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Autore: nals    06/03/2017    1 recensioni
La verità è un poco infida, alla fine.
Gironzola intorno con fare distratto, pianta qualche indizio qua e là senza atteggiarsi troppo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James Potter, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James Potter/Sirius Black, Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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La verità è umida e brucia.
Come la lingua di James, quelle mani ancorate ai fianchi stretti, la sigaretta sfiammata con urgenza, e il buio, e la cenere e... porco Merlino.

La verità è un poco infida, alla fine.
Gironzola intorno con fare distratto, pianta qualche indizio qua e là senza atteggiarsi troppo; occulta, dissimula addirittura, alla fine ammicca con disinvoltura e poi BOOM. Uno Schiantesimo in piena faccia. Tipo il contenuto del calderone di Codaliscia a infradiciare le leggiadre donzelle al banco davanti, da capo a piedi.
Ma non Sirius.
Ha degli ottimi riflessi il buon Black, velocissimi. Quel Protego non l'ha neanche sillabato. La sensazione che la melma lo ricopra per intero però permane, ne sente il peso e il puzzo addosso, a inzuppare le fibre e la carne. Eppure, eppure c'è dell'assurdo considerando manchi la componente corporea, la materia in sé.
Trattasi più che altro d'una fodera gravosa, asfissiante ma, appunto, fantomatica. Dita uncinate serrate attorno ai polmoni, tipo. Ché è fisiologico quasi chiedersi quanto sia possibile serrare un polmone. Un polmone, per Morgana. Che poi l'aria la si inspira eccome, ma d'andar giù non ne vuol sapere, s'ingolfa lì all'altezza dello sterno, poco più in basso della linea delle clavicole e brucia e… dannazione. La verità è la lingua di James ficcata nella bocca della Evans e la luna e il mondo e lui che guarda.
Lui che si trascina via con lo sguardo allucinato di chi forse vorrebbe capir meglio o semplicemente aver conferma d'essersi sognato tutto: quelle stesse braccia là a stringerlo forte due notti fa.
C'è troppo troppo spazio che avanza, ora.
Gli spigoli disegnati dai gomiti non circondano niente, pensa Sirius, ispirando finalmente una boccata d'aria fresca.
La Evans è solo ossa.

 

 

S'è svegliato al freddo, Remus.
Le coltri quasi interamente riverse sul pavimento, un fascio di luce velata proiettato a qualche centimetro dalle pantofole sbrindellate.
L'immagine d'un cagnone nero, fiero e scodinzolante gli si è composta in testa, nitida. Istintivamente s'è voltato in direzione del baldacchino di fronte e, avendolo scoperto vuoto, in virtù dello stesso riflesso autonomo, ha rotolato su di un fianco e puntato lo sguardo sul letto accanto al suo. Del corpo addormentato di James, approssimativamente riconducibile a un bozzolo caotico di lenzuola, Remus è riuscito a distinguere un braccio penzoloni e ciuffi di capelli nerissimi.
Cattivo, cattivissimo segno.
Un paio di movimenti di bacchetta ed era già vestito, la mappa del malandrino – disseppellita in un lampo – ben nascosta in tasca e via: alla ricerca
del cucciolo perduto.
Pensandoci, la pazienza rientrava tra i pochi rari doni positivi che la licantropia gli era costata.

 

 

“Sirius”
Alla fine l'ha trovato, Remus, in una delle aulee inutilizzate del quinto piano: lo sguardo puntato in alto come se ci fosse chissà cosa d'interessante impigliato nelle piaghe del penzolante drappo carminio.
“Sirius”
Ti prego.
“Remus” sussurra finalmente l'altro continuando quel suo contemplare l'indefinibile.
E Remus sospira, sconsolato.
È uno di quei momenti.
Di quelli che materializzano il suo migliore amico ad anni luce di distanza, senza che Sirius si sia spostato fisicamente d'un centimetro.
È come se si barricasse in un fortino ben edificato, foderato della sua insofferenza, rivestito di malessere ed insonorizzato dalla crosta superficiale: l'odiosa indifferenza.
Funziona così con Sirius. È sempre complicato scegliere tra il prenderlo a schiantesimi o buttarglisi addosso, stringerlo e non lasciarlo andare. Mai.
Complicatissimo.
Saranno passati dieci minuti e Remus non s'è mosso d'un centrimetro. È impalato sulla soglia, le guance arrossate dal freddo, le mani serrate in tasca.
“Sirius”, mormora ancora, in un soffio.
L'altro sbuffa una mezza risata e si stravacca sulla sedia, ruotando il viso nella sua direzione e facendo mostra d'un ghigno di quelli suoi.
“Ti sei inceppato, Remmy?”
La risata di Padfoot è un fiotto di calore in petto; non che Remus sia così ingenuo da credere si tratti d'un riso sincero ma è pur qualcosa.
“Che bellezza, pensavo t'avessero pietrificato” biascica assecondandolo in quel teatrino che a quanto pare Sirius non ha alcuna intenzione di tenere in piedi a lungo.
Il tempo di accennare un altro sorrisino ed il suo sguardo è già altrove.
Per quanto gli costi ammetterlo, Remus preferirebbe di gran lunga il pavoneggiarsi di cui Pad avrebbe fatto mostra in situazioni simili – mai, mai sminuire le mirabolanti capacità magiche d'un Black – a... quello.
Oh, Sirius.
Potrebbe scervellarsi, Remus, metter in piedi una qualche strategia, abbozzare un piano, ma quel genere di cose non rientra tra le sue priorità tanto meno nella sua indole.
Di fatto si limita ad appellare gli appunti d'incantesimi e ad accovacciarsi lì di fianco, a qualche metro di distanza.
Parlare sarebbe inutile adesso, lo sa bene.
Ormai Padfoot è come un libro di Difesa contro le arti oscure.
Remus saprebbe citarne a memoria ogni singola definizione, recitarne con sicurezza le note introduttive e l'indice, persino.
Conosce con esattezza le pagine da trattare con più delicatezza onde evitare di strapparle via - la rilegatura ha un po' ceduto con gli anni – o quelle rese poco leggibili dagli scarabocchi che quei due si diverton tanto a lasciargli ovunque.
Parlare sarebbe inutile adesso: Sirius si rifiuterebbe di ascoltarlo, di accettare qualsiasi prospettiva alternativa alla propria, finirebbe col ridergli in faccia o mandarlo al diavolo.
Non ha bisogno di nulla se non di catalogare quei pensieri che rischiano di esplodergli in testa e farci pace, rinchiuderli in un cassetto dopo averli sbrigliati uno ad uno. Ha bisogno di un'ala, anche.
Di qualcuno che ne monitori ogni movimento assicurandosi che quella sua impulsività non si traduca in scelte improbabili e pericolose. È questo che cerca di fare, Remus: restargli ad una spanna, coglierne la frequenza dei respiri, pronto ad afferrargli un polso e stringerlo forte se necessario, pur rischiando di beccarsi uno schiantesimo in faccia.
E allora Remus aspetta.
È diventato bravissimo ad aspettare. (cit!)

 

“Consegna la mappa a chi sa leggerla, lupastro da quattro soldi. Andiamo a far razzie nelle cucine ché sto morendo di fame.”
Sirius scatta su all'improvviso, stiracchiandosi in maniera ben poco discreta.
Eccolo qua.
“Su, su! Alza il culo, Remmy. Ho fame. Sto morendo. Vuoi avermi sulla coscienza, eh, Remmy? EH?”
“Merlino, piantala!” biascica l'altro trattenendo a stento un sorriso che definir sereno sarebbe poco “Andiamo!”
E James?
È il primo pensiero a sfiorargli la mente, ma Remus non ci pensa nemmeno a sillabarlo ad alta voce.
Perché Remus sa, sa sempre tutto. Le parole non servono quasi mai.
Il saper osservare con attenzione, cogliere il particolare, la minuzia dal ricamo è un'altra delle qualità acquisite che ha imparato col tempo ad apprezzare.
Ad esser sinceri il pensiero d'aver frainteso la direzionalità del causa-effetto gli è balenato un paio di volte in testa. Chissà che quella capacità di recepire dal solo sguardo non abbia contribuito, invece, a farcire d'umanità la sua bestia.
E James, Sirius?
Lasciamolo lì dov'è, va bene?
In uno di quei cassetti ché il cuore è ancora forte nonostante non sia messo poi così bene.

 

 

La verità è un poco infida, alla fine.
Gironzola intorno con fare distratto, pianta qualche indizio qua e là senza atteggiarsi troppo e poi BOOM.
Ma talvolta pur di proteggere un po' della propria integrità è meglio lasciarla lì dove sta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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