Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Maggneto    03/03/2017    2 recensioni
Raccolta Riren ambientata nel mondo di Harry Potter.
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1] Quando il Quidditch diventa spiacevole... O forse no. "Potresti allenarti con me, Levi".
2] Quella strana cosa chiamata "The Sims". "Chi diavolo è questo mostro vestito da orso?"
3] Yandere o Tsundere? Part. 1. "Non starai davvero cercando il significato, Levi".
4] Yandere o Tsundere? Part. 2. "Cos'è quel liquido rosso che ti cola dal naso?"
[ENDED]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren, Jaeger, Levi, Ackerman
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Slytherin or Gryffindor?


4.
Yandere o Tsundere?
Part. 2













Quando Eren aveva varcato la soglia della Sala Grande, l'intera scuola aveva tremato.

Aveva tremato letteralmente, però.

Gli studenti erano sobbalzati tutti contemporaneamente, con una simultaneità che fece spaventare persino il preside Pixis – che si supponeva fosse troppo ubriaco, per rendersi conto di ciò che stava accadendo –, e quel gesto aveva fatto letteralmente tremare il pavimento del castello, creando un eco che si diffuse e si amplificò anche nella larga e alta sala dove si trovavano le scale.

O meglio ancora, Eren così aveva vissuto la scena, perché l'unico rumore che riecheggiò davvero nella Sala Grande, e in tutto il castello, fu lo starnuto di Reiner Braun: il suo impeto era stato così forte ed improvviso, che non solo Bertholdt ne era stato travolto, ma anche Annie, Connie e Sasha.

Ovviamente, però, il Grifondoro non calcolò minimamente la rissa che di lì a poco sarebbe scoppiata tra i suoi compagni, troppo concentrato qual era sulle occhiate spaventate che gli altri studenti del castello gli stavano rivolgendo, complici del disastro che sarebbe esploso di lì a breve; perché Eren aveva sentito subito le voci di corridoio, se le era quasi imparate a memoria, per quante volte le aveva fatte ripetere al poveretto di turno che desiderava solo poter spettegolare in santa pace, e per quello si era precipitato come una furia nella Sala Grande, con una velocità disumana ed un impeto tale, da urtare e far volare letteralmente per aria la maggior parte degli abitanti del castello.

Non che lui se ne fosse accorto, dal momento che nella sua mente si era disegnata solo una terribile immagine: Levi vittima di un filtro d'amore.

Aveva immaginato la scena così tante volte, mentre correva verso il luogo dove il Serpeverde si trovava in quel momento, fragile e vulnerabile, che gli sembrava di stare impazzendo: si era infatti dovuto fermare diverse volte con la convinzione di aver intravisto Levi e chi gli aveva somministrato il filtro d'amore in altri luoghi che non fossero quello designato, deluso ogni volta dal fatto che si fosse confuso; si era sentito deluso non perché non aveva visto Levi dichiarare amore a qualcuno che non fosse lui, ma più perché sperava di poterlo incontrare prima, così da poterlo subito liberare dalle grinfie del nemico. Percorreva ogni giorno i piani e i corridoi del castello, ma mai come quel giorno il tragitto dall'aula di Divinazione alla Sala Grande gli era sembrato tanto grande.

Per quella ragione, quando giunse a destinazione, aveva anche il fiatone.

Ma, ovviamente, non vi diede affatto peso: si sarebbe fatto venire un infarto senza problemi, ma solo dopo aver messo al sicuro il suo Levi.

Non avrebbe permesso anche al primo infarto di turno di intromettersi tra lui e il suo ragazzo.

La situazione sembrava essere, tra l'altro, anche peggiore di quanto si aspettasse: Levi era in ginocchio dinanzi alla colpevole di quella disgrazia, non molto lontano dal tavolo dei Serpeverde, mentre sembrava offrire con reverenza alla ragazza una rosa, che Eren non aveva idea da dove provenisse, perché le rose erano l'ultima cosa che si potesse trovare facilmente nel castello.

Quella visione, gli fece venire l'impulso di vomitare.

"Amami, Petra Ral, amami come io amo te, dal profondo del mio cuore" canticchiava la voce stonata di Levi, in perfetto contrasto con le note rude e secche che la caratterizzavano.

Quella voce, quelle parole, fecero venire la pelle d'oca a tutti i presenti, fuorché alla sottoscritta Petra Ral, ragazzina della casata Serpeverde che aveva una cotta stratosferica per Levi, il suo Levi.

E quello lo sapeva tutta la scuola.

Tutta la scuola tranne Eren.

"Posso capire cosa sta succedendo?"

La voce gli era fuoriuscita bassa come un ringhio, mentre a grandi falcate si era avvicinato ai due protagonisti di quella tragedia, uno sguardo tanto aguzzo da fare invidia allo stesso Levi quando camminava per i corridoi con la sua solita aura di morte al seguito. Delle piccole vene gli sporgevano dalle tempie in maniera oscena, i pugni erano stretti lungo i fianchi con tanta forza, da aver fatto sbiancare le nocche, e un fuoco immaginario circondava lo sguardo scuro e il volto tetro che aveva, mettendo in seria discussione le leggi della fisica che provavano con certezza che un essere umano non potesse bruciare viva un'altra persona con la sola forza del pensiero.

In quel momento, Eren era la replica mingherlina e rosea dell'incredibile Hulk.

Non appena vide la figura del ragazzo avvicinarsi incombente alla scena, Petra Ral – diversamente da tutti gli altri studenti che indietreggiarono abbastanza da non rischiare di essere travolti dall'ira funesta del pelide Eren –, lanciò un'occhiata fiera, con tanto di petto gonfio, al Grifondoro, quasi stesse mostrando lui il trofeo che aveva desiderato ottenere da sempre e che finalmente aveva ottenuto.

Senza rendersi conto, però, che quel trofeo apparteneva ad Eren.

"Quello che vedi" cinguettò con un sorriso falsamente angelico, mentre i capelli sembravano brillare più dei suoi occhi.

"Pensi davvero che lui sia innamorato di te ora? Pensi che lui ti appartenga?" domandò con un filo di voce letale Eren, lanciando alla ragazza uno sguardo così carico di elettricità, da far venire la pelle d'oca anche a lei, nonostante fosse fiera del suo operato. "Levi è il mio ragazzo e non sarà di certo un filtro d'amore a portarmelo via".

Tutti sapevano che quel tono di voce non andasse sottovalutato, per quella ragione cercarono di fare cenno alla ragazza di farla finita, di ritirarsi ora che era ancora in tempo.

Ma, per quanto gli studenti stessero cercando di salvarla, il fato certamente non era dalla sua parte.

La persona che prese le sue difese era forse l’unica che non doveva immischiarsi, proprio per non peggiorare la situazione.

“Non minacciare la mia Petra, tu sporco mezzosangue” ringhiò a denti stretti uno stralunato Levi Ackerman, dal suo metro e mezzo di altezza e con il volto sollevato a guardare Eren, quasi come se non lo riconoscesse.

Nessuno sapeva a cosa quell’intervento avrebbe portato e, ciò che accadde, fu del tutto inaspettato.

Eren osservava con gli occhi sgranati il Serpeverde che gli puntava il dito contro con fare accusatorio, avendo già dimenticato l’espressione vittoriosa della ragazza bionda che aveva causato quell’assurda situazione, troppo preso qual era da quella sensazione dolorosa che gli si stava formando in petto. Era sempre stato abituato a provare sensazioni piacevoli, dinanzi a Levi o in sua compagnia, e per quella ragione quel dolore acuto lo colse del tutto alla sprovvista.
Durante una lezione di pozioni, il professore Shadis era stato piuttosto chiaro riguardo i filtri d’amore: i malcapitati che bevevano quel filtro, parlavano e ragionavano per nulla in maniera razionale, in quanto la sostanza annullava la loro volontà e la loro esperienza, solo per creare quella sensazione di desiderio nei confronti di chi la somministrava loro.
Ma, nonostante sapesse questo, Eren sentì alla stessa maniera una lancia trapassargli il petto e centrargli in pieno il cuore, non appena l’insulto di Levi arrivò alle sue orecchie, perché il pensiero che in qualche remoto angolo della sua mente il corvino pensasse davvero che lui fosse uno sporco mezzosangue, gli faceva dannatamente male.

Così male, che fu costretto a stringere i denti e ad afferrarlo per un polso, strascinandoselo dietro con una forza che con lui non aveva mai utilizzato.

“Lo spettacolo è finito, lui viene con me” ringhiò per annunciare cosa quel gesto comportasse, premurandosi anche di lanciare un’occhiata assassina a Petra Ral, prima di abbandonare la Sala Grande. “E tu non osare mai più avvicinarti a Levi, perché la prossima volta non sarò così gentile”.

E pronunciando quelle parole, abbandonò la Sala, lasciandosi alle spalle una sfilza di studenti terrorizzati e la rissa ancora in corso tra Reiner, Annie, Connie e Sasha, riguardante il precedente starnuto del primo.

Levi era molto forte, Eren lo sapeva, ma per quanto cercò di dimenarsi dalla sua presa ferrea, non riuscì a fare nulla contro il passo spedito del Grifondoro, infuriato come non lo aveva mai visto prima.
Sebbene fosse ancora sotto l’effetto devastante del filtro d’amore, tra i pensieri d’amore che dedicava a Petra, filtrava qualche pensiero preoccupato nei confronti del ragazzo: cosa lo aveva turbato al punto da farlo reagire in quel modo?

Eren perdeva molto spesso la calma, finiva molto spesso in risse inutili o in discussioni rumorose che non conducevano a nessun punto serio: non era la prima volta che lo vedeva innervosito o irritato; ma quella volta, in qualche modo, capì che era diverso.
Il suo volto era cupo, lo sguardo aguzzo, le iridi dilatate e scure e il corpo completamente irrigidito; la mano era stretta con così tanta forza intorno al suo polso, che il Serpeverde poté sentire i primi formicolii di quella, che indicavano si stesse addormentando, ma nonostante ciò non osò lamentarsi del dolore.

In qualche modo, capì che Eren non aveva bisogno di quello in quel momento.

Nonostante i pensieri irrazionali che si formavano nella sua mente, smise di opporsi, smise di lamentarsi e si limitò a seguire il ragazzo in silenzio, osservandolo come se, se avesse distolto lo sguardo per un attimo, avesse potuto perdere lo spettacolo più interessante che potesse mai vedere.
Non comprese subito il perché della sensazione piacevole che andò a crearsi nel suo stomaco, ma non la contemplò, anzi: se la godette a pieno, sino a quando Eren non si fermò nel bel mezzo del corridoio del Settimo Piano, sempre piuttosto deserto a quell’ora, dal momento che le lezioni di Divinazione erano terminate per quella prima metà della giornata.
Il Grifondoro spinse il corpo del corvino contro la parete e si premette contro di lui per tenerlo bloccato, una mano ferma sul muro accanto alla sua testa per incatenarlo ed un’altra a sollevargli il mento per incontrare il suo sguardo.

E nello stesso momento in cui Levi incontrò le meravigliose iridi turchesi di Eren, sentì l’effetto del filtro svanire completamente, per lasciare spazio ai sentimenti che provava per il ragazzo.

Ma, soprattutto, ad un sentimento di risentimento che gli creò uno strettissimo nodo alla gola.

Le iridi turchesi di Eren erano molto spesso luminose, soprattutto quando queste guardavano il Serpeverde, ma, in quel momento, erano luminose per ben altre ragioni: delle lacrime imperlavano i suoi occhi, lacrime a tratti trattenute dalle sopracciglia, che ben presto riuscirono a liberarsi e a scivolare lungo le guance che il corvino tanto amava baciare ed accarezzare; si stava mordendo il labbro con forza per non singhiozzare, stava cercando in tutti i modi di darsi un contegno e Levi poté capirlo dal modo in cui le sue dita gli stringevano con forza il mento, come se volessero sfogare le sensazioni sgradevoli che stava provando in quel gesto.

A Levi venne voglia di baciarlo in quello stesso momento, se quel gesto fosse bastato a calmare i suoi nervi e a non farlo più soffrire come stava facendo.

Levi odiava vederlo soffrire.

“Tu… Pensi davvero che io sia uno sporco mezzosangue?” mormorò con voce strozzata, stringendogli ancor di più il mento. “Preferisci davvero lei a me?”

Levi non seppe reagire subito, non perché non conoscesse la risposta a quelle domande, ma perché la visione di Eren che soffriva in quel modo, a causa sua, lo stava letteralmente devastando.
Ma sospirò, mentre lasciava che un piccolo sorriso, uno di quelli che rivolgeva solo al ragazzo, andasse a disegnarsi sul suo volto.
Aveva un sorriso amorevole, mentre sollevava una mano sul suo viso, mentre la poggiava sulle sue guance e con i pollici gli asciugava via le lacrime, e aveva uno sguardo stralunato, questa volta per davvero, mentre guardava il Grifondoro.

“Tu sei l’unico mezzosangue da cui mi lascio toccare in questo modo, Eren” mormorò con voce roca, mentre sporgeva il viso verso il suo per poggiare la fronte su quella del ragazzo. “L’unico mezzosangue che farei mio, l’unico mezzosangue che amo”.

Non diede il tempo ad Eren di rispondere, perché appena un attimo dopo, premette le proprie labbra sulle sue, le accarezzò con la propria lingua, le schiuse e lasciò che queste potessero fondersi, come erano solite fare, come amava facessero.
Il Grifondoro accettò di buon grado quel gesto, sebbene in un primo momento fosse stato colto alla sprovvista, e lasciò che la mano che teneva stretto il mento dell’altro, andasse a circondargli le spalle, mentre Levi gli portava le braccia al collo, una mano ad accarezzargli i capelli dietro la nuca. Il Serpeverde amava la sensazione dei capelli morbidi del moro tra le sue dita, adorava accarezzarli, anche quando se ne stavano seduti insieme nei cortili, Eren con la testa sulle sue gambe e lui con il busto poggiato ad un tronco, e non si privò di quella sensazione piacevole nemmeno quella volta. I loro baci risultavano sempre scontrosi, passionali, le loro lingue si inseguivano in una lotta per il dominio che il Grifondoro lasciava sempre vincere a Levi e, una volta ottenuta quella vittoria, lo stesso non lasciava inesplorato nemmeno il più piccolo lembo della bocca del suo ragazzo: amava sentire il suo calore, il suo sapore, la sua morbidezza e quando le loro lingue si intrecciavano, sentiva sempre un calore accendersi nel suo petto e subito dopo guizzare nel basso ventre, dove dei brividi adrenalinici lo spingevano a premersi contro il corpo del moro, a spingere il proprio bacino contro il suo. Quando ciò accadeva, Eren mugolava sempre contro le sue labbra e lo fece anche quella volta: un suono piacevole si librò nell’aria e Levi desiderò solo poterne sentire degli altri.

Per quella ragione, con un colpo di bacino più forte dei precedenti, ribaltò la situazione e spinse il corpo del Grifondoro contro la parete, mentre lui lo teneva bloccato contro questo con il proprio corpo.

Lasciò che una mano percorresse il suo petto da sopra il tessuto della divisa, permise alle sue dita di tastare i muscoli appena più accennati del dovuto del ragazzo, che nonostante fosse magro, risultava piuttosto ben piazzato; sospirò contro le labbra del ragazzo in un gesto di apprezzamento, quando si spinse nuovamente contro il suo bacino e constatò che anche egli aveva un principio di erezione, esattamente come lui.
Eren mugolò ancora, portando entrambe le mani alle sue spalle quasi volesse aggrapparsi a queste e strinse le dita con tanta intensità, da far credere a Levi di avergli graffiato la pelle.

Non seppe subito se fosse davvero così, ma in quel momento nemmeno gli interessava.

Tutto ciò su cui era concentrato, erano solo i suoni gradevoli che il suo ragazzo emetteva, i mugolii di piacere che rilasciava, bassi e rochi come piacevano a lui, e continuò a spingere il proprio bacino contro il suo, per far sì che potesse crearsi una frizione tra le loro erezioni, che si sfregavano tra loro al di sopra dei tessuti. Quando Levi percepì chiaramente il membro duro di Eren premere contro il proprio, rilasciò un mugolio basso di piacere, mugolio che andò ad infrangersi contro le labbra del Grifondoro, rosse e gonfie per i baci che continuavano a scambiarsi. Gli morse il labbro inferiore con i denti, lo tirò verso di sé e lo sfregò per farlo arrossare maggiormente, perché adorava vedere il suo ragazzo devastato in quel modo, con le labbra gonfie, le guance rosee, gli occhi lucidi; si beò della vista di quell’Eren travolto dal piacere anche quella volta e si dannò solo perché non potevano andare propriamente a fondo.

Per quella volta, doveva accontentarsi di quello.

Levi” esalò il moro con un filo di voce roca, spezzata dal piacere che il contatto con il membro dell’altro gli stava dando.

“Sì?” provò a rispondere il Serpeverde, mentre le spinte con il bacino proseguivano con maggiore intensità, assecondate da Eren che prese ad ondeggiare i fianchi per andargli incontro, per far sì che i loro membri potessero sfregarsi con più intensità, potessero darsi piacere con più passionalità.

Rilasciò un gemito basso di piacere, nel sentire una scossa più forte crearsi nel basso ventre e poi andare a concentrarsi nella sua erezione, in quel momento pulsante, e sporse leggermente il capo all’indietro, poggiandolo alla parete mentre teneva le palpebre chiuse e le labbra socchiuse, il fiato che man mano diveniva sempre più affaticato. “Voglio sentirti dentro di me, Levi, questo non mi basta” sussurrò ancora. “Voglio sentirti mio e voglio sentirmi tuo”.

Alla stessa maniera, Levi percepì un brivido di piacere più forte concentrarsi nella propria erezione, non appena udì quelle parole, e ringhiò perché anche lui desiderava che quello potesse accadere.

Tu sei mio, Eren” esalò con voce roca, mentre avvicinava le labbra all’incavo della sua mascella e afferrava tra i denti un lembo di pelle, esattamente come aveva fatto con le sue labbra poco prima.

Torturò anche quel lembo di pelle, lo succhiò e lo lappò con la lingua per inumidirlo e si fermò solo quando fu certo che un livido si sarebbe formato, un livido piuttosto visibile che avrebbe fatto compagnia alla pelle già arrossata.
E il sentire i gemiti bassi del suo ragazzo inseguire i propri e le spinte che univano i loro bacini, separati solo dagli indumenti, fece sì che entrambi potessero raggiungere un climax di piacere che gli fece raggiungere l’orgasmo, rilasciando tutto ciò che le loro erezioni avevano trattenuto sino a quel momento.

Levi detestava certamente gli indumenti sporchi, ma, in quel momento, non gli importava minimamente delle condizioni in cui versava.

Ciò che importava, era il fiatone che lui ed Eren condividevano, le sensazioni piacevoli che avevano appena affrontato insieme, il modo in cui Levi poggiò la sua fronte sul petto ansante del suo ragazzo, coperto dalla divisa che ora era del tutto disordinata.

Eren aveva un respiro pesante, ma nonostante stesse ancora ansimando per l’orgasmo appena raggiunto, portò entrambe le braccia a circondare il corpo di Levi e a stringerlo a sé possessivamente, per poi sussurrare tra i suoi capelli. “Ti amo anche io, Levi”.

Sul petto di Eren, mentre teneva le palpebre chiuse per riprendersi dalla sensazione piacevole che ancora gli faceva tremare il corpo, Levi sorrise.

Perché quelle parole gli diedero ancora più piacere di quello fisico appena raggiunto.






















Dopo l’episodio del filtro d’amore, Eren era cambiato del tutto.

Tutti sapevano quanto fosse spaventoso e protettivo nei riguardi di Levi, ma dal quel giorno, la situazione peggiorò drasticamente: non appena compariva il Serpeverde, il moro si trasformava in un vero e proprio angelo, ma appena quello si allontanava, fulminava con lo sguardo chiunque provasse a guardarlo anche solo per sbaglio.

La situazione non era certamente delle migliori, ma più che spaventare l’intero castello, quella questione lo divertiva.

Petra Ral, da quel giorno, non aveva più avuto il coraggio di avvicinarsi a Levi e Jean Kirschtein continuava a piangere a causa dei suoi amori sfortunati.

Che poi di amori non ve ne erano, ma quella era un’altra storia.

Quella principale, quella volta, riguardava suddetto Jean Kirschtein mentre inciampava.

Le voci che girarono per il castello, per le seguenti settimane, parlavano del Grifondoro equino che inciampò per sbaglio in una nocciolina, mentre reggeva il contenitore del ketchup e, per sbaglio, spremette tutto il liquido sulla divisa di un altro Grifondoro, un Grifondoro con il quale non andava proprio d’accordo: Eren Jaeger.
Il ketchup andò a compensare il fatto che Eren stesse perdendo sangue dal naso, troppo impegnato qual era a sognare ad occhi aperti e a rivivere il rapporto sessuale con indosso i vestiti che aveva avuto con il suo ragazzo qualche giorno prima: infatti, fu solo perché quel piccolo inconveniente faceva passare in secondo piano il sangue che gli colava dal naso, che il moro non fece a pezzi Jean sul posto.

In fondo, doveva essergli grato per avergli fornito una copertura.

Ma ciò che davvero rendeva la storia assurda, era che nello stesso momento in cui Jean inciampò e spremette il contenuto della bottiglietta di ketchup addosso ad Eren, Reiner starnutò nuovamente, facendo spaventare Sasha che per sbaglio batté la testa contro il tavolo e si ferì e, sempre nello stesso momento, Levi varcò la soglia della Sala Grande e assistette solo alla scena finale che venne a crearsi.
Considerando che Sasha era seduta accanto ad Eren e che Jean era per metà sul tavolo e per metà sul pavimento, in bilico per chi sapeva quale legge della fisica, la scena suggeriva che Eren avesse fatto loro male, dal momento che era coperto di liquido rosso.

E quella scena accese una lampadina inevitabile nella testa di Levi, che però doveva avere delle conferme, prima di sparare qualsiasi sentenza.

Ecco perché pose la fatidica domanda.

“Cos’è quel liquido rosso che ti cola dal naso?”

Eren non poté rispondere, semplicemente arrossì e scappò prima che il corvino potesse rendersi conto della realtà dei fatti, ignaro dell’ambiguità delle sue azioni e del quadro che si era creato in quel momento.

Ma, soprattutto, ignaro della conclusione a cui Levi era giunto.

Perché nel vedere quella scena e nel considerare anche come si era comportato nelle ultime settimane, il Serpeverde capì che Eren era uno yandere.
E doveva ammettere a se stesso che la cosa non gli dispiaceva poi così tanto.

Levi non seppe mai che quella supposizione era forse la più errata a cui potesse giungere, così come non venne mai a conoscenza dell’esito dell’ennesima rissa tra Sasha e Reiner, a causa del fatto che, nel ferirsi, Sasha aveva rovesciato sul pavimento il suo piatto di purè di patate: e tutti sapevano che non bisognava mai separare Sasha Blouse dal cibo.

Le voci, semplicemente, avevano narrato che ai pianti di Jean Kirschtein provenienti dal bagno dei prefetti, se ne erano aggiunti degli altri, più bruschi e rumorosi: quelli di Reiner Braun.

E fu così che una nuova amicizia iniziò e che Marco Bodt smarrì completamente la sua vita sociale e scolastica, per sempre bloccato in quel bagno.

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Sì, sono tornata con l'ennesimo aborto demenziale solo per infastidirvi deliziarvi!

E con questo, la mini-serie "Yandere o Tsundere?" si conclude qui: diversamente da come avevo pensato, i pensieri di Levi sono ridotti solo alla fine, ma questo è scaturito dal fatto che l'idea originale non riuscivo proprio a scriverla... Allora ho preferito cambiare un po' e alla fine ce l'ho fatta!

Ormai ho preso una particolare passione nell'inserire a caso personaggi che fanno cose demenziali e prossimamente inserirò anche delle shot con coppie come Marco x Freedom o Reiner x Starnuto, perché vanno inserite e perché potrei scriverci delle pagine di diario e andare avanti all'infinito, se solo volessi... Giusto per farvi capire fin dove arriva il livello di demenzialità.

Anche questa volta, spero che quest'altra piccola shot possa avervi fatto almeno sorridere e che ne apprezzerete la lettura; vi voglio ringraziare proprio per i complimenti che ho ricevuto e tutti i commenti, ma voglio ringraziare anche i lettori silenziosi e chiunque si rilassi almeno un po' nel leggere questa raccolta: alla fine, il mio scopo è quello e se so che arriva a buon fine, può solo farmi piacere
!

See you soon con il prossimo aborto,
 

Maggneto.

  
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