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Autore: emylee    14/03/2017    3 recensioni
Draco Malfoy viene scelto dal Signore Oscuro per una missione di vitale importanza.
Con orgoglio accetta, ma cosa succede se, al momento del compimento della missione, si pente e scappa?
Il futuro non gli riserverà tante belle sorprese.
Harry Potter in miniatura lo guardava con un cipiglio confuso e, sotto sotto, un po' spaventato. Lasciò cadere quella roba tagliente che aveva per le mani e si avvicinò a lui, per poi fermarsi con le mani sui fianchi. Era piccolo, più piccolo di quanto Draco avesse immaginato prima di mettersi in viaggio. Gli occhiali, notò con orrore, erano gli stessi che aveva sempre portato.
«Potter!» gridò. Non si aspettava di trovarlo così facilmente.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Maelström

I


Sorrise, rigirandosi tra le mani il piccolo tesoro che il Signore Oscuro gli aveva donato.

Era caldo e carico di potere, sentiva la carica di magia scorrere sulla pelle, drizzando i peli fin alla nuca. Era quella la forza magica che cercava, che sperava di ottenere, quando aveva accettato il Marchio Nero, quando aveva piegato la testa e si era sottomesso agli ordini del più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.

Aprì gli occhi precedentemente chiusi per potersi godere appieno quella scarica di magia, e osservò il meraviglioso ciondolo che giaceva tra le sue dita.

Il Signore Oscuro gli aveva spiegato che si trattava di una Giratempo. Ma non una Giratempo qualunque: quella Giratempo, che il Signore Oscuro aveva rinominato Maelström, vortice, lo avrebbe portato in qualsiasi tempo o momento preciso avesse desiderato solo stringendolo nel palmo di una mano e pensando intensamente al luogo e all'anno voluto. Non aveva alcun limite, ed era pregna di magia oscura. Solo un Mangiamorte potente avrebbe mai potuto usarla.

E Draco Malfoy sorrise ancora, orgoglioso di essere stato scelto.


Aveva chiuso gli occhi e aveva intensamente pensato Privet Drive n°4, 1988. Dieci anni prima di quel giorno, nel pieno di una guerra magica. Il Signore Oscuro non gli aveva detto cosa aspettarsi da quella magia che lo avvolse, ma si sentì avvolgere in modo rude ed essere sbattuto a destra e a sinistra, come in un vortice molto potente. Girò per quelle che parvero ore, sentendosi soffocare, forse annegare, ma quando riaprì gli occhi, c'era il sole ad accecarlo.

Era bagnato fradicio, notò immediatamente. Non capì subito per quale motivo, ma pensò che forse la sensazione di annegare non l'aveva poi immaginata soltanto. In ogni caso, fu distratto in fretta non appena si guardò intorno. Si trovava in un cortile di fronte ad una casa pressocché anonima, dai cespugli potati ma curati come se se ne fosse occupato solo un bambino, e non poté evitare di fare una smorfia disgustata. Era in un territorio così orribilmente babbano che si sentì pizzicare la pelle come quando, da bambino, si rotolava sull'erba di nascosto a suo padre e scopriva di essersi irritato la pelle da qualche pianta urticante.

Si irrigidì, però, quando, non appena si fu rimesso in piedi, vide di fronte ad uno dei cespugli un piccolo bambino vestito peggio di un elfo domestico, con un qualcosa in mano che sembrava, però, pericolosamente tagliente. Poco adatto a quelle minute mani.

«E tu chi sei?»

Harry Potter in miniatura lo guardava con un cipiglio confuso e, sotto sotto, un po' spaventato. Lasciò cadere quella roba tagliente che aveva per le mani e si avvicinò a lui, per poi fermarsi con le mani sui fianchi. Era piccolo, più piccolo di quanto Draco avesse immaginato prima di mettersi in viaggio. Gli occhiali, notò con orrore, erano gli stessi che aveva sempre portato.

«Potter!» gridò. Non si aspettava di trovarlo così facilmente.

«Mi conosci?» chiese il piccolo, e Draco notò la mancanza di un dente e la conseguente difficoltà a pronunciare bene la lettera s.

«No» rispose subito, salvandosi in extremis, «Cioè, io ti conosco, ma tu non conosci me.»

«Davvero? E come fai a conoscermi?»

Draco sapeva che storia doveva raccontare al piccolo Potter. Non che fosse importante se raccontargli la verità o meno, ma si era preparato tutto il copione per bene, ed era pronto a seguirlo.

«Vedi, piccolo Potter, io vengo dal futuro!» fece, smielato. «Sono tornato indietro nel passato perché nel futuro io sono stato tanto cattivo con te, ma volevo invece essere un tuo amico, così adesso posso... rimediare. Posso?»

Gli allungò una mano, il sorriso sdolcinato che si incrinò appena, senza però che il bambino se ne accorgesse minimamente. Non tanto per il gesto, che poco sarebbe importanto se avesse, stavolta, accettato la sua mano o meno, ma era per l'enorme bugia che gli aveva appena rifilato. Non seppe bene perché, ma si sentì sporco.

«Ma tu sei un adulto.» Il piccolo Potter sembrò confuso, guardando con timore la mano tesa, «Gli adulti non sono amici con i più piccoli.»

«E chi ti ha detto questa stupidaggine?»

Il piccolo Potter scrollò le spalle.

«Vabbè, chissene frega? Io voglio essere tuo amico.» Ancora, si sentì sporco.

Potter sembrò pensarci su, gli occhi verdi, molto più grandi di quanto ricordasse, che guardarono il cielo, e poi dietro di lui verso la casa anonima alle sue spalle. Poi si sciolse in un grande e luminoso sorrise, «Ok! Voglio avere un amico anche io, quindi va bene!» e accettò la sua mano.

Stringendo la sua piccola e liscia mano, il sorriso smielato che Draco aveva tenuto sulla faccia come una maschera si incrinò di nuovo. Si sentì un mostro, ma non volle per nulla al mondo rinunciare al suo incarico.


Potter lo tenne per mano tutto il giorno, mentre gli faceva vedere come si estirpavano le erbacce. Era il suo compito, gli confessò. Sua zia Petunia si sarebbe molto arrabbiata se non lo avesse portato al termine prima del suo ritorno.

Doveva portarlo lontano da quella casa babbana, prima di potergli fare qualsiasi cosa. In qualche modo Potter lì era protetto, ma il Signore Oscuro non gli aveva spiegato perché. Gli aveva solo ordinato di allontanarlo da lì.

«Perché lo devi fare tu?» chiese, sperando di non sembrare troppo annoiato. Non voleva rendere vano tutto il suo duro lavoro!

«Perché devo farlo io. Lo dice sempre zia Petunia. Se non lo faccio, zio Vernon mi punisce e mi manda anche a letto senza cena.»

Sbatté le palpebre molto intelligentemente, «Ah.»

Quella sì che era una novità: per un attimo si chiese se davvero quel bambino fosse Potter, ma strizzando un po' gli occhi sotto la luce del sole accecante, notò perfettamente la forma a saetta della cicatrice seminascosta dalla folta zazzera nera. Dunque, dato che aveva la prova che quello fosse sul serio il Bambino Sopravvissuto, come era possibile che fosse trattato davvero, manco a dirlo, come il peggiore degli elfi domestici? Da dei babbani, per di più!

Potter scosse le spalle, strappando l'ennesima erbaccia fino in fondo alla radice. «Devo farlo. Dato che sei un mio amico,» disse, sputacchiando un po', «posso dirtelo: i miei zii mi trattano un po' male perché sono un mostro. Me lo ripetono sempre. E dato che loro si prendono cura di me, devo ripagarli facendo le faccende domestiche. Ma a te va bene che sono strano, vero? Vieni dal futuro, sei strano anche tu.»

Draco fu sempre più confuso ed esterrefatto, e quasi senza accorgersene, si sedette sull'erba accanto al piccolo Potter che, in ginocchio e con le mani sporche di terra, continuava a strappare le erbacce.

«Quanti anni hai, Potter?»

Potter si guardò le mani sudicie e alzò otto dita. Gliele mostrò, sorridendo. «Così! E tu?»

«Diciassette.»

«Oh, non sei molto più grande di me. Credevo avessi l'età di mio zio Vernon.»

Una vena pulsò pericolosamente sulla fronte di Draco, ma cercò di prendere un profondo respiro per calmarsi. Era un bambino, infondo. Lui odiava i bambini, e soprattutto Potter non poteva permettersi di considerarlo così vecchio, ma non doveva perdere la calma.

A breve, comunque, si sarebbe vendicato. Di tutto.

«Però non mi hai detto come ti chiami!» strillò Potter all'improvviso, «Sei mio amico, e gli amici si chiamano per nome, no?»

«Per te sono Malfoy.»

Potter grugnì, «Che brutto nome. Ma è davvero un nome?»

«È il mio nome ed è perfetto.» s'indignò, guardandolo malissimo. Non lo sopportava!

«Se lo dici tu. Ma smettila di chiamarmi Potter, ho un nome, non solo un cognome! Lo sai qual è?»

«Sì, ma per me sei e resterai per sempre solo Potter.»

Potter gonfiò le guance. «Sei antipatico.» disse, alzandosi in piedi sulle gambine secche, coperte da dei vecchissimi pantaloncini, e si pulì le mani sulla maglietta larga e già abbastanza sudicia, «Però sei il mio primo amico, quindi sei davvero perfetto

Draco si alzò, lentamente. Guardò il piccolo Potter sorridergli felice, la fila di denti bianchissimi interrotta qua e là, e si sentì in colpa più che mai. Più sporco della maglietta imbrattata di Potter. Come poteva prendere in giro un bambino così solo?


«Puoi aspettare qui dentro, io devo andare a preparare la cena ai miei zii prima che arriva mio cugino Dudley, sennò mi tocca scappare e nascondermi e non posso più prepararla e mi puniscono.»

Draco piego la testa e anche il busto, per entrare dentro al sottoscala che Potter gli stava indicando. Sgranò gli occhi, rendendosi conto che quello era tutto ciò che Potter aveva. Un materasso, qualche coperta e poco più. Pensò che, in effetti, gli elfi domestici al Manor vivevano decisamente in condizioni leggermente migliori.

«Dormi qui?»

Potter annuì, «Non c'era posto per me. L'altra stanza serve per i giocattoli di Dudley.»

Draco non ebbe il tempo per strillare indignato da quella notizia, anche se, a mente lucida, si sarebbe ripetuto che era qualcosa che non gli importava e che, in fin dei conti, non aveva importanza, che subito Potter, con estrema fretta, lo fece sedere sul piccolo materasso e chiuse la porticina, assicurandosi prima di dirgli che non si sarebbe dovuto muovere da lì per nessuna ragione.

Rimase chiuso in quell'angolo soffocante e claustrofobico per quello che gli parvero ore. Rischiava seriamente di sentirsi male, ma cercò di distrarsi guardandosi intorno e curiosando tra le – davvero poche – cose del piccolo Potter.

La cosa più interessante da vedere fu, comunque, un nido di ragni situato tra uno scalino e l'altro, che fece fuori con un colpo di bacchetta. Non lo fece per Potter, ma più che altro per la sua breve permanenza là dentro. Fosse mai si ritrovasse dei disgustosi ragnetti tra i vestiti!

Vide posato su una mensola un vecchio peluche consunto, un teddy bear marroncino strappato in più punti e con un occhio perso chissà dove. Lo teneva nascosto dietro a dei quaderni di scuola pieni di scritte, coperto come se volesse tenerlo al sicuro dagli occhi di chiunque. Non aveva nient'altro, Potter. Neanche altri vestiti, oltre a quelli che indossava in quel momento.

Pensò che Potter era davvero uno sfigato, e per la prima volta gli dispiacque sul serio. Non aveva amici, non aveva una stanza. Non aveva neanche un vero letto o dei vestiti. Non aveva giocattoli, se non quel peluche rotto e vecchio. Sbuffando, ripetendosi mentalmente quanto fosse inutile, riaggiustò il peluche con un altro colpo di bacchetta. Per diminuire i sensi di colpa, come un placebo, si disse, mormorandolo tra sé e sé.

A distrarlo, furono delle urla e un rumore di vetro frantumato.

Non aveva sentito i parenti di Potter tornare, ma dalle urla che adesso sentiva, ovattate dalla porta chiusa del sottoscala, capì che erano a tutti gli effetti in casa.

Draco restò ad ascoltare per pochi minuti le urla che non accennavano a fermarsi, e riuscì persino a captare un Non avvicinarti, mostro! Era deciso a non intromettersi, ad ignorare il tutto. Non erano affari suoi! Chissene frega se Potter adesso le stava prendendo dai suoi parenti babbani!

Bestemmiando tra sé e sé, socchiuse appena la porta del sottoscala. Anche se solo per uno spiraglio, Draco ebbe più o meno chiaramente davanti la scena: il piccolo Potter era seduto per terra a raccattare i cocci di vetro rotto, suppose dei piatti, incurante di starsi sporcando di cibo riverso sul pavimento. Il viso era rosso e gli occhi gonfi di lacrime che, però, Potter stava trattenendo con tutte le sue forze. Un po' lo ammirò, merlino era solo un bambino! Solo un po', però.

Un bambino brutto e disgustosamente grasso come un maiale stava seduto su una sedia al tavolo apparecchiato accuratamente, una mano paffuta a coprirsi la bocca sorridente. Una donna secca e allampanata indicava, rossa in volto per la rabbia, i vari cocci per terra. Intravedeva anche l'ombra di qualcun altro presente, ma non lo vedeva bene.

Maledicendosi un po', puntò la bacchetta verso il bambino grasso e mormorò un leggero: «Incendio.»

Una fiammella illuminò la testa del bambino-maiale, che cominciò ad urlare. La donna accorse e cercò di spegnere le fiamme. Potter scoppiò a ridere, con le lacrime agli occhi, cercando però di non farsi vedere.

Soddisfatto, Draco richiuse la porta del sottoscala e aspettò.







Spazio Autrice.

Eccomi qui, con una nuova storia. Spero vi piaccia! Neanche questa sarà particolarmente lunga, ma spero che l'idea possa piacervi. 
E' tutto nato mentre rileggevo la mia storia Il Giglio rosso (a quattro mani con la nivs, leggetevela se vi va!) e ho pensato a Draco alle prese con davvero un piccolo Potter!
Però non volevo usare la solita storia della pozione andata male o un incantesimo sbagliato, quindi ecco qui, è nato il viaggio nel tempo XD
Spero vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate, se lasciate una piccola recensione non mi farete altro che piacere!

Emily.

  
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