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Autore: Starishadow    07/03/2017    6 recensioni
AU- Otabek é un vigile del fuoco, e in occasione dell'uscita del film "50 sfumature di nero" é ormai abituato a intervenire in soccorso di coppie curiose ma inesperte che si trovano incastrate in situazioni scomode. Quello che non si aspetta, peró, é di trovarsi ad aiutare una coppia a lui fin troppo nota...
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Bondage
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Negli ultimi tempi, il dipartimento dei vigili del fuoco della città era stato sommerso da una serie di chiamate e costretto ad un intervento immediato.
Che ci fosse un piromane a piede libero?
No, ma se qualcuno l'avesse chiesto agli uomini impegnati a rispondere a quelle richieste d'aiuto, quelli avrebbero risposto che l'avrebbero preferito.
Il problema della città era ricollegabile a un semplice titolo: 50 sfumature di nero.
C'erano già passati anni prima, con l'uscita dei libri e del primo film, ma col passare del tempo, gli uomini e le donne dediti al soccorso della popolazione avevano abbassato la guardia, dimenticando di cos'erano capaci certe persone sotto certi influssi.
E così, quando giunse la prima telefonata in cui una donna piangeva "per favore, aiutatemi! Mio marito... È-È bloccato a letto... Non riesco a togliergli le manette" , la centralinista che aveva risposto dovette fare del suo meglio per non scoppiare a ridere e imprecare allo stesso tempo, mentre rassicurava la donna e prompresto l'arrivo dei soccorsi. "Ragazzi", aveva comunicato poi alla squadra pronta a intervenire. "È di nuovo quella parte dell'anno".
I membri più anziani avevano grugnito esasperati, mentre i più giovani e - nel caso di molti - appena arrivati si erano guardati intorno confusi, non sapendo a cosa stavano per andare incontro.
Fra tali nuovi arrivati c'era Otabek Altin, fino a quel momento impegnato nel dipartimento di Almaty ma ora trasferito a quello di Mosca.
Il ragazzo non aveva avuto molto da obiettare a tale trasferimento, a onor del vero, dal momento che gli aveva dato la scusa perfetta per trasferirsi a casa del suo ragazzo, Yuri Plisetsky, giovane promessa del pattinaggio sul ghiaccio e figlio adottivo di due ex campioni della stessa disciplina, Victor Nikiforov e Yuuri Katsuki.
Ad Otabek, per il momento, era successo più di una volta di dover intervenire a salvare una coppia in situazioni imbarazzanti, con suo sommo disagio, dato che Otabek era una di quelle persone riservate e rispettose che di certo non trovano divertente avere di fronte uomini o donne nudi, legati al letto nei modi più fantasiosi, solitamente più imbarazzati di lui.
Il fatto che si comportasse in maniera totalmente distaccata e professionale, purtroppo per lui, fu la sua rovina: ben presto intervenire in tali situazioni sarebbe diventata praticamente la sua specializzazione.
Yuri, al quale raccontava le sue esperienze una volta tornato a casa, standosene raggomitolato con lui sul divano, premendo il viso paonazzo contro la sua spalla, trovava la cosa tremendamente divertente, e aveva promesso più di una volta di farsi trovare anche lui in quello stato una di quelle sere.
"Non provarci, Yura... Verrei a liberarti e compilerei il verbale prima ancora di realizzare cosa sta succedendo. Grazie al resto del mondo, quella cosa ha perso il suo fascino", aveva sospirato una volta, sconsolato.
Per fortuna, il suo compagno sapeva farsi venire in mente altri modi per divertirsi, metodi che non richiedessero corde o manette, ma ugualmente fantasiosi.
Otabek aveva ancora il vago timore che stesse progettando di ammanettarsi al letto e chiamare davvero il distretto per il puro gusto di mandarlo in crisi, ma per il momento tale possibilità sembrava restare solo nella sua mente.

"Oh, Beka?", disse Yuri una sera, come ricordandosi qualcosa all'improvviso mentre finiva di lavare i piatti della cena.
"Mh?".
"Questo sabato i miei ci hanno invitati a cena a casa loro, hanno deciso che è ora di conoscerti", sbuffò l'altro, sciacquando un bicchiere con un po' troppa foga e facendosi finire dell'acqua sulla vecchia felpa - un tempo di Otabek - che indossava sopra la maglia del pigiama. "Mi spiace, spero che non siano imbarazzanti come al solito", aggiunse con un piccolo gemito che fece sorridere l'altro:
"Yura, dopo tutto quello che ho visto negli ultimi giorni al lavoro, conoscere i tuoi genitori sarà una passeggiata".

Ecco.
Otabek avrebbe dovuto saperlo.
Avrebbe dovuto sapere che quelle sarebbero state le ultime parole famose.
"Otabek? Vieni a darmi una mano o no?".
Il giovane si riscosse e raggiunse il collega, cominciando a lavorare per liberare l'uomo dai capelli argentati che rideva a crepapelle.
"Victor...", mormorò il marito, in piedi vicino alla porta della camera, col volto paonazzo coperto dalle mani. Era stato lui che aveva chiamato poco prima per richiedere il loro intervento, e bisogna dire in suo favore che era stato molto composto nel farlo, anche se ora sembrava volersi sotterrare sotto metri e metri di terra e sparire dalla vista del mondo intero.
Per sua fortuna, Yuri non gli aveva mai mostrato nessuna foto di Otabek, o a sapere chi era che li stava aiutando, l'uomo avrebbe avuto una crisi di panico, probabilmente. In compenso, Otabek sapeva benissimo di chi si trattava,e stava cominciando a chiedersi se a Yuri sarebbe piaciuto vivere in Kamchatka.
No, forse era troppo vicino... Magari meglio il messico: Yuri con un sombrero e dei baffoni sarebbe stato uno spettacolo sufficiente a fargli scordare ciò che aveva appena visto.

"Bentornato! Com'è andata oggi?".
Quella di Yuri era una domanda di rito, al ritorno di Otabek, e il sorrisetto che aveva sulle labbra lasciava bene intendere a cosa si riferiva.
Peccato che stavolta Otabek non avesse alcuna intenzione di riferire cos'era successo.
Oh no, non l'avrebbe fatto. Assolutamente. Mai. Non voleva essere la causa del parricidio che Yuri avrebbe commesso se avesse saputo la verità; Victor e Yuuri sembravano brave persone, in fondo.

"Beka?? Sei pronto?!".
No. Non era pronto, per niente! Si era totalmente dimenticato la cena dai genitori di Yuri.
Era troppo presto per incontrarli: "il fatto", come aveva rinominato l'accaduto, era successo solo martedì, e ora era sabato; il povero Otabek non si era ancora ripreso abbastanza...
"Magari non sono loro" , si disse in un attimo di folle speranza.
Certo, perché dopotutto era del tutto normale che esistessero due sosia perfetti dei due ex pattinatori, con gli stessi nomi e la stessa età.
Si trascinò fuori di casa sforzandosi di credere a quell'idiozia.
Erano solo dei sosia.
Con lo stesso aspetto. Gli stessi nomi. La stessa età... La stessa casa.
"Signore, ma che ho fatto di male?" , si chiese mentre seguiva Yuri fino alla porta ben nota.
Quella si aprì, rivelando Yuuri Katsuki, prima sorridente e felice di vederli, poi pietrificato, un debole suono strangolato l'unico segno di vita, se poteva considerarsi tale.
"Papà?", chiese Yuri, confuso e preoccupato, attirando l'attenzione di Victor che li raggiunse a sua volta.
"Avrei dovuto prenotare un volo per il Messico e scappare subito quel giorno" , si disse Otabek, incrociando lo sguardo con l'albino, ora spiazzato come il marito.
"Che ca...?", sbottò Yuri, facendo passare lo sguardo da uno all'altro dei tre uomini intorno a lui, ma fu interrotto dalla risata quasi isterica dell'albino. "Ma che avete?? Siete impazziti?", sospirò, scrollando Yuuri che ancora non aveva smesso di rantolare e non aveva mosso un muscolo. "S-scusa,Yurio", disse quello, tornando miracolosamente in vita.
"É che... ci siamo già conosciuti", spiegò Victor, asciugandosi una lacrima dall'angolo dell'occhio destro con la punta delle dita.
"Come?", domandò il più giovane, mentre una brutta sensazione cominciava a formarsi sul fondo del suo stomaco.
Non era davvero quello che pensava... Vero?
I due adulti esitarono, d'un tratto silenziosi e rossi in viso. "Beka?".
"Uhm... B-beh...", ok. Forse se lo acchiappava dal cappuccio della felpa, avrebbe potuto bloccarlo e salvare la vita agli altri due, o magari poteva caricarselo in spalla e portarlo via.
Il Messico sembrava ancora una buona idea.
"A-Al lavoro", concluse infine, sorridendo leggermente, diventando la personificazione dell'imbarazzo.
"Io vi ammazzo".


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NdA: uhmmm salve a tutti! ^^ é la prima volta che mi cimento in una cosa simile (É la prima volta che abbandono l'angst dopo quasi 2 anni, oddio o.o) ho avuto l'idea l'altra sera dopo aver sentito la notizia dei casi a Londra, e la cosa si é formata da sola, diciamo... Poi ieri sull'autobus avevo tanto tempo libero, e un cellulare carico~ quindi questo é il risultato! :D spero vi sia piaciuta ^^" se vi va fatemi sapere che ne pensate!
A presto!
Starishadow

(Potete trovare la storia anche sul mio account wattpad -> WarlockOmi. Sentitevi liberi di contattarmi lí, se preferite! ;3)
   
 
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