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Autore: gufadeldestino    09/03/2017    1 recensioni
Haruhi Fujioka.
Joanne Ivanov.
Due amiche legate da in filo indissolubile.
La mia prima fic. Non siate cattivi.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Haruhi Fujioka, Nuovo personaggio, Takashi Mori Morinozuka
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti/e. La mia prima fic in capitoli, scritta tutta d'un fiato. Mi scuso per il casino grammaticale, cercherò di rimediare al più presto. Spero vi piaccia, buona lettura.



La mia prima volta sul ghiaccio non la dimenticherò mai.
Ero piccola, ma non ricordo di preciso quanti anni avessi.
Indossavo un paio di stivaletti blu presi a noleggio, ormai talmente usurati da avere la chiusura di sicurezza che faticava a chiudersi; ma non avevo tempo per rendermene conto, ero troppo emozionata.
Dovevo scendere in pista.
Non vedevo l'ora di far strisciare quelle lame consumate sulla superficie ghiacciata, di dar sfogo alla mia fantasia come facevano le pattinatrici che vedevo alla televisione e potermi sentire agile, aggraziata, eterea.
La prima cosa che accadde poco dopo aver fatto i primi passi in pista fu ovviamente cadere; ma, invece di scoraggiarmi, quella caduta mi trasmise la carica di cui avevo bisogno, mi diede finalmente qualcosa a cui aggrapparmi.
Di lì a poco cominciai ad innamorarmi del pattinaggio artistico, iniziandomi ad allenare tutti i giorni; all'età di sei anni ero già in grado di eseguire figure discretamente complesse per una qualsiasi bambina della mia età, e riuscivo a volteggiare con molta disinvoltura.
Mettevo anima e corpo nell'allenamento, forse per compensare la mancanza fisica dei miei genitori, divorziati da qualche anno e sempre in giro per lavoro. Mi spedivano un sacco di regali da ogni parte del mondo in cui si trovassero per lavoro, cercavano forse di placare il loro stesso senso di colpa con bambole e giocattoli; ma non si rendevano conto che l'unica cosa che io desiderassi veramente era qualcuno a cui volere bene, sul quale poter sempre contare.
Certo, le balie cercavano sempre di essere presenti a loro mood, ma non era certo la stesso cosa.

Sono passati parecchi anni dall'ultima volta in cui ho visto Haruhi Fujioka, la mia più grande e vera amica.
Ricordo ancora il nostro primo incontro come se stesse accadendo proprio in questo momento, davanti ai miei occhi: era un grigio pomeriggio di Gennaio, uno di quei giorni dove forse la cosa migliore da fare sarebbe starsene sotto ad una morbida copertina a leggere un buon libro, magari con un gatto acciambellato seduto sul grembo e una tazza di thè bollente poggiata sul tavolino, in attesa che finiscano i minuti d'infusione della bustina.
Dopo settimane di insistenze continue ero finalmente riuscita a convincere la mia allenatrice a portarmi al Tokyo Midtown Ice-rink, per poter finalmente provare la figura sulla quale avevo lavorato così tanto ultimamente: non vedevo l'ora di mettermi i pattini e sfrecciare su quella pista all'aria aperta, circondata dalle mille luci della città.
Quello che non sapevo era che quel giorno, oltre all'allenamento, avrei conosciuto una persona che mi avrebbe cambiato la vita per sempre.
Una volta terminati i miei esercizi volteggiavo spensierata per la pista, noncurante(anche un pò per gioco) delle sempre più persone che pian piano stavano entrando.
Tutto d'un tratto la mia attenzione è catturata da una bambina con lunghi capelli marroni, lisci come la seta; sapevo che osservare le persone fosse segno di maleducazione, ma c'era qualcosa che proprio mi impediva di distogliere lo sguardo da lei.
Haruhi, cinque anni, era lì, in mezzo a tutta quella gente.
Le sue mani non si staccavano dalla gelida ringhiera di ferro che percorreva tutta la struttura; i genitori, dall'altra parte, cercavano in tutti i modi di incoraggiare la figlia a staccarsi e a muovere da sola i primi passi.
Incuriosita, mi sono avvicinata fino a poter sentire i loro discorsi.

-Forza Haruhi, ce la puoi fare! Non è difficile, hai promesso che ci avresti provato!-
-Lo so mamma, ma proprio oggi non mi va..avete visto quanta gente oggi? E se poi mi scontrano o rimango bloccata al centro della pista?-
-Non dire sciocchezze tesoro, sei tu che sei voluta venire qui oggi!-
-Amore, non preoccuparti, è facile come andare in bici!-
-Ma papà, io non so andare in bici...-
-Oooh giusto, non ci avevo pensato...-
-E se poi cado e mi faccio male..?-

-Non preoccuparti, ci penserò io insegnarti!-

Non so per quale motivo mi uscirono quelle parole di bocca.
Vuoi l'incoscio, il destino, una congiunzione astrale.
Era scritto nelle stelle che io e lei dovessimo incontrarci quel giorno, in quel posto.
Sul ghiaccio.
Inutile dire che siamo andate subito d'accordo.
Finalmente avevo un'amica, qualcuno con cui poter condividere tutti i miei bei giocattooli e la mia casa, tanto grande quanto fredda e vuota. Anche i genitori di lei erano molto felici che la loro figlioletta avesse trovato finalmente un'amica con la quale aprirsi, mi invitavano spesso da loro ed ogni volta ne ero molto felice.
Adoravo la sua famiglia, così semplice e modesta ma allo stesso tempo calorosa ed essenziale. Il padre di Haruhi, Ryoji era un uomo un pò strano, con dei lineamenti molto delicati, quasi femminili a dirla tutta: ai tempi sapevo solo che facesse il barista(solamente dopo mi sono resa conto del tipo di locale in cui lavorava).
Sua madre, Kotoko, invece era un'avvocato, giovane e parecchio in gamba. Haruhi aveva la sua stessa determinazione.
Passavamo insieme quasi ogni giorno, mi invitavano spesso a mangiare da loro ed ogni volta speravo che il tempo non passasse mai, amavo quella famiglia ed avrei dato qualsiasi cosa per poter stare sempre con loro.
Purtroppo però, è risaputo, le cose belle finiscono sempre troppo in fretta.
Kotoko venne a mancare nel giro di un anno.
Nessuno se lo aspettava, men che meno Haruhi; Ryoji dovette riprendere a lavorare, e spesso capitava che restasse in casa da sola. Andavo a trovarla ogni volta che potevo, ma mi rendevo conto di non poter fare più di tanto contro la nostalgia di una persona cara.

Stava per giungere la primavera, il che significava che io e Haruhi avremmo ripreso ad andare a scuola.
O meglio, lei avrebbe ripreso.
Io sarei dovuta ritornare nella mia seconda patria, in Russia, a casa da mia madre.
Voleva che ricominciassi la scuola in collegio, dove in passato era stata alunna anche lei, e la decisione presa era irrevocabile.
Non volevo dirlo alla mia amica, avevo paura di ferirla.
Ho pensato più di una volta di andarmene senza dirle niente, ma conoscendola sapevo avrebbe preferito glielo avessi detto, anche nel modo più diretto possibile.
E così feci.
--------

-Fanno 1200 yen, grazie.- farfuglia il taxista.

-Ecco a lei, tenga il resto.- esclamo secca, mentre prendo la borsa e cerco di chiudere la portiera senza lasciarci dentro la giacca. Il quartiere è un posto tranquillo, poco trafficato, pieno di verde.
Mi giro verso un complesso modesto di appartamenti: all'improvviso il mio cuore aumenta i suoi battiti.
Diamine, sono passati dieci anni. Quanto mi è mancata questa vista! Questo posto!
Prendo la scalinata a sinistra, secondo piano.
Ci siamo! Mi fermo davanti alla seconda porta color grigio pallido.
Nr. 22, Fujioka.
Suono il campanello.
Sento dei passi che si dirigono verso la porta.
La serratura scatta, il pomello gira.
La porta si apre.

-Sì, chi è...?-
  
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