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Autore: Zachriel    08/03/2017    4 recensioni
Il diario di Yuri Mickalov
Genere: Avventura, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Baltimora, 20 novembre 1893. Stamani ho ricevuto l’infausta notizia. In una busta nera come la morte, tra le dita esangui della mia assistente americana, Alice, è giunta la terribile verità. Alla vista di quella lettera avevo già capito, già un presentimento mi stava perseguitando da un paio di settimane. Ero preoccupato, come ogni dottore dovrebbe essere. Il mio defunto padre, sempre possa essere ricordato il suo nome, era sempre stato in disaccordo coi miei studi, sempre convinto che io fossi un fallito e un eterno bambino, pronto a scappare piuttosto che ad adempiere ai sacri obblighi famigliari. Invece ero preoccupato, non solo per i miei pazienti, quasi tutti isterici per mia scelta, ma anche per uno oscuro presentimento che non mi lasciava da giorni. Ed infatti eccola: un altro Mickalov morto. Dolce Alice, piccola ragazza fatta di sospiri e di sogni, che sempre mi prendi in giro per il mio accento "exotic", per i miei capelli scompigliati e per le mie negligenze, dimmi, piccola mietitrice, chi hai ucciso? Di chi è il nome che la mia cara e dolce cognata Eva si è premurata di vergare sulla lettera? Prendendo in mano l’odiata busta, riconobbi il sigillo dalla testa di gatto con una lisca di pesce tra le fauci. Avevo nutrito una piccola speranza a riguardo: magari era destinata ad un altro Yuri Mickalov, magari Eva non era l’unica ad usare le buste nere per comunicare con gli altri parenti. Oh Yuri, eterno sognatore fallito, quante volte la tua mente ha cercato di portarti fuori strada, cercando di deviarti dalle mere e pure conclusioni empiriche?. Aprii il sigillo, privando il gatto della sua preda e della mandibola, e riconobbi subito la scrittura austera e spartana di Eva. Un pensiero mi trafisse la mente come un ago per la lobotomia: che fosse Pëtr la vittima della trista mietitrice? che fosse morto solo, e con una malattia che io stesso sarei stato in grado di curare? Morto, lontano da me. No. Non poteva essere il mio piccolo faunetto dagli occhi espressivi e dalla boccuccia turgida. Lessi velocemente il contenuto, fortuna che Eva era una donna pragmatica e dai modi diretti, trovai con facilità quello che stavo cercando: Viktor Bojanovič Mickalov morto in data 31 ottobre 1893 a Venezia, Suicida. Il sollievo che provai in quel momento fu una sorta di colpa. Mors tua, vita mea, certo, ma Viktor era comunque, per quanto insopportabile, un membro della famiglia, frutto del seme di mio fratello Bojan e di madonna Katjuša, la bellissima donna che perse il senno dopo la nascita di Viktor. Quanto dolore si era abbattuto su quel ramo della famiglia Mickalov, facendo soffrire l’intero albero. D’altronde, quando un arto inizia ad andare in cancrena, tutto il corpo ne risente; i batteri non si limitano a mangiare e a corrodere i tessuti morti, ma intaccano la carne sana, la malattia si diffonde fino alla morte dell’ospite. Che fosse quello il destino della nostra intera famiglia?. La lettera di Eva continuava, affermando che il ritrovamento del corpo non è stato di Gaspare, come mi sarei aspettato, ma di un tale di nome Frattaglia, che, affermando di essere amico di Viktor, aveva insistito per porgergli gli ultimi omaggi a Soroka. La parola amico mi cadde immediatamente all’occhio e mi suscitò non pochi sospetti. Viktor non aveva amici, quel povero ragazzo era stato ustionato dalla madre all’età di diciotto anni. Le ustioni di terzo grado si cicatrizzarono, conferendo a mio nipote un aspetto singolare per quanto riguarda il lato sinistro del viso. Fortunatamente il calore non gli intaccò l’occhio o la bocca. La ferita, per quanto grave, poteva essere sopportabile per un uomo comune (mi ricordo, quando ancora ero studente, di una lezione di medicina riguardante l’argomento ustionati: il professore ci mise davanti dei ritratti di cadaveri provenienti dal grande incendio che divorò New Orleans nel 1788 e successivamente del 1794. Alcuni di loro erano del tutto irriconoscibili e carbonizzati, altri avevano il volto totalmente sciolto e quasi irriconoscibile) ma Viktor non era un uomo comune, era un ragazzo debole, vittima dei suoi stessi demoni e di un destino infausto. Eva richiedeva la mia presenza, come membro della famiglia. Mi sembrava quasi di sentire le sue parole attraverso la lettera: “ è colpa tua” o anche “katjuša peggiora, e dove sei tu, o grande medico visionario che hai lasciato la famiglia per puttane ed alcool?” la cara vecchia e premurosa Eva, che non si dimenticava mai di rammentare ad ogni uno il suo posto (me in primis). Per quanto nobili possano essere le mie intenzioni, lei cercherà sempre del marcio, e non si fermerà finchè non lo avrà trovato. Ho le mie buone ragioni per essermene andato, ma non ho intenzione di parlarne in questo frammento di diario. Ora devo avvisare immediatamente Alice della partenza, fare i bagagli e prendere la mia auto alla volta di New Orleans. Sono 1124 miglia da qui al battello che ci porterà in Francia e da li alla volta di Soroka; spero di riuscire a percorrerle in tre giorni, il battello ci metterà piu o meno tre settimane, se le correnti sono favorevoli. Ho deciso di portare Alice con me, è la mia assistente dopotutto e ha bisogno di imparare sul campo. Le insegnerò il russo durante il viaggio. Yuri Vladimirovič Mickalov.
   
 
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