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Autore: Clitemnestra    04/03/2017    0 recensioni
Pochi giorni prima delle Idi di marzo erano apparsi strane scritte per Roma. “Bruto sei sveglio?” recitavano alcune, “Bruto, tu non sei Bruto” altre, “Ah se Bruto fosse qui” altre ancora; accompagnate quando fosse disponibile più spazio da due figure; una chinata e l’altra alle sue spalle, che lo sovrastava con una daga in mano.
Era possibile intuire chi fossero quei personaggi, e chi avesse ordinato la loro esecuzione sui muri; eppure, raccontano le fonti, nessun prevedimento fu preso.
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Dopo un lungo periodo di assenza, eccomi di nuovo con una storia su Bruto e Cesare (stranamente)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Pochi giorni prima delle Idi di marzo erano apparsi strane scritte per Roma. “Bruto sei sveglio?” recitavano alcune, “Bruto, tu non sei Bruto” altre, “Ah se Bruto fosse qui” altre ancora; accompagnate quando fosse disponibile  più spazio da due figure; una chinata e l’altra alle sue spalle, che lo sovrastava con una daga in mano.
Era possibile intuire chi fossero quei personaggi, e chi avesse ordinato la loro esecuzione sui muri; eppure, raccontano le fonti, nessun prevedimento fu preso.

Casa di Caio Giulio Cesare, Tablinum
E’ sera, due uomini, seduti.  Hanno delle coppe di vino in mano


Cesare: Mi fa piacere che tu sia riuscito a trovare un po’ di tempo per me.
Bruto: Ho sempre tempo per i miei amici, Cesare
Cesare: Anche per quelli vecchi e decrepiti come me- sorride.
Bruto: Tu non sei vecchio Cesare, né decrepito. Anzi sei grande, grandissimo come non lo sei mai stato.
Cesare: Non adularmi, ragazzo, ho sempre odiato gli adulatori e tu non sei uno tra quelli. La verità è che io sono vecchio. Ho l’età di mio padre quando morì, e dovevi vederlo, lui, sì, che era vecchio: sembrava lo spettro di se stesso. Mio padre, che era sempre stato un uomo vigoroso e forte, rannicchiato lì tra le coperte e impallidito dalla febbre.
Bruto: Non ho avuto mai l’onore di vedere un uomo morire di febbre.
Cesare: E non te lo auguro. E’ come se il corpo si irrigidisse; è caldo, lo vedi sudare ma rabbrividisce anche per il soffio di un respiro. Prima di morire, mio padre mi ha guardato; aveva gli occhi lucidi e il fiato pesante, come se avesse  corso per un intero stadio. Mi ha guardato e mi ha detto:” Ma tu sei mio padre o mio figlio?”- beve un sorso di vino –La febbre gli aveva sconvolto la mente.
Bruto: Mi dispiace, Cesare.
Cesare: Non dispiacerti, ragazzo, non è colpa tua. Sai ultimamente ripenso spesso a mio padre: ai suoi occhi, alle sue parole, alla sua pelle. Lo sogno la notte.
Bruto: E con questo?
Cesare: La morte mi sta accanto, ragazzo mio. La sento con quelle sue mani intorno alla gola.
Vercingetorige mi disse che per lui la morte era un ramo secco che si spezza dall’albero ,così mi disse, ma per me la morte è il gelo innevato della Britannia o le sabbie soffocanti dell’Africa.
Bruto: Se per caso ti riferisci ai graffiti apparsi ieri sera, sappi che io non c’entro nulla.
Cesare: Lo so, ragazzo mio, tranquillo –sorride- Non penserei mai una cosa del genere. Anche se devo ammettere che mi ha colpito vedere quella misera figuretta che mi ritraeva coperta di sangue ai tuoi piedi. E’ il nostro privilegio, credo, non vederci da morti; non vedere questo misero involucro, che è stato il nostro rifugio, dissolversi negli ultimi attimi di una agonia.
Nessuno vive per sempre, ragazzo, è l’unica certezza che c’è concessa. Forse sopravvivrà il nostro nome, ma non sapremo mai come lo mormoreranno i posteri? Sarò Cesare il Grande?Cesare il Conquistatore o Cesare il Tiranno? Chi racconterà di me quando Roma cadrà nella polvere.
Bruto: Roma non cadrà mai.
Cesare: Niente dura per sempre; tu più di tutti dovresti saperlo. Non è stato forse il tuo antenato, Bruto il Vecchio a scacciare i Tarquini e a mettere fine alla monarchia?
Bruto: Si, Cesare.
Cesare: E non credi forse che Tullio Ostilio, il terzo Re di Roma, non credesse che la monarchia sarebbe durata per sempre?
Bruto: Lo credo.
Cesare: E allora perché non Roma?
Bruto: Perché se cade Roma, cade il mondo.
Cesare: No, non credo proprio. Vedi la cosa importante non è che Roma duri per sempre, quello è un dettaglio quasi irrilevante, la cosa più importante è che Roma sia stata, che sia esista, che abbia lasciato un solco nella storia. –sorride –Vedo dalla tua espressione che non hai capito?
Bruto: Non proprio,  Cesare
Cesare: Non importa –beve un sorso di vino-Capirai con il tempo. Questa sera le stelle sono particolarmente belle, non trovi?
Bruto: Meravigliose.
Cesare: Si vede che non ti interessa–ride –Sei sempre stato uno a cui non sono mai interessate queste cose. Sei sempre stato uno con i piedi per terra. Ma fidati, le stelle sono veramente meravigliose, rischiarano queste tenebre. Sai che ho ancora paura del buio?
Bruto:Tu hai paura del buio?
Cesare:Si, ragazzo. Il Grande Cesare ha paura del buio, teme sempre che ci sia qualcosa, qualcosa pronto a nuocergli, a ferirlo, a torturarlo. Teme che ci sia ad aspettarlo la morte.
Bruto: Stai ancora parlando di quelle scritte?
Cesare: No, ragazzo mio, tranquillizza il tuo animo. Non ho intenzione di prendere provvedimenti per le immagini mute.
Bruto: Grazie, Cesare
Cesare: Non ringraziarmi, io non ho fatto nulla. Sei tu che hai paura di tracce di colore su una parete.
Bruto: Eppure gli antichi credevano che in un’immagine fosse racchiuso persino il destino di una persona
Cesare: E allora?
Bruto: Niente, dicevo.
Cesare: Bene.-beve un sorso di vino- Come vanno le cose tra te e Porzia?
Bruto: Bene, molto bene. Stiamo provando ad avere un figlio; non che Lucio non mi dia soddisfazioni . Ma vorrei  avere un figlio mio, con il mio stesso sangue, che mi chiami “padre”.
Cesare: Ti capisco: anche io avrei voluto un figlio. Calpurnia non può averne e penso che non ne voglia più ormai. Cesarione, invece, non lo sento nemmeno più mio: sua madre lo nutre con latte egiziano, lo veste come un egiziano e lo educa come un egiziano  .
Bruto: E Giulia?
Cesare: Giulia non era niente. Una pedina, ecco cosa era: una pedina in un gioco più grande di lei.
Bruto: Quale gioco?
Cesare: Parlami di Cassio, ragazzo mio, cosa sta facendo? Cosa sta architettando  quella sua mente contorta?
Bruto: Non lo so, Cesare.
Cesare: E’ tuo cognato, dovresti saperlo.
Bruto: Posso giurarti sugli dei che non lo so.
Cesare: E’ un uomo pericoloso, ragazzo mio, stagli lontano. Adula di giorno e ringhia di notte, come un cane randagio.
Bruto: Sei ingiusto con lui.
Cesare: Forse ma l’esperienza mi ha insegnato a essere prudente. Come tuo zio; anche se la Storia è stata insensibile alla sua prudenza .
Bruto: Che vuoi dire?
Cesare: Siamo gente piccola, ragazzo mio, le nostre menti sono ottenebrate dal desiderio di potere. Non c’è nessuno, né  a Roma, né in nessun altra provincia, così onorevole da meritare rispetto. Per questo i Romani si scannano come bestie e desiderano sempre il peggio per loro stessi e per i loro figli. –beve un sorso di vino- Non c’è più rispetto! Tuo zio Catone era il sole in questa fangosa città
Bruto: Non riesco a credere che tu stia dicendo queste cose.
Cesare: Non prendermi in giro, ragazzo, sono vecchio ma non stupido. Sai benissimo quanto rispettavo tuo zio.
Bruto: E quel libro allora? L’Anticato?
Cesare: Politica, solo politica. Ho sempre ammirato Catone e la sua famiglia: questa conversazione ne è una prova. –beve un sorso di vino –Quando mi comunicarono che era morto piansi . Ho pianto poche volte nella mia vita, ma quel giorno piansi come non avevo mai fatto. Rimasi  sulla porta a guardare il corpo di quell’enorme uomo finché i servi non lo portarono via. E quando lo vidi sfilare, durante  il corteo funebre, davanti a me e davanti a tutto il senato, che lo seguiva muto, ho pensato: “Gli ho messo così tanta paura che ha preferito uccidersi?”
E’ triste sapere il tuo nemico morto, ti lascia addosso un senso di vuoto che ti divora e ti inghiottisce.
Bruto: E Pompeo?
Cesare: Nella Storia c’è posto solo per i vincitori e per coloro che l’hanno cambiata; Pompeo non era fra questi. Pompeo non merita né odio né violenza, solo mancanza di rispetto.
Bruto: E tutte le guerre civili allora? Tutto quel sangue versato, a cosa è servito?
Cesare: A incutere timore. Perché in assenza di rispetto solo il timore può mantenere l’ordine.
Bruto: Quale timore?
Cesare: Il timore che io, una volta tornato a Roma, potessi fare tutto ciò che volevo: falciare i miei nemici, come fece Silla, oppure come voleva fare Catilina, che fallì miseramente.
Bruto: Ma non l’hai fatto
Cesare: Ma avrei potuto, e posso ancora farlo. Così Roma vive in un muto silenzio di paura e si consegna ogni giorno sempre di più nelle mie mani.
Bruto: Ma Roma è una repubblica, è in mano ai senatori!
Cesare : Davvero? Chiedi a un qualunque plebeo chi governa Roma e lui ti risponderà Caio Giulio Cesare.
Bruto: Ma i plebei non sanno, non capiscono !
Cesare:  Ma sono loro la voce di Roma. Oppure credi che sia il marmo bianco del Senato?
Bruto: No, Cesare
Cesare: Visto?  Protino! Portami altro vino! E’ una delle poche gioie dell’Oriente, il vino: e’ così dolce e succoso.  Ma dov’è andato quello screanzato di Protino?
Bruto: Più dolce di Cleopatra?
Cesare: Diffida delle apparenze –ride- quella donna è una serpe! Eccezionale, certo , ma pur sempre serpe.
Bruto: Allora perché l’hai portata qui, a Roma?
Cesare: Il vezzo di un vecchio: mostrare ad altri vecchi che è riuscito a conquistare una donna bella come Cleopatra. Tu sei giovane, ancora, non puoi capire.
Bruto: No, forse no.
Cesare: La tua espressione si è rabbuiata: cosa ti succede?
Bruto: Nulla.
Cesare: Ti conosco bene, ragazzo mio.
Bruto: Ti giuro che sto bene.
Cesare: Non sei capace a mentire, proprio come tua madre. Ma non importa: se non vuoi dirmelo, va bene, rispetto il tuo silenzio.
Bruto: Grazie Cesare
Cesare: Figurati. Ma voglio  rivelarti un segreto, ragazzo, un segreto che non devi  rivelare a nessuno, nemmeno a tua moglie, né tanto meno a Cassio.
Bruto: Dimmi
Cesare: Sono io l’ago che divide Roma dall’anarchia totale  e dall’autodistruzione.
Ma sono vecchio e devo pensare presto a un successore  che possa ricoprire il mio ruolo e che preservi la mia memoria quando non ci sarò più, non come successe a Silla.
Bruto: Temi di assomigliare a Silla?
Cesare: Più di ogni altra cosa. In particolare temo di morire come morì lui: colto da una freccia Diana nella  vasca da bagno, circondato da eunuchi e adulatori. Io sono un soldato, per Giove!  
A volte invidio la forza di tuo zio nel togliersi la vita e vorrei così tanto avere la capacità di imitarlo.
Bruto: Vuoi ucciderti?
Cesare: No, certo che no.  Sono ancora altruisticamente attaccato alla vita.
Bruto: Altruisticamente?
Cesare: Te l’ho detto : vivo solo per il bene di Roma
Bruto: Anch’io
Cesare: E allora, caro ragazzo mio, non potremmo essere più in disaccordo.

15 marzo, 44 a.C.
E’ compiuto.
Ciò che si temeva è stato realizzato.
Roma è nel caos, i senatori scappano da ogni parte, i cesariani sono dispersi e i congiurati sono asserragliati in Senato.
Cesare è morto.

 





 
  
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