Crossover
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Autore: Odinforce    08/03/2017    2 recensioni
Una serie di one-shot ambientate su Oblivion, il mondo in cui è narrata la mia maxi-opera Interior Dissidia. Storie parallele dedicati a personaggi diversi, sopravvissuti all'eterno ciclo di guerre e che cercano disperatamente di farsi valere a modo loro. Idee scartate dalla storia originale, ma non per questo dimenticate o mai avvenute.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mr. & Mrs. Plutz
Image and video hosting by TinyPic Oblivion era un mondo di caos. Un abisso oscuro in cui tutte le cose trovavano la loro fine. Eroi e malvagi, uomini e macchine, animali e alieni, divinità... e persino i mondi. Nulla trovava scampo all’opera di distruzione voluta da...
Scusate, dalla regia mi dicono che gran parte di voi lettori conosce già questa solfa, perciò con permesso salto l’introduzione e passo subito ai protagonisti della storia.
Su una pila enorme di cadaveri alieni e guerrieri robotici frantumati, stavano i leader dei due schieramenti. Da una parte c’era il colonnello Neopard di Armadha, mercenario alieno con sembianze di felino umanoide, vestito con un’uniforme militare. Dall’altra c’era la capitana Alyonesse, della stessa razza, sul cui aspetto spiccavano la corazza color viola e la folta criniera bianca che incorniciava il suo viso. Entrambi mercenari, eroi di guerra del loro mondo; molti popoli tremavano al solo sentir pronunciare i loro nomi. E molti altri popoli erano disposti a pagare profumatamente per i loro eccellenti servigi.
Cosa più importante, Neopard e Alyonesse erano fidanzati... ma in quel momento questa fatale condizione non contava un bel niente. Stremati per la lunga battaglia ma ancora in piedi, si puntavano a vicenda le armi, scrutandosi con sguardi colmi di rabbia e dolore.
Erano mercenari, perciò si erano trovati spesso a dover combattere ai lati opposti della scacchiera per conto dei loro clienti. Avevano combattuto, sterminato e distrutto su vari pianeti per ingenti somme di denaro...
Non v’importa neanche di questo? Va bene, andiamo avanti. Per farla breve, i due piccioncini erano finiti su Oblivion come parecchi altri sventurati. Nul, signore indiscusso di quel mondo caotico, aveva organizzato un ciclo di battaglie che li aveva coinvolti, ma combattendo – ancora una volta – l’uno contro l’altra. Nel loro caso, Nul aveva dovuto mettere mano al portafogli per spingerli a combattere, dando vita a una sanguinosa battaglia.
Neopard e Alyonesse, ignari di essere stati assoldati dallo stesso individuo, avevano radunato il proprio esercito di automi e alieni e aperto le danze alla prima occasione. Ecco il risultato: ogni macchina o alleato xenomorfo giaceva ora in pezzi ai loro piedi. Anche loro, tuttavia, erano malconci. Neopard era ferito a un braccio e non poteva muoverlo; Alyonesse era coperta di sangue e tremava per lo sforzo di restare in piedi. Le sue braccia reggevano un fucile laser grosso quasi quanto lei, e lo puntava alla gola del suo amato. Neopard faceva lo stesso, puntandole in fronte l’unica pistola carica che gli restava.
Era una situazione di stallo. Due mercenari alieni, allo stremo delle forze dopo un’accanita battaglia, si puntavano le armi a vicenda. Fidanzati. Uno spettacolo che solo il supremo Nul riusciva a godersi appieno, mentre sorseggiava una bibita dal suo trono sulla vetta più alta del Cimitero dei Mondi.
In tanti anni di carriera, Neopard e Alyonesse non erano mai arrivati a tanto. Dal loro contorto punto di vista, c’era una bella differenza tra affrontarsi in battaglia per lavoro e arrivare ad uccidersi. Il tempo sembrava fermo intorno a quella coppia, come i loro deboli corpi, mentre si scrutavano con amarezza. Entrambi sembravano incapaci di prendere una decisione, finché...
« Non posso » dichiarò Neopard, abbassando la pistola. « Non voglio farlo. »
« No... avanti, fallo! » gli gridò contro Alyonesse. « Sparami... così almeno uno di noi tornerà a casa! »
« A quale prezzo... dovrei tornare a casa senza di te? No, Elenthari, non lo farò... neanche per tutti i crediti interplanetari dell’universo. »
Dagli occhi di Alyonesse sgorgarono lacrime, rigando un viso già ricoperto di sangue. Le sue mani tremarono più forte mentre stringeva la presa sul fucile.
« Ti prego... » mormorò lei. « Ti prego, Groft... non costringermi a farlo. »
Neopard sospirò.
Nul si sporse in avanti, concentrando la sua attenzione al massimo su quel momento cruciale.
« Grabbaga plutz... allora non c’è altra scelta » dichiarò l’armadhiano, puntandosi la pistola alla tempia.
Alyonesse sgranò gli occhi, orripilata.
« Groft... no...! »
« Ti amo. »
« Nooooo! »
Blam!
 
– Qualche tempo dopo –
Un altro eroe era morto. I suoi compagni, i Valorosi, si erano riuniti all’ospedale di Oblivion per accettare la sua perdita. Quel folto gruppo di guerrieri piangeva la sua scomparsa in sala mensa, bevendo lattine di birra per onorare la sua memoria e il suo sacrificio. Altri personaggi, sullo sfondo, osservavano quel triste momento senza dire nulla.
Neopard e Alyonesse erano lì, insieme, vivi e vegeti. Per farla breve (ancora una volta), Alyonesse era riuscita a fermare in tempo la mano del suo amato, deviando il colpo in modo tale da ferirlo di striscio. Erano comunque conciati male, ma l’intervento improvviso di un nuovo individuo – un ninja con un braccio solo di nome Sasuke – aveva permesso loro di sopravvivere. Sasuke aveva portato i due mercenari all’ospedale, dove con le dovute cure si erano ripresi perfettamente.
Ciò che avevano passato là fuori, tuttavia, aveva tolto a entrambi la voglia di lasciare l’edificio. Ormai avevano capito che Nul li aveva ingannati fin dall’inizio: li aveva messi l’uno contro l’altra perché si uccidessero a vicenda... un piano che per poco non era riuscito.  E ora stavano lì, seduti in un angolo a un tavolo della mensa, ad assistere in silenzio al brindisi in memoria dell’ennesimo eroe caduto. Privati di uno scopo, ma soprattutto della speranza.
Neopard sospirò, osservando da lontano il gruppo di eroi con cui condivideva a distanza il dolore.
« Plutz » borbottò. « Ormai non passa giorno senza che qualcuno ci lasci la pelle in questo posto. »
Alyonesse, al suo fianco, non disse nulla. Lui la fissò comprensivo.
« A cosa pensi? »
« La stessa cosa che pensi tu » rispose lei. « Penso inoltre che noi potremmo essere i prossimi. »
« Già... è strano aver paura solo ora, dopo tutto ciò che abbiamo passato in tanti anni. »
« Forse perché non avevamo mai affrontato una guerra del genere. »
« Una guerra in cui non credevamo di perdere così tanto. Cysssa... ancora non riesco a credere che persino lui... »
L’armadhiano tacque di colpo. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime, ma si trattenne. Alyonesse pose una mano sulla sua.
« Mi dispiace » gli disse. « So che eravate amici... più o meno. »
Neopard tirò su con il naso.
« Paperinik non aveva la stoffa del mercenario... ma era un ottimo alleato. Forse il migliore che abbia mai avuto. Avrei voluto combattere al suo fianco ancora una volta. »
« Di questo passo, temo che lo raggiungeremo presto » commentò Alyonesse.
Neopard si voltò a guardarla. Non poteva che darle ragione.
« Hai qualche rimpianto? »
L’armadhiana fece un verso carico di sarcasmo.
« Hah... qualche rimpianto? Cysssa, da dove comincio? Non sono mai riuscita ad acquistare un blaster trisonico arkaniano a buon prezzo. Non ho mai messo piede su Makaar, di cui mi hanno sempre parlato bene. Avrei tanto voluto accettare quella missione su Selicaudia VI, dove c’era da guadagnare un sacco, ma in quei giorni... »
« Avevi il ciclo, lo so » completò Neopard. « Capisco che hai un bel po’ di rimpianti, ma... non riesci a trovarne uno un po’ più serio? »
Alyonesse gli scoccò dapprima un’occhiataccia, come se avesse sottovalutato i rimpianti che aveva appena menzionato. Poi, tuttavia, ammorbidì lo sguardo e ci pensò su.
« Non siamo mai riusciti a sposarci » disse infine.
Lo sguardo di Neopard fu indecifrabile a causa degli occhialoni che indossava, ma in compenso fece un sorrisetto.
« Già... questo lo rimpiango anch’io. »
« Eppure siamo sempre stati bene insieme » ammise Alyonesse. « Insomma, tra noi ha sempre funzionato, no? Ti avrei sposato volentieri in qualsiasi momento... purtroppo il lavoro ci ha sempre costretti a rimandare l’impegno. Mi dispiace, Groft. »
« Uhm... be’, siamo ancora in tempo. »
« Cosa? »
« E se lo facessimo qui, El? Che ne pensi? »
Alyonesse sgranò gli occhi per lo stupore.
« Groft... fai sul serio? »
Neopard non rispose. In compenso si alzò dal posto e s’inginocchiò davanti a lei, allargando il sorriso.
« Dama Elenthari Lleyr Dalagh, vuoi sposarmi? »
Nessun altro nei paraggi parve aver visto o udito ciò che Neopard aveva appena fatto, ma non aveva alcuna importanza. Alyonesse, pur essendo tutt’altro che una tipa romantica, non poté impedire a una lacrima di sgorgare dai suoi occhi per la gioia.
« Io... sì! Sì! Ma certo! »
Neopard rise, soddisfatto.
« Allora è fatta! Sposiamoci... tanto vale farlo qui e adesso, visto che potrebbe essere la nostra ultima notte. »
« Sì, ma come? Questo è un ospedale, mica un santuario... non credo che troveremo un sacerdote pronto per l’occasione. »
« Vorrà dire che improvviseremo » tagliò corto Neopard. « Non è la prima volta che me la cavo con mezzi di fortuna... ricordi quella volta su Grullop? »
« Fin troppo bene, mio caro. »
I due lasciarono cadere il discorso mentre uscivano dalla mensa. Pur essendo disposti a procedere con la loro idea, entrambi i mercenari sapevano di non poterla attuare da soli. Avevano bisogno di qualcuno che celebrasse le nozze. A Neopard venne in mente una sola persona che avrebbe potuto aiutarli in quell’edificio, e la trovò dopo pochi minuti di ricerca: si trattava del dottor House, primario dell’ospedale e sua attuale massima autorità. Il medico si aggirava per un corridoio con aria annoiata, appoggiandosi al bastone come al solito.
« Ehi, dottore! » chiamò Neopard, attirando la sua attenzione.
« Ah, siete voi » borbottò House, guardandoli. « Che cosa volete? »
« Io e la mia fidanzata vorremmo sposarci, subito. Dal momento che è lei a comandare in questo posto, ritengo che sia la persona più indicata a celebrare la nostra unione. »
House fissò i due alieni senza parlare, manifestando solo un accenno d’incredulità. Dopo aver apprestato svariate cure a un gran numero di guerrieri, maghi, principesse e alieni provenienti da infiniti mondi diversi, ciò che Neopard gli aveva appena proposto non gli suonava poi così assurdo.
« Bah... sono un medico, mica un prete » rispose infine. « Purtroppo vi rivolgete al tipo sbagliato. »
Alyonesse si lasciò sfuggire un’imprecazione.
« Grabbaga plutz, e adesso? Non avete preti in questo posto? »    
« Non che io sappia, mi dispiace. »
Neopard provò a insistere.
« La prego, dottore... là fuori c’è una guerra. Un sacco di eroi sono già morti, e noi potremmo essere i prossimi. Perciò, se proprio dobbiamo morire, vorremmo almeno farlo come marito e moglie... è il nostro ultimo desiderio in questo dannato mondo.  »
House alzò gli occhi al cielo, visibilmente spazientito. Il discorso non l’aveva impressionato neanche un po’, ma non era comunque tipo da negare il proprio aiuto. Perciò ci pensò su.
« Uhm, forse conosco il tipo giusto per sposare una coppia di alieni. Venite con me. »
Neopard e Alyonesse seguirono il medico, che li condusse al piano inferiore. Percorsero insieme alcuni corridoi fino a raggiungere un’area etichettata da un cartello con su scritto “Reparto Psichiatrico”. Esso era pieno zeppo di personaggi sopravvissuti alla guerra con gravi danni mentali, e ora restavano rinchiusi in celle imbottite. House condusse la coppia fino all’ingresso di una cella: la porta era priva di nome, ma qualcuno vi aveva scritto il numero “4A” con un pennarello. Oltre la porta si udiva in quel momento un suono di bonghi.
Il medico aprì la porta: dentro la stanza c’era un giovane umano sulla trentina, alto e dalla fronte spaziosa. L’aria da nerd sarebbe stata evidente per qualsiasi abitante del suo mondo, ma non per Neopard e Alyonesse, che in quel momento vedevano solo ciò che appariva ai loro occhi: ovvero un semplice umano intento a suonare i bonghi.
« Buonasera, dottor Cooper » disse House a voce alta. Il giovane alzò appena lo sguardo, ma continuò a suonare.
« Salve, dottor House, le piacciono i bonghi? » esclamò canticchiando.
« Non quando un mio paziente li suona a notte fonda. »
« Non riesco a dormire, perciò suono i bonghi! » ribatté il giovane, continuando a suonare.
« Le dispiacerebbe smetterla? Vorrei presentarle qualcuno. »
« Non è un buon momento, perché suono i bonghi! »
Neopard e Alyonesse si scambiarono un’occhiata. Chi diavolo era quel tipo?
House sospirò seccato.
« Siete armati, vedo » disse ai due armadhiani. « Vi autorizzo a farlo smettere. »
Alyonesse non se lo fece ripetere. In un attimo afferrò il suo blaster e sparò ai bonghi, vaporizzandoli con una piccola esplosione. Il giovane chiamato Cooper restò immobile per la sorpresa. Qualcuno – di certo un paziente rinchiuso in una cella vicina – urlò « Finalmente! »
« Bene, ora che ho finalmente la sua intenzione passo a presentarle i miei accompagnatori » fece House, soddisfatto. « Signori, lui è il dottor Sheldon Cooper, del dipartimento di fisica alla Caltech. Dr. Cooper, questi sono il colonnello Neopard e la sua fidanzata, capitana Alyonesse... come può ben vedere sono due alieni. »
Sheldon Cooper concentrò finalmente l’attenzione sui nuovi arrivati. Gli armadhiani lo fissarono: effettivamente non aveva una bella cera. Indossava una maglietta rossa con un fulmine giallo strappata in vari punti, e aveva occhiaie profonde. Di certo aveva trascorso momenti difficili.
« Oh, buonasera » disse Sheldon. « Mi perdoni se le sembrerò scettico, dottor House, ma quali prove ha per dimostrare che i signori al suo fianco sono creature extraterrestri? A giudicare dal loro aspetto esteriore sembrano soltanto una gatta e un leopardo antropomorfi, ergo potrebbero benissimo provenire da una Terra parallela in cui l’evoluzione abbia favorito i felini anziché i primati. »
House sbuffò seccato.
« Se la cosa non la convince, si senta pure libero di scoprire la verità sul loro conto... dopo che si sarà occupato di una questione ben più urgente. Questi due vorrebbero convolare a nozze il prima possibile, e ritengo che lei sia il più indicato in questo istituto per celebrare un matrimonio tra... creature non umane. »
Sheldon sorrise.
« Be’, naturalmente sono lusingato per il suo interesse, dottore. Tuttavia, poiché si parla di matrimoni, tra le mie conoscenze posso vantare unicamente quella di una cerimonia tra klingon. E dal momento che i suddetti promessi sposi non sembrano imparentati in alcun modo con la razza klingon, non vedo proprio come sia possibile che io celebri le nozze per loro. »
« Klingon? » domandò Alyonesse. « Cosa sono i...? »
House cercò di interromperla con un « no! », ma Sheldon era già partito in quarta con la sua risposta.
« Sono contento che tu l’abbia chiesto, i klingon sono una specie extraterrestre umanoide dell'universo fantascientifico di Star Trek. Nella serie classica erano i maggiori antagonisti della Federazione dei... »
« Non abbiamo tutta la notte, dr. Cooper » lo interruppe House. « Sono certo che ai signori non dispiacerà, viste le circostanze, adattarsi al repertorio che lei sarà in grado di proporre. »
Sheldon fissò ancora gli armadhiani.
« Ma loro non sono dei klingon! » ribatté ostinato.
House sospirò.
« Come vuole » dichiarò il medico. « È chiaro che preferisce continuare a suonare i bonghi nella sua cella in tarda notte, anziché aiutare una coppia a coronare il loro sogno d’amore. In tal caso togliamo subito il disturbo. »
House, Neopard e Alyonesse fecero per uscire dalla stanza.
« Un momento! » esclamò Sheldon, fermandoli. « Va bene... direi che, viste le circostanze, posso fare un’eccezione. »
Il giovane si alzò dal pavimento e andò loro incontro, pronto a procedere con la richiesta. Gli armadhiani si scambiarono un’altra occhiata, non del tutto convinti.
« Quanti klingon ha unito in matrimonio, dottor Cooper? » domandò Neopard.
« Nessuno, naturalmente. I klingon non esistono. »
E sotto lo sguardo incredulo della coppia, Sheldon uscì dalla stanza insieme ad House. Il gruppo percorse il corridoio fino all’uscita, diretto verso un posto più adatto per celebrare le nozze: l’ospedale era dotato anche di una cappella, perfetta per l’occasione. Strada facendo, Alyonesse spiegò bene a Sheldon la situazione; Neopard ascoltava alle loro spalle, ancora un po’ incerto sul conto del ragazzo scelto come celebrante.
« Ehm, dottore... è sicuro della sua scelta? » domandò ad House a voce bassa. « Quel ragazzo non mi sembra un tipo con le rotelle a posto. »
« Per questo lo tenevo nel reparto psichiatrico » commentò il medico, impassibile. « Comunque è innocuo, non temete... e che ci crediate o no, è davvero uno scienziato. E anche molto brillante... o almeno lo era. »
« Cosa gli è accaduto? »
« Era già un disadattato prima di finire su Oblivion, anche più di me. Poi la sua mente ha subito il colpo di grazia quando ha visto il suo migliore amico e la fidanzata di lui rinchiusi in un cristallo al Cimitero dei Mondi. »
« Grabbaga plutz » si lasciò sfuggire Neopard per lo stupore. Aveva sentito parlare di quel luogo, sebbene non ci avesse mai messo piede: un’area in cui qualcuno si era divertito a radunare i corpi di molti eroi, rinchiudendoli in feretri di cristallo insieme alle loro amate. Inevitabilmente arrivò a chiedersi se lui e Alyonesse avrebbero subito la stessa sorte, quando Oblivion avesse infine reclamato la loro vita.
« Bene, eccoci qua » dichiarò House, una volta giunti alla cappella. « Qui potrete celebrare la vostra unione in tutta tranquillità. Se non vi occorre altro, non vi resta che procedere. »
« A dire il vero mancano i testimoni » obiettò Sheldon.
« Allora trovateli. Io ho già fatto la mia parte, per cui non mi resta che tornare ai miei affari... auguri e figli maschi! »
E senza degnarli di un ulteriore sguardo, il medico girò i tacchi e si allontanò zoppicando.
« E adesso? » brontolò Alyonesse. « Chi ci farà da testimoni? Non abbiamo amici in questo posto. »
« Troverò qualcuno » la rassicurò Neopard. « Tu pensa a finire di organizzare la cerimonia con il dottor Cooper, ci vediamo dopo. »
L’armadhiano si allontanò a sua volta, raggiungendo la hall. Non c’era molta gente, a parte i soliti Senzavolto che lavoravano nell’ospedale, ma a Neopard bastava: doveva reclutare solo due personaggi per il suo progetto. Inevitabilmente pensò a coloro che – più di tutti – avrebbe voluto al suo fianco in quel momento: il sergente Q’wynkennon, androide Mark 8, inseparabile compagno di avventure; il suo Chewbecca, per voi esperti di partner spaziali. E Paperinik, papero terrestre maldestro quanto coraggioso... l’alieno più temerario che avesse mai conosciuto.
Oblivion li aveva portati via entrambi, con suo cosmico dispiacere.
Sperando di trovare due degni sostituiti alla svelta, Neopard raggiunse il tipo più vicino nella hall: una specie di albero umanoide alto più di due metri che vagava per l’area con aria assente.
« Ehi amico, puoi aiutarmi? » lo chiamò Neopard.
L’uomo-albero si voltò a guardarlo, incuriosito.
« Io sono Groot » grugnì lui.
« Piacere, sono il colonnello Neopard. Mi sembri un tipo sveglio, oltre che sfaccendato... ti andrebbe di fare da testimone al mio matrimonio? »
Una pausa.
« Io sono Groot. »
« Oh? Sì, me l’hai già detto » fece Neopard. « Allora, mi faresti da testimone? »
« Io... sono Groot. »
« Plutz... ma hai capito quello che ho detto? »
« Io sono... Groot » ripeté ancora Groot.
Neopard cominciò a spazientirsi.
« Io – mi – sposo! » esclamò, scandendo ogni parola come se parlasse a un ritardato. « Tu – fare – testimone! Mi – capisci? »
« Io – sono – Groot » rispose Groot, alzando a sua volta la voce.
« Cysssa! Ma stasera c’è il raduno intergalattico dei pazzoidi? »
« Lascialo perdere, non sa dire altro. »
Neopard si voltò, attirato dalla nuova voce, e vide un ragazzo: a prima vista sembrava un altro umano qualsiasi; aveva il naso e la mascella sottili. Dimostrava una ventina d’anni e indossava una comune giacca e pantaloni neri. L’unico particolare evidente erano i capelli grigi come l’argento, lisci e lunghi fino alle spalle. Il suo sguardo era serio, quasi gelido.
Groot si allontanò nel frattempo, come se l’improvvisa comparsa del ragazzo lo avesse turbato.
« Umpf » brontolò Neopard. « Ma quello che problemi ha? »
« Non è colpa sua » gli rispose il ragazzo. « “Io sono Groot” è tutto quello che sa far uscire dalla sua bocca, ma non è stupido. Certo, per quello che vuoi fare tu non è il candidato più adatto. »
« E tu chi saresti? »
« Mi chiamo Eidan. Non ho potuto fare a meno di sentire ciò che dicevi... stai cercando un testimone per il tuo matrimonio, giusto? Be’, io stasera non ho niente di meglio da fare, perciò eccomi... pronto a fare la mia parte. »
Neopard si ammorbidì nel giro di un attimo.
« Fantastico! Ora serve qualcuno anche per la mia sposa... a chi potrei rivolgermi? »
« A me. »
Neopard si voltò ancora. Dalla parte opposta a Eidan era comparsa come dal nulla un altro essere umano: stavolta si trattava di una donna nera, molto bella, con una folta chioma di capelli dorati e occhi simili a quelli di un serpente. Era un po’ più alta di Eidan, e indossava un abito bianco lungo e sobrio.
« Oh! Salve » fece Neopard, sorpreso dalla sua improvvisa comparsa. « Tu saresti...? »
« Lilith » disse la donna. « Anch’io ho del tempo libero, e sarò lieta di fare da testimone per la tua sposa. »
In un batter d’occhio, l’armadhiano aveva ottenuto ciò che cercava, perciò si strofinò le mani con aria soddisfatta. Ecco perché non fece assolutamente caso allo sguardo che si scambiarono Eidan e Lilith in quel momento... come se tra loro ci fosse qualcosa di complicato.
Neopard non sapeva assolutamente nulla di loro, ma se accettavano di aiutarlo per organizzare il matrimonio, conoscere i loro nomi era sufficiente.
« Molto bene, signori! » esclamò. « Se volete seguirmi fino alla cappella, possiamo procedere immediatamente. »
Mezz’ora dopo, era tutto pronto. La cappella dell’ospedale accoglieva ora tutti i membri necessari per le nozze: Sheldon Cooper stava in piedi sull’altare, ben informato sull’identità dei due sposi; in pochi minuti era riuscito a condensare le tradizioni terrestri, armadhiane e klingon in una breve cerimonia nuziale e non vedeva l’ora di pronunciarla a voce alta. Neopard stava al suo posto, in attesa della sposa che sostava fuori dalla porta. I due testimoni, Eidan e Lilith, attendevano silenziosi ai lati. Non vi erano altri partecipanti alle nozze, eccezion fatta per il dottor House (tornato indietro dopo aver capito di non avere affari a cui tornare), seduto su una delle panche in quarta fila, e Groot: quest’ultimo si era presentato nella cappella seguendo Neopard e gli altri, nonostante nessuno lo avesse invitato.
« Se per lei va bene, colonnello, possiamo cominciare » disse Sheldon.
« Sì, certo » annuì Neopard, leggermente ansioso. « Ehm... sicuro di aver capito tutto? Ha memorizzato ogni particolare su di noi? »
« Naturalmente. Non per vantarmi, ma ho una memoria eidetica. Potrei recitarle l’intera tavola periodica degli elementi, se lo volessi, compresi i... »
Un sonoro colpo di tosse (palesemente forzato) di Eidan interruppe lo sproloquio. Lilith fu sul punto di ridere, ma si trattenne.
« Va bene, cominciamo » aggiunse il giovane, tirando fuori uno smartphone. « Purtroppo temo di non avere alcun brano proveniente dal sistema di Armadha in memoria, ma immagino che – date le circostanze – potrete accontentarvi di una classica marcia nuziale terrestre. »
Neopard annuì ancora. Sheldon premette il tasto sul cellulare, e la musica partì.
Alyonesse fece il suo ingresso, percorrendo piano la navata. Non si era cambiata d’abito né si era truccata: continuava a indossare la solita corazza viola e portava un fucile laser appeso alla schiena, ma a Neopard non importava. In quel momento non vedeva una feroce mercenaria, bensì la donna per cui aveva perso la testa anni fa. La compagna perfetta, colei che voleva al suo fianco per tutta la vita... o almeno per tutto il tempo che gli restava. Alyonesse aveva percorso metà strada quando Groot le si avvicinò: tese un braccio, e dal suo legno crebbe uno splendido mazzo di fiori bianchi nel giro di pochi secondi. Alyonesse ne fu sorpresa, ma poi lo prese con un sorriso.
« Grazie! »
« Io sono Groot. »
L’armadhiana proseguì, raggiungendo Neopard davanti all’altare. Terminata la musica, Sheldon Cooper fu libero di celebrare.
« Gli dei forgiarono con il fuoco e l'acciaio il cuore armadhiano » disse con aria solenne, « e videro che quel cuore batteva forte e orgoglioso e dissero: "Oggi abbiamo creato il cuore più forte di tutto l'universo. Nessuno potrà stare dinanzi ad esso senza tremare”. Ma dopo qualche tempo videro che quel cuore batteva con minor potenza ed allora gli chiesero: "Perché sei più debole? Noi ti abbiamo creato come il più forte di tutto l'universo”. Ed il cuore rispose loro... »
Neopard, ricordando il suo ruolo, fece un passo in avanti e disse: « Sono solo. »
« Allora gli dei si accorsero del loro errore e forgiarono un altro cuore... »
Alyonesse fece un passo in avanti a sua volta, mettendosi di fronte allo sposo.
« Ma questo secondo cuore » proseguì Sheldon « batteva più forte del primo, ed il primo ne era geloso. »
Per i due sposi venne il momento del giuramento. Durante le nozze gli armadhiani non si scambiavano anelli come sulla Terra, bensì le armi: così Neopard estrasse la sua pistola dalla fondina, la ammirò e con un lieve sospiro la porse ad Alyonesse.
« Dama Elenthari Lleyr Dalagh » disse deciso, « questo blaster Plasmadha X3 modificato mi ha servito in 72 missioni negli ultimi anni, e mi ha salvato la pelle almeno in metà di esse. Ti prego di accettarlo come segno del mio amore e della mia fedeltà per te. »
Alyonesse prese l’arma. Non disse nulla, ma nei suoi occhi era evidente la commozione: per lei, un’armadhiana, quel gesto significava molto. Ora toccava a lei; afferrò dunque il suo fucile, lo ammirò e lo tese in avanti.
« Groft Var Moor » disse, con voce leggermente tremante. « Questo... questo quadrifucile PK87b rigelliano è stato mio fedele compagno fin da quando ho intrapreso la via della guerra. Ha massacrato interi eserciti nemici senza mai incepparsi. Mi ha permesso di conquistare la fortezza di Taa’aaT tutta da sola. T-ti prego di accettarlo... come segno del mio amore e della mia fedeltà per te. »
Neopard rimase, se possibile, ancora più colpito. Da quando stavano insieme, Alyonesse non gli aveva mai permesso di toccare quel fucile! Fu l’unico in quel momento a trovare commovente quel gesto; accanto a lui, invece, Eidan e Lilith si scambiavano un’occhiata dubbiosa.
Nel frattempo, i due mercenari rinfoderarono le armi appena scambiate.
« Se noi ci uniamo nessuno ci potrà mai fermare » dichiarò Neopard, prendendo le mani di Alyonesse tra le sue.
Sheldon parlò ancora.
« E quando i due cuori si unirono, batterono così forte che per la prima volta gli dei provarono realmente la paura. Essi tentarono di fuggire ma ormai era troppo tardi. I due cuori armadhiani distrussero gli dei che li avevano creati e lasciarono il paradiso. Da quel giorno nessuno può opporsi all'unione di due cuori armadhiani... nemmeno io.
« Groft Var Moor, il tuo cuore batte solo per questa... ehm, gatta? »
Neopard rispose: « Sì. »
« Starai al suo fianco contro chiunque si opponga a voi? »
« Sì. »
« Dama Elenthari Lleyr Dalagh, il tuo cuore batte solo per questo... felino? »
« Sì » rispose Alyonesse.
« Starai al suo fianco contro chiunque si opponga a voi? »
« Sì. »
Sheldon, rivolgendosi al pubblico, proclamò: « Allora tutti i presenti sappiano che questo felino e questa gatta oggi sono sposati. Prego, colonnello... può strusciarsi con la sposa. »
« Cosa? » fece Neopard, incerto.
« Come vi scambiate effusioni voi di Armadha? »
« Oh! Ci baciamo, che domande... non siamo mica animali! »
« Dal mio punto di vista sì » ribatté Sheldon, ostinato. « Mah... credevo avreste fatto come ne Il Re Leone. »
Eidan alzò gli occhi al cielo.
Sheldon fece ripartire la musica mentre Neopard e Alyonesse si scambiavano un bacio appassionato. Eidan, Lilith e il dottor House applaudirono subito dopo, seguiti da Groot che impiegò un po’ a capire come fare un applauso decente.
Era fatta. Un’altra missione era compiuta... la più importante di tutte. In quel momento riuscirono a tenere a distanza lo stato delle cose: Oblivion e la guerra sembravano a un universo di distanza mentre Neopard e Alyonesse si univano in matrimonio. Uniti per la vita.
« Be’... non è andata poi tanto male, vero? » commentò Neopard poco più tardi.
« No » rispose Alyonesse, accanto a lui. « È andata bene, direi... più che bene. Mi ha reso molto felice, nonostante tutto. »
I due sposi erano seduti sui gradini all’ingresso dell’ospedale, fissando l’orizzonte. Non si vedeva granché a causa dell’oscurità, ma poco importava. C’era silenzio e pace, quasi assoluta: Oblivion sembrava concederli solo durante la notte, permettendo ai sopravvissuti di riposare. E di prepararsi a un nuovo giorno di conflitti.
« Plutz » borbottò Neopard dopo una pausa. « Ora più che mai vorrei trovarmi su Extraluss... il posto perfetto per goderci la nostra luna di miele. Purtroppo dobbiamo accontentarci di questo. »
Alyonesse si alzò in piedi, mostrando al marito un inaspettato sorriso.
« Anche se ci trovassimo nell’Abisso di Proteus, sarei più che lieta di attraversarlo al tuo fianco. Io e te ne abbiamo fatte tante, Groft, sia come alleati che come avversari... e sono pronta a farne tante altre, ora che abbiamo consolidato il nostro legame. Questo mondo non mi spaventa più. »
Neopard, incoraggiato, sorrise e si alzò in piedi a sua volta.
« Bene, allora » dichiarò. « Abbiamo firmato il modulo di dimissioni e fatto rifornimento... ormai nulla ci trattiene in questo ospedale. Sei pronta ad andare, moglie? »
Alyonesse estrasse la pistola ricevuta in dono.
« Plutz! Sono prontissima, marito mio. »
Neopard sollevò il fucile, sempre più soddisfatto.
« Grabbaga plutz! Allora andiamo... abbiamo un cliente imbroglione da scovare! »
I due armadhiani si misero in cammino, armi in pugno, addentrandosi senza paura nell’oscurità. Ora che avevano realizzato il loro più grande desiderio, potevano andare all’altro mondo senza rimpianti... meglio ancora se fossero riusciti a farla pagare a Nul prima di esalare l’ultimo respiro. Avevano un intero campo di battaglia da attraversare, e tutto il tempo del mondo per farlo. Non avevano fretta... ma soprattutto, non avevano più nulla da perdere.
Così Neopard e Alyonesse lasciarono l’ospedale, del tutto ignari che il loro obiettivo era proprio alle loro spalle. Proprio in quel momento, infatti, un giovane dai capelli d’argento – lo stesso che aveva fatto da testimone allo sposo poco prima – stava in piedi sul tetto dell’edificio, osservando in silenzio la scena. Eidan li vide allontanarsi e addentrarsi nell’oscurità senza battere ciglio.
Si voltò, attirato da un movimento alle sue spalle. Lilith era là con lui, intenta ad annusare il bouquet di fiori di Alyonesse: poiché era l’unica donna presente al matrimonio, l’armadhiana aveva pensato bene di consegnarle subito il bouquet, senza doverlo lanciare in aria.
« Non ti ci abituare » le disse Eidan, gelido. « Sai che quella roba non dura a lungo, da queste parti. »
« Lo so » ribatté Lilith, « è per questo che cerco di godermeli il più possibile. Lo stesso stanno facendo quei due piccioncini laggiù, se ci pensi... assaporano tutto il tempo che gli resta su questo mondo. »
Eidan rivolse lo sguardo al buio.
« Quel tempo sarà molto più breve di quanto credano. Tra poche ore Sauron, l’Oscuro Signore, sarà pronto a colpire... e tutti questi eroi che si ostinano a restare vivi cadranno come cadaveri ai nostri piedi. »
Lilith non disse nulla, ma avanzò fino a trovarsi al fianco di Eidan.
« Vuoi distruggerli tutti... eppure concedi loro questi piccoli momenti di gioia » osservò. « Perché lo fai, se il tuo fine ultimo è la morte di ogni cosa? »
« Perché li ammiro » rispose Eidan, guardando avanti. « Dal primo all’ultimo. Non mi piace il ruolo di distruttore, Lilith, lo sai anche tu... è la Volontà Suprema che me lo fa fare. Ma se devo dare la morte a tutti questi personaggi – tutti questi eroi – allora farò in modo che si spengano nel modo giusto... senza rimpianti. Se resterà qualcosa dei signori Var Moor dopo domani, mi assicurerò che riposino in eterno in un cristallo. »
Lilith ridacchiò con aria beffarda.
« E come la metti con tutti gli altri? Sheldon, il dottor House, e tutte quelle povere anime rinchiuse nel reparto psichiatrico sotto i nostri piedi? Hai in mente un gran bel finale anche per loro? »
« Hanno avuto la loro occasione per brillare un’ultima volta nell’oscurità. Ora non resta loro che trovare la pace, nell’imminente oblio. »
« Hahaha... che sentimentale » commentò Lilith. « Ma del resto lo so già... altrimenti non trascorreresti così tanto tempo tra le mie braccia, amor mio. Né verseresti lacrime in gran segreto ogni volta che un cavaliere Jedi tira le cuoia davanti ai tuoi occhi. »
Eidan non rispose, limitandosi a lanciarle una nuova occhiata gelida.
« Bah, fa’ come ti pare... del resto io non sono migliore di te. Continua pure su questa strada, Eidan. »
Il ragazzo continuò a tacere mentre si copriva il volto con un cappuccio bianco.
« Mi chiamo Nul. »
« Scusa, Eidan » rispose Lilith.
E se ne andò, lasciandolo solo sul tetto dell’ospedale.
   
 
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