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Autore: Grify    09/03/2017    1 recensioni
Un anno dopo l'iniziazione di Quattro, Olivia: una ragazza abnegante di nome ma non di fatto, impulsiva e arrogante, durante la sua cerimonia della scelta abbandona senza remore la sua fazione per entrare a far parte degli intrepidi. Da subito attira su di se le attenzioni di Eric, capofazione, intrepido e incubo degli iniziati; che siano positive o negative questo è tutto da vedere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Pov Olivia
-Che cosa vuoi da me?
Grido avvilita, piantando bruscamente i piedi per terra; i battiti del cuore accelerano fino a raggiungere un ritmo allarmante e i polpastrelli formicolano sotto la pressione del sangue sulle punte delle dita. Assalita da un maledetto senso di impotenza ricomincio a dimenarmi violentemente, cerco di colpirlo ma lui rinforza dolorosamente la presa sui miei polsi, mi dà uno strattone e continua a trascinarmi di peso verso i binari del treno.
Le lacrime minacciano di scendere mentre la distanza tra noi e i binari diminuisce sempre di più. Tento in ogni modo di liberarmi, di fermarlo, di rallentarlo, ma tutto si rivela inutile, e a quel punto inizio a tremare in preda al panico. 
Un suono improvviso, spaventoso, mi colpisce le orecchie e sia io che il mio rapitore sussultiamo, arrestandoci.
-Lasciala. Andare.
La voce di Eric, la stessa voce che fino a qualche ora fa ho creduto di odiare, adesso mi sembra il suono più bello del mondo. Senza neanche accorgermene i miei muscoli si rilassano, doloranti a causa di tutto il tempo in cui sono stati contratti. E in un attimo tutta la paura svanisce mentre guardo gli occhi di Eric.
L'escluso si volta bruscamente verso di lui, trascinandomi con se e rinsaldando la pressione del coltello sulla mia pelle.
-Fai un passo e le taglio la gola.
Minaccia cercando di non far tremare la mano. "Povero illuso. Non importa cosa farai o cosa dirai, niente potrà salvarti dal capofazione"
Penso con un pizzico di sadica soddisfazione, provando però in fondo anche un po' di pena per lui.
Eric fa qualche passo avanti, lentamente, come se avesse tutto il tempo del mondo.
-Lasciala adesso, e ti prometto che ti ucciderò in fretta.
Ribatte tranquillo, l'espressione impenetrabile, tutto di lui grida: pericolo! Sono sicura che anche il mio rapitore non è rimasto indifferente, posso sentirlo emanare la stessa paura che fino a poco prima provavo io. "La ruota gira". 
Per un tempo indefinito rimaniamo tutti e tre fermi, in silenzio, mentre i rumori della battaglia si affievoliscono, decretando gli intrepidi vincitori, e il rumore dello sferragliare delle ruote del treno inizia a sentirsi in lontananza. Poi io prendo in mano la situazione; approfittando del fatto che il capofazione ha catturato tutta la sua attenzione con due movimenti simultanei gli pesto con forza il piede e allontano da me il coltello, voltandomi e dandogli poi una spinta che fa finire sia lui che me, a causa del contraccolpo, a gambe all'aria. Imprecando rabbiosamente l'escluso tenta di raggiungermi col coltello sopra la testa, ma un proiettile sparato tempestivamente dal capofazione nella sua spalla lo costringe nuovamente a terra.
Finalmente libera dalla presa del l'escluso, e consapevole di essere in salvo, mi piego su me stessa e rimetto quel poco che avevo mangiato la sera prima, condito con abbondanza di succhi gastrici. Mentre i conati si susseguono sento un forte "crack" alle mie spalle, come di qualcosa che si rompe, allora mi invoglio ad intervenire prima che Eric massacri di botte il ragazzo; così mi pulisco in fretta la bocca con la manica della giacca e mi alzo dal terreno, sentendo le gambe deboli sotto il mio peso e imprecando mentalmente per la facilità con cui sono stata messa fuori-gioco. Piombo sul capofazione bloccandogli il braccio a mezz'aria (bloccandogli si fa per dire), pronto per colpire l'ennesima volta il viso dell'escluso.
-Se continui così lo ammazzi.
Provo ad ammonirlo, senza grandi risultati.
-È proprio quello che voglio fare.
Ringhia guardando la faccia coperta di sangue del ragazzo con uno sguardo capace di farti sprofondare nell'inferno.
-Aspetta! Non dovrebbe avere...un processo?!
Lui mi guarda come se stessi parlando in un altra lingua, poi sposta lentamente lo sguardo sull'escluso.
-Hai ragione, ci vuole un processo. Guarda caso sono un capofazione, quindi ho l'autorità per giudicarti colpevole...ti condanno a morte.
Dice in tono mellifluo, senza il minimo accenno di emozioni negli occhi, poi sfila la pistola che aveva riposto nella fondina e la punta verso la sua testa. Presa in contropiede rimango un attimo interdetta, poi però mi piazzo davanti il ragazzo, in un impeto di follia suicida. Vedo gli occhi di Eric sgranarsi mentre preme il grilletto, io chiudo i miei istintivamente e subito dopo sento lo sparo.
Riapro gli occhi e vedo Eric che mi guarda a metà tra lo sconvolto e l'infuriato, dalla sua posizione non è difficile capire che abbia deviato all'ultimo la traiettoria, per mia fortuna. Inizia ad imprecare ad alta voce e io senza pensarci due volte mi allontano il più possibile da lui, che sono sicura mi farebbe molto male se riuscisse a mettermi le mani addosso. Volgo lo sguardo verso la direzione in cui sta guardando e mi accorgo che l'escluso se l'è data a gambe saltando dentro uno dei vagoni del treno che sta sfrecciando davanti i nostri occhi. Mi rigiro appena in tempo per accorgermi del capofazione che come una furia mi sta piombando addosso; mi afferra prepotentemente per le spalle e mi da una forte scrollata che mi fa vorticare la testa. Sembra fuori di se dall'ira e mi guarda con gli occhi di un folle, proverei tanta paura se non fossi così concentrata a non vomitargli sul gilè.
-Che cazzo hai nella testa? Che cosa cazzo ti è preso?! Quel bastardo sarebbe dovuto morire! A chi cazzo pensi che sarebbe mancato un rifiuto del genere? Hai almeno idea di quello che quel gran figlio di puttana ti avrebbe fatto se non l'avessi fermato? E tu come una cogliona l'hai...protetto! 
Dopo avermi urlato addosso queste parole senza neanche darmi il tempo di parlare, mi lascia andare con stizza e fa un profondo respiro passandosi nervosamente una mano tra i capelli, poi sul viso.
-Perché l'hai fatto?
Mi domanda guardandomi fisso negli occhi, il grigio delle sue iridi oscurato dalla rabbia. Io avvolgo le braccia intorno alla pancia e ricambio il suo sguardo.
-Perché non meritava di morire. 
-Ah no?
-No. Non ha fatto quello che ha fatto perché è una persona cattiva; è solo il prodotto di questa società, che crea persone talmente infelici che non hanno più niente da perdere. Questa è la dimostrazione che c'è qualcosa che non va! 
Rispondo mettendo dell'enfasi nell'ultima frase. Lui mi guarda per qualche secondo con la bocca aperta, poi inizia a ridacchiare e scuotere la testa. Lo guardo confusa e infastidita per via della sua reazione, se c'è una cosa che odio è non venire presa sul serio.
-Che hai da ridere?
Lo attacco guardandolo male. Lui smette e mi guarda in modo enigmatico.
-Gli esclusi sono la feccia della società, troppo deboli per superare l'iniziazione.  Funziona così da sempre, non solo in società ma anche in natura: i più forti vivono, i deboli muoiono.
-Certo, non ti importa niente degli altri ma ti affanni a punirli per crimini che sono stati spinti a compiere.
Con poche ma decise falcate mi si para davanti e mi afferra la mandibola, i nostri visi sono distanti pochi centimetri, lui sta tremando dalla rabbia e il modo in cui mi guarda mi fa venire il latte alle ginocchia.
-Gli esclusi ci hanno attaccato come dei vigliacchi, sapendo che eravate disarmati, che eravate deboli. Hanno rubato le nostre armi e ferito e ucciso i nostri uomini. Lo stesso escluso per cui hai rischiato di prenderti una pallottola ti avrebbe ucciso a sangue freddo. Anche se fossi capace di provare pietà per qualcuno, di certo non sarebbe per loro. 
Mi ringhia in faccia queste parole, trasmettendomi con lo sguardo tutto il ribrezzo che prova, poi mi lascia andare e inizia a camminare verso la massa di esclusi e intrepidi. Rimango per qualche secondo ferma a massaggiarmi la mascella su cui il capofazione aveva serrato le sue dita, e lo guardo andarsene lontano da me. Mi sento talmente confusa, un attimo prima mi fa sentire come se vicino a lui niente potesse farmi del male, l'attimo dopo mi tratta con tanta cattiveria che mi fa desiderare che se ne vada e non torni mai più. Con Marcus non è mai stato così, lui era cattivo, sempre e comunque, ed è per questo che mi veniva così facile odiarlo. Eric invece è fatto di così tante sfumature, un miscuglio di luci e ombre in mezzo al quale non riesco a districarmi. Mi piego in avanti e vomito ancora, poggiando le mani sulle ginocchia per darmi una qualche parvenza di stabilità. Quando penso di aver finito mi passo una mano sulla fronte facendo pressione sulle tempie per attenuare le vertigini e mi accorgo di stare sudando freddo, allora mi sposto la frangia dalle fronte per poi passarmi la mano tra i capelli, attendendo di riprendere il controllo di me stessa, mentre le immagini di questa mattina passano davanti i miei occhi chiusi.
Una volta tornata vicino agli altri iniziati mi accorgo che si sono disposti in una specie di cerchio; noto che ci sono degli altri intrepidi che si danno da fare, chi per assistere i feriti e chi per occuparsi degli esclusi che hanno gettato le armi. Sguscio in mezzo alla calca per vedere cosa è successo, con un brutto presentimento addosso. La scena che mi trovo davanti mi lascia stranamente impassibile, come se la guardassi attraverso una finestra, lontana da me. Eric è inginocchiato di fronte a una ragazza stesa per terra, in una pozza di sangue. Si è tolto il gilet di pelle per premerlo su una ferita all'altezza dello stomaco. La ragazza è pallidissima e trema mentre Eric sbraita ordini a destra e a manca, dicendo di portarla subito al quartiere generale degli eruditi. Io resto impalata a guardarmi intorno, il mondo diventato improvvisamente di varie tonalità di grigio. Nessun colore.  Poi all'improvviso appare Tobias nella mia mente, ed inizio a guardare in  tutte le direzioni per scorgerlo. Mi faccio largo a spintoni tra la folla finché un mio movimento troppo brusco non mi fa tornare le vertigini e cado per terra scombussolata. Sento qualcuno prendermi per le spalle e rimettermi in piedi, lo ringrazio distrattamente e riprendo la mia ricerca ma il ragazzo che mi ha rialzata mi ferma per un braccio:
-Stai sanguinando, devi farti curare.
Mi dice, iniziando a condurmi verso l'esterno della folla; ed effettivamente anche io me ne ero accorta sentendo un denso liquido colarmi dalla ferita pulsante sulla testa.
-No, ce la faccio.
Tento di oppormi, ma non vengo ascoltata.
-Ho detto che ce la faccio!
Ribadisco puntando i piedi sul terreno, facendo voltare il ragazzo a guardarmi stralunato.
-Ma...
Prova a dire, ma io mi scrollo dalla sua stretta e giro i tacchi. Continuo a girare, vedendo di tanto in tanto qualche intrepido ferito che viene assistito da altri intrepidi. Anche molti esclusi sono feriti, ma a loro nessuno presta attenzione. Alla fine scorgo la figura di Lisa che tenta di occuparsi di Roy, a cui sanguina copiosamente un braccio, e mi avvicino.
-Ragazzi, va tutto bene?
Chiede mettendo una mano sul braccio a Lisa.
-È grave?
Chiedo poi riferendomi alla ferita di Roy.
-Olivia! Ero così preoccupata.
Esclama la mia amica stringendomi in un abbraccio, facendomi sentire per certi versi in colpa, perché percepisco nella sua voce della sincera preoccupazione, mentre l'unica cosa a che ho in testa in questo momento è di trovare Tobias.
-Io sto bene, è Roy che è rimasto ferito...
Continua staccandosi da me per rivolgere di nuovo attenzione al nostro amico, che evita il suo sguardo a disagio.
-È solo un graffietto, c'è gente messa peggio di me
-Non è solo un graffietto! Vedi come stai sanguinando?!
Chiudo gli occhi e faccio un grosso respiro mentre sento l'ansia prendere possesso di me.
-Olivia ma tu sanguini! 
"Ecco, ci mancava"
Lisa si avvicina per controllarmi la ferita, ma io mi scanso.
-Sto bene. Sentite, voi avete visto Tobia...Quattro? Sapete cosa gli è successo?
Entrambi scuotono la testa in segno di diniego.
-L'ultima volta che l'ho visto...
Dice Roy, titubando, con il viso bianco oltre il limite del normale. Io lo fisso, aspettando che continui.
-Era...svenuto, e molti esclusi lo circondavano.
Finisce la frase con fatica, barcollando.
-Sicuro di sentirti bene?
Gli domando facendo un passo verso di lui.
-Certo che no! Sta perdendo troppo sangue.
Risponde al posto suo Lisa prendendogli il volto tra le mani, un po' accarezzandolo e un po' dandogli leggeri schiaffetti.
-Ehiii! Qui abbiamo bisogno di aiuto.
Grida autorevolmente a degli uomini con del materiale medico in mano poco distanti da noi, per poi sussurrare a Roy in tono notevolmente più dolce:
-Resta sveglio, mi hai capito? Resta sveglio.
A questo punto mi allontano, decisa a trovare mio fratello.
Alla fine lo individuo: è privo di sensi,  circondato da due uomini eruditi che lo stanno trasportando su una barella verso una delle tante ambulanze che sono arrivate pochi minuti fa. Corro incontro ai due uomini, ignorando i forti giramenti di testa che non mi danno tregua.
-Come sta? 
Chiedo guardandolo, la gola improvvisamente secca.
-Sta bene, non ha ferite gravi, solo qualche livido e qualche taglio. 
Mi risponde uno degli uomini, continuando a trasportarlo. Quando arriviamo all'ambulanza lo caricano all'interno e gli mettono una mascherina nella faccia. Io faccio per salire, lo sguardo ancora incollato a Tobias, ma qualcuno mi ferma per la spalla. 
-Solo i parenti.
Io rimango interdetta per qualche secondo, guardando l'uomo sopra l'ambulanza che, dopo avermi lanciato addosso queste parole come una secchiata d'acqua gelida, chiude lo sportello. Vedo mio fratello scomparire dietro di esso, è il senso di angoscia mi assale, talmente forte da farmi piegare in due.
-Aspetti!
Gridò riaprendo lo sportello e facendo frenare bruscamente l'ambulanza, che nel frattempo aveva messo in moto.
-Sono sua sorella.
Dico saltando sul veicolo.
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Un quarto d'ora dopo essere arrivata all'ospedale nel quartiere degli eruditi e aver lasciato mio fratello alle cure dei medici, qualcuno mi scorta in una stanza per medicarmi. La dottoressa che deve visitarmi mi accoglie con un sorriso e mi dice di accomodarmi, mentre prepara l'occorrente su un tavolino. Io faccio come mi dice e dopo di ciò entrambe rimaniamo in silenzio. La guardo mentre finisce di sistemare metodicamente tutti gli strumenti, cercando di rimanere concentrata sul movimento delle sue mani in modo da non farmi prendere dalla stanchezza. La donna si gira verso di me con lo stesso sorriso di prima e mi si para di fronte. Mi sottopone a una serie di visite e poi proferisce:
-Iniziamo pulendo questa ferita.
Dice mentre prende una garza imbevuta e, scostandomi i capelli, me la tampona sulla ferita pulsante. Successivamente me ne passa una seconda, che mi procura un po' di bruciore. Rimango ferma a fissare il pavimento mentre la dottoressa prosegue nel suo lavoro. Quando finisce la medicazione alla testa sposta l'attenzione alla mia mano destra, sulla quale, con mia sorpresa, spicca un brutto taglio che non mi ero accorta di essermi procurata.
-Qui dobbiamo per forza mettere dei punti.
Mi informa la dottoressa mentre pulisce il taglio. Annuisco stancamente, pensando a quanto possano fare male dei punti di sutura.
Quando inizia, il dolore è talmente vivo e improvviso che mi sembra di svenire, poi però finisco con l'abituarmici, devo abituarmici. Per tutto il tempo dell'operazione mantengo le labbra serrate e la mano sinistra stretta a pugno, decisa a non lamentarmi.
-Abbiamo finito.
Mi annuncia la donna, alzandosi dalla sedia su cui si era in precedenza accomodata. 
-Grazie.
Farfuglio mentre mi rimetto in piedi. 
-Aspetta piccola.
Mi appella facendomi alzare un sopracciglio. "Piccola?"
Si dirige verso un angolo della stanza e torna con un bicchiere in mano.
-Bevilo, è per la nausea.
-Grazie.
Dico, prendendo il bicchiere che mi porge e facendo come mi dice.
-Dove lo butto?
-Lì c'è un cestino.
Dice mentre indica un punto alla sua sinistra.
-E questo è per te.
Aggiunge tirando fuori qualcosa dalla tasca, che si rivela essere un bastoncino di zucchero. Rimango per qualche attimo interdetta a guardare il dolce che mi porge, non sapendo cosa dire. Senza volerlo ripenso a un episodio della mia infanzia: ero andata in ospedale per fare il vaccino e il dottore mi aveva offerto una caramella, io lo ringraziai e presi la caramella ma subito dopo Marcus mi costrinse a restituirla. Sono stata tutto il tempo di cattivo umore quel giorno.
Alla fine faccio un mezzo sorriso alla dottoressa accettando il dolce.
-Grazie.
Dico, per poi incamminarmi un po' imbarazzata a buttare il bicchiere.
Una volta uscita dalla stanza decido di chiedere informazioni a qualcuno sulle condizioni di mio fratello, rigirandomi il bastoncino tra le dita.
-Scusi, sa dov'è Tobias Eaton? Lo chiamano Quattro.
Chiedo alla prima persona col camice che riesco ad acciuffare.
-È nella terza porta del corridoio di destra, sulla destra.
Mi risponde frettolosamente rimettendosi due secondi dopo a marciare verso una meta imprecisata.
Io mi dirigo verso il posto indicatomi e quando sono davanti la porta busso due volte prima di entrare. Tobias è seduto nel letto a fissare il pavimento con le mani unite davanti a se, ma quando mi vede si alza di scatto e mi viene incontro per poi intrappolarmi in un caldo abbraccio; io lo stringo a mia volta e per un po' di tempo rimaniamo così. Quando alla fine ci stacchiamo, Tobias mi chiede subito come sto.
-Sto bene, avevo solo due tagli.
Gli rispondo con pochissima convinzione. Effettivamente ho sul serio solo due tagli, non contando le contusioni e simili, ma mi sento come se la testa stesse per esplodere da un momento all'altro, sia per il dolore che per tutti gli eventi che sono successi da quella notte in poi, e più ci ripenso, più sembra che mi comprimano la testa.
-Non mentirmi, voglio sapere come stai veramente.
Faccio un profondo respiro e vado a sedermi sul letto, poco dopo Toby mi raggiunge. Lo guardo nei suoi occhi gemelli ai miei e scuoto la testa.
-Sono stanca. E mi fa male la testa.
Dico. Vorrei aggiungere dell'altro, ma ho paura di mettermi a piangere se penso troppo a come mi faccia sentire tutto questo. Sento gli occhi inumidirsi e d'istinto li chiudo per arginare le lacrime.
-Scusa...
Sussurro mentre mi concentro sulle ombre che che proietta la luce attraverso le mie palpebre per darmi un controllo. Sento le braccia di mio fratello circondarmi e mi ritrovo a poggiare la fronte sul suo petto. "Non lasciarmi più andare" penso egoisticamente.
-Non c'è niente di cui devi scusarti. La sua vicinanza mi provoca una nuova serie di lacrime che mi porta a serrare maggiormente gli occhi, ma quando apro la bocca per prendere una boccata d'aria non riesco a trattenere un singhiozzo. Sento Toby stringermi più forte.
Senza preavviso la porta si apre, rompendo il nostro momento prima del tempo e facendomi trasalire; io e Quattro ci allontaniamo di scatto. Dando un'occhiata alla porta e mi accorgo che Eric è entrato nella stanza e ha una posizione più rigida del solito. Alterna lo sguardo da me a Quattro, che nel frattempo si è alzato e messo davanti a me. Distolgo lo sguardo in fretta temendo che i miei occhi arrossati possano tradirmi e mi alzo anche io.
-Devo parlarti.
Sento dire da Eric.
-Va bene.
Risponde Tobias in tono neutro, per qualche secondo alzo lo sguardo e mi accorgo che entrambi si stanno squadrando. Sobbalzo quando Eric sposta lo sguardo su di me e abbasso subito gli occhi.
-Io vado.
Dico incamminandomi verso l'uscita. Non riesco a evitare di essere scossa da un tremolio quando passo vicino al capofazione. 
Esco dalla stanza e subito mi appoggio al muro, prendendo un grande respiro. Ora un'altra dubbio grava sulla mia mente già abbastanza stressata. "Cosa ha visto?"
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Pov Eric
Quando sento la porta chiudersi mi rivolgo a Quattro, che è rimasto impalato a fissarmi.
-Tu e la rigida, eh? 
Domando con un sorrisino di scherno, mentre senza volerlo chiudo la mano destra a pugno. "Il grande Quattro ha fatto centro anche stavolta" 
Le mie parole gli provocano chiaramente disagio, dal canto mio mentre lo sento inventare qualche scusa ho l'impulso di tirargli un pugno in faccia; e continuare.
"Perché.Proprio.Lei?"
-Non sono venuto qui per intromettermi negli affari tuoi.
Lo interrompo.
-Allora perché sei qui?
Mi chiede con quel suo sguardo che vuole sembrare da duro. "Cosa ci trova quella stupida trasfazione in lui? Cosa ci trovano tutti in lui?"
-Devo andare al quartiere generale. Lascio a te il comando. Riporta gli iniziati alla residenza. 
-D'accordo. Cosa devi fare?
-Max mi ha convocato.
Taglio corto.
-Ah, una trasfazione è morta. Occupati di lei.
Mi viene incontro fissandomi.
-Come è morta?
-Pugnalata allo stomaco, è morta sull'ambulanza.
Dico abbassando di poco il tono di voce. Questo non doveva capitare.
-Dov'è ora?
-Seguimi.
Dico soltanto, voltandomi e uscendo dalla stanza. Mentre camminiamo in silenzio mi ritrovo a pensare ancora alla rigida. Non è riuscita a guardarmi in faccia per tutto il tempo. Dovevo aver interrotto qualcosa, sicuramente le sarà dispiaciuto che io fossi lì, a impedirle di strusciarsi su Quattro. 
(Qualcuno qui è geloso? È naturale, tu l'hai trattata male e l'hai spinta tra le braccia di Quattro)
Sussurra la vocina nella mia testa malignamente. I miei denti digrignano incontrollati.
-È lì dentro.
Dico a Quattro facendo un cenno verso una porta.
-Ok, da qui in poi ci penso io.
Mi risponde prima di entrare nella stanza senza dire più una parola. 
Fuori mi aspetta una macchina che mi porta direttamente al quartiere generale degli intrepidi. Mi dirigo velocemente nella sala riunioni, dove trovo già tutti gli altri capifazione ai loro posti, Mac vedendomi si alza e mi viene incontro.
-Eric, accomodati.
Mi dice dandomi una pacca sulla spalla, io faccio come mi dice, prendendo il mio posto tra Stefan e Giada.
-Allora, siamo qui per discutere degli ultimi attacchi che ci sono stati da parte degli esclusi e, in particolare, dell'ultimo.
Proferisce Max con la sua voce profonda, lanciandomi un'occhiata.
-Come volete procedere?
Giada, alla mia destra, si alza.
-Io propongo di attaccare prima che loro possano farlo di nuovo. Dobbiamo stanarli nei loro luoghi di raccolta e disperderli per fare in modo che non si coalizzino.
Dice guardandoci uno per volta. Max annuisce nella sua direzione e lei si risiede.
-Qualcun'altro?
-Io sono d'accordo con Giada, se non gli diamo l'opportunità di organizzarsi non oseranno attaccarci; e per quanto riguarda gli esclusi che ci hanno reso un'imboscata stamattina, propongo di giustiziarli pubblicamente, che siano di esempio per tutti gli altri.
-Grazie Eric. Ci sono altre proposte?
Alla domanda di Max Stefan interviene.
-Io avrei una proposta. Come ha detto Giada, dobbiamo agire di prevenzione e come già sapete la nostra fazione è quella che annualmente scarta più iniziati.
Mentre ascolto le sue parole assumo un'espressione interrogativa. "Dove vuole andare a parare?"
-Ma, non solo lì mettiamo ad inspessire le file degli esclusi, ma lo facciamo anche dopo averli addestrati a combattere. Ora, normalmente non sarebbe un problema nostro, ma visti gli ultimi avvenimenti e la pericolosità che stanno raggiungendo gli esclusi, propongo di far entrare negli intrepidi anche quelli che non sono...i migliori, insomma.
Per qualche secondo tutti rimaniamo a guardarlo.
-È assurdo. 
Affermo scuotendo la testa, con un sorriso obliquo.
-È più che assurdo.
La faccia di Giada è indignata.
-A questo punto facciamoli entrare direttamente negli intrepidi, tanto a che serve l'iniziazione?
Dice con sarcasmo guardando Stefan in cagnesco.
-Perché devi fare sempre così? 
-Perché tu spari in continuazione cazzate! Non possiamo farli entrare tutti se non hanno le capacità, noi siamo negli intrepidi Stefan, non negli abneganti, non so se te ne sei accorto.
-Ragazzi...
Max prova a richiamarli senza successo.
-Non ho detto questo io! Solo ci sono alcune persone ugualmente all'altezza degli intrepidi che però vengono scartati in favore di altri.
Alzo gli occhi al cielo, odio stare tra loro due, ogni occasione è buona per urlarsi addosso, e io finisco per essere vittima del fuoco incrociato.
-Ma se vengono scartati un motivo ci sarà!
-Ragazzi...
-Il motivo è che tu sei scema!
-Ma ti senti quando parli? "Il motivo è che tu sei scema".
Ribatte Giada scimmiottandolo
-E tu sei un rotto in culo ma questo non c'entra con quello che stiamo dicendo.
Mi esce uno sbuffo divertito all'ultima frase.
-Brutta racchia...
-Ora smettetela! Vi state comportando entrambi da bambini.
Finalmente decidono di dare ascolto a Max, che ha sbattuto un pugno sul tavolo, e riprendono compostezza, anche se continuano a guardarsi in cagnesco.
-Dunque, ritornando al vero problema. Per quanto riguarda la proposta di Giada, non possiamo procedere senza prima informare gli abneganti.
-Dovranno accordarci la proposta se li mettiamo davanti ai fatti.
Lo interrompe Giada, lui continua come se non l'avesse sentita.
-Ad ogni modo, in quanti sono favorevoli alla proposta?
Alla sua domanda io, Giada, Max e Nick alziamo la mano.
-Bene. In quanti sono favorevoli alla proposta di Eric?
Tutti alzano la mano.
-Per quanto riguarda la proposta di Stefan, invece, affinché venga accettata deve ottenere l'unanimità...
Si sente qualcuno bussare alla porta, al segnale di Max una ragazza entra nella stanza e gli consegna una lettera, Max la ringrazia e quando esce dalla stanza riprende a parlare.
-Dicevo, Stefan propone un cambiamento al regolamento della fazione, perciò deve ottenere l'unanimità. Visto il peso di questa decisione penso che dovremmo discuterne in un secondo momento, quando saremo tutti più calmi...
Qui lancia un'occhiata all'indirizzo di Giada, che sbuffa.
-E lucidi. Proporrei questo mercoledì alle 17.00
Tutti facciamo un segno affermativo.
-Tanto la mia risposta non cambierà.
Bisbiglia Giada al mio fianco, a voce talmente bassa da farsi sentire solo da me.
-Adesso passiamo ad un'altra questione.
Dice Max prendendo la lettera di prima.
-Ho chiesto ad Helen di andare al quartiere generale degli eruditi per valutare i danni.
A questo punto apre la lettera e inizia a leggere ad alta voce il contenuto, che consiste in un resoconto dettagliato sulle condizioni degli iniziati, tutte cose di cui già ero a conoscenza.
-Come intendiamo procedere?
Chiede quando finisce di leggere.
-Domani avrebbero dovuto iniziare i combattimenti.
Li informo.
-Direi che non è il caso visto le condizioni in cui si trovano alcuni.
Prende parola Nick, che fino a quel momento non aveva parlato.
-Non possiamo stare dietro ai loro tempi di guarigione.
Dice Giada bruscamente.
-No infatti.
Concordo.
-Però dovremmo dargli un margine di tempo per riprendersi, e visto che fino a mercoledì non sapremo se la proposta di Stefan verrà accettata, direi di aspettare fino ad allora per iniziare i combattimenti. Non voglio che frignino più di quanto già non lo facciano.
Aggiungo subito dopo, zittendola.
-Che ne pensate?
Chiede Max. Tutti concordando con me, persino Giada fa un lieve cenno di assenso.
-Bene, allora se non ci sono altre questioni su cui volete porre attenzione, direi che la riunione è conclusa.
Per un attimo penso che potrei dirgli di Quattro e la rigida. "Probabilmente gli toglierebbero il ruolo di istruttore" (E la rigida sarebbe tutta tua) interviene la mia vocina interiore, facendomi innervosire. 
-Eric
Mi volto verso Max, che mi ha chiamato, aspettando che continui. Gli altri se ne stanno già andando. 
-Dobbiamo informare le altre fazioni dell'accaduto, e visto che tu eri uno dei pochi membri presenti, ho bisogno che scriva una relazione su quanto è successo.
-D'accordo. Per quando ti serve?
-Domani
Annuisco e senza aggiungere altro esco dalla stanza. Vado nel mio appartamento, tenendo per tutto il tragitto lo sguardo fisso davanti a me, senza prestare attenzione a nessuno. Quando arrivo prendo il mio portatile e una bottiglia di birra e mi siedo sulla poltrona. Prima scrivo questa relazione, meglio è.
Inizio a descrivere nel dettagli gli avvenimenti di stamattina, di quando ci siamo recati alla recinzione, dell'attacco, delle armi che avevano gli esclusi, di Quattro che veniva accerchiato, dei due esclusi a cui ho sparato prima che...
Mi blocco, indeciso se omettere o meno la parte successiva, di quando ho inseguito l'escluso e la rigida quando mi sono accorto che la stava trascinando via. Senza farci troppo caso finisco la bottiglia e vado al figo per prenderne un'altra ma mi blocco a metà dell'azione. "Qualcosa di più forte" penso aprendo una mensola e tirandone fuori una bottiglia di Gin. Verso il liquido incolore in un bicchiere e torno a sedermi, portandomi dietro la bottiglia. Fisso lo schermo del computer mentre sorseggio dal bicchiere. Decido di scriverlo; dopotutto, sono il responsabile dell'iniziazione ed era un mio dovere evitare che le succedesse qualcosa, a lei come a qualsiasi altro iniziato. "È lavoro, niente di più". Verso dell'altro alcool nel bicchiere, bevendolo tutto d'un sorso prima di ricominciare a scrivere, evitando di parlare del furore che ho provato vedendo il coltello premere sulla gola della rigida, o dell'euforia che ha iniziato a circolarmi in corpo quando le mie nocche si sono macchiate del sangue dell'escluso. Sorrido a quel pensiero. "La vendetta è più dolce di quanto sembri." (Vendetta? Quindi l'hai preso come un fatto personale?) insinua la fastidiosa vocina con un tono preoccupantemente simile a quello di Stefan. "Lavoro. Solo lavoro". Mi verso ancora un po' di liquido e lo bevo tutto d'un fiato per cancellare dalla mente stupidi pensieri. Ma ben presto vengono sostituiti con altri peggiori e, con disgusto, rivedo nella mia testa la scena di Quattro e Olivia abbracciati. Si ripete davanti ai miei occhi ancora, e ancora, e ancora. Anche lei è finita per cadere ai piedi del GRANDE QUATTRO. 
"Già me lo immagino quel rigido represso, così impacciato da non sapere neanche dove mettere le mani"..."Io lo saprei dove mettere le mani. Mi basterebbe un solo tocco per fare in modo che lei non riesca più a farne a meno."
Mi accorgo troppo tardi della piega che hanno preso i miei pensieri, quando ormai certe immagini sono apparse nella mia mente. Immagini illecite. Rimango sbigottito dal calore che mi provocano al bassoventre; e arrabbiato. Una ragazzina. Stupida e irritante. Osa farmi questo effetto?Lancio il bicchiere contro la parete opposta ringhiando ferocemente, facendolo esplodere in 
tante schegge di vetro.
-ESCI DALLA MIA TESTA OLIVIA!

Note autrice
Ciao a tutte! Sono appena tornata dal mio viaggio interstellare di PigriziaLand e ho portato con me un nuovo capitolo. Mi dispiace di avervi fatto aspettare così a lungo, spero almeno che l'attesa ne sia valsa la pena.
Il video che avete trovato all'inizio è fatto da me, so che Nina non rispecchia molto il personaggio di Olivia, ma spero vi piaccia comunque. 
Un bacio, e grazie per sostenermi
  
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