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Autore: RomioneInLove    08/03/2017    4 recensioni
«Si accomodò silenziosamente accanto a lei e si perse nella fragilità che emanava in quel momento, nelle sue palpebre abbassate, nelle sue ciglia lunghe che riposavano beatamente sulla curva delle guance, nel vago sorriso che ora le incurvava leggermente le labbra, socchiuse come i petali di un fiore di pesco durante lo sbocciare della sua bellezza; si perse in quel senso di epifania, in quella stessa inquietante scoperta di non aver capito, che una cosa guardata innumerevoli volte e percepita come ordinaria, trascurabile, in realtà era bella, era sempre stata bella»
||Partecipante ai contest ‘Di fiori, amori e passioni’ indetto da Emanuela.Emy e 'Keep calm e...fatemi amare la vostra otp![Solo Edite]' indetto da Elettra.C sul forum di efp
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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"I fiori dell'oscurità
sbocciano sempre ai primi
bagliori dell'alba"

 
   {I know the sun most set to rise} 
 

                                                                                                                                La fiamma ondeggiava flebilmente in cima al candido cero, unica fonte di luce presente nella stanza, producendo un fioco bagliore che illuminava, in un gioco di luci ed ombre, il grande e polveroso salotto del numero 12 di Grimmauld Place. Sulla parete a sinistra, le figure dipinte con cura dell’albero genealogico della famiglia Black sembravano quasi lanciare sguardi austeri ed altezzosi alla figura minuta di Hermione, che ormai da un paio di minuti misurava a grandi passi il salotto, aggirando ripetutamente i mobili vecchi e ammuffiti che riempivano la stanza. Così come le sue gambe avanzavano veloci sulla moquette, la sua mente lavorava frenetica da un tempo apparentemente indefinito mentre si contorceva nervosamente le mani, le cui nocche aveva preso una sfumatura cremisi, macchie di vino rosso dal freddo e dalla tristezza.                                 Ormai dovevano essere passati almeno una manciata di minuti dal suo arrivo,  il freddo dell'aria fresca della notte non era ancora del tutto scomparso dalla sue pelle e quelle crudeli lingue di gelo che si insinuavano nella stanza attraverso le fessure della finestra di certo non migliorarono la situazione.                     All’estremo della stanchezza che la preoccupazione e l’insonnia le avevano procurato durante quei due giorni, con mani e gambe  dolenti, sedette sullo sgabello rivestito in morbida pelle accanto al pianoforte, lasciando fluire liberamente le emozioni che aveva forzatamente imprigionato dentro di se dal giorno precedente.                                                                                       Preoccupazione, tristezza e dolore sgorgarono rapidamente all’esterno, sotto forma di lacrime salate che le bagnarono ben presto gli zigomi alti e le guance pallide.                                                                                                            Odiava quelle situazioni.                                                                                Odiava la totale incapacità e inettitudine che mostrava in quei momenti. Ma soprattutto odiava non poter essere d’aiuto alle persone che più amava; appariva fredda, quasi distaccata, nettamente in contrasto con il dolore  che l’aveva spinta a trascorrere quelle vacanze natalizie lontano dalla sua famiglia per restare accanto ai Weasley in quel momento di sconforto. La paura per la situazione critica in cui si era ritrovato improvvisamente il signor Weasley l’aveva affiancata costantemente durante le notti precedenti, insieme al desiderio di poter stare accanto a Ron e agli altri il prima possibile.                                        Ed ora, che cosa avrebbe dovuto fare per Ron?                                                      Sembrava comparire cemento sotto le suole delle sue scarpe ogni qualvolta si decideva a salire quei maledetti scalini che li separavano.                                    Per la prima volta nella sua vita, Hermione si sentì di troppo accanto al suo migliore amico, si rese conto di essere a accorto di parole adatte per sanare almeno in parte l’animo inquieto e tormentato di Ron.                                                            Si sentiva inutile, e proprio non lo sopportava.                                       Sentiva delle fitte tremende al petto ed un bisogno quasi disumano di un abbraccio, delle sue braccia, di quelle braccia forti incastrate al suo corpo ed il suo naso lungo a solleticarle piacevolmente l’incavo del collo mentre la rassicurava silenziosamente con la sua sola presenza. Hermione, con una fitta più potente delle altre in corrispondenza del cuore, si accorse di aver bisogno di Ron, ancora una volta. Era assurdo, ma aveva bisogno del suo sorriso storto e sornione per porre fine a quel tormento, a quella tortura psicologica alla quale si sottoponeva da quasi tre notti.                                         Con che coraggio avrebbe potuto guardarlo dritto in volto se non gli fosse stata accanto in quell’occasione? Come poteva considerarsi sua amica se non riusciva a trovare la forza per sostenerlo quando la sua stabilità oscillava pericolosamente? 
Vergogna.
Solo vergogna ed infinito disprezzo per se stessa le attanagliavano ferocemente le membra  man mano che riusciva a scavare sempre più in profondità dentro di se.
Sentiva la sua anima lacerata dal disprezzo e dal dolore, e, mentre il suo volto si stropicciava sempre di più, come un foglio sotto le sue lacrime divenute insistenti e copiose, lasciò fluire nuovamente le sue emozioni, stavolta attraverso il corpo, con le mani appoggiate sulla tastiera del pianoforte e le dita delicatamente pressante sui tasti bianchi e neri di quest’ultimo, lasciandosi trascinare dal dolce suono che questi liberavano nell’aria ad ogni suo tocco e dall’accogliente tepore emanato dal ricordo che si dipinse sempre più nitidamente nella sua mente.

 

La prima immagine, seppur sfocata, che i suoi occhi riuscirono ad inquadrare fu quella dello stesso salotto polveroso situato in Grimmauld Place, stavolta avvolto nella luce soffusa del primo mattino, i raggi del sole che s’infrangevano con calma quasi innaturale sul pavimento rivestito dalla morbida e polverosa moquette bordeaux. Anche il pianoforte era illuminato da una macchia di sole, così come  il viso di Ron, pallido e leggermente inclinato verso il basso, concentrato sui movimenti delle sue dita sui tasti di legno rivestiti da un leggero strato di polvere. Con le braccia incrociate al petto e la schiena appoggiata allo stipite della porta, gli occhi scuri di Hermione si persero nelle sue sopracciglia teneramente aggrottate e nella dolce melodia che riempiva la stanza. 
“Hermione..c-che cosa ci fai..?” Balbettò il rosso, lasciando improvvisamente la presa sulla tastiera mentre le orecchie gli si coloravano di una lieve sfumatura cremisi.
“Quando hai imparato a suonare?” Si maledisse all’istante per l’enorme quantità di stupore che le era scivolata  involontariamente dalle labbra e arrossì notevolmente sulle guance, un po' per il caldo asfissiante dell’estate ed un po' per lo sguardo limpido e chiaro di Ron proiettato su di lei. 
“Qualche anno prima che tu sei iniziassi a spiarmi di nascosto.” Ridacchiò e la sua affermazione la fece arrossire ulteriormente, la fece inveire mentalmente contro se stessa per essersi fermata a guardarlo, ed infine la costrinse a prendersi qualche secondo prima di controbattere con voce ferma e sicura. 
“Io non stavo proprio spiando nessuno!” Si giustificò lei, alzando entrambe le mani in aria in segno di difesa, osservata dallo sguardo azzurro e divertito del ragazzo.
Rimasero qualche minuto senza dire nulla, lui quasi imbalsamato sul suo sgabello, lei immobile con la schiena appoggiata allo stipite in legno e le braccia intrecciate al petto, finché Hermione non decise di fare il primo passo. 
Due, tre, o forse anche quattro prima di raggiungerlo e sedersi accanto a lui; immediatamente il dolce profumo di fiori e menta peperita emanato dai suoi capelli la avvolse, le inebriò piacevolmente i sensi, e mentre il suo sguardo indugiava qualche secondo di troppo sul profilo del suo naso lungo e sulle lentiggini con cui era cosparso, Ron riprese a suonare. 
Gli occhi di Hermione vagavano senza pace dall’alto del profilo del suo viso al basso delle sue dita, che leggiadre su quei tasti avevano rapito quasi interamente l’attenzione di un Hermione piacevolmente sorpresa e irrimediabilmente incantata.
Il tempo sembrò quasi essersi fermato, scandito solo dal suono armonioso delle note musicali, quando le artefici di questa melodia si bloccarono bruscamente sulla tastiera, e gli occhi azzurri di Ron colsero in flagrante gli occhi di Hermione puntati su di lui, cogliendo con stupore una lieve sfumatura rossastra che le imporporava le guance.
Esitarono entrambi prima di riempire quel silenzio divenuto ben presto imbarazzante e assordante, costringendosi a guardarsi negli occhi mentre, 
come foglie esposte alla brezza autunnale, entrambi oscillarono in balia dei loro sentimenti, prima di cadere nuovamente nel vuoto.
“Dovresti fare più attenzione. Hai sbagliato una nota.”

 
***


Nella sua insonnia, Ron era ubriaco di silenzio. In interminabili istanti si era insinuato sotto la sua pelle, imbevendo la mente di tossine, trascinandola lentamente verso l’oblio della più ceca disperazione, senza che riuscisse a trovare un appiglio per sfuggire alla ragnatela di odio e dolore che quella notte infinita stava tessendo su misura per lui. Inerme di fronte al silenzio, con il capo adagiato su un anonimo cuscino bianco ed il corpo indolenzito sdraiato su delle lenzuola tarlate e color porpora, guardava da qualche centimetro di distanza il vetro leggermente incrostato della finestra, e con ancor più attenzione e ammirazione il magnifico cielo che rifletteva quella notte: la volta celeste sembrava essere diventata un velo nero, squarciato da un’infinità di stelle, simili a diamanti splendenti nella notte. Sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo, sentendo una melodia familiare vibrare in un eco delicato e distante tra le pareti della camera.
Un sospiro abbandonò le sue labbra prima di poggiare i piedi contro il freddo linoleum del pavimento, ben deciso a scoprire l’artefice di quel suono così gradevole che era riuscito a riportarlo a galla dall’abisso scuro e profondo in cui ottimismo e speranza stavano annegando lentamente insieme a lui, facendolo riemergere di fronte al bagliore accecante della luna.

Passo dopo passo, gradino dopo gradino, scricchiolio dopo scricchiolio, la consapevolezza di chi potesse davvero esserci seduto davanti a quel pianoforte si insinuò lentamente nel cuore e nella mente di Ron, nonostante la credesse estremamente lontana, magari in una comoda e confortevole baita in montagna con i suoi genitori, ignara di tutto.
Ma istante dopo istante ogni dubbio scomparve. Non poteva essere nessun altro se non lei, ne era certo. 

Un sorriso spontaneo incurvò gli angoli della bocca e il macigno che fino a poco prima pesava sul suo petto prese lentamente a sgretolarsi. Anche gli occhi sorrisero, colmi di felicità, cercarono di imprimere a fuoco quell’immagine nella sua mente, ignaro di averlo già fatto nel cuore.
Non sembrò accorgersi di lui, ed il primo istinto di Ron fu quello di nascondersi e sbirciarla da dietro lo stipite della porta, ma qualcosa lo spinse ad avvicinarsi. Forse quelle note, delicate, pure, che danzavano nell’aria. Forse il bisogno di starle accanto. 
Si accomodò silenziosamente accanto a lei e si perse nella fragilità che emanava in quel momento, nelle sue palpebre abbassate, nelle sue ciglia lunghe che riposavano beatamente sulla curva delle guance, nel vago sorriso che ora le incurvava leggermente le labbra, socchiuse come i petali di un fiore di pesco durante lo sbocciare della sua bellezza; si perse in quel senso di epifania, in quella stessa inquietante scoperta di non aver capito, che una cosa guardata innumerevoli volte e percepita come ordinaria, trascurabile, in realtà era bella, era sempre stata bella.
Dopo qualche secondo le palpebre di Hermione si sollevarono, incrociando nuovamente lo sguardo limpido e trasparente di Ron. 
Solo quando lei gli donò le sue iridi scure, Ron comprese davvero quanto gli era costata la sua assenza.
Si stupì nel notare che Hermione non sembrava affatto sorpresa di rivederlo accanto a lei, e si chiese come fosse riuscita a percepire la sua presenza. 
In un istante il suo sorriso scomparve, sostituito da un sospiro, e Ron comprese che Hermione aveva capito ogni cosa. 
Aveva capito quello che stava provando.
Aveva capito quello che aveva pensato sino a pochi minuti prima. 
Lei capiva sempre. 
Avrebbe voluto stringerla in un forte abbraccio ed affogare nelle sue carezze e nelle sue parole rassicuranti, avrebbe voluto dirle il bene che gli faceva la sue compagnia.
Ma lei avrebbe capito ugualmente.
Lei, dopotutto, capiva sempre.
Sentì le sue dita affusolate percorrere la linea della mascella, sfiorare delicatamente la guancia e accarezzare impacciatamente alcune ciocche rosse adagiate sulla fronte nivea, e chiuse gli occhi, sentendo l’improvvisa necessità di parlare, di rompere quel silenzio, di dire qualsiasi cosa gli fosse passata per la testa, senza ostacolare minimamente il flusso di pensieri che gli attraversava la mente. 
“Ho paura, Hermione.” Queste parole, impregnate di una verità quasi sconcertante per lui, scivolarono via dalle sue labbra senza nessun impedimento.
Adesso si sentiva un po' più libero di respirare...
“Il bello è che non sei mai preparato, pensi sempre che questo genere di cose capitino sempre agli altri.” Sentì l’intensità nascosta dietro le carezze di Hermione aumentare impercettibilmente e si sforzò di continuare, le palpebre ancora abbassate e la pelle in balia del tocco delicato delle sue dita. 
“Non ci avevo mai pensato, sai? Non che lo credessi immortale, è ovvio, ma ho sempre dato quasi per scontato la sua presenza. Ho sempre visto la sua morte così lontana, quasi impossibile, e adesso che potrebbe essere sul punto di…d-di quello…mi sembra tutto un sogno. Un orribile e surreale sogno dal quale so di non potermi risvegliare.
Ho sempre pensato che mi avrebbe visto finire Hogwarts e che mi avrebbe visto diventare un uomo degno dei suoi insegnamenti. Vederlo orgoglioso di me è sempre stato uno dei miei desideri più profondi e credevo fino a ieri di avere tutto il tempo del mondo per riuscirci. Ma adesso mi rendo conto che mi sbagliavo. Adesso so che il tempo scorre veloce, ho imparato che possono sfuggirci dalle mani tutte le nostre certezze in un solo istante, e lui, lui potrebbe morire domani senza che io sia riuscito a renderlo orgoglioso di me.”
“Pianta di dire sciocchezze! Lui è già orgoglioso di te, Ron.” Poco più di un sussurro abbandonò le labbra di Hermione e soffiò sul suo orecchio. Per un attimo credette di aver sentito male. 
“Tuo padre non potrebbe essere più orgoglioso dell’uomo meraviglioso che stai diventando.” Disse Hermione, entrambe le mani sulle guance di Ron ed il viso a pochi centimetri dal suo; lui riusciva addirittura a contare le piccole lentiggini color caffellatte spruzzate sul suo nasino all’insù e a distinguere delle pagliuzze gialle nelle sue iridi marroni. 
Tenerezza e preoccupazione erano impresse a fuoco nel suo sguardo, conferendole per la prima volta un aspetto immensamente fragile nella sua forza e nel suo coraggio, come fosse stata di carta  poteva essere strappata da chiunque, come fosse stata di vetro sarebbe bastato un movimento impercettibilmente e sbagliato per frantumarla in mille pezzi; negli occhi scuri e lucidi di lei si accorse di vedere il riflesso dei suoi, delle emozioni che gli attanagliavano senza sosta il petto ormai da due giorni e che aveva preferito tenere per se. 
Ma con lei non era stato così.
Con lei era stato diverso sin dal primo momento.
Lei capiva sempre.
Lei lo capiva sempre. 
Avevano quel dono innaturale di tacere con le stesse parole, il segreto profondo della loro tacita intesa.

“Se questo può consolarti, Ron, la Umbrige è diventata verde di rabbia non appena si è accorta della vostra assenza. Sembrava sul punto di scoppiare. Non credo di averla mai vista così fuori controllo.” Mormorò ad un certo punto Hermione, accennando un timido sorriso. 
E Ron scoppiò a ridere, una risata di cuore, una risata liberatoria che lo fece sentire immediatamente più spensierato. 
Sì, non c’erano dubbi, con lei era tutto diverso, lui per prima era diverso. 
Era se stesso. Ron e basta. Solo Ron.
“Sarai sempre qui vicino a me, Hermione? Anche quando saremo troppo occupati ad odiarci per rivolgerci anche solo una parola?” 
“Sono sempre stata qui, se lo vorrai rimarrò per sempre.”
Sorrise ancora una volta quando quelle parole gli arrivarono alle orecchie e gli attraversarono il cuore, e lasciandosi stringere da quelle esili braccia in cui quella sera aveva trovato un riparo dalle intemperie della guerra si concesse un sospiro mentre l’animo placido si increspava in quell’abbraccio nato nell’oscurità, rafforzato ai primi bagliori dell’alba e mai più sciolto.



Citazioni

•“Quel senso di epifania, quella stessa inquietante scoperta di non aver capito, che una cosa guardata innumerevoli volte e percepita come ordinaria, trascurabile, in realtà era bella, era sempre stata bella.”
Taiye Selasi, La bellezza delle cose fragili

•“Il bello è che non sei mai preparato, che tanto capita sempre agli altri.” Roberto Vecchioni, Viola d’inverno


Angolo Autrice

Dopo quasi un mese di assenza dal forum eccomi di nuovo qui con una nuova One-shot! 
Inizio col dirvi che mi è dispiaciuto moltissimo rispondere alle vostre recensioni dopo tempo, ma ahimè, tra la scuola e i vari impegni non sono riuscita a collegarmi o a postare qualcosa prima.
Ritornando alla One-shot, questa è la prima che iscrivo ad un concorso, quindi auguratemi un in bocca al lupo!;)
Ho lavorato molto alla stesura del testo  –anche se non come avrei voluto- e spero che abbiate trovato la lettura piacevole.
Come sempre scusatemi per alcuni errori di battitura, alla prossima.
S.







 
   
 
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