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Autore: Light2015    10/03/2017    0 recensioni
E' quando tutto sembra essersi sistemato che sorgono i veri problemi. Un arresto e un ricatto non saranno le sole questioni che Alex, Nicki, Mark, Cloe e Sam dovranno fronteggiare... un uomo che torna in città, una proposta al momento sbagliato e un segreto tra amici mineranno tutto ciò che di certo è stato negli ultimi due anni. E allora... come what may, qualsiasi cosa accada, verso il gran finale...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2
C'è posta per me


Ero in un ampio salone. Il pavimento era in marmo bianco. Avanzavo titubante. C'erano i miei genitori, mia sorella, gli ex colleghi di università, persino vecchi amici di infanzia che non vedevo da almeno dieci anni. Ai lati notai persone che nemmeno conoscevo, non ne distinguavo i volti ma c'erano. Procedetti lentamente. Avevano tutti lo stesso sguardo duro. Di disapprovazione. Mi sentivo minacciato dal peso dei loro giudizi. Lo sapevano. Raggiunsi il fondo della sala, c'era una cassaforte piuttosto grande, ci sarei potuto entrare in piedi senza problemi. Lo sportello era socchiuso. Allungai la mano per aprirlo ma dentro non c'era niente. Ero terrorizzato. Mi voltai verso quella folla immobile e inquietante che ancora mi osservava. Lo sapevano. Nicki dov'era? “Dov'è lei?” ma nessuno rispose. Ero agitato, faceva caldo. Il terrore si impadronì di me. “Non ho fatto niente!” Si avvicinarono a me. “Non ho fatto niente!”
Mi svegliai di soprassalto. La brandina cigolò quando mi issai sui gomiti. Ero sudato. Mi misi a sedere. Osservai le sbarre e quei quattro metri di spazio che temevo sarebbero diventati la mia dimora per chissà quanto. Cercai di calmarmi e di dormire per le ore mancanti ma non riuscii più a chiudere occhio. La fredda luce del giorno arrivò accompagnata da suoni e rumori che mi erano sconosciuti. Verso le otto e mezza fece capolino un'ombra fuori dalla mia cella. Era un agente, diverso da quello del giorno prima.
- “Vieni, il procuratore ti vuole vedere”
Lo segui malinconicamente fino agli uffici del penitenziario. Avrei dovuto inventarmi qualcosa? No, aspetta. Potevo non rispondere se non avessi avuto prima un avvocato. L'agente mi invitò ad entrare in una saletta illuminata solo da una lampada al neon sul soffitto. Da li non si capiva nemmeno se fuori fosse giorno o notte. Al centro c'era un tavolo al qualche era appoggiato quello che doveva essere il procuratore. Sfogliava un fascicolo.
- “Alexander William McHale? Venga”
Entrai, mi invitò a sedermi. Lui rimase in piedi. 'Niente avvocato, niente risposte' continuavo a ripetermi nella testa.
- “Allora, lei sarebbe accusato di violazione di proprietà privata e furto”. Mi sentii gelare il sangue. Lo sapevano.
- “C'è un errore.” Mi lasciai sfuggire.
- “Infatti”
Ecco... aspetta, cosa?!
- “Anche se questa foto non mente” Mi mostrò un'immagine presa da una telecamera ad infrarossi all'interno di una villa. Non capivo quale però. Il procuratore notando il mio sguardo confuso aggiunse: “La denuncia è stata ritirata questa mattina, probabilmente chi l'ha accusata ho solo voluto farle uno scherzo... tra amici.” Aveva lo sguardo di chi non crede minimamente a quello che sta dicendo. “Sono solo perplesso nel vedere chi è stato a fare una cosa simile”
- “Perchè chi è stato?”. Capivo sempre meno.
- “Non sono qui per entrare nel merito della questione, McHale. Avevo solo il compito di informarla di quanto accaduto e di consegnarle il suo fascicolo. Deve passare a ritirare i suoi averi che le sono stati sequestrati ieri sera e mettere qualche firma. Jones l'accompagnerà per la pratica, dopodichè è libero di tornare a casa.”
Incredulo uscii dall'ufficio e seguì l'agente, Jones, che era venuto a prelevarmi dalla cella per portare a termine la noiosa faccenda burocratica. Riuscii anche, e per fortuna, a chiamare Nicki. La tranquillizzai senza dirle nei dettagli cosa fosse successo e le chiesi di venirmi a prendere. Nell'attesa decisi di aspettarla fuori dalla struttura così cominciai a passeggiare del piazzale deserto da cui ero transitato la sera prima in macchina. Quando ero ancora ammanettato. Volevo sapere chi diavolo era stato a farmi questo brutto “scherzo”. Era qualcuno che ovviamente sapeva la verità. Aprii la cartellina che conteneva quattro fogli. Il primo era la dichiarazione dei miei oggetti sequestrati e restituiti, il secondo una copia del rilascio da me firmata quella mattina. Venni al terzo, la denuncia. Scorsi lo sguardo cercando solo un nome. Lo trovai e non credetti ai miei occhi. Nel quarto, il ritiro delle accuse portava lo stesso nome.
- “Non è possibile...” balbettai tra me e me.
Nicki arrivò dopo quaranta minuti ma a me ne sembravano passati solo cinque in quanto ero totalmente immerso nel tentativo di fare luce su quanto accaduto. Parcheggiò malamente il Suv e mi venne incontro seguita da Sam.
- “Stai bene?” mi abbracciò.
- “Si tranquilla...”
- “Ma che è successo?” chiese Sam.
Sospirai. “Qualcuno mi ha denunciato per furto, allegando anche questa bellissima fotografia” estrassi l'immagine a infrarossi poi continuai “Questa mattina la stessa persona ha ritirato tutto facendo probabilmente credere agli agenti che è stato solo uno scherzo. Una bravata”
- “E chi diavolo è stato?”
- “E qui viene il bello”. Porsi il foglio a Nicki che spalancò gli occhi.
- “Paris Whitney Hilton?!”
- “Già... ora io vorrei capire perchè diavolo ha fatto una cosa del genere. A questo punto sa che sono colpevole, ha le prove. Perchè ritirare la denuncia?”
Sam mi prese dalle mani la cartellina e analizzò tutti i fogli scuotendo la testa, frustrata dal non riuscire a trovare una risposta. Nicki prese in mano la situazione “Per prima cosa torniamo a casa, poi diamo una controllata su internet e vediamo di capirci qualcosa”
Tornare a Malibù risultò piuttosto frustrante, il traffico in centro città a quell'ora era invivibile. Eravamo bloccati in coda e Sam continuava a riguardare quei fogli.
- “Ormai li sai a memoria” le dissi voltandomi. “Non penso nemmeno troverai una risposta”
- “Hai ragione... ma è assurdo”
- “E vai avanti!” Nicki, che era alla guida, cominciò a inveire contro la macchina che ci precedeva che però non si mosse. Sbuffò e si arrese appoggiandosi alla portiera.
- “Cloe ha chiesto se ti siamo venute a prendere, le rispondo” mi disse Sam che controllava il cellulare, io annuii. “Scrivo anche a Mark?”
- “No...” rispose Nicki.
- “Glielo hai detto cosa è successo?”
- “Si, ho dovuto...” Il suo tono si fece malinconico. “Si è innervosito parecchio ieri, soprattutto con me. Alex magari scrivigli che stasera lo chiami, almeno si calma”
Tirai fuori il mio telefono. “Come mai l'ha presa così male?”
Nicki fece spallucce. “E' un po' strano ultimamente...”. L'auto davanti finalmente avanzò e noi la seguimmo. Portammo a casa Sam e poi tornammo a Malibù. Erano passate quasi tre ore da quando ero uscito dal carcere, avevo dormito poco e male ed ero abbastanza stravolto.
- “Aaahh, casa dolce casa!” esclamai una volta nell'ingresso. Paco arrivò abbaiando, mi abbassai per accarezzarlo. “Hei! Sono qui! Sono qui! Come sei cresciuto!”
Nicki rise “Sono passate meno di ventiquattrore! Ah, ieri ha dormito con me”
- “Seee, l'hai fatto entrare in camera?”
- “Ci mancavi... ma da stasera torna nella sua cuccia fuori”
- “Anche perchè altrimenti divento geloso”
Andai in bagno, mi guardai allo specchio. Avevo un aspetto veramente orrendo. Ed ero stato là dentro solo una notte, non so come ne sarei uscito se avessi dovuto rimanerci qualche anno. Quando tornai al piano di sotto Nicki era nell'area cucina, stava in piedi appoggiata al tavolo e controllava il cellulare. Aveva davanti a sé della posta che non era ancora stata aperta. La afferrai da dientro avvolgendole le braccia intorno ai fianchi e appoggiando la testa sulla sua spalla.
- “Hai telefonato ai tuoi?”
- “Non ancora”
- “Lo immaginavo, infatti ho appena mandato un messaggio a Emily per dirle che sei a casa e che più tardi li chiami”
- “Sei un'ottima segretaria. Sei anche vestita un po' da segretaria in effetti” Aveva una camicia bianca e una gonna nera piuttosto corta.
- “Ero pronta per andare dall'avvocato stamattina prima che telefonassi”
Le scostai i capelli e la baciai sul collo. Adoravo il fatto che si fosse data così tanto da fare in così poco tempo per me. Sapevo di potermi fidare ciecamente di lei. Lasciò scivolare il telefono sul tavolo. La abbracciai più forte. Sentii le sue mani sulle mie. La strinsi a me e lei si appoggiò al mio petto.
- “Non sono riuscito a dormire ieri notte”
- “Nemmeno io. Ho cenato con i tuoi ma quando se ne sono andati mi ha fatto un po' impressione rimanere da sola. C'era troppo silenzio, non sono più abituata a stare senza di te...”
- “Come sei sentimentale... Dov'è finita la Nicki cazzuta che quando dico...”
- “Vaffanculo!”. Si staccò dal mio pettò senza riuscire a nascondere un sorriso e afferrò la posta sul tavolo. Risi anche io pentendomi però di aver rovinato quel momento.
- “Vado a farmi una doccia”. Ma dopo pochi passi mi dovetti fermare.
- “Torna qua!” Mi voltai e vidi che reggeva in mano una busta color rosa chiaro. “Chi è che ti scrive con una bustina del genere, con tanto di profumo e inchiostro glitterato?!”
- “Non lo so” Tornai indietro e gliela tolsi dalle mani. Lei si appoggiò con una mano al bancone della cucina mentre l'altra la teneva sul fianco guardandomi con disappunto.
- “Guarda che sta tornando la Nicki cazzuta”
- “Non lo so chi è che l'ha mandata!” ripetei provando ad aprirla. “Magari è Alexis che ci invita ad una delle sue serate da VIP, sei tu che non ci sei mai voluta andare...”. Aprii la dannatissima busta, c'era solo un foglio di stessa grandezza e colore (e profumo). Lessi ad alta voce:


“Domani sera alle 10,00 pm alla villa. Venite tutti e cinque. Paris”

Ecco, diciamo che dalla faccia di Nicki capì che avrebbe preferito fosse Alexis. E anche io.
- “Chiamo le ragazze”
- “E io Mark”
Si ricominciava. Anche questa volta, senza sapere però come, eravamo di nuovo nei casini.

   
 
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