchiando il loro potere!" Yumoto cercò di avvicinarsi a loro ma, come si mosse, un raggio di luce saettò verso di lui. Lo spirito saltò di lato per evitarlo, ma il riverbero che esplose accecò tutti e tre gli spiriti.

"Cercherà di intrappolare anche noi," avvertì Ryuu, ponendosi di fronte a Io, che stava pian piano rimettendosi in piedi.

"Ma dobbiamo assolutamente liberarli!" insisté Yumoto. "Senza la loro magia, il demone sarà più debole. Possiamo ancora dare una possibilità ad En e al principe!"

Il nucleo di luce si contrasse improvvisamente, come una bestia che si raccoglie per balzare sulla preda. Gli spiriti lo osservarono con orrore: stava per esplodere di nuovo ed intrappolarli per sempre, ed allora non avrebbero avuto più alcuna speranza, né loro, né i principi...

"Non un'altra volta." Io si era alzato in piedi. A pugni serrati, osservava il cuore pulsante con aria di sfida. "Dietro di me!" ordinò agli altri due, che obbedirono giusto un istante prima che la luce deflagrasse. Tuttavia, non li investì: vennero avvolti in un'ombra scura, che si rivelò essere uno scudo di luce dorata evocato da Io.

"Posso tenergli testa," affermò lo spirito della terra a denti serrati. "Dovete sbrigarvi a liberarli."

Ryuu stava per ribattere, ma l'espressione sul viso di Io dava ad intendere che non avrebbe accettato di essere messo in discussione.

I due spiriti allora si affrettarono a raggiungere i prigionieri. Avvolti della propria magia, lottarono per dissipare il bagliore che racchiudeva Akoya ed Ibushi come un bozzolo, almeno quel tanto che consentisse loro di stringere la vita o le spalle degli altri due per tirarli fuori.

Il nucleo pulsò ancora, ma la magia di Io intervenne in tempo per proteggere se stesso e gli altri dalla luce che tentava di intrappolarli.

Quando Yumoto riuscì a passare un braccio attorno alle spalle di Ibushi, lo spirito prigioniero non dette segno di accorgersene. Nonostante Yumoto avvertisse il suo peso e la consistenza del suo corpo nella propria stretta, c'era qualcosa di terribilmente sbagliato - era come abbracciare un turbine di vento, e sembrava che la resistenza della pelle di Ibushi sotto le sue mani potesse venir meno da un momento all'altro.

"Si sta impadronendo della loro stessa essenza!" gridò a Ryuu, che di fronte a lui era riuscito ad allacciare le braccia attorno alla vita di Akoya.

Lo spirito del fuoco annuì. Per quanto cercasse di mantenere salda la presa su Akoya, era come stringere a sé un mucchio di foglie, sul punto di disfarsi ad ogni momento.

Lentamente, il suo fuoco e la luce dorata di Yumoto guadagnavano terreno, respingendo il bagliore che stentava, però, ad abbandonare la presa sulle sue vittime. Ad ogni centimetro liberato, i corpi di Akoya ed Ibushi riacquistavano consistenza nelle braccia dei due spiriti, ma la luce verde nel nucleo si agitava sempre più convulsamente, moltiplicando i tentativi di renderli prigionieri.

Nonostante i continui lampi, però, la magia di Io resisteva ancora. Lo spirito era in ginocchio, adesso, il volto contratto per lo sforzo e per la determinazione. Lasciare gli altri senza difesa significava consegnarli al demone, ed i due umani con loro, e questo non poteva permetterlo. Tuttavia, ad ogni istante che passava, gli risultava sempre più faticoso mantenere lo scudo magico che aveva creato. Se solo Ryuu e Yumoto fossero riusciti a liberare gli altri più velocemente...

 

~~~

 

Il drago avanzava con calma, dondolando sinuosamente sulle tozze zampe. Gli artigli scricchiolavano sul selciato di pietra, e gli occhi luminosi erano fissi sui due principi. Ora che gli era arrivato vicino, era chiaro ai due ragazzi come tutto il suo corpo fosse un ammasso compatto di rovi e sterpi annodati assieme. Le spine affioravano sui suoi fianchi e sulla sua schiena, creando una cresta irregolare, e si solidificavano sulle zampe, formando i lunghi artigli con cui mordeva il selciato avanzando.

Zundar osservava la scena in silenzio; il suo viso un pallido ovale biancastro nelle ombre del cortile, attraversato di sbieco da un sorriso divertito.

Nè la bestia, né il demone sembravano aver fretta di finire i due umani. Del resto, era solo una questione di tempo prima che i ragazzi restassero privi di una via di fuga.

Questa consapevolezza si stava facendo strada anche in En ed Atsushi. Entrambi senza fiato, non facevano che correre in giro per il cortile, ma ogni tentativo di uscirne era vano. Il drago gli stava appresso, anticipando le loro mosse e tagliando loro ogni via di fuga, una dopo l'altra. Non era veloce, ma la sua imponente massa compensava la malagrazia dei movimenti. Una frustata della sua coda li avrebbe mandati a terra, ed un morso delle sue fauci avrebbe facilmente dilaniato le loro carni.

Ad un certo momento, forse stufo di giocare, il drago caricò. Nonostante l'andatura barcollante, era comunque troppo rapido per i due. En afferrò Atsushi per un braccio e fuggì, ma ad un tratto lo lasciò andare e scartò di lato. Il mostro, allora, impuntò gli artigli nel selciato ed aprì di scatto le ali per bloccare il suo stesso impeto e la fuga del principe.

Investito dal colpo d'aria, En vacillò ma riuscì a trasformare la sua caduta in impeto, alzando la spada di fronte a sé e conficcandola nell'ala del mostro. La lama si fece strada facilmente nella membrana sottile, squarciandola.

Il drago ruggì e si voltò di scatto verso En, spalancando quell'incubo di denti aguzzi che erano le sue fauci. Da qualche parte oltre la sua mole, Atsushi gridò il nome di En, ma la sola risposta del ragazzo fu un secco "scappa".

 

~~~

 

Le fiamme di Ryuu lottavano convulsamente contro la luce verde che era ancora agganciata ad Akoya, ma non c'era verso di riuscire a liberare l'altro spirito. La presa era troppo salda, pensò disperato, riaprendo gli occhi dopo l'ennesimo lampo.

Il demone li voleva per sé ed avrebbe vinto, se avesse continuato così. Lo spirito del fuoco aveva visto lo scudo di Io incrinarsi controluce, dopo l'ultimo colpo. Voltò gli occhi sul compagno, che era in ginocchio a terra, pallido ed esausto.

Non potevano lasciarsi catturare così, pensò Ryuu, stringendo a sé Akoya - ma sentiva che anche le sue forze iniziavano a cedere.

Proprio allora, la grotta tremò. Per la sorpresa, Ryuu fu quasi sul punto di lasciar andare Akoya e tapparsi le orecchie contro l'improvviso boato che aveva scosso tutto quanto. A tremare non fu solo la sua magia, però: per un attimo, anche il globo sembrò affievolirsi impercettibilmente.

"Forza!" gridò quindi, con rinnovata foga. Le sue fiamme si ravvivarono e il raggio che intrappolava Akoya si fece più sottile.

Nonostante l'impeto iniziale, però, la luce verde non si spezzava ancora, e Ryuu si ritrovò a combattere con tutte le proprie forze per mantenere il piccolo vantaggio appena conquistato. Eppure, poteva sentire che era sul punto di cedere. Se solo fosse riuscito ad ottenere un altro, minimo spiraglio, pensava disperatamente lo spirito - un solo momento di debolezza sarebbe stato sufficiente, si disse, pregando che ciò avvenisse.

 

~~~

 

Atsushi aveva corso fino a che non si era accorto che il drago, dietro di lui, si era voltato verso En. Giratosi, aveva visto scomparire il principe dietro la massa scura del mostro. Nonostante la preghiera dell'altro, gli ci volle qualche istante per decidere di muoversi di nuovo. Non poteva lasciarsi En alle spalle, non di nuovo, ma come aiutarlo? Forse, se fosse riuscito a rientrare nel palazzo, avrebbe trovato un'arma, o- come si voltò per correre verso la porta più vicina, le sue gambe si congelarono dal terrore.

Gli occhi scarlatti di Zundar erano fissi su di lui e le tenebre che costituivano il suo corpo erano così vicine, che il principe avvertì un'ondata di freddo penetrargli sotto i vestiti.

"Fine del gioco, ragazzo," disse sottovoce, con un sorriso, allungando sul suo viso quelle lunghe dita diafane che sembravano artigli, lasciando sulla pelle di Atsushi dei solchi ghiacciati. Nell'altra mano, il demone materializzò di nuovo la lama.

 

~~~

 

En stringeva la spada con tutta la forza che aveva, gli occhi fissi sulla bestia magica davanti a sé. Se cercava di catturare lui, significava che Atsushi aveva una possibilità in più di scappare, pensò preparandosi. Il drago si lanciò su di lui.

Deglutì e portò l'arma di fronte a sé. Voleva solo che Atsushi fuggisse, che almeno lui fosse al sicuro, che almeno lui si salvasse. Almeno lui, se anche i tre spiriti non ce l'avevano fatta. Nelle sue mani, l'elsa si scaldò e la lama pulsò di un tenue bagliore ambrato. Non era da solo contro il drago, pensò - anche se erano scomparsi, non l'avevano abbandonato, realizzò rafforzando la presa sull'arma, come per infondersi coraggio.

"Non sei che altro che un ammasso di rovi e sterpi!" gridò al mostro.

Sordo alla sua provocazione, il drago gli fu addosso. En fu sufficientemente veloce da scansare le sue fauci e gettarsi di lato, conficcando la lama della spada nella sua zampa anteriore destra. Il metallo, ora rosso ed incandescente, affondò facilmente nell'arto del mostro, bruciandolo e tranciando di netto due degli artigli.

La bestia ruggì di nuovo, fece per voltarsi indietro per azzannarlo, ma venne improvvisamente scossa da un brivido e rovinò a terra, dove giacque immobile.

 

~~~

 

Un secondo rombo, ed il nucleo di luce sussultò, contraendosi in quello che pareva uno spasmo di dolore.

"Ora!" ruggì Ryuu, tirando Akoya a sé e spingendo via con le sue fiamme l'odioso bagliore verde che si era fatto improvvisamente instabile.

Dall'altra parte, Yumoto fece lo stesso, e tutto ad un tratto la resistenza opposta dalla luce venne meno. Akoya si tramutò in un peso morto nelle braccia di Ryuu e Yumoto collassò sotto Ibushi. I loro corpi, ora, erano tornati ben solidi, ed i quattro spiriti ricaddero pesantemente al suolo.

Il globo pulsava ancora convulsamente, ma aveva perso luminosità, ed ora appariva ripiegato su se stesso, ferito.

"Sono stati i ragazzi!" esclamò Yumoto, trionfante, sollevando un Ibushi ancora privo di conoscenza tra le braccia. "Stanno ancora combattendo. Dobbiamo uscire di qui al più presto per andare ad aiutarli!"

"Non possiamo." Akoya si stava lentamente mettendo a sedere. Era pallido e provato, ma la sua chioma era tornata ad essere composta da lunghe ciocche di capelli, e non da inconsistenti petali di rosa. Si guardò attorno stancamente, prendendo atto di tutti gli spiriti presenti e del fatto che non era più legato al globo. Non sembrava, però, particolarmente sollevato alla novità. "Siamo intrappolati nella statuina, esattamente come Zundar."

"Dobbiamo trovare un modo, però," insisté Yumoto. Anche Ibushi, ora, si stava muovendo tra le sue braccia, e lo spirito lo aiutò a mettersi a sedere.

Come Akoya, non sembrò eccessivamente stupito della presenza dei tre spiriti. "Zundar non è riuscito ad abbandonare questa prigione per decenni," affermò semplicemente, scuotendo la testa, e sottintendendo che, se non vi era riuscito lui, le loro speranze erano pressoché inesistenti.

"Ma noi non possiamo rimanere qui!" ripeté ancora lo spirito della luce.

Ibushi gli sorrise. "Vi ringrazio di averci liberato. Purtroppo, non conosciamo alcun modo per uscire di qui," ammise, rassegnato. "A meno che qualcuno, da fuori, non ci tiri fuori..." Lo spirito, tuttavia, non riuscì a spiegare la sua ipotesi, perché l'attenzione di tutti venne improvvisamente spostata su Ryuu, che aveva appena lanciato un'esclamazione affranta.

Lo spirito del fuoco era chino su Io, che era riverso a terra, e lo stava scuotendo ripetutamente. "Io!" lo chiamava, dandogli dei colpetti sulle guance, cercando di farlo riavere, ma senza successo.

"Forse è solo esausto," propose Yumoto, avvicinandosi a sua volta, nella speranza di essere d'aiuto.

Alle loro spalle, il globo stava riacquistando luminosità.

 

~~~

 

La lama del demone si sollevò su Atsushi e rimase immobile, mentre nel cortile risuonava il ruggito di dolore del drago.

Davanti al ragazzo, le pupille scarlatte di Zundar si dilatarono per un attimo e poi si ridussero a due fessure. La spada cadde a terra con un rumore metallico, per poi dissolversi in una nuvola di fumo nero. Gli occhi del demone si spensero come braci diventate fredde, lasciando vuoto il viso pallido, e la sua intera figura tremò, mentre le tenebre che l'avvolgevano si dissolvevano come nebbia al sole.

Poi, Zundar collassò al suolo, di fronte allo sguardo incredulo di Atsushi. Quando il principe abbassò gli occhi, ai suoi piedi non giaceva più la creatura demoniaca avvolta dall'oscurità, ma quello che sembrava di nuovo, in tutto e per tutto, Kinshiro.

Il ragazzo fece un passo indietro. Quello era il momento giusto per correre via, lo sapeva, ma qualcosa lo trattenne sul posto. Se era davvero Kin quello steso a terra davanti a lui, non poteva certo lasciarlo lì come niente fosse.

"Atsushi!" In un attimo, En era al suo fianco e lo stava spingendo via.

Il principe, però, non si mosse, limitandosi a voltarsi per vedere il corpo del mostro accasciato più in là sul selciato, le grandi ali accartocciate a terra. Era immobile, come morto.

"L'hai ucciso?" chiese flebilmente, guardandolo come se si aspettasse di vederlo rialzarsi da un momento all'altro.

"Non lo so. Sembra fuori combattimento, comunque," En gli passò protettivamente un braccio attorno alla vita, tirandolo da parte rispetto al demone. "E lui?"

Atsushi scosse la testa, riportando l'attenzione sul corpo riverso a terra. "È caduto all'improvviso. Forse ha risentito del colpo che hai inflitto al drago, in qualche modo?" si chiese. Era combattuto tra la consapevolezza che il demone avrebbe potuto risvegliarsi in qualsiasi momento ed attaccarlo, e l'istinto di chinarsi accanto a quello che sembrava il suo amico, per aiutarlo.

Entrambi i ragazzi trattennero il respiro quando, ad un tratto, il demone si mosse ed iniziò ad aprire gli occhi.

Senza pensarci due volte, En gli puntò la spada alla gola, frapponendosi tra lui ed Atsushi. Il demone si sollevò piano, ma prese subito coscienza della lama che quasi gli sfiorava la pelle e si bloccò.

I suoi occhi, che avevano completamente perso il bagliore rossastro, vagarono intorno sconcertati, quasi come non si rendesse bene conto di che cosa stesse avvenendo o di che cosa fosse accaduto. Dopo qualche istante, sembrò mettere a fuoco le sagome dei due ragazzi in piedi sopra di lui.

"...Atsu?" chiese quindi, con voce incerta. Il principe soffocò un'esclamazione, all'udire il suo nome, e fece per muovere un passo in avanti, ma En glielo impedì.

"Non ti muovere, non fare scherzi," intimò quest'ultimo a Kinshio, severo. "Dove hai fatto sparire Io, Ryuu e Yumoto?"

Kinshiro si lasciò ricadere a terra, occhi sollevati al cielo. La pelle del suo viso era ancora pallida, ma non era più la maschera che era stata fino a qualche momento prima. Lentamente, alzò una mano e se la passò sul viso, pettinandosi in parte una ciocca di capelli. Le sue dita erano tornate affusolate; le muoveva piano, come se stentasse a credere di averne ritrovato l'uso.

"Dove sono?" En insisté, alzando la voce. "Riportali indietro!"

Finalmente, Kinshiro alzò lo sguardo su di lui. "Li ha presi Zundar. Li ha intrappolati dentro di sé. Non li posso riportare indietro."

"Ti ho visto mentre li facevi scomparire nel nulla!" lo accusò En. La sua voce tremava leggermente, ora. "Falli ritornare!"

"Enny." Atsushi gli strinse leggermente una spalla, cercando di richiamare la sua attenzione con voce morbida. "Non è stato lui. Non è più Zundar, non lo vedi?" gli chiese pacatamente. Poi, si inginocchiò a terra. Alzò una mano, esitò un momento e poi la abbassò di nuovo, senza staccare gli occhi da chi aveva davanti. "Non è così, Kin?"

 

~~~

 

Il tepore che lo avvolgeva era, da solo, un invito più che allettante. Non c'era unicamente quello, però; attorno a lui era tutto un rilucere di gemme ed oro, ed era come se il calore emanasse direttamente dalle pietre e dal metallo.

Poteva sentirne il tepore, ma non poteva toccare nulla - era buffo, pensò Io cercando di allungarsi ancora di più. Per quanto si sporgesse, però, quel tesoro brillante era sempre appena fuori la portata delle sue dita. Lo spirito era troppo estasiato da quel panorama per indispettirsi, però. Ovunque si girasse, c'era la promessa di ricchezze sconfinate, e tutto ciò che voleva era poterle afferrare e stringerle a sé.

Sono irresistibili, vero?

Lo erano, Io non poteva che darne atto. Se solo avesse potuto raggiungerle, avrebbero fatto la sua felicità per sempre.

Poi, lo vide. Era un cristallo verde chiaro, che spiccava sopra a tutti gli altri per la luce viva che emanava. Io venne attratto verso di esso come da una calamita.

Toccalo.

Io allungò una mano e sentì la liscia superficie del cristallo sotto le dita. Finalmente poteva accarezzare quelle ricchezze, finalmente erano sue.

L'euforia durò un momento appena. In un istante soltanto, l'aria si era trasformata da tiepida in bollente. In preda al dolore, Io avrebbe voluto allontanarsi, ma la sua mano era come incollata, fusa al cristallo. La luce verde che emanava lo aveva avvolto del tutto, accecandolo e bruciandolo. Voleva urlare, ma non aveva nemmeno la libertà di aprire la bocca e lasciar uscire la sua voce.

La luce si trasformò in tenebra, ed Io perse ogni cognizione di sé e del dolore che lo divorava.

 

~~~

 

La domanda di Atsushi lo sorprese. Rimase disteso sul selciato del cortile, cercando di dare un senso a quello che gli stava accadendo attorno. Aveva di nuovo il controllo del suo corpo, ora esausto e debole. Anche se a fatica, però, poteva nuovamente muoversi.

Si sentiva svuotato, come se di lui non fosse rimasto che una sorta di involucro fragile, realizzò quando Atsushi lo chiamò con il diminutivo che aveva sempre utilizzato per rivolgersi a lui in tutti quegli anni.

Era davvero chi Atsushi credeva di chiamare in quel momento? Meritava davvero quel nomignolo?

L'umano si era proteso verso di lui, incalzandolo per una risposta. "Quel demone, Zundar, se n'è andato...?"

Kinshiro chiuse gli occhi e si voltò dall'altra parte. Quelle parole lo sopraffacevano, la loro speranza e preoccupazione riecheggiavano dentro di lui, quasi stordendolo. Non le meritava.

Passarono diversi istanti prima che riuscisse a rispondere. Poteva avvertire la tensione crescere nell'umano che gli teneva la spada puntata addosso, ed Atsushi stesso tratteneva il fiato. Se non altro, qualcosa aveva imparato, si disse Kinshiro.

"Non mi controlla più, è vero," disse alla fine. Non era più nella sua testa, forse era per questo che si sentiva così vuoto e solo, pensò, ma non lo aveva completamente abbandonato. Lo sentiva ancora affondato nel suo petto, ben ancorato alla sua magia. Voleva spremerlo fino all'ultima goccia.

Nel frattempo, Atsushi aveva fatto abbassare ad En la lama della spada ed ora gli stava tendendo la mano per aiutarlo ad alzarsi. L'altro principe l'aveva lasciato fare, ma stava ancora guardando Kinshiro, in attesa di spiegazioni.

"Che cos'è successo al demone ed al drago? Non posso certo averli messi fuori combattimento con il colpo che gli ho sferrato," lo incalzò, come volesse fargli ammettere che si trattava di una trappola.

"Infatti, non sei stato tu." Kinshiro ignorò la mano che gli era stata tesa, mettendosi a sedere da solo, anche se a fatica. Gli girava la testa per la debolezza, ed a riprova che Zundar lo stava ancora consumando. Se aveva lasciato stare il suo corpo, però, poteva voler dire solo una cosa: che le sue nuove fonti di energia rischiavano di venirgli sottratte, e che non aveva intenzione di cederle. "Credo che quegli spiriti lo stiano mettendo in difficoltà."

Il Principe En si accovacciò accanto ad Atsushi, ora con una scintilla di interesse negli occhi.

"Sono vivi, allora! Dove sono?"

Kinshiro sospirò, chiudendo gli occhi per un attimo per tenere sotto controllo il lieve capogiro che l'aveva colto. La sola idea di spiegare a quell'umano tutto nel dettaglio gli faceva venire voglia di sprofondare di nuovo nelle tenebre. Così, si limitò ad alzare la mano ed indicò la massa scura del drago che giaceva alle loro spalle. "Sono lì dentro."

I due ragazzi si voltarono.

"E come li tiro fuori?" chiese En, osservando perplesso il mostro.

Kinshiro stava per rispondergli, secco, che non esisteva una cosa così semplice come "tirarli fuori", ma le parole gli morirono sulle labbra. Sotto i loro occhi, il drago stava cambiando.

Il suo corpo era ancora perfettamente immobile, era la sua pelle a mutare: da irta di spine, si stava rapidamente trasformando in squame lisce, che alla luce delle stelle emanavano freddi bagliori metallici. Nel perfetto silenzio della notte, i tre udirono chiaramente i suoi artigli raspare le pietre del selciato.

 

 

 

 

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Note: questo è stato il capitolo più difficile da scrivere, finora. Il prossimo lo sarà probabilmente altrettanto. Un grande ringraziamento va come sempre a Yuki che se li sciroppa tutti con molta pazienza XD

 

 

 

 

  
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