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Autore: Crystal25396    26/02/2017    4 recensioni
Al liceo di Marinette, l'eccitazione è alle stelle: alcuni ragazzi provenienti dal Giappone sono arrivati nel loro istituto per uno scambio culturale e due di loro sono stati assegnati alla classe di Marinette. Ma cosa succede quando Papillon sceglie come sua prossima vittima una creatura non umana? E perché Ladybug e Chat Noir non intervengono?
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Dal capitolo:
«Wow, è tua? Come hai fatto a portarla qui dal Giappone» chiese Adrien affiancando Hikari e chiedendo il permesso all’animale di poterla accarezzare.
«E’ una lunga storia. Ti piacciono i gatti?»
«Molto» rispose Adrien sorridendo a Gatomon, che dopo un po’ di titubanza aveva lasciato che il ragazzo la toccasse.
[...]
«Potrebbe essere… Papillon deve aver scelto quel Digimon senza sapere di cosa fosse capace e ne ha perso il controllo. Questo spiegherebbe la forza e la rabbia che lo porta a distruggere tutto senza un motivo ben preciso.» rispose Marinette pensierosa. Poi arrossì di colpo. Ma che le stava succedendo? Era già la seconda volta che riusciva a parlare con Adrien senza farsi prendere dall’ansia.
[...]
«Mi dispiace ragazzi.» disse aprendo la sua borsa a tracolla. «Ma avete ragione, c’è bisogno di Ladybug. E io devo andare.»

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Crossover: Miraculous / Digimon Adventure
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A usabella dream, perché è colpa sua se mi sono innamorata di Miraculous Ladybug
 
 
Scambio Culturale con Sorpresa
 
 
 
 
Parigi si era svegliata da poche ore quando Marinette uscì correndo da casa sua, percorrendo le strade della grande capitale che l’avrebbero portata alla sua scuola. Era certa che quella volta non l’avrebbe passata liscia: i giorni in cui arrivava puntuale si potevano contare sulle dita di una mano ed era sicura che i professori non avrebbero sopportato per sempre questo suo difetto.
«Se non ti fossi distratta lungo la strada, a quest’ora saresti già in classe» la rimproverò una vocina proveniente dalla sua borsa a tracolla.
«Lo so Tikki, non c’è bisogno di farmi la predica!» rispose la ragazza salendo a due a due i gradini che conducevano al primo piano, dov’era collocata la sua classe. Aprì lentamente la porta, sperando che almeno quella volta la professoressa non la notasse, ma quando fu finalmente dentro non poté far altro che tirare un sospiro di sollievo.
«Marinette!» la chiamò Alya facendo voltare verso l’entrata Nino e Adrien, con cui stava chiacchierando
«Buongiorno» la salutò Adrien facendole improvvisamente andare a fuoco il volto.
«B-b-b-buonorco. Voglio dire! Giornobuono. No! Ehm. B-b-buongiorno A-A-Adrien» balbettò la ragazza sorridendo nervosamente e inciampando sulle sue stesse parole.
«Sei fortunata, la professoressa è ancora impegnata in presidenza» disse Nino riuscendo a sbloccare la ragazza, che iniziò a riprendere un colorito più roseo.
«In presidenza? Perché, è successo qualcosa?» domandò Marinette sedendosi accanto ad Alya e riprendendo finalmente fiato dopo la corsa e l’apnea in cui era piombata quando Adrien le aveva rivolto la parola.
«Ma come, non dirmi che te lo sei dimenticato» disse Alya sorpresa.
Marinette la osservò confusa, cercando di fare mente locale.
«Oggi è il 15 febbraio. Ti dice niente?» insistette Alya.
15 febbraio… Lunedì 15 febbraio.
 
«Ma certo!» esclamò Marinette sgranando gli occhi. Come aveva potuto dimenticarsene? Erano mesi che tutti a scuola erano eccitati. Non capitava certo tutti i giorni di poter ospitare per una settimana alcuni studenti provenienti dal lontano Giappone!
«Te ne sei ricordata quindi!» disse Alya soddisfatta.
«A quanto pare due di loro sono stati assegnati alla nostra classe» spiegò Nino.
Marinette non riusciva a credere alle proprie orecchie. Avere due studenti stranieri con loro per una settimana sarebbe stato fantastico, ne era certa. Soprattutto considerato che provenivano da un Paese molto lontano dal loro.
«Eccoli, arrivano!» gridò Alix rientrando di corsa in classe. Velocemente, tutti presero posto e quando la professoressa entrò, quasi non credette quel quella fosse davvero la sua classe. Trovarli così calmi e silenziosi era una rarità anche durante le spiegazioni.
«Buongiorno a tutti. Allora, come ben sapete, grazie ad un progetto di scambio culturale, da oggi e per tutta la settimana avremo come ospiti nella nostra scuola alcuni studenti provenienti dal Giappone, due dei quali trascorreranno il loro tempo in questa classe. Prego, entrate.» disse la professoressa facendo cenno ai due che stavano aspettando fuori dall’aula.
Intimoriti, ma allo stesso tempo eccitati, i due si fecero avanti e si posizionarono accanto alla professoressa, davanti la cattedra.
Marinette li osservò senza fiato. Erano un ragazzo e una ragazza, entrambi con un timido sorriso dipinto sulle labbra e indosso quella che doveva essere la divisa della loro scuola.
«Loro sono Hikari Kamiya e Takeru Takaishi.» li presentò. I due ragazzi, sentendosi chiamati, fecero un piccolo inchino di saluto, che fece sorridere tutti.
«Nonostante siano molto bravi, non parlano fluentemente la nostra lingua, quindi vi chiedo di essere comprensivi e di farli sentire a loro agio. Ora vediamo di darvi un posto…» continuò la professoressa guardando i banchi già tutti occupati.
«Qui, professoressa!» ridò Chloé alzandosi in piedi e attirando l’attenzione di tutti. «In quanto figlia del sindaco, sono di certo la più adatta a far loro da guida, possono sedersi al nostro banco, vero Sabrina
Marinette sollevò gli occhi al cielo esasperata. Figurati se quella ragazza si lasciava scappare un’occasione così grande per mettersi in mostra.
«Non è una cattiva idea» rifletté a voce alta la professoressa. «Senza contare che il primo banco è di sicuro la scelta ideale per loro. Hikari, perché non ti siedi con Chloé e Sabrina? Takeru, tu puoi prendere posto fra Adrien e Nino.»
Quando i due si furono seduti, la professoressa iniziò finalmente la sua lezione e tutto sembrò tornare alla normalità, come se quello fosse un giorno di scuola come un altro.
«Ehi, Marinette» bisbigliò Alya sporgendosi verso la sua migliore amica. «Non trovi che Takeru somigli un po’ ad Adrien?»
«Ma che dici Alya? Adrien è molto più bello!» rispose scandalizzata, facendo voltare il ragazzo seduto davanti a lei, che per un attimo ebbe l’impressione di essere stato chiamato dalla ragazza, che però, in tutta risposta si irrigidì arrossendo di colpo.
Sospirando tornò con lo sguardo sul libro di storia, senza però riuscire a concentrarsi, lasciando vagare lo sguardo sui due ragazzi, seduti l’uno accanto all’altro. Li osservò per qualche minuto, ma la sua idea non cambiò. Sì, erano entrambi biondi e molto belli, ma Adrien era unico. Non era solo bello, ma anche molto gentile, intelligente, dolce, altruista e coraggioso. Nessuno sarebbe mai riuscito ad eguagliarlo, rifletté lasciandosi sfuggire un sorriso.
Era sempre stupefacente per lei rendersi conto di quanto amasse quel ragazzo.
 
Quando la campanella suonò l’inizio dell’intervallo e la professoressa interruppe la sua spiegazione, la voce di Chloé attirò subito l’attenzione di tutti, parlando con voce acuta ad Hikari, che la fissava con un misto di divertimento e confusione. Poi la afferrò per un braccio e con l’aiuto di Sabrina tentò di trascinarla fuori dall’aula, con l’intenzione di portarla solo Dio sapeva dove. Dopo aver tentato inutilmente di scrollarsele di dosso, Hikari lanciò uno sguardo d’aiuto al suo compagno, che capendo al volo si alzò e si avvicinò alle tre ragazze.
«Scusatemi, posso rubarvi un attimo la mia amica? Avrei bisogno di parlare con lei» esordì Takeru sorridendo amabilmente. Parlava decisamente bene la loro lingua, ma il suo accento era innegabilmente quello di una persona orientale.
«Veramente avrei altri piani. Perché invece non ti unisci a noi? E’ molto meglio stare in mia compagnia che in quella di altre persone» rispose acida Chloé lanciando un ghigno verso Alya e Marinette che però non sfuggi ai due giapponesi.
«Cosa vorresti dire, Chloé?» domandò Marinette avvicinandosi furiosa alla bionda.
«Io? Niente… Vieni con noi Adrienuccio?» chiese la ragazza facendo finta di niente e agitando una mano verso il modello, che assisteva alla scena senza sapere cosa fare.
«Scusa, ma a quanto pare non mi sono espresso bene. Quello che volevo dire è che Hikari non va da nessuna parte.» disse afferrando l’amica per un braccio e allontanandola dalle due francesi «Inoltre, crediamo di essere abbastanza grandi da saper capire quali sono le persone con cui è meglio stare in compagnia»
Chloé impiegò parecchi secondi prima di riprendersi e mostrando enorme fastidio e disgusto, lasciò l’aula con Sabrina, avanzando a grandi falcate.
Hikari trasse un sospiro di sollievo e disse qualcosa in giapponese che i ragazzi non riuscirono a capire. Probabilmente stava ringraziando Takeru per averla salvata dalle grinfie di quella ragazza.
«Non date peso a Chloé, fa sempre così: non perde occasione per mettersi in mostra» spiegò Alya avvicinandosi ai due ragazzi.
«A proposito, io sono Alya.»
«Io, invece, Marinette. Se avete bisogno di qualsiasi cosa non fatevi problemi e chiedete pure. Sono la rappresentante di classe e sono a vostra disposizione.»
«In effetti, io avrei una cosa da chiedere» disse Hikari facendosi avanti «C’è un giardino in questa scuola, giusto? Sapete indicarci some raggiungerlo?»
«Ma certo! Venite, vi faccio strada»
Marinette, Alya, Nino e Adrien accompagnarono i due nuovi arrivati nel cortile e passarono tutto l’intervallo a chiacchierare, radunati davanti la panchina che i ragazzi erano soliti occupare. Scoprirono che Takeru era per metà francese («Ecco perché i capelli biondi! Mi sembrava una cosa strana, considerando che è giapponese» bisbigliò Alya a Marinette) e che Hikari era in realtà molto più socievole ed espansiva di quanto non apparisse.
 
«State dicendo che non avete ancora visto la Tour Eiffel?» domandò Adrien stupito.
«Non c’è stato tempo per visitare la città. Siamo arrivati ieri pomeriggio ed eravamo molto scossi a causa del fuso orario. Pensavamo di andare dopo la scuola.» spiegò Takeru.
«Vi va se veniamo con voi? Potremmo farvi da guida» propose Nino entusiasta.
«Certo Nino. Ma forse Hikari e Takeru vogliono stare un po’ da soli nella città più romantica del mondo, no?» lo rimproverò bonariamente Alya, sorridendo maliziosamente ai due ragazzi.
«Alya!» urlò imbarazzata Marinette, mentre i visi dei due ragazzi si tingevano improvvisamente di rosso.
«Ha-hai frainteso!» balbettò Takeru tendendo le mani in avanti e agitandole.
«E’ vero, noi… Siamo solo amici, ecco.» disse Hikari abbassando lo sguardo imbarazzata.
«Certo… Come volete.» ridacchiò Alya soddisfatta dalla loro reazione a suo parere decisamente esagerata. Quei due le ricordavano tanto due ragazzi di sua conoscenza…
L’imbarazzo venne improvvisamente interrotto da un miagolio, che attirò l’attenzione di tutti, facendoli voltare verso l’albero piantato a pochi metri di distanza da dove si trovavano loro.
Un gatto egizio tutto bianco li osservava con i suoi enormi occhi azzurri.
«Gatomon!» esclamò Hikari avvicinandosi  rapidamente con un enorme sorriso sulle labbra.
«Wow, è tua? Come hai fatto a portarla qui dal Giappone» chiese Adrien affiancando Hikari e chiedendo il permesso all’animale di poterla accarezzare.
«E’ una lunga storia. Ti piacciono i gatti?»
«Molto» rispose Adrien sorridendo a Gatomon, che dopo un po’ di titubanza aveva lasciato che il ragazzo la toccasse. Aveva un pelo morbidissimo, ma doveva ammettere che era un esemplare molto strano, con quei ciuffi violetti sulle orecchie e sulla coda e i grossi guanti gialli sulle zampe anteriori.
Marinette osservò la scena affascinata. Non sapeva che ad Adrien piacessero i gatti…
«Ragazzi, credo sia meglio rientrare, stanno per ricominciare le lezioni» disse Nino osservando l’ora sullo schermo del suo telefono.
Ma non fecero neanche in tempo ad avviarsi che un forte rumore e delle urla di terrore riempirono l’aria.
I sei ragazzi si voltarono improvvisamente verso la strada e videro del fumo innalzarsi da lontano, mentre le persone si allontanavano da lì urlando.
Poi il suono di un colpo secco e il muro di una casa crollò, distrutto da una specie di onda d’urto.
«Che succede?» esclamò Hikari prendendo in braccio Gatomon e avvicinandosi velocemente a Takeru.
«Deve essere un Akuma» disse Nino alzando la voce per sovrastare le urla. Le persone si stavano riversando a gran velocità nell’istituto per trovare riparo e un nuovo grido riempì l’aria. Ma questa volta non si trattava di un urlo umano. Era esploso talmente forte e violentemente che era chiaro a tutti: nessuna persona sarebbe stata in grado di riprodurre tale suono.
«Un Akuma enorme, a quanto pare.» disse Marinette stringendo la tracolla con le mani e guardandosi attorno. Doveva assolutamente trovare un luogo e trasformarsi. Aveva un brutto presentimento…
«Devo assolutamente documentare la cosa!» gridò Alya allontanandosi di corsa.
«Dove vai? Torna indietro, è pericoloso!» urlò Takeru inseguendo la ragazza, seguito a ruota da Hikari.
«Ma dove credono di andare? Tornate subito indietro!» disse Nino inseguendoli di corsa.
Ma che stavano facendo quei quattro? Rischiavano di farsi del male, chiunque stesse provocando tutta quella confusione non doveva essere un semplice Akuma. Nessuno di quelli che avevano affrontato lei e Chat Noir aveva mai creato così tanto panico in città. E poi quell’urlo…
Un brivido percorse la schiena di Marinette. No. Non si trattava di un Akuma come un altro. Era qualcosa di molto più pericoloso…
«Marinette, c’è bisogno di Ladybug!» la voce di Tikki le arrivò fievole alle orecchie e la riscosse. Il Kwami aveva ragione, doveva intervenire subito. Stava per allontanarsi per trovare un posto sicuro dove trasformarsi, quando si sentì afferrare per un braccio e condurre verso l’entrata della scuola.
«Adrien!» esclamò la ragazza arrossendo violentemente «Che stai facendo?»
«Mi assicuro che tu non corra pericoli. Torna in classe, io andrò a riprendere quei quattro che vogliono farsi ammazzare.»
«Aspetta, vuoi andarci da solo? Non puoi, è pericoloso!»
«Non mi succederà niente, tranquilla.»
Un nuovo boato fece tremare l’aria e da lontano videro un palazzo crollare, sollevando un’enorme nuvola di polvere.
«Quello non è un Akuma normale… Torna in classe Marinette!» gridò il ragazzo correndo in strada sparendo presto tra la folla.
«Non c’è tempo…» borbottò Marinette seguendo il ragazzo di corsa. Non poteva trasformarsi lì, non in mezzo a tutte quelle persone che si ammassavano nel cortile e all’interno dell’istituto.
 
Appena vide il ragazzo farsi largo tra le persone che correvano in direzione opposta e guardarsi attorno, la ragazza lo chiamò a gran voce, facendolo sobbalzare.
«Marinette! Ti avevo detto di tornare in classe!»
«E’ pericoloso, non puoi andare!» rispose lei avvicinandosi, le guance rosse per l’adrenalina e l’imbarazzo. Non le capitava spesso di parlare con Adrien e di riuscire allo stesso tempo a formulare una frase di senso compiuto.
«E’ pericoloso anche per te!»
«Io non ti lascio!» gridò la ragazza, lasciando il ragazzo sorpreso e senza parole.
Marinette arrossì violentemente. Le parole le erano uscite senza che se ne rendesse conto, accidenti… Tentò di rimediare al danno cercando di inventarsi rapidamente qualche scusa, ma un nuovo urlo tutt’altro che umano attirò la loro attenzione.
Adrien non aveva molta scelta. Aveva guardato Marinette negli occhi e non l’aveva mai vista così determinata. Quella ragazza non l’avrebbe lasciato solo per nessuna ragione e la cosa, nonostante lo preoccupasse, lo fece sentire bene.
«D’accordo, ma resta con me» disse. La afferrò per il polso e insieme iniziarono a correre verso il luogo del disastro. Ormai non c’era più nessuno, le strade coperte di detriti erano deserte.
«Eccoli… Alya!» gridò Marinette quando vide la sua migliore amica. Era nascosta dietro un’auto con Nino, mentre Hikari e Takeru erano scoperti e osservavano la creatura distruggere tutto ci che si trovava davanti.
Adrien e Marinette avevano ragione, non era un Akuma come gli altri. Era molto più grande di un essere umano, alto almeno tre metri, con la testa simile a quella di un leone e il corpo di un robot, con enormi turbine poste su gambe e braccia. Non avevano mai visto niente del genere.
«Marinette! Adrien!» li chiamò Nino, mentre i due di avvicinavano.
«E’ impressionante, quel coso è un mostro!»
«E io non posso neanche filmare… C’è qualcosa che impedisce a tutto ciò che è digitale di funzionare.» spiegò Alya mentre Hikari e Takeru si avvicinavano a loro, tenendo gli occhi fissi sulla creatura.
«Ma dove sono Ladybug e Chat Noir? C’è bisogno di loro!»
«Chi?» chiese Hikari guardando la ragazza.
«Sono i due eroi parigini! Sono loro che mantengono l’ordine in città, loro combattono contro il male. Ma non sono ancora arrivati, cosa aspettano?»
Marinette incassò il colpo silenziosamente. Alya aveva ragione, doveva intervenire. Ma come poteva trasformarsi lì, davanti a loro? Abbassò lo sguardo sul polso che Adrien continuava a stringere, senza riuscire a trattenersi dall’arrossire.
Non l’avrebbe mai lasciata andare, lo sapeva. Esattamente come lei aveva fatto intendere poco prima.
Cosa poteva fare? Cosa? E dove si era cacciato quello stupido di Chat Noir?
 
«Non è un qualcosa che i vostri eroi possono combattere»
Marinette, Alya, Adrien e Nino strabuzzarono gli occhi.
«Lo avevamo immaginato» disse Takeru come se nulla fosse, come se per lui fosse normale vedere un gatto parlare.
Poi una voce dall’alto attirò la loro attenzione e una specie di grosso porcellino d’india arancione con due ali da pipistrello al posto delle orecchie volò fra le braccia del ragazzo.
«Patamon!»
«Ma si comporta in modo strano, non mi sembra spaventato, forse arrabbiato.» rifletté Hikari rivolgendosi a Takeru e a quello che a quanto pare rispondeva al nome di Patamon nella loro lingua madre.
«Già… Come quando anni fa i Digimon erano controllati dal Black Gear» osservò Takeru ricambiando lo sguardo di Hikari. Poi, però, i suoi occhi andarono oltre e si fermarono sui quattro ragazzi che li osservavano letteralmente a bocca aperta.
«Ma che… Quei cosi… Parlano!» riuscì finalmente a dire Nino, spostando la mano tremante da Gatomon a Patamon.
«Ah. Giusto… Ehm… E’ una lunga storia.» iniziò a dire Takeru tornando a parlare in francese. Poi un nuovo boato e un altro palazzo di sgretolò, come fosse fatto di pasta frolla.
«Non c’è tempo. Takeru!» esclamò Patamon sollevandosi in volo e voltandosi verso il mostro.
«Pronto!» gridò lui tirando fuori dalla tasca dei pantaloni uno strano oggetto verde simile ad un cellulare, che iniziò improvvisamente a brillare.
 
Il corpo di Patamon iniziò a risplendere. Fu avvolto da una luce abbagliante ed iniziò a mutare forma.
Poi una voce.
«Patamon digievolve… Angemon!»
 
«Non ci posso credere…» sussurrò Marinette.
Patamon era sparito. Ora al suo posto c’era un bellissimo angelo dai lunghi capelli biondi e il capo coperto da un elmo. In mano stringeva un bastone dorato e dalla schiena spuntavano ben tre paia di candide ali.
«Ma cos’è successo?» chiese Adrien ancora sbalordito.
«Patamon è digievoluto in Angemon.» disse Gatomon saltando giù dalle braccia di Hikari e avvicinandosi ai quattro ragazzi.
«Siamo Digimon, Mostri Digitali. E soprattutto, lo è anche lui.» continuò facendo cenno al mostro contro cui Angemon si era lanciato in combattimento. «Si chiama GrapLeomon. Ed è di livello evoluto.»
«Che significa di livello evoluto?» chiese Alya.
«Significa che Angemon ha bisogno di aiuto. Gatomon!» esclamò Hikari estraendo un oggetto simile a quello di Takeru, ma rosa.
«Pronta!» confermò lei iniziando a correre verso il combattimento. Poi con un balzo si sollevò in aria e in un attimo anche l’oggetto che Hikari stringeva in mano iniziò a brillare.
 
Il corpo di Gatomon iniziò a risplendere. Fu avvolta da una luce abbagliante ed iniziò a mutare forma.
Poi una voce.
«Gatomon superdigievolve... Angewomon!»
 
«E’ bellissima…» soffiò Adrien fissando quella splendente creatura angelica. Era l’evidente controparte femminile di Angemon: aveva lunghi capelli biondi e il viso semi coperto da un elmo, mentre dalla schiena le spuntavano quattro paia di ali bianche.
Con un battito d’ali raggiunse rapidamente Angemon e in un attimo furono uno accanto all’altro, fronteggiando in un epico combattimento GrapLeomon.
«Colpo dell’Angelo!» gridò Angemon scagliando il suo bastone contro il nemico e colpendolo su un lato del viso. L’attacco però non sembrò fare effetto e GrapLeomon tentò di colpirlo con un pugno, mancando però l’obiettivo.
«Freccia Sacra!» esclamò Angewomon facendo apparire un arco di luce e scoccando il dardo luminoso. La freccia colpì in pieno petto il Digimon, facendolo gemere di dolore e barcollare all’indietro.
«Adesso!» intimò Angewomon.
Nel pugno di Angemon si concentrò una grande quantità di energia, che lo portò a risplendere di una luce dorata.
«Raggio Celestiale!» gridò scagliando il colpo verso GrapLeomon. Il Digimon urlò di dolore e con un tonfo crollò addosso ad una serie di palazzine, venendo coperto da pezzi di muro e tetto, sollevando una gran nuvolo di fumo.
«Ce l’hanno fatta!» esultò Alya abbracciando Nino dall’entusiasmo.
«Ti sbagli» la fermò Takeru, scuro in volto «E’ ancora vivo, ma c’è qualcosa che non mi torna.»
«Perché quel Digimon si comporta così?» disse Hikari dando voce ai dubbi che attanagliavano la mente di Takeru.
«Come perché… E’ malvagio!» rispose Nino con ovvietà.
«Non è malvagio!» replicò Hikari mostrando una sicurezza che i quattro non credevano le appartenesse. «GrapLeomon è un Digimon che si è ritrovato per qualche motivo a noi sconosciuto sulla Terra. Dovrebbe essere spaventato, invece c’è solo rabbia in lui. E’ come se agisse sotto l’influsso di qualcosa.»
«Come fate ad esserne certi?» domandò Adrien, uno strano presentimento che cresceva in lui.
«Perché conosciamo i Digimon, abbiamo vissuto nel loro mondo per diverso tempo, li abbiamo aiutati a salvarlo e loro hanno aiutato noi. Sono nostri amici!» raccontò Hikari stringendo i pugni.
«E GrapLeomon non è malvagio di natura.» intervenne Takeru facendosi avanti, mentre un forte rumore faceva loro capire che il Digimon si era alzato, ricominciando il combattimento.
«Ho appena ricevuto una mail da Koushiro. GrapLeomon è un tipo Anti-virus e ha un senso di giustizia simile a quello di Leomon, non ci dovrebbe essere cattiveria in lui. E poi è un Digimon di livello Evoluto di media potenza. Angemon e Angewomon non avrebbero dovuto avere tutte queste difficoltà nell’affrontarlo, è come se fosse molto più forte di quel che dovrebbe.»
«Ma allora cosa c’è che non va in lui…» chiese Hikari tornando a guardare preoccupata lo scontro che continuava a svolgersi.
 
«Un Akuma.» sussurrò Marinette, attirando l’attenzione di Adrien, l’unico abbastanza vicino da poter udire le sue parole.
«Credi che sia stato posseduto da un Akuma?» le chiese facendo voltare anche tutti i presenti.
«Potrebbe essere… Papillon deve aver scelto quel Digimon senza sapere di cosa fosse capace e ne ha perso il controllo. Questo spiegherebbe la forza e la rabbia che lo porta a distruggere tutto senza un motivo ben preciso.» rispose Marinette pensierosa. Poi arrossì di colpo. Ma che le stava succedendo? Era già la seconda volta che riusciva a parlare con Adrien senza farsi prendere dall’ansia.
«Ma se è così, perché Ladybug non interviene? Solo lei può purificarlo» chiese Adrien spostando lo sguardo sui tetti delle case, come se pensasse di vederla arrivare da un momento all’altro.
Marinette osservò la mano di Adrien ancora stretta attorno al suo polso, poi con grande forza di volontà si sottrasse da quel tocco protettivo.
«Scusate… Ecco, io… Io devo andare.» balbettò Marinette indietreggiando di qualche passo. Ma Adrien fu più veloce e tornò a stringerle il polso.
«Tu non vai da nessuna parte! Ladybug arriverà e purificherà quel Digimon. E’ pericoloso e tu non ti muovi da qui.»
Un rumore più forte degli altri attirò la loro attenzione. A pochi metri di distanza da loro, Angemon era stato scagliato sull’asfalto, ora distrutto, e si stava rialzando a fatica, visibilmente affaticato.
«Adrian ha ragione. E’ pericoloso, dobbiamo rimanere tutti insieme.» disse Alya afferrando l’amica per l’altro braccio
«Ma…»
«Niente “ma”, Marinette!» urlò Alya. E solo allora Marinette lo notò. La sua migliore amica stava tremando. Lei, la ragazza che aveva sempre seguito lei e Chat Noir nei numerosi scontri con gli Akuma, infischiandosene della propria incolumità e ridendo in faccia al pericolo, stava tremando. Aveva i palmi delle mani scorticati, i vestiti coperti di polvere e i pantaloni strappati all’altezza delle ginocchia.
Doveva essersi scontrata con la furia incontrollata di GrapLeomon appena giunta sul posto.
Doveva fermarlo.
«Angemon!» gridò Takeru verso il proprio Digimon «A quanto pare  GrapLeomon è controllato da una cosa chiamata Akuma! C’è una persona chiamata Ladybug, sembra che lei possa aiutarvi!»
«Allora spero che si sbrighi ad arrivare. Bisogna purificarlo prima che rada al suolo l’intera città!» disse Angemon sollevandosi in volo e raggiungendo Angewomon che stava ancora combattendo.
Doveva aiutarli.
«Dove sei, Ladybug…» disse Nino facendo qualche passo indietro e raggiungendo Adrien.
Doveva intervenire.
 
Con un movimento deciso, Marinette riuscì a staccarsi da Adrien e Alya, facendo qualche passo in avanti.
«Marinette, che ti prende?» chiese Alya, mentre anche Hikari e Takeru la osservavano in silenzio.
Fece un respiro profondo. Il cuore le martellava nel petto all’impazzata.
Non aveva scelta.
«Mi dispiace ragazzi.» disse aprendo la sua borsa a tracolla. «Ma avete ragione, c’è bisogno di Ladybug. E io devo andare.»
Il piccolo Kwami rosso vagamente simile ad una coccinella uscì dalla borsa di Marinette, sorridendo comprensiva alla sua protetta.
Adrien sgranò gli occhi. Impossibile…
«Hai fatto la cosa giusta, Marinette.»
«Lo so... E ora andiamo, c’è bisogno di noi. Tikki, trasformami!»
 
Gli orecchini della ragazza cambiarono colore e dopo aver risucchiato al suo interno il Kwami, presero a lampeggiare. Una maschera comparve subito a coprirle il volto e una scia rossa luminosa le percorse il corpo, trasformando i suoi vestiti in un’attillata tuta rossa a pois neri.
Era lei…
 
«Ladybug?» sussurrò Adrien con un fil di voce, mentre la mandibola di Nino era precipitata verso il basso e Alya le puntava il dito tremante contro.
«Tu sei… Tu… Marinette, tu sei Ladybug!» gridò, un misto di stupore ed eccitazione nella voce.
«Mi dispiace ragazzi. Ora però non c’è tempo, devo capire come purificare quell’Akuma.» disse volgendo loro le spalle e iniziando a roteare il suo yo-yo.
Poi una risata la fece voltare nuovamente.
Adrien aveva lo sguardo puntato verso il basso, una mano posata sul viso e il corpo scosso dalle risa.
«Sei tu… Sei sempre stata tu…» disse tirando su con il naso. Marinette si congelò sul posto. Lui stava… Piangendo? Stava piangendo e ridendo allo stesso tempo?
Ladybug abbassò lo sguardo ferito.
«Mi dispiace. So di averti deluso, che ti aspettavi fossi qualcun altro, che-»
«Ti sbagli!» la interruppe Adrien asciugandosi con la mano le lacrime.
«E’ solo che… Dio, sono così stupido
«Di che stai parlando?»
«Voglio dire che sono felice sia tu, Marinette» disse sollevando lo sguardo, carico di una tale dolcezza che la scossero, facendola arrossire «E che a questo punto, credo tu abbia bisogno di me… My lady»
Il cuore di Marinette mancò un battito.
«Cosa..?»
«Plagg?» Chiamò il ragazzo. Un piccolo Kwami nero simile ad un gatto uscì dalla giacca del suo protetto. «Trasformami!»
 
L’anello del ragazzo cambiò colore, risucchiando al suo interno il Kwami. Una maschera comparve subito a coprirgli il volto, due orecchie gli apparvero sulla testa e una scia verde luminosa gli percorse il corpo, trasformando i suoi vestiti in un’attillata tuta nera.
Era lui…
 
«C-Chat?» sussurrò Marinette.
«Avremo tutto il tempo per parlare, my lady. Ora, facciamo vedere di che cosa sono capaci i protettori di Parigi.»
Il volto di Marinette di illuminò lentamente di gioia e sorridendo radiosa al suo compagno impugnò saldamente il suo yo-yo.
«Andiamo!»
E con un rapido movimento, Ladybug agganciò il suo yo-yo ad un appiglio e volò via verso lo scontro, mentre Chat Noir la seguiva con abili balzi, aiutato dal suo bastone.
 
Hikari e Takeru fissavano i due ragazzi sbalorditi. Di cose strane ne avevano viste da quella notte di tanti anni fa a Hikarigaoka, il giorno in cui per la prima volta erano entrati in contatto con i Digimon, ma quella non l’avevano ancora mai vista. Marinette e Adrien erano davvero una specie di supereroi parigini.
Sobbalzarono quando sentirono Alya esplodere in un urlo di frustrazione.
 
«CHE COSA!?» aveva detto, sbloccandosi finalmente dallo stato di shock in cui era piombata quando anche Adrien si era trasformato. «Lei… Lui… Prima voi e… E il gatto… Loro… Accidenti. Noi tre dobbiamo fare una bella chiacchierata!» gridò ai due eroi, consapevole che comunque molto probabilmente non sarebbero riusciti a sentirla.
Dal canto suo, Nino sembrava non essersi ancora ripreso.
«Troppe cose a cui credere in poco tempo, immagino.» ridacchiò Takeru posandogli una mano sulla spalla per dargli conforto.
«Decisamente» annuì lui osservando il combattimento che continuava a procedere.
«Ce la faranno?» chiese poi rivolto ai due studenti giapponesi.
«Ne sono sicura» rispose Hikari raggiante.
 
Nel frattempo, Ladybug e Chat Noir avevano raggiunto i tre Digimon e stavano osservando dalla cima di un palazzo ancora miracolosamente in piedi, il combattimento
«Qualche idea su dove possa essere l’Akuma?» chiese Chat Noir atterrando accanto alla sua partner.
«La sciarpa che porta al collo» disse Ladybug indicando il capo rosso che il Digimon indossava.
«Diamoci dentro, allora.»
«Lucky Charm!» gridò Ladybug lanciando il suo yo-yo in aria e afferrando subito dopo la lunga corda rossa a pois neri che le era caduta fra le braccia.
«Questa volta credo di sapere anche io come usare il tuo Lucky Charm» ghignò Chat Noir «Ma prima bisogna indebolire e distrarre quel coso.»
«Ci pensiamo noi!» disse Angewomon volando accanto a loro.
«Takeru!» gridò Angemon rivolto al suo partner.
 
Il corpo di Angemon iniziò a risplendere. Fu avvolto da una luce abbagliante ed iniziò a mutare nuovamente forma.
Poi una voce.
«Angemon superdigievolve… MagnaAngemon!»
 
Era come se il Digimon fosse diventato più maestoso: le ali erano diventate otto e il suo corpo era ora in parte protetto da un’armatura.
I due Digimon angelici si lanciarono nuovamente sul mostro, cercando di attaccarlo con calci e pugni, che lui riuscì a parare questa volta con molta più difficoltà.
«Pugno del Re!» gridò GrapLeomon portando la velocità delle turbine che aveva sul braccio destro alla massima velocità e scagliando il colpo verso i due avversari, che però riuscirono per un soffio ad evitare di essere colpiti, mentre l’onda d’urto andò a scagliarsi contro un amplesso di palazzine, distruggendole.
«Falce del Destino!» annunciò Angewomon congiungendo le mani davanti a se e allargandole all’improvviso, creando una falce di luce.
«Spada Divina!» gridò MagnaAngemon scagliandosi con la sua arma verso il nemico. I due attacchi colpirono violentemente GrapLeomon, che barcollò indietro, gravemente ferito. Nonostante tutto, la rabbia del Digimon lo spinsero a tentare di mantenersi in equilibrio, ma qualcosa glie lo impedì: una lunga corda tesa ai suoi piedi lo vece inciampare e cadere al suolo con un violento tonfo.
 
«Chat, tocca a te!» gridò Ladybug allontanandosi da uno dei capi della corda che aveva assicurato ad una colonna.
«Cataclisma!» urlò Chat Noir avventandosi sulla sciarpa rossa attorno al collo di GrapLeomon, che sotto il suo tocco si disintegrò. Una farfalla nera uscì dal capo ora distrutto, ma non poté allontanarsi molto, prima che l’eroina la catturasse con il suo yo-yo:
«Niente più malefatte, piccola Akuma. Ladybug sconfigge il male!»
Con l’indice riaprì poi il suo yo-yo e la farfalla, tornata di colore bianco, fu finalmente libera «Ciao ciao farfallina…»
Nel frattempo, i due Digimon angelici erano atterrati accanto a lei e anche Hikari, Takeru, Alya e Nino l’avevano raggiunta. Ladybug prese la corda che Chat Noir le stava porgendo e la lanciò in aria.
«Miraculous Ladybug!»
La corda si dissolse in numerosissime coccinelle, che si dispersero nell’aria, andando a riparare tutti i danni creati dall’Akuma.
Quando arrivarono a GrapLeomon, il Digimon prese a brillare e avvolto da una luce abbagliante iniziò a regredire. Quando il processo fu compiuto, al suo posto c’era un confuso orsetto dal pelo nero, con numerose cinture blu avvolte attorno alle zampe anteriori e un cappellino con la visiera del medesimo colore.
«Ma è un amore!» esclamò Alya precipitandosi verso il Digimon e accovacciandosi accanto a lui.
Angewomon e MagnaAngemon furono anch’essi avvolti da una luce e in pochi secondi tornarono ad essere i piccoli Gatomon e Patamon.
«Sono esausto» sentenziò quest’ultimo lasciandosi andare fra le braccia di Takeru, che ridacchiando gli accarezzò il capo, felice che tutto si fosse risolto per il meglio.
«Come ti senti?» chiese invece Gatomon avvicinandosi all’orsetto.
«Io… Non lo so, dove sono?»
«Sei al sicuro adesso, non ti preoccupare. Io sono Hikari, tu come ti chiami?» gli chiese la ragazza chinandosi verso di lui.
«Bearmon» rispose lui, le lacrime che iniziavano ad appannargli la vista.
«Non ti preoccupare, ora ci siamo noi» tentò di confortarlo Nino, mentre Alya lo stringeva al petto in un abbraccio.
«Sarà meglio allontanarci, presto questo posto inizierà a riempirsi di curiosi» disse Takeru facendosi avanti «Troviamo un luogo tranquillo e sicuro, così ci racconterai cos’è successo. E se vuoi, io e Hikari possiamo riportarti a Digiworld» spiegò sorridendo al Digimon, che piangendo iniziò a ringraziare i ragazzi e a scusarsi per tutto quello che aveva fatto.
«Andate a casa mia» disse Ladybug «Lì sarete al sicuro. E Alya, Nino… Vi prego, non dire niente. Non svelate le nostre identità, non scrivete niente sul Ladyblog di quanto avete visto, vi prego. La nostra-»
«Tranquilla amica mia» la interruppe Alya con un sorriso «Non ho intenzione di svelare a qualcuno il vostro segreto. Tu e Adrien avete deciso di fidarvi di noi e io e Nino non vi tradiremo mai» disse, accompagnata da un cenno affermativo del capo da parte del ragazzo accanto a lei.
«Alya… Grazie» sussurrò Ladybug, cercando di trattenersi. Non voleva piangere, neanche se si trattavano di lacrime di gioia. Non lì e in quel momento.
«Ciò non toglie che noi tre dobbiamo fare una bella chiacchierata, eroi dei miei stivali» concluse la ragazza facendo scoppiare tutti in una limpida risata liberatoria.
«Forza, andiamo.» disse Takeru riprendendosi dalle risa. «Io e Hikari vi seguiamo.»
«Voi non venite?» chiese a quel punto Nino, guardando confuso Ladybug e Chat Noir.
«Scusa amico, ma io e la mia lady abbiamo diverse cose di cui parlare» rispose Adrien ridacchiando alle gote improvvisamente tinte di rosso dell’eroina.
 
Così, mentre il bizzarro gruppo di amici si dirigeva verso la caffetteria Dupain-Cheng, i due eroi parigini di diressero verso la Tour Eiffel, saltando da un tetto a un altro, sciogliendo poi imbarazzati la loro trasformazione quando furono seduti sulla cima del monumento.
Parlarono a lungo i due ragazzi, confessando i propri sentimenti e chiarendo i malintesi che ne erano nati, promettendo di aiutarsi sempre a vicenda, di non abbandonarsi mai e di continuare a lottare assieme, ad essere Ladybug e Chat Noir.
Sugellarono il loro accordo con un tenero e timido bacio, il primo dei molti che vennero da quel giorno in avanti.
 
Si riunirono ai loro amici diverse ore dopo, ma non svelarono mai ciò che si erano detti.
Quello, era un segreto che i due avrebbero gelosamente custodito nei loro cuori.
Un segreto che li avrebbe legati l’uno all’altra per sempre.

 
 
 
 
 
 
 
***
ANGOLO DELL’AUTRICE
Voi non potete capire quanto tempo ci ho messo per scrivere questa storia. Non ne sono neanche totalmente soddisfatta, ma ce l’avevo in testa da ieri mattina e da allora non ho smesso un attimo di scrivere.
E’ il mio esordio nel fandom di Miraculous, quindi spero di aver fatto un buon inizio e vi avverto che non vi libererete di me tanto facilmente: ho intenzione di scrivere molto altro su questo universo e di sbizzarrirmi con situazioni in cui i protagonisti sono costretti a rivelare le loro identità.
 
Ora passiamo ai dati tecnici…
La storia è ambientata circa due anni dopo Digimon Adventure tri., ma come avete notato, non ha niente a che fare con quanto accaduto (e quanto accadrà) nei film.
Ci ho messo un po’ per trovare un Digimon che potesse andare bene come vittima di un Akuma e alla fine ho optato per Bearmon e la sua evoluzione a livello evoluto, GrapLeomon. E a tal proposito, fatemi specificare una cosa: siccome GrapLeomon non è mai apparso in una delle serie doppiate in italiano, ho dovuto adattare uno dei suoi attacchi. In originale (e secondo digimonwikia) il pugno scagliato dalla rotazione delle turbine nelle braccia è chiamato Shishi Jūhazan, letteralmente “Leon Beast Wave Slash”, che in inglese è stato tradotto come “The King of Fist”. Siccome “Il Re del Pugno” non mi convinceva per niente come traduzione italiana, ho pensato di adattarlo come “Pugno del Re”.
A questo punto che altro dirvi… Spero che la storia vi sia piaciuta. So che è lunghissima, ma non mi andava di dividerla in due capitoli, quindi ho pensato bene di lasciarla com’era.
 
E vorrei dedicare questa storia a usabella dream, perché è colpa sua se mi sono innamorata di Miraculous xD
 
Fatemi sapere cosa ne pensate della storia: se vi è piaciuta, se vi ha fatto pena, se trovate sia scritta con i piedi o se almeno sono riuscita a farvi fangirlare un po’. Anche perché l’intento principale era quello ;) E spero davvero che non ci siano errori grammaticali. Ho riletto più volte, ma c’è sempre qualcosa che riesce a scapparmi.
E se vi va, potete passare a seguirmi sulla mia pagina Facebook, dove rimanere aggiornati su tutte le mie pubblicazioni --> https://www.facebook.com/Crystal25396-EFP-364711913877418/
 
Alla prossima!
-Crystal-
   
 
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