Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Ricorda la storia  |      
Autore: Niglia    04/06/2009    2 recensioni
“Ma nel cuor della notte un rumore leggero le giunse all’orecchio, Ella era sola col suo pudore di vergine e trasalì, cominciò a tremare di paura, a temere l’ignoto che la circondava più che un pericolo reale. Ma era il suo sposo invisibile che veniva a lei che entrava nel suo letto e la possedeva, e che prima dell’alba s’era già dileguato.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ma nel cuor della notte un rumore leggero le giunse all’orecchio, Ella era sola col suo pudore di vergine e trasalì, cominciò a tremare di paura, a temere l’ignoto che la circondava più che un pericolo reale. Ma era il suo sposo invisibile che veniva a lei che entrava nel suo letto e la possedeva, e che prima dell’alba s’era già dileguato.
{Amore e Psiche, libro IV, cap. IV}


*******


    Come ogni notte guardavo le stelle, affacciata sul davanzale della mia finestra.
Amavo perdermi nell’immensità del cielo stellato… Mi piaceva immaginare che da qualche parte, lassù, ci fosse qualcuno che mi osservava e non viveva che per me. Sarebbe stato bello scoprire che qualcosa del genere fosse reale.
La luce all’interno della mia stanza era spenta, ma la luce della luna era sufficientemente chiara e limpida. Non mi spaventava essere ammantata da quella rassicurante e accogliente oscurità. Il giorno non faceva per me.
Io ero una creatura della notte.
Trassi un profondo respiro, lasciando che l’aria della notte, insieme a tutti i suoi dolci e aspri profumi entrasse dentro di me. Soffiava una fresca brezza, che mi accarezzava morbida la pelle.
Era una sensazione così bella…
All’improvviso mi misi a cavalcioni del davanzale, lasciando penzolare una gamba all’esterno e aggrappandomi alla struttura di legno della finestra. Così era molto meglio: potevo sentirmi ancora di più segreta e silenziosa complice della notte.
Dalle mie labbra socchiuse fuoriuscì una delicata nenia, che accompagnava il canto estivo dei grilli e delle cicale che popolavano il mio giardino, interrotto ogni tanto da qualche solitaria civetta.
Sarei potuta rimanere così per sempre… Con l’aria fresca che mi scivolava sulla pelle e tra i capelli e la soffice luce bianca della luna che mi bagnava la pelle. Socchiusi gli occhi.
Non credo di essermi addormentata. Ma improvvisamente avevo cessato di canticchiare, e con me sembravano aver taciuto anche tutte le altre mie compagne notturne, come se qualcosa le avesse terrorizzate. Era come se riuscissi ad avvertire la loro paura. Il venticello non soffiava, e alle mie orecchie non arrivava più il debole frusciare delle foglie degli alberi.
Sembrava che il tempo si fosse fermato.
Dischiusi piano gli occhi, timorosa di trovare la luce invadente del sole ad accogliermi, come ogni mattina. Tuttavia era ancora notte, ed io mi trovavo sempre sul davanzale della finestra… Ma allora che cos’era quello strano e improvviso cambiamento di atmosfera? E perché non ne ero minimamente spaventata?
Come risposta alle mie domande, qualcosa si mosse all’interno della mia camera. Voltai lentamente il capo alla ricerca della fonte di quel rumore, ma la stanza mi sembrò improvvisamente più cupa e scura del solito, come se una greve foschia di tenebra ne avesse avvolto ogni singolo oggetto. Tremai, e non per la fresca brezza.
Mi accorsi di essere spaventata solo quando sentii scricchiolare gli infissi della finestra alla quale ero aggrappata, e che stavo quasi stritolando con le dita. Avevo la bocca secca e non riuscivo a parlare, e dovetti umettarmi le labbra più volte prima di riuscire a formulare qualche parola coerente. Solo che la cappa di tenebra divenne più pesante, ed io la sentii chiaramente avvicinarsi a me, lenta ma inesorabile… Avevo addirittura l’impressione di sentirne il respiro…
Azure…” Il mio nome in un lieve sussurro, leggero come il fruscio delle foglie secche. Mi fece rabbrividire, eppure rimasi immobile sulla finestra, senza distogliere lo sguardo dalla nebbia scura che mi raggiungeva e che iniziava a sfiorarmi, con timida riverenza, il piede penzolante per risalire lungo tutta la gamba. “Azure… Non avere paura…
I miei occhi si stavano gradatamente abituando all’oscurità, eppure sembrava che qualcosa mi impedisse di vedere oltre la nebbia. E questa aveva ormai raggiunto le mie mani, ne carezzava piano le dita, sembrava essere dotata di una propria volontà…
E a quel punto, senza che riuscissi ad accorgermi di nulla, l’oscurità mi inghiottì del tutto, avvolgendomi come un mantello, abbracciandomi come un’amante riguardoso. Allora qualcosa mi sfiorò il volto, in un gesto gentile e rispettoso, colmo di dolcezza, qualcosa che io riconobbi essere due dita che presto si trasformarono in una mano… Gelida, morbida, ma pur sempre una mano…
Tremai e socchiusi gli occhi, lasciandomi sfuggire un sospiro dalle labbra socchiuse. Stavo forse sognando? Dubitavo che qualcosa del genere mi sarebbe mai potuta accadere, da sveglia.
“Chi sei…?” Riuscii infine a mormorare, accorgendomi del tremito che si era propagato in un lampo fino alla punta delle mie mani.
Un paio di labbra si materializzarono in mezzo a tutta quella tenebra, avvicinandosi con studiata lentezza al mio orecchio e sfiorandolo di sfuggita. “Il mio nome è Azrael… Non temermi, mia piccola Azure, non farlo…
La sua bocca si posò poi sulla mia guancia in una fresca carezza, dimostrandomi che non aveva nessuna intenzione di farmi del male. Perché, ne avevo mai dubitato? Se lui era la notte, allora io gli appartenevo… E non ero nessuno per potermi sottrarre…
Le sue mani si posarono leggere sulle mie spalle, iniziando una dolce danza lungo la pelle delle mie braccia nude, in modo da tranquillizzare il furioso battito del mio piccolo cuore spaventato. Il sangue iniziò a scorrermi velocemente nelle vene, affluendomi al volto e infiammandomelo come se fossi stata riscaldata da una fiamma, benché in quel momento fossi solo circondata da un gelo invernale in una notte di mezza estate.
Quando scivolò fino a raggiungere le mie mani, ne intrecciò le dita con le proprie, lunghe e affusolate, sollevandola poi e portandosela alle labbra per deporvi un bacio rovente. Aprii gli occhi, certa ormai di poterlo vedere, ma mi ritrovai a fissare solo un paio di occhi che brillavano come stelle in mezzo all’oscurità, occhi felini, liquidi e luminosi come argento fuso. Mi persi in quello sguardo, precipitando nella sua profondità con la certezza che non ne sarei mai potuta fuggire.
Ma l’unico mio desiderio era di rimanere lì per sempre…
Poi, senza che riuscissi a capire come l’aveva fatto, mi ritrovai tra le sue braccia, lontano dalla finestra e sempre più vicina al letto. Mi mise a sedere su di esso, dopodiché si inginocchiò davanti a me, prendendomi entrambe le mani tra le sue e sfiorandole nuovamente con le labbra. La luce della luna che entrava dalla finestra lo colpiva alle spalle, definendone la figura sovrannaturale: iniziai a distinguere la sua sagoma, e finalmente assunse un aspetto definito ai miei occhi.
Era un uomo. E, per quanto mi era possibile vedere in quella posizione, era completamente nudo: non un velo lo ricopriva, ma il suo corpo era talmente bello e perfetto da rendere inutile e superfluo ogni tipo di abbigliamento.
Aveva lunghi capelli corvini che gli ricadevano in morbide onde sulle spalle e sulla schiena, incorniciando un volto dai tratti tipicamente maschili ma dalla carnagione bianca come il latte più puro: vicina a lui, anche la mia pelle diafana sembrava scura. Le spalle erano larghe e muscolose, forgiate da chissà quale nobile attività, e il petto era altrettanto candido e scolpito, un fascio attraente di muscoli. Il mio sguardo tornò al suo volto, soffermandosi questa volta sulle sue labbra. Erano rosse, morbide e stranamente carnose, un dolce invito ai baci. E in quel momento era l’unica cosa che riuscivo a pensare… Desideravo con tutta me stessa che quelle labbra incontrassero le mie.
Sollevai una mano tremante verso di lui, avvicinandola al suo volto, e sfiorandolo con delicatezza per timore che, se il mio tocco fosse stato troppo deciso, lui sarebbe potuto svanire, frantumarsi come un sogno di cristallo… Ma quando le mie dita sfiorarono la sua pelle, lo sentii duro e reale al tatto, e lo vidi socchiudere gli occhi alla mia muta carezza: fu quello che mi convinse della sua esistenza. Non stavo sognando.
Improvvisamente sentii uno strano fruscio, come il debole battito delle ali di un uccellino, e il mio sguardo si posò nuovamente sulle sue spalle, vedendo però oltre di esse. Era impossibile sbagliarmi… Quelle che vedevo erano ali, immense ali nere come la pece, che lo avvolgevano regali come un morbido mantello, e che si aprirono maestose quando le osservai. Mi sporsi incantata, osando sfiorarle con le dita: la mia pelle incontrò la morbida e soffice superficie di centinaia di piu-me nere, che fremettero sotto il mio tocco e che si avvicinarono a me, come a volermi avvolgere in-sieme al loro oscuro proprietario. Deglutii, poi non riuscii più a mantenere il silenzio.
“Sei… Sei un angelo…?” Mormorai, incuriosita ma non spaventata.
Per tutta risposta mi prese nuovamente la mano tra la sua, avvicinandosela alle labbra e onorandola di altri piccoli e dolci baci. “”, rispose, in un tenero sussurro. “Il tuo angelo, da sempre e per sempre…
Cosa potevano mai voler dire le sue parole? Era il mio angelo? Davvero? Forse si trattava di una sorta di angelo custode… Anche se non avevo mai sentito parlare di angeli che possedevano ali più nere della notte stessa. E tuttavia, il brivido che mi attraversò il corpo non aveva nulla a che vedere con la paura…
Prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa, mi attirò delicatamente verso di sé, facendo incontrare le nostre labbra in un bacio che non aveva nulla di casto e umano, un bacio che sembrava contenere tutta l’oscurità di cui solo qualche minuto prima avevo avuto un piccolo assaggio, un bacio che, malgrado le sue labbra fossero gelide come l’inverno, bruciò le mie come un fuoco inarrestabile… Chiusi gli occhi, abbandonandomi contro di lui, e avvertendo in lontananza, come una nota più bassa della melodia che avevo l’impressione di sentire nella mia mente, il suo oscuro profumo…
Le sue scure ali finalmente si chiusero su di me, avvolgendomi in un abbraccio e nascondendomi alla vista del mondo esterno, in modo da poter essere goduta solo dagli occhi d’argento del mio angelo. Le sue mani scivolarono giù fino ad afferrarmi delicate la vita, stringendomi in un leggero abbraccio come se avesse avuto il timore di farmi del male, e sollevandomi in modo da farmi sdraiare completamente sulle lenzuola fresche del letto.
Aprii gli occhi, ben decisa a non perdermi nemmeno un movimento del mio angelo, e osservando con rapita curiosità le sue ali che si dispiegavano sopra di noi con un movimento elegante ed armonioso: ma questo mi distrasse, e mi fece perdere il suo gesto successivo. Posò le sue morbide labbra in direzione del mio collo, nascondendosi nel piccolo avallamento tra questo e la spalla e assaggiandone la pelle con la punta della lingua. Un debole sospiro fuoriuscì dalla mia bocca socchiusa, e subito dopo trattenni il respiro, in attesa.
Non dovetti attendere molto prima di ritrovarmi anch’io priva della mia leggera camicia da notte bianca che ero solita indossare prima di andare a dormire. Presto il suo corpo aderì perfettamente al mio, due pezzi di un puzzle che finalmente combaciavano dando origine ad una nuova e magica immagine, come le due metà di una stessa anima che erano state perdute e infine ritrovate, perdendosi in una tenera armonia fatta di sussurri e sospiri, dolce e antica come il mondo.
Prima di lasciarmi andare al sonno, vidi le sue ali, morbide e vellutate, chiudersi come le tende di un prezioso sipario alla fine di una magnifica rappresentazione…


***


Furono infinite le carezze che ci scambiammo, piacevolmente stanchi e indeboliti, durante quella splendida notte. Io non dormii molto: del resto, era impossibile farlo avendo un bellissimo angelo sdraiato di fianco a me, nel mio letto.
Ricordo come un sogno ciò che avvenne dopo.
Mi sollevai piano sul gomito per osservarlo incuriosita nell’espressione di abbandono che seguiva l’amore. Era l’essere più bello che avessi mai visto: credevo che fosse il dio Amore, e io già mi sentivo come la timida Psiche…
Aveva gli occhi chiusi, ma non stava dormendo. I lunghi capelli neri giacevano scomposti sul cuscino, incorniciandogli il volto, e aveva un braccio posato mollemente sul petto e l’altro che penzolava dalla sponda del letto. Mi chinai su di lui, lasciando che i miei capelli piovessero sulla sua testa come una soffice tenda: oro luminoso contro ebano…
A quel gesto aprì lentamente gli occhi, rivolgendomi un caldo sorriso. La sua mano si sollevò fino a sfiorarmi la guancia in una dolce carezza, attirandomi poi verso le sue labbra morbide e invitanti che si chiusero sulle mie in un bacio. Temevo che sarei morta dal dolore e dalla disperazione se non l’avessi mai più rivisto, dopo quella notte…
Come se mi avesse letto nel pensiero il suo sguardo si oscurò per un momento, triste, per poi interrompere il bacio. Mi afferrò il volto tra le mani gelide, facendomi rabbrividire.
Oh no, Azure. Tu non morirai mai”, sussurrò, accarezzandomi i capelli.
Aggrottai le sopracciglia, confusa. “Cosa significa?”
Un debole sorriso gli illuminò nuovamente il volto. “La sposa della Tenebra è immortale…
Continuavo a non capirlo. Di cosa stava parlando? Perché il mio angelo era così misterioso? Un momento… Lui era davvero un angelo? O era forse qualcosa di più… terribile? Per la prima volta il brivido che mi saettò lungo la schiena nuda fu di terrore, e non più di eccitazione.
“Mi spaventi…”  mormorai, indietreggiando e abbandonando le sue carezze.
Lui si sollevò a sedere, le ali che si aprirono sulle sue spalle conferendogli un aspetto terribile e maestoso: era un sacro orrore quello che mi ispirava?
Io sono Azrael.” Ripeté, per la seconda volta quella notte. La sua voce aveva assunto dei toni possenti e regali, ai quali era impossibile sfuggire. “Sono l’angelo della Morte. E tu sarai la mia compagna, per sempre.
Scossi piano la testa, senza distogliere lo sguardo da lui. “Io non voglio essere la compagna della Morte!” Replicai, spaventata. “Vattene, lasciami in pace!”
Ma quelle deboli proteste erano vane, ed io non desideravo davvero che se ne andasse… Non potevo vederlo svanire per sempre dalla mia vista. Eppure mi terrorizzava l’idea di essere la sposa della Morte, allo stesso modo in cui mi affascinava essere la sposa dell’angelo… Ma unire insieme questi due esseri… Sarebbe stato impossibile.
Il suo sguardo divenne ancora più triste alle mie parole; non sopportavo di averlo ferito. “Non posso lasciarti…Sono millenni che ti attendo, e ora mi appartieni… Dentro di te hai la mia oscurità, la mia essenza… Se ora non ti portassi via con me, ti consumerebbe fino a portarti alla pazzia e alla morte…
Tacque, avvicinandosi verso di me e allungando le mani a sfiorarmi le labbra. Sembrava dispiaciuto, ma allo stesso tempo era incredibilmente risoluto. In quel momento seppi – sicura come l’inferno – che non mi avrebbe mai lasciata andare. Ormai gli appartenevo.
Vieni con me…” sussurrò, tendendomi poi una mano per invitarla a prenderla.
Lo fissai a lungo, perdendomi nella profondità dei suoi occhi color dell’argento e liquidi come il mercurio. Non c’era cattiveria nel suo sguardo. Non c’era morte. C’era solo tristezza…
E solitudine.
Fu questo a decidere per me.
Io ero sempre stata sola. Avevo vissuto i miei diciotto anni confidando nell’esistenza di un essere come lui che mi osservasse dall’immensità del cielo, che mi proteggesse e mi amasse… E ora, per chissà quale miracolo, il mio desiderio, la mia preghiera era stata ascoltata e trasformata in realtà. Il mio angelo era davanti ai miei occhi, e mi implorava di seguirlo. E non mi importava che fosse l’Angelo della Morte, perché non era il terrore che mi ispirava. Non più.
Allungai trepidante una mano fino a posarla sulla sua, ancora tesa verso di me, e quando le nostre pelli si sfiorarono nuovamente mi sembrò che qualcosa, dentro di me, fosse tornato al suo posto. Come se il cerchio si fosse chiuso.
Azrael – ormai non avevo paura a chiamarlo così – sorrise con una dolcezza che non aveva niente di spaventoso, ma tutto di amorevole. Mi attirò a sé e, dopo avermi onorato di uno sguardo intenso e carico di rispettoso desiderio che io condividevo, si chinò sulle mie labbra per catturarle in un bacio che non aveva nulla a che vedere con quelli che lo avevano preceduto.
Lo abbracciai, facendo aderire insieme i nostri corpi, e a quel punto accadde una cosa che non mi sarei mai aspettata.
Le piume nere che si erano staccate dalle sue ali mentre facevamo l’amore si sollevarono vorticando in aria con delicata lentezza, avvicinandosi a me come se fossero state attirate dal mio corpo, e posandosi in due punti indistinti della mia schiena, tra le scapole. Avrei voluto interrompere il bacio, preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere, ma Azrael me lo impedì, tenendomi ben stretta a sé.
Passarono pochi secondi, penso, quando finalmente lui mi diede l’opportunità di respirare e si allontanò leggermente per osservarmi con una compiaciuta ammirazione. Io credevo di sapere che cosa fosse successo, ma volevo sentirlo dalle sue labbra.
Sei diventata un angelo, mia dolce Azure…” disse, in risposta alla mia muta domanda. “Un bellissimo angelo, e appartieni a me. Solo a me.” Non c’era prepotenza in quelle parole, solo uno smisurato orgoglio che mi contagiò.
Volevo vedermi.
Azrael sorrise, prendendomi di nuovo la mano. “Chiudi gli occhi e dispiega le ali… Ti vedrai con gli occhi della tua splendida anima.”
Obbedii.
Oh.
Ciò che vidi mi ammutolì dallo stupore.
Avevo dimenticato di essere ancora nuda, ma stranamente non me ne imbarazzai. La mia camicia da notte avrebbe sicuramente stonato con quell’immagine.
Azrael non aveva sbagliato. Ero un angelo. Le mie ali – nere come pece, come quelle del mio sposo – erano leggermente più piccole rispetto alle sue, ma altrettanto maestose. I miei capelli d’oro creavano un incredibile contrasto con quel nero, ma ciò non intaccava la mia bellezza.
Guardami, Azure…” La sua voce mi distolse dalla mia contemplazione, facendomi socchiudere gli occhi per rivolgere tutta la mia attenzione al mio angelo. “La notte sta morendo… È tempo di andare.
Annuii, avvicinandomi a lui e intrecciando la mia mano con la sua. “Dove andiamo?” Oh, la mia voce! Com’era cambiata rispetto a prima! Sembrava accarezzare l’aria, morbida e vellutata come i petali di una rosa, e dolce ed eterea come il più succoso nettare del Paradiso.
Lui mi sorrise. “Il mondo e l’eternità ci attendono… Andremo a prendere delle anime stanche e le accompagneremo alle porte della notte… Questo è stato il mio compito dall’alba dei tempi e, d’ora in avanti, sarà anche il tuo.
Si chinò per perdersi nuovamente in un mio bacio, e per la prima volta lo sentii gemere deliziato al mio tocco. Poi l’oscurità ci avvolse come una fedele alleata, accompagnandoci silenziosa verso la mia nuova vita.
Accolsi la mia prima alba con un sorriso.






   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: Niglia