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Autore: ten12    13/03/2017    5 recensioni
Vent'anni ad immaginare la libertà da una malattia sconosciuta. Vent'anni a leggere del mondo solo per poterlo guardare dal buco di una serratura scosso da brividi. Vent'anni sono più che abbastanza.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Malato

 

 

Il Malato era un ragazzo di vent'anni. Soffriva di un morbo cronico fin dalla nascita. Non aveva mai conosciuto il piacere nemmeno di un bicchiere d'acqua dal sapore limpido e non intorbidito. Era rimasto confinato a letto per la maggior parte della sua vita, troppo debole per calciare un pallone o respirare l'aria invernale. Aveva letto molto, forse troppo, perché era consapevole di tutto ciò che si stava perdendo. Non era solo una fuga nell'immaginario che lo spingeva a sognare, oramai, ma la cognizione di avere solo quello. Il Malato aveva ventun'anni quando si fece visitare da un medico di Londra. Come tutti gli altri neanche lui gli seppe dire che cosa aveva. La madre ed il padre, disperati, chiesero se era possibile una cura. Il Malato formulò nella sua testa la risposta che il medico diede: "Senza diagnosi non c'è prognosi ne terapia signori" la madre scoppiò a piangere.

 

Mentre raggiungevano la carrozza qualcuno urtò il Malato ed il servitore che lo sorreggeva. Il ragazzo perse l'equilibrio scivolando sul ghiaccio. Stramazzò a terra ma non si ruppe nulla. L'uomo che lì aveva urtati era scomparso nella folla. Il Malato fu aiutato ad alzarsi ed a salire sulla carrozza. Era la prima volta che respirava l'aria invernale.

 

Il Malato scese dal letto a baldacchino. La camicia da notte era madida di sudore. Il legno del pavimento era freddo, terribilmente freddo. I brividi della sua febbre perenne lo scossero per l'ennesima volta. Il ragazzo fissò la grande finestra che lasciava entrare la luce della luna. Prese una sedia, la mise sotto alla finestra e la usò come scalino. Spalancò i vetri. I venti della bufera di neve entrarono violentemente nella stanza investendolo. Mosse i piedi sul bordo congelato della finestra. Una decina di metri sotto di lui, nel buio pesto della notte, c'era la sua conclusione. Il Malato ebbe un altra serie di brividi. Perse nuovamente l'equilibrio a causa del ghiaccio e cadde all'indietro. Qualche secondo di vuoto sotto il sedere, qualche secondo che sembrò qualche ora, poi arrivò l'impatto. Boccheggiò per il dolore. Passò ancora qualche attimo cosciente, poi svenne.

 

Il giorno dopo la schiena strideva. C'era solo quello però. Niente pesantezza, niente debolezza o malditesta. La prima cosa che fece il Malato fu bere un bicchiere di acqua ghiacciata assaporandone ogni goccia. La trovò insipida. Lui voleva sapori forti, passioni trascinanti. Aveva vent'anni da recuperare. Guardò il fondo del bicchiere mentre i medici finivano gli ultimi accertamenti ed i genitori gioivano. Sorrise felice. Una parte di lui remò contro quell'atteggiamento di omertà, gli ricordò della possibilità, apparsa dal nulla, che qualcuno avesse preso il suo posto, che ora soffrisse quanto lui. L'ex Malato uccise il pensiero sul istante del nascere. Aveva già perso troppo tempo per sprecarlo dietro a preoccupazioni inutili. Ora era il suo turno di assaporare tutto.

   
 
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