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Autore: f9v5    03/03/2017    5 recensioni
[PostShadow The Hedgehog!]
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Che diavolo ci faceva lì Faker?
Shadow aggrottò ulteriormente lo sguardo, condendolo con una buona dose di scetticismo, non ci credeva affatto alla casualità di quell’incontro.
Sonic smorzò leggermente il suo sorriso.
-D’accordo, ti ho visto sfrecciare per le strade e ti ho seguito.-
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shadow the Hedgehog, Sonic the Hedgehog
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Le tue speranze sono diventate il mio fardello. Troverò la mia liberazione…”
 
(RWBY – Black Trailer)
 
 
 
 
 
Al sentire la dicitura “Ultimate Life Form” verrebbe da pensare ad un essere incredibile, perfetto, dotato di poteri straordinari, capace di comprendere ciò che i comuni mortali non avrebbero mai modo di trascendere, superare i limiti e raggiungere la tanto agognata perfezione.
-Io sono Shadow the Hedgehog, io sono l’Ultimate Life Form!- sentiva di ribadirlo troppo spesso e con demerito.
Mai come in quegli ultimi tempi gli era parso di fregiarsi di un titolo di cui non era degno neanche lontanamente.
Tante convinzioni erano morte dinanzi ai suoi occhi, tante certezze si erano rivelate errate, tanti eventi verificatisi nel corso del tempo avevano portato la sua mente a riconsiderare e rivedere molti aspetti della sua vita.
Che Maria si fosse sbagliata?
Secondo alcune credenze umane (loro le chiamavano “religioni”, lui le riteneva, piuttosto, stronzate per tenere a bada gli idioti e distrarli da concetti ben più concreti e importanti) le persone che in vita erano state fautrici di nobili gesti degni di essere considerati “alti e puri” ricevevano “il grande onore” di ascendere in “Paradiso” con la propria anima e raggiungere così quelle delle altre persone buone decedute nei tempi trascorsi.
Sinceramente non ci credeva… per varie ragioni: chi aveva stabilito quali tipologie di azioni dovessero essere catalogate sotto l’aggettivo “buone” e quali sotto “cattive”? Se questo fantomatico “Dio” che tanti umani veneravano con tale assiduità esisteva davvero perché allora non si prodigava ad insegnare ai suoi “figli” che nella vita ci sono momenti in cui non ci si può rimettere al giudizio degli altri e pensare che andrà tutto bene senza conseguenze?
No, per lui era troppo assurdo, pieno di contraddizioni.
Avrebbe potuto anche sbagliarsi, d’altronde aveva già fatto sua la consapevolezza di non essere poi così “Ultimate” come si illudeva di apparire, ma non intendeva cambiare nuovamente la sua linea di pensiero, non su quell’argomento.
Si era sempre convinto che lo spirito di Maria (ambito religioso, sua ferrea convinzione o semplice pazzia che fosse)continuasse a vegliare sulla sua persona, uno “scudo mistico” eretto dalla forza del legame che li univa, al fine di preservare la sua integrità e permettergli di andare avanti, in memoria di quella promessa vecchia di anni ma che continuava ad ardere indomita nel suo cuore e nella sua mente.
Ma aveva cominciato ad interrogarsi se la fiducia di lei fosse stata davvero ben riposta, se davvero lui fosse stato in grado di adempiere al ruolo per cui era nato e per cui aveva scelto di votarsi.
Ed era colpa di Sonic, nuovamente, se si ritrovava in quello stato mentale precario… oltre a tutti i numerosi problemi che già lo affliggevano.
Sdraiato nel letto del suo appartamento, Shadow si stava ritrovando a maledire, non certo per la prima volta, la sua controparte.
Una volta rientrato aveva sbattuto istantaneamente la porta e si era lasciato cadere sul suo traballante giaciglio senza nemmeno aprire le imposte; doveva esserci solo lui in quella stanza, fintanto che il suo cervello non si fosse scrollato di dosso qualche interrogativo scomodo, nessuno doveva entrare, neanche i raggi lunari del satellite ormai ben visibile in cielo, neanche loro avevano il consenso di disturbare quella quiete che di tranquillo non aveva nulla.
-Maledetto faker, maledetto faker, maledetto faker…- sarebbe potuto andare avanti con quei lenti sussurri anche in eterno, scaricare sul riccio blu colpe che non era ben chiaro se le avesse davvero aveva il sorprendente effetto di alleviare parzialmente i suoi nervi… e poi stirarli ancor più di prima per via della consapevolezza che fosse una falsità.
Era masochismo il suo, molto probabile, ma non poteva fare a meno di proseguire nell’atto di scagliare anatemi all’indirizzo di quell’idiota amante delle corse che si illudeva stupidamente che bastasse un sorriso per andare oltre ogni ostacolo.
La logica ci moriva sotto i piedi di Sonic the Hedgehog, nel suo caso invece riusciva a salvarsi… perché non aveva mai avuto il dispiacere di conoscerlo, a conti fatti era un bell’esempio di ipocrita.
Ma era comunque colpa di faker, sua era la responsabilità del crollo di molte sue certezza, sua era la colpa se stava cominciando a dubitare di se stesso e di Maria.
Aveva sempre conferito a Sonic the Hedgehog la figura dello stupido arrogante, uno sciocco incapace di riflettere che si gettava a capofitto in ogni situazione possibile per pura e semplice voglia di pavoneggiarsi… e invece aveva scoperto, giusto poche ore prima, di sbagliarsi.
Il Sonic vanesio e privo di pensieri che escludessero il suo auto elogio era una montatura messa su dal riccio stesso, una farsa per dare il famigerato contentino a tutti coloro che non avevano mai visto sotto quello strato superficiale che celava la sua vera essenza; quegli stessi umani che Shadow sentiva di disprezzare ancora Sonic li aveva furbescamente messi in una posizione ambigua: li proteggeva, questo era vero, mai si sarebbe permesso di calpestare il diritto alla vita di qualcun altro, ma per lui restavano comunque dei perfetti estranei di cui non avrebbe mai tenuto in alta considerazione l’opinione, per il puro e semplice fatto che non erano persone significative nella sua vita. Loro non avrebbero mai visto il vero Sonic the Hedgehog ma soltanto quella scorza esterna che non rivelava niente di un “Dio” che loro avevano arrogantemente dichiarato come tale.
Una montagna non avrebbe mai potuto fermare il soffio del vento, analogamente il porcospino blu non si sarebbe mai fatto bloccare dai giudizi di chi era troppo ignorante sulla sua persona, li avrebbe scavalcati e avrebbe continuato ad essere sempre Sonic, quello vero, che pochi conoscevano.
E Shadow si era reso conto di essere stato, fino a poco prima, escluso da quei “Pochi”.
E sentiva di essere profondamente arrabbiato con se stesso per il prematuro giudizio che aveva dato per ovvio su quel riccio così simile eppure così diverso da lui.
Per questo percepiva quel forte risentimento, aveva sbagliato nelle sue considerazioni, malgrado fosse convinto di non essere nel torto, quindi non erano da escludere minimamente le possibilità che prevedevano un suo tremendo errore nel conferire l’aggettivo “Sicuro” alla sua idea che Maria non avesse sbagliato sotto nessun punto di vista nell’affidarsi a lui, nel chiedergli di mantenere la loro promessa.
E se non fosse stato in grado di mantenerla? Maria era stata e sarebbe sempre rimasta la sua ancora di salvezza in quel mondo corrotto che continuamente e insistentemente martellava la sua mente, insinuando in essa il pensiero “Sterminali tutti, non meritano di vivere!”
Ma se avesse preso un abbaglio e lui avesse ceduto a quell’oscurità che mai lo aveva realmente abbandonato allora ne avrebbe ricavato la definitiva conferma: Maria era nel torto e, dopo il trapasso, di lei non era rimasto più niente.
E Shadow sapeva che, in quel caso, ne sarebbe morto… e non avrebbe mai potuto accettarlo.
Ironico, in certi momenti aveva sinceramente bramato la fine della propria esistenza, ma gli era sempre apparsa come un traguardo irraggiungibile, l’immortalità era la peggior maledizione che potesse esistere, e pensare che c’era chi invece la desiderava ardentemente, qualche povero idiota troppo abbagliato dai suoi sogni egoistici da non comprendere l’effettivo “peso” di una condizione simile.
In certi momenti aveva sinceramente sperato di morire… ma non in quel modo. Non intendeva lasciare quel mondo con l’atroce convinzione che Maria valesse meno di quanto avesse sempre pensato, che avesse passato tutto quel tempo ad alimentare il falso mito di uno spirito protettore che fungesse da freno alle sue inibizioni più oscure.
No, Maria non poteva essere solo questo, non poteva essere solo il frutto delle sue fantasie meno apocalittiche, un concetto astratto che si era auto propinato per illudersi che anche uno come lui potesse agire in nome del “Giusto”.
-MI RIFIUTO DI CREDERLO!- urlò, in un improvviso scatto di rabbia; altrettanto in fretta balzò giù dal letto e corse in bagno dove, non sapendo nemmeno quale motivazione lo spingesse, tirò un pugno allo specchio, forte abbastanza da infrangerlo in centinaia di minuscole schegge che gli penetrarono attraverso il guanto e giunsero fin nella mano; altre fecero un’indegna caduta dentro il lavandino.
Furono però i successivi protagonisti delle attenzioni del riccio.
Non badava al sangue che l’arto ferito cominciò a perdere, colorando il suo guanto di un rosso scarlatto che tanto si abbinava alle sue screziature, non sentiva nessun dolore fisico, la sua testa che minacciava d’esplodere superava di gran lunga tutto quanto.
Fissava quei pezzetti di vetro con sguardo assente: erano tanti, sparsi senza ordine, alcuni più grandi d’altri, altri ovviamente più piccoli, riflettevano la sua immagine ciascuno con prospettiva diversa, ma nessuno di loro forniva un riflesso chiaro e conciso.
Somigliavano così tanto alla sua anima.
-Chi sono io? Perché sono qui?-
E non sarebbe bastato il ricordo di Maria, della cui esistenza cominciava perfino a dubitare, a confortarlo, non stavolta.
Era stato messo tutto in discussione, non vi erano più certezze, solo un patetico essere pieno di dubbi; si odiava in quel momento, come mai prima d’ora.
Troppo era successo, perfino per lui, troppe pressioni e troppi misteri tutti in una volta, nessuna verità, si sentiva schiacciato; crollò in ginocchio.
E in quel momento Shadow the Hedgehog dov’era? Dov’era la tanto decantata Ultimate Life Form? Di certo non poteva essere lì, non quel patetico ammasso di membra morte nell’anima che giaceva in pezzi tra le schegge dei suoi ricordi sparpagliati alla rinfusa.
Si rimise in piedi con fatica, barcollò fino al letto, ci sprofondò malamente senza probabilmente nemmeno accorgersene, non era li, la sua mente.
-Dunque il sasso preso come quello che è non costituisce una minaccia, sono le condizioni in cui lo si pone a determinarne la pericolosità. Analogamente per il tuo incubo, anche se ti dico subito che si tratta della mia opinione: di per sé esso non ha alcuna importanza, tutto dipende esclusivamente dal valore che tu gli attribuisci. Può darsi dunque che tu stia costruendo castelli in aria per niente.- un flashback improvviso, la figura di un riccio sorridente che gli rivolgeva uno sguardo carico di fiducia.
“Dannato faker!” l’ultimo pensiero cosciente prima dell’oblio.
Gli occhi, un rosso spento e senza vita, si chiusero lentamente. Nessuno avrebbe saputo dire se si sarebbero aperti nuovamente.
 
 
 
Una Westopolis distrutta e corpi di umani anonimi sparsi ovunque in orripilanti pozze di sangue.
Beh, non c’era nessuna novità in quella visione, ormai era divenuta una tale costante da causargli soltanto noia.
Un presagio per il futuro? Sintomo di eccessivo stress? La sua pazzia stava degenerando ulteriormente? Per quanto ne sapeva, poteva essere un miscuglio di tutte e tre le opzioni.
Aveva perso interesse ormai, per quei sogni, per il suo destino, per tutto, tanto valeva ripercorrere quelle strade ancora una volta e finirla definitivamente, forse sarebbe stata la volta buona che ci avrebbe finalmente capito qualcosa.
Paradossale, considerando che non provava più il bisogno di scoprire cosa celassero quelle visioni oniriche.
Mentre camminava tra resti di edifici e corpi smembrati, Shadow si chiese se qualcosa sarebbe mai cambiato; insomma, era entrato in quella che si sarebbe potuta definire una “crisi mistica”, era divenuto l’ombra di se stesso (che crudele ironia), le sue certezze erano ridotte in frantumi, quindi perché insistere, perché non lasciarsi precipitare in quel limbo di oscurità eterna e lasciare che quel poco che era rimasto integro della sua essenza venisse consumato a sua volta?
Perché, malgrado tutto, l’istinto di sopravvivenza è insito in tutti gli esseri viventi, Shadow the Hedgehog non faceva eccezione.
Maria, sempre ammesso che di lei fosse mai rimasto qualcosa, probabilmente lo avrebbe assecondato in quel suo bisogno di risposte.
Chissà come l’avrebbe guardato se fosse stata presente al momento del suo crollo emotivo antecedente al suo ritorno in quel mondo onirico, di certo non sarebbe stata felice.
Era prossimo al limitare della città, ed eccoli lì, come ogni altra volta: Sonic, Tails e tutti gli altri, almeno era ciò che si riusciva a intendere dai resti, sparsi praticamente dappertutto.
Decisamente sadico da parte sua, ma le prime volte, dinanzi al cadavere del riccio blu, aveva provato una soddisfazione che un qualunque umano moralista avrebbe definito disturbante, aveva addirittura pensato che fosse una proiezione di qualche desiderio recondito della sua mente che, in virtù del suo cambiamento di approccio nei confronti degli uomini, sarebbe rimasta sempre tale… forse.
Un conto era mantenere la promessa fatta a Maria, un altro era togliersi lo sfizio, decisamente allettante, di ritrovarsi Sonic the Hedgehog tra le mani e distruggerlo pezzo per pezzo.
Ma ciò che avveniva in seguito gli aveva fatto capire, sin dalla prima volta, che non si trattava affatto della visione di qualche suo desiderio interiore, ma qualcosa di molto più complesso, che ancora non sapeva definire.
-Eccolo lì!- mormorò a bassa voce con disgusto, osservando la figura imponente profilarsi tra i nuvoloni neri, si potevano già notare il possente paio di corna e il trio scarlatto d’occhi che lo puntava allo stesso modo di un predatore con la preda.
Se voleva intimidirlo era tempo perso, a che scopo quindi giocargli quel tiro mentale? Il suo cervello doveva essere decisamente andato in tilt.
E nel mentre la figura cominciò a discendere; si sarebbe nuovamente svegliato all’improvviso in una pozza di sudore, o stavolta avrebbe avuto la soddisfazione, che in realtà non sarebbe stata poi così gratificante, di trovarselo davanti e scoprire quale misteriosa allusione simboleggiasse la sua presenza?
Quando la figura ultimò la sua lenta discesa il riccio comprese che qualcosa sarebbe andato diversamente, chissà perché proprio quella volta, c’era un particolare motivo o era semplicemente un caso?
No, non riusciva a concepire l’idea della casualità, non era una coincidenza che il sogno fosse progredito proprio in quella situazione di precarietà mentale che lo coinvolgeva.
-È un bello spettacolo, non trovi?- Black Doom allargò le braccia, un gesto plateale per sottolineare quella che, dal suo punto di vista (o che la mente di Shadow reputava tale, quanto meno), aveva le caratteristiche di una visione magnifica.
Un concerto fatto dal silenzio conseguente ad un massacro, quel tipo di silenzio opprimente che ti penetra fin nelle più remote profondità dell’animo e ti avvolge nel suo oscuro manto, bloccandoti; per lui, quella era “musica” per le sue orecchie.
-Come se te ne fosse mai importato della mia opinione.-
L’insensatezza di rispondere, l’inutilità di un discorso che non stava coinvolgendo nessun altro all’infuori di se stesso, eppure decise di non soffocarlo sul nascere, di inoltrarcisi e scoprire cosa avrebbe portato quell’indesiderato confronto con “suo padre”.
-Indipendentemente da questo fattore, non puoi negare di provare piacere per ciò che vedi.-
Ed era fottutamente vero; una parte di lui trovava decisamente piacevole quella visuale, una brama di distruzione e morte non del tutto sopita, uscita allo scoperto per rammentargli della sua presenza nel suo animo, per questo si era mostrata sotto le forme di chi, più di tutti, poteva associare a quei nefasti paesaggi.
-A che scopo sopperire chi sei davvero? Tu vuoi questo, hai sempre voluto questo!-
-TI SBAGLI!- urlò Shadow, decisamente troppa enfasi nella sua voce, sicuramente eccessiva per qualcuno conscio del fatto di aver intrapreso una discussione mentale con se stesso, che sapeva già le risposte a tutte le eventuali, perché erano quesiti puramente formali, concetti di cui era già consapevole.
E allora perché reagire con tale veemenza?
-Mi sbaglio? O stai semplicemente provando a illuderti che la realtà dei fatti sia diversa da come si presenta?-
Assurdo, non sembrava di parlare con prodotto della sua immaginazione, ma con Black Doom stesso.
Quell’arroganza, quel triplo sguardo di superiorità di chi non teneva in considerazione niente e nessuno eccetto se stesso sembravano appartenere all’originale, era uscito fuori dal risultato dei suoi tormenti interiori eppure pareva reale, come se parte del suo spirito fosse sempre stata dentro la sua mente, pronta ad emergere quando l’avrebbe reputato necessario.
-Io sono cambiato. Il vecchio me voleva questo, prima di riuscire a fare chiarezza tra i suoi pensieri, prima di capire cosa volesse davvero!-
-Ancora quella stupida promessa?- la massiccia dose di sarcasmo del suo interlocutore gli causò i brividi, seppur esternamente fosse impassibile e truce come al solito i dilemmi interiori lo stavano dilaniando.
Forse stupida lo era davvero, era necessario tormentarsi tanto per un morto?
Un guizzo durato un istante, quel breve momento di indecisione trasparì dagli occhi di Shadow e bastò a scatenare i successivi eventi: Doom gli si gettò addosso e lo colpì con un poderoso pugno che lo incastrò al suolo.
-Il tuo destino era ben altro, Shadow. Avresti potuto avere il Potere, che occasione sprecata!- dichiarò con disgusto l’alieno, fissando con rabbia repressa la figura immobile nel piccolo cratere venutosi a creare.
Shadow non reagiva, non ne sentiva il bisogno, dopo tutto nulla aveva più senso, tanto valeva permettere alla parte più oscura di lui di opprimerlo a morte e porre fine alla sua esistenza.
Un altro pugno lo portò a stringere i denti, ma nulla di più.
-Guardati, non c’è più alcuna traccia della tua fierezza. Che delusione!- e un altro pugno lo colpì.
Distrutto, nel corpo, nello spirito, il riccio nero attendeva lo scoccare della sua ora. Per lo meno, se concetti come Paradiso e Inferno si fossero rivelati veri, forse avrebbe avuto modo di chiedere scusa a Maria prima di venir gettato tra le Fiamme della Dannazione.
Un altro pugno ancora, gli occhi di Doom si assottigliarono, trasmettevano arroganza e ribrezzo, per quel verme che non aveva neanche la forza di strisciare e aspettava di venir definitivamente schiacciato.
-E come siamo arrivati a tutto ciò? Semplicemente perché una stupida ragazzina ti ha messo di fronte ad una scelta… e tu hai optato per l’opzione sbagliata perché le volevi bene!-
Nessuno poté vedere cosa accadde nella mente di Shadow quella notte, ma anche se fosse avvenuto non avrebbe comunque saputo dire se i successivi eventi fossero stati scatenati dalle parole udite dal riccio o se, malgrado tutto, questi avesse riflettuto e analizzato i suoi trascorsi da una prospettiva più rinnovata, ripensando, nel mentre che i ricordi attraversavano la sua vista come una vecchia pellicola, alle parole pronunciate da un certo riccio blu.
Avrebbero semplicemente visto questi alzare un braccio e parare l’ennesimo pugno prossimo ad abbattersi sul suo corpo, per poi stringerne la carne con una forza tale da farla sanguinare di un disgustoso liquido verdognolo.
“…sono le condizioni in cui lo si pone a determinarne la pericolosità.”
Shadow si rialzò, senza mai mollare la presa, serrandola ancor di più, ignorando lo sguardo del “padre”, ora colmo di quella che poteva definirsi paura.
-Esatto… perché le voglio bene!- si trattava di quello, si era sempre trattato di quello.
Strinse la sua morsa e poi afferrò il braccio dell’alieno con entrambe le mani per sbatterlo a terra con inaudita violenza.
Gli occhi di Doom si riaprirono in tempo solo per vedere una palla di spine nere e rosse piombare a tutta forza sul suo stomaco e strappargli un verso di dolore e frustrazione.
Troneggiando adesso su di lui, Shadow lo fissò con uno sguardo così tagliente che sembrava potesse tranciarlo in più parti.
“Analogamente per il tuo incubo… tutto dipende esclusivamente dal valore che tu gli attribuisci!”
-Tutto questo, questa distruzione, questa desolazione, non hanno importanza. Ho lasciato che la tua entrata nella mia vita mi condizionasse, che facesse riemergere quell’oscurità che ho rinnegato, quello che tu volevi, farmi dubitare delle mie condizioni. Ma, a conti fatti, io so cosa voglio!-
Lo doveva riconoscere, era stato stupido.
Maria gli aveva permesso di scegliere, non per assegnargli un compito, semplicemente perché si fidava di lui. Aveva commesso l’errore di innalzare emotivamente la sua figura, finendo per farsi influenzare dalla visione che si era creato e da quegli oscuri incubi che lo avevano tormentato.
Malgrado tutto, era molto più semplice: Maria non lo aveva mai considerato come un protettore degli oppressi o un eroe, aveva stretto quella promessa con lui perché non avrebbe mai affidato a nessun altro la forza del loro legame.
Religione o convinzione era irrilevante, lei era esistita e fintanto che avesse conservato il suo ricordo, e avrebbe lottato per la loro promessa, avrebbe continuato a vivere in lui.
Aveva potuto scegliere, e aveva scelto di non rinnegare la loro amicizia, di seguirla fino in fondo.
Non c’era nulla di cui dubitare, nulla di cui pentirsi.
Aprì la mano destra e la puntò alla testa dell’alieno, una sfera d’energia crepitante era pronta sul palmo.
-Che tu sia davvero un rimasuglio dell’anima di Doom, o più semplicemente uno scherzo della mia mente non ha importanza, non hai rilevanza nella mia vita, non più.-
-Maledetto…- la frase non venne finita, un lampo di luce venne scagliato e un’esplosione inghiottì tutto il luogo.
Shadow lasciò che la luce lo avvolgesse, era il momento di svegliarsi.
 
 
 
Due occhi rossi si aprirono di scatto, il loro proprietario attese qualche secondo per rialzarsi, ancora intontito per l’improvviso, eppur non brusco, risveglio.
Si portò una mano alla tempia, aspettandosi di sentirla pulsare fastidiosamente come accadeva da ormai troppe mattine, invece non sentì nulla, piacevolmente strano.
Si girò sulla schiena per poi mettersi a sedere, con studiata lentezza, come se avesse nutrito il dubbio che, senza preavviso, il familiare spettacolo della sua stanza buia si infrangesse in migliaia di pezzi per rigettarlo in quell’abisso caotico e tetro da cui era appena uscito.
Assicuratosi che, effettivamente, si fosse risvegliato da un altro dei suoi tormentati viaggi onirici, riuscì a rimettersi i piedi e dirigersi verso le imposte per aprirle e lasciare che i raggi del sole, una volta fatto poté constatare che stava albeggiando, andassero a posarsi sulle sue membra, con un effetto sorprendentemente rilassante.
Qualcosa era accaduto quella notte, non riusciva a focalizzarlo con esattezza, vedeva solo spezzoni istantanei che sparivano e apparivano a sprazzi, eppure non sentì il bisogno di maledirli.
Ironico, si ritrovò distrattamente a pensare, che l’unico sogno di quei tempi di cui non conservasse esatta memoria fosse anche l’unico a non aver avuto su di lui un effetto deleterio, quanto piuttosto il contrario.
Osservò per un po’ la sfera luminosa che compiva il suo percorso di ascesi nel cielo, non seppe dire da cosa derivasse quell’improvviso interesse, come se poterla rimirare tutto ad un tratto fosse divenuto un privilegio che aveva rischiato di non possedere più.
Si sentiva rinvigorito, meglio in un certo senso, come se lo stress dei giorni passati fosse svanito in un’ipotetica nube di polvere trasportata via dal vento.
Non seppe perché, ma si ritrovò a sorridere; un sorriso lieve, semplice, eppure se qualcuno avesse potuto vederlo lo avrebbe descritto come radioso e sereno.
Ricordava cos’era accaduto il giorno prima e, anche se difficile da ammettere, quella discussione con Sonic si era rivelata proficua, probabilmente lo avrebbe “ringraziato” nuovamente la prossima volta che l’avrebbe incontrato.
-Ma c’è una cosa che devo fare prima!- dichiarò fermamente, un ordine chiaro, rivolto a se stesso.
Armatosi di un tubetto di colla entrò in bagno, accese la luce e posò lo sguardo sui frammenti sparsi nel lavandino.
Era stato decisamente impulsivo, ma le ferite sulla mano si erano già rimarginate, i vantaggi di una rigenerazione rapida, ma c’era un animo ferito di cui rimettere insieme i cocci.
Decisamente rivedeva se stesso in quello specchio infranto, eppure, in quel frangente, stava riuscendo ad analizzarlo sotto una prospettiva nuova, meno autodistruttiva; già, qualunque cosa fosse accaduta quella notte, lo aveva aiutato a riflettere e rivalutare molte questioni.
Osservò la sua immagine e non poté a fare a meno di pensare che ogni riflesso, per quanto distorto, non fosse una versione diversa di lui, quanto piuttosto un rappresentante di una diversa sfaccettatura del suo essere.
Era sempre lui, in ogni suo aspetto, diversi l’uno dall’altro, ma che insieme creavano Shadow the Hedgehog, doveva solo imparare ad accettarli, a conviverci e valorizzarli.
Maria, dopo tutto, non aveva fatto si che giurasse perché lui era “L’Ultimate Life Form”, ma perché erano amici.
Era stata capace di comprenderlo e accettarlo, era dunque il caso che anche lui imparasse a rispettarsi per com’era.
Prese un frammento e, con un po’ di colla sui bordi scheggiati, lo collegò al pezzo corrispondente.
Ci sarebbe voluto del tempo, non sarebbe stato facile e gli ostacoli non sarebbero mancati, ma avrebbe rimesso insieme i suoi pezzi, compreso tutte le sfumature che lo caratterizzavano e lottato per quello in cui lui credeva.
Quando l’insieme si sarebbe ricongiunto, finalmente avrebbe visto Shadow the Hedgehog nella sua interezza.
-Ora so perché sono qui! Ho fatto una promessa e sono qui per mantenerla!-
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Credetemi, è stato quasi come un parto… quasi, ma c’è l’ho fatta, ho completato questa mini-long di due capitoli dedicata a Shadow.
Non vi dico quanto tempo ho sprecato, certe volte, per trovare le parole giuste per spiegare ciò che volevo trasmettere, tanto è vero che ancora adesso nutro dei dubbi per certe parti che forse avrei potuto fare meglio.
Ma bene o male mi ritengo soddisfatto, ho raggiunto il mio scopo.
Spero quindi che questo mio piccolo tributo al personaggio più complesso del SonicVerse vi sia piaciuto, ovviamente se avete delle critiche non mancate di farmelo sapere, a patto ovviamente che siano costruttive.
Detto questo, vi saluto ragazzi e ragazze.


 
  
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