Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    28/02/2017    3 recensioni
Ryo spalancò gli occhi di scatto, il fiato corto e il sudore che gli copriva la schiena. Quel ricordo vecchissimo, con la sua sensazione di ancestrale paura e totale solitudine, si era trasformato in un sogno e lo aveva colto a tradimento.
Genere: Angst, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ryo Sanada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ryo spalancò gli occhi di scatto, il fiato corto e il sudore che gli copriva la schiena. Quel ricordo vecchissimo, con la sua sensazione di ancestrale paura e totale solitudine, si era trasformato in un sogno e lo aveva colto a tradimento.
Non ricordava che età avesse, ma doveva essere molto piccolo, perché c'era ancora sua madre. Erano andati a Tokyo a trovare alcuni parenti, e nel grande centro commerciale lui si era perso.
Le scansie erano alte e tutte uguali: si era distratto un attimo e si era ritrovato solo.
Aveva cominciato a correre avanti e indietro, convinto di potersi orientare come faceva tra gli alberi attorno a casa, ma non aveva fatto altro che confondersi ed allontanarsi ancora di più dai suoi genitori.
Non era passata più di una decina di minuti prima che lo ritrovassero, ma a Ryo erano parsi un'eternità. Nella sua mente di bambino il terrore si era inciso così profondamente, che ricordava quel momento come se fossero passati appena pochi giorni, invece che quasi quarant'anni.
Ed ora il suo cuore era andato a ripescare quel ricordo, e non era difficile capire il perché: solitudine e terrore lo avevano accompagnato mentre cedeva al sonno ed alla debolezza, e in quell'istante – mentre le palpebre si chiudevano sulla volta grigia della grotta in cui era tenuto prigioniero - Ryo si era sentito esattamente come il sé stesso di tre o quattro anni.
Non si era mai più sentito così perduto come allora.
Di certo non da quando aveva incontrato i suoi nakama, e li aveva sempre avuti accanto.
Ma ora era di nuovo solo, solo come aveva creduto di essere quando i suoi genitori erano spariti dalla sua vista.

 

Jirogoro sbuffò, portando le mani ai fianchi e facendo scorrere lo sguardo lungo il fianco della montagna. Il mondo era cambiato decisamente troppo da quando ne aveva fatto parte: anche se era rimasto fuori da quegli ammassi di cemento e rumore che erano diventate le città, il paesaggio gli sembrava ugualmente illeggibile. Le strade avevano un aspetto uniforme e duro, ma almeno erano chiaramente strade.
Ma tutte quelle lastre di metallo piene di simboli e disegni che si ergevano ovunque, in cima a stretti pali, cos'erano? E tutte quelle corde dall'aspetto metallico che correvano ad onde nella campagna, anch'esse appese tra un palo e l'altro?
Scosse la testa, contrariato: questa realtà era molto più incomprensibile di qualsiasi illusione contorta si fosse divertito a creare quando era al servizio di Arago. Non vedeva l'ora di tornarsene a Bonnokyo, ma non l'avrebbe fatto a mani vuote.
Erano giorni che lui e Kujuro battevano palmo a palmo il Giappone alla ricerca di Rekka.
Kayura aveva aperto il passaggio, ma non era riuscita a fare di più: nonostante il suo ruolo di custode, il suo sguardo non riusciva ad individuare il samurai.
Avevano ipotizzato ci fosse di mezzo un sigillo, o qualcos'altro di simile, e si erano rassegnati a cercare alla vecchia maniera.
Avevano stabilito che sarebbero rimasti fuori dai centri abitati: era molto improbabile che quei maledetti youja li avessero scelti per nascondersi lì. Di certo anche per quella feccia sarebbe stato difficile passare inosservati ed orientarsi.
Dopo giorni di ricerche infruttuose, però, il masho cominciava a chiedersi se le cose stessero davvero così, o se la loro scelta su dove cercare fosse stata influenzata dal desiderio più o meno conscio di voler evitare tutte quelle persone con le loro diavolerie moderne.
Se al tramonto fossero stati ancora punto e a capo come ora, Jirogoro si ripromise di contattare il demone dell'oscurità e decidere se fosse il momento di cambiare radicalmente strategia.

 

Ryo non riusciva a non esserne certo: i suoi nakama erano tutti morti.
Benché non fosse la prima volta che si prospettava il peggio per l'uno o l'altro tra loro, stavolta non vi era modo di aggrapparsi alla speranza o farsi delle illusioni: Ryo li aveva veduti cadere davanti ai suoi occhi, mentre cercavano – per l'ennesima volta – di proteggerlo ed aiutarlo a controllare la kikoutei.
Li aveva visti a terra, privi di vita. Ma soprattutto, avvertiva la loro mancanza attraverso il legame, che si era trasformato in un silenzioso canale ad una sola uscita. Uno schermo grigio che friggeva piano in attesa di segnale, come un vecchio televisore staccato dall'antenna.
Non era certo la prima volta che il contatto tra loro restava muto: a volte uno di loro era stato così male da non riuscire a farsi sentire: ricordava bene lo strappo nato dal ferimento di Seiji, quando era stato investito da quella moto, o il silenzio terribile di Shin, quando aveva assorbito lo spirito di quella sorgente e ne era stato totalmente sovrastato.
Altre volte la voce delle armature era stata coperta da qualcosa di più forte, come quando erano stati portati alla sorgente di Izumi, e la sua essenza primordiale li aveva nascosti gli uni agli altri.
Ma stavolta era totalmente diverso: le quattro armature erano vive e presenti: Rekka era in risonanza con loro. Erano le voci dei suoi nakama a restare mute.
Ryo sapeva bene cosa accadeva quando moriva il portatore di una yoroi.
Lei lo abbandonava, nascondendosi al mondo in attesa di scegliere un nuovo guerriero da vestire. Così aveva fatto Kiryoku quando Shuten era morto, ed ora riposava a Bonnokyo, custodita da Kayura.
Così stavano facendo Kourin, Suiko, Tenku e Kongo, e la loro voce continuava a chiamare Rekka, unica sorella mancante. Ma Rekka restava legata a lui, ostinatamente, e lui non sapeva più che farsene.
Perchè quei maledetti youja non uccidevano anche lui e gli lasciavano raggiungere i suoi nakama? Perchè prolungavano la sua agonia, abbandonandolo da solo, imprigionato in quel luogo?
In realtà sapeva bene il motivo: cercavano un modo per accedere alla kikoutei. Lo tenevano in vita solo per mantenere la presa anche sull'armatura.

 

Kujuro non era sicuro di star agendo secondo logica, stanchezza o sensazione.
Al contrario di tutti i luoghi visitati fino a quel momento ed abbandonati subito, si era ritrovato a girare attorno a quella collina già da un po', senza un apparente motivo.
Subito oltre il primo crinale, dietro ad un boschetto di poche file di alberi, si apriva una radura quasi pianeggiante, costellata di massi erratici più o meno grandi.
Lì Shikkoku aveva avuto una sorta di sussulto.
Era stato talmente rapido che il masho cominciava a credere di averlo sognato, eppure non riusciva ad andarsene da lì. Sapeva che le cinque yoroi comunicavano tra loro, riconoscendosi e trovandosi anche a distanza.
Ma le altre quattro non ne erano in grado, o forse avevano dimenticato come farlo quando Arago ne aveva preso possesso assieme a chi le vestiva.
Ora invece sembrava quasi che la sua armatura stesse cercando di entrare in risonanza con qualcosa, e Kujuro pregò che quel qualcosa fosse proprio Rekka.

 

Quanti giorni erano passati? Almeno dieci, o forse undici. All'inizio Ryo era riuscito a tenere il conto del tempo, perché nella grotta permeava abbastanza luce da riuscire a distinguere il giorno dalla notte. Ormai conosceva la città degli spiriti a sufficienza da sapere che lì non vi era alcuna alternanza regolare tra giorno e notte, quindi era quasi certo di essere ancora nel mondo degli uomini.
Non era strano: gli youja ad averli attaccati erano molti, un piccolo esercito. Di certo non si arrischiavano a mostrarsi a Bonnokyo, dove un tale raggruppamento di forze non sarebbe sfuggito allo sguardo vigile di Kayura. Erano così tanti che per un attimo lui ed i suoi nakama avevano temuto il ripresentarsi di uno spirito maligno simile ad Arago, capace di influenzare e raccogliere sotto di sé molte forze, ma non avevano individuato un capo tra loro.
Forse, semplicemente, non avevano fatto in tempo: erano stati annientati prima di capire cosa stesse succedendo. Le immagini della battaglia e dei suoi nakama ripresero a scorrere nella sua mente, incontrollate come un odioso motivetto che risuona nelle orecchie, tanto più insistentemente quanto più vorremmo farlo smettere.
Ryo strinse con forza gli occhi, premendo il viso contro una delle braccia sollevate verso il soffitto della grotta, ma qualcosa interruppe quella tortura. Rekka vibrava. Prima sommessamente, poi come brace scoperchiata dal vento, si accese brillando di un rosso cupo.
Aveva riconosciuto voci nemiche, ed almeno una voce sorella. Ma soprattutto, aveva sentito rintocco di battaglia.

  
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