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Autore: Araba Fenice    14/03/2017    1 recensioni
Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, concentrandosi sul proprio battito cardiaco.
Tu-tum. Tu-tum. Il sangue che le scorreva nelle vene sembrava iniziare a ribollirle dentro le orecchie. Tu-tum. Tu-tum. Quella sensazione pungente, la riconosceva. Un fastidio misto a piacere si impossessò lentamente di lei.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota: ho rieditato i capitoli correggendo errori di distrazione e (spero) rendendo più fluida la narrazione. 

Grazie infinite a coloro che hanno dedicato e dedicheranno un po' del loro tempo per leggere la mia storia!


 
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The sound of the Gion Shōja bells echoes the impermanence of all things;

the color of the sāla flowers reveals the truth that the prosperous must decline.

The proud do not endure, they are like a dream on a spring night;

the mighty fall at last, they are as dust before the wind.

The Tale of the Heike, Chapter 1.1

 

 

 

 

” La luna e’ piena stasera… sicuramente saranno gia’ a caccia”.

Una breve occhiata al disco argenteo che si affacciava fra le fronde dell’ albero dal quale osservava silenziosa il crocevia sottostante le bastò per farle capire che quella notte avrebbero colpito di nuovo. Sapeva bene cosa li spingeva a cercare la violenza e il sangue, visto che in fondo quei mostri e lei erano manifestazione dello stesso potere primordiale; potere che tutti desideravano ma che in pochi riuscivano a dominare e piegare al proprio volere, senza venirne sopraffatti e distrutti.
Sorridendo ironicamente tirò su la sciarpa nera fino a coprire metà volto. Non che temesse di essere riconosciuta visto che, al solito, non sarebbe sopravvissuto nessuno all’ incontro… era più la forza dell’ abitudine che la spingeva a celare continuamente la sua identità, identità ripudiata da tutti, umani e demoni.
Con un salto aggraziato si portò dal ramo del ciliegio al tetto di una locanda vicina, attutendo il colpo piegando le ginocchia e appoggiando le mani sulla paglia intrecciata. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, concentrandosi sul proprio battito cardiaco.
Tu-tum. Tu-tum. Il sangue che le scorreva nelle vene sembrava iniziare a ribollirle dentro le orecchie. Tu-tum. Tu-tum. Quella sensazione pungente, la riconosceva. Un fastidio misto a piacere si impossessò lentamente di lei. Tu-tum. Il cuore batteva inesorabile, ricordandole la sua vera natura, ciò per cui era disprezzata dai demoni e temuta dagli umani. Portò istintivamente la mano sull’ elsa della sua lama e la carezzò, aprendo lentamente gli occhi. Un grido disumano, malato, isterico riempì la notte.

Annusò l’ aria notturna voltandosi verso il grido. “Sono due, e due umani sono coinvolti” pensò mentre si alzava lentamente, stagliandosi nel cielo notturno, macchia nera nel nero della notte. Correndo silenziosamente e balzando da tetto a tetto scandagliava le strade, ogni ombra, ogni finestra, quando finalmente li vide.
Erano due, ed i capelli argentati che risplendevano nella luce della luna furono la prima cosa che notò. Il pallore della carne e i capelli argentei erano ciò che caratterizzava questi mostri semi umani. Li aveva già incontrati in Edo, un anno prima, e il solo ricordo la riempì di rabbia e frustrazione. “Non adesso. Non adesso. Concentrati” disse a se stessa mentre fissava i mostri che stavano inseguendo due rōnin. I malcapitati, avendo capito che non avevano nessuna possibilità di salvezza, correvano sperando di trovare un luogo dove rifugiarsi ma il destino, sicuramente, aveva già deciso che quella sarebbe stata la loro ultima notte. Uno dei due uomini inciampò e cadde riverso nel centro della strada polverosa. “Ora” pensò, saltando dal tetto giù nella strada, di fronte al malcapitato che si stava appena rialzando. Sfoderando lentamente la spada piantò i piedi sul terreno in posizione di difesa, guardando immobile i due mostri che stavano sopraggiungendo. L’altro fuggitivo si arrestò un attimo quando vide la figura nera scivolare fra loro e i mostri e senza pensarci un attimo afferrò per un braccio il compagno caduto per aiutarlo a rialzarsi. Li osservò per una frazione di secondo con la coda dell’occhio quando una fitta violenta di dolore le attraversò la nuca. Altri due mostri stavano sopraggiungendo alle loro spalle. “Dannazione” pensò, stringendo i denti ed arrivando ormai faccia a faccia con i primi due. Le risa isteriche dei mostri riempivano l’ aria e i due uomini caddero tremanti a terra, incapaci di sopportare la vista delle abominazioni che li aveva accerchiati. “Combattete se volete avere una possibilità di sopravvivere!” gridò la figura in nero, mentre parava il primo fendente del mostro alla sua sinistra. Erano mostri si, ma umani di aspetto e in tutto e per tutto abili come samurai. Uomini trasformati in esseri capaci solo di uccidere, senza anima, senza rimorsi. Macchine da guerra perfette.
Una risata oscena le riempì le orecchie mentre con la coda dell’ occhio vide l’ altro mostro apprestarsi ad affondare la sua lama nel suo fianco. Per evitare il colpo si abbassò e si gettò di lato, rotolando dietro i due mostri e rialzandosi immediatamente, affondando la spada nella schiena di quello più vicino all’ altezza del cuore, fino all’ elsa. Il grido stridulo di morte la fece per un attimo rabbrividire, e la resistenza dei muscoli e delle ossa che si laceravano contro la lama le fecero venire per un attimo un conato di vomito. Nonostante avesse già ucciso, non riusciva ad abituarsi del tutto. Forse non ce l’avrebbe mai fatta.

Con un movimento secco del braccio sfilò la spada dal corpo senza vita e si apprestò a fronteggiare l’ altro avversario, rendendosi conto però con sgomento che i tre restanti mostri si erano catapultati sui due rōnin e stavano già banchettando sui loro corpi dilaniati e sanguinolenti. Il sangue li attirava e faceva perdere loro la pochissima umanità che ancora gli rimaneva. Si avvicinò nel tentativo di coglierli di sorpresa mentre si saziavano delle carni e del sangue dei due uomini, oramai a malapena riconoscibili, quando sentì di nuovo la stessa sensazione di prima, quando erano apparsi i mostri, ma stavolta più attutita, quasi piacevole. Si fermò immediatamente sui suoi passi e, voltandosi lentamente, vide una figura osservarla in silenzio. Un bambino? Così sembrava, ma c’ era qualcosa di misterioso e stranamente familiare in quella figura che la scrutava con occhi sgranati. Un bambino di forse tredici, quattordici anni. Cosa ci faceva da solo, di notte, a Kyoto? Se i mostri l’ avessero percepito… e poi guardandolo meglio non poté fare a meno di notare il candore della sua pelle e i lineamenti aggraziati del suo profilo. No, non era un bambino, ma una ragazzina.
Appena questo pensiero le sfiorò la mente le sue orecchie furono raggiunte di nuovo dai grugniti dei mostri semi umani, suoni che la riportarono alla realtà. Gli abomini si voltarono verso di loro e con occhi accesi da brama di carne e violenza riuscirono ad articolare qualche parola, biascicandola fra il sangue e la saliva che imbrattavano i loro volti: - Sangue… vostro sangue… dolore… - Non appena queste parole lasciarono le labbra di quei corpi senz’ anima si scagliarono come furie sulle due figure immobili nella strada.
- Scappa! - riuscì a gridare lei, bloccando con la sua spada il fendente del primo mostro che con un impatto di una forza disumana la fece arretrare di mezzo metro, gettandola quasi spalle al muro di una capanna vicina ma riuscendo a tenergli testa.
- IHIHIHIHIHIIHIHAHAHHAHAHAHHAHAAH sangueeeeee!- gridavano come ossessi mentre gli altri due mostri si avvicinavano pericolosamente alla ragazzina che, terrorizzata, era caduta a terra incapace di muoversi. Si portò il braccio agli occhi come per difendersi almeno dalla vista di quell’ orrore, quando un lampo azzurro si parò di fronte a lei, intercettando i due mostri che gli erano ormai a ridosso e parando i loro colpi, uno dopo l’ altro, con una maestria e una velocità impressionanti.

“Chi… diavolo….” fece appena in tempo a pensare quando il mostro che stava affrontando le diede una spallata che la fece volare indietro, sbattendo violentemente la schiena al muro di una casa. Il colpo la stordì per un attimo, annebbiandole la vista, ma riacquisì velocemente padronanza di se stessa mentre brandiva la sua katana al cuore del mostro che l’ aveva colpita.
- Souji! - Sentì delle voci concitate raggiungere l’ uomo vestito di azzurro nel vicolo, seguite da rumori di lame sfoderate.
Quelle voci… dannazione, questa non ci voleva. Non le era mai capitato di avere dei testimoni durante i suoi combattimenti, ma stavolta sembrava che l’ uomo che era intervenuto a difesa della ragazzina avesse una maestria e padronanza della spada tale da permettergli di sopravvivere qualsiasi battaglia. E quell’ haori azzurro… pensieri scomposti le affollavano la mente mentre la lama della sua katana incontrò il petto del mostro che si stava avvicinando a lei, affondando nella carne e perforandogli il cuore.
- Souji! Alla tua destra! - una voce profonda ed autoritaria risuonò nella notte. L’ uomo che rispondeva al nome di Souji scartò elegantemente il colpo che stava arrivando alla sua destra e con una risatina beffarda abbassò la sua lama sul mostro, tagliandogli un braccio. L’ arto cadde con un tonfo sordo a terra ma il mostro sembrava non essersene nemmeno accorto.
-Ahhh che scocciatura… non riesco ancora a credere che Sannan se ne sia fatti scappare quattro - disse Souji sbuffando ironicamente mentre si apprestava di nuovo a calare la sua lama sul collo dell’abominio. La testa con la chioma argentata rotolò sul terreno, fermandosi ai piedi di un terzo uomo che era appena arrivato sulla scena della battaglia e che stava già ripulendo la lama della sua katana dal sangue dell’ ultimo abominio. Silenziosamente e con una velocità degna di un maestro, aveva fatto fuori l’ ultimo mostro che giaceva ai suoi piedi, immobile.

Lei si nascose ancora più profondamente fra le ombre del vicolo in cui era stata spinta dall’ abominio, mescolandosi all’ oscurità ed aiutata in questo dall’ abbigliamento completamente nero che la copriva da testa a piedi. Solo gli occhi erano scoperti, occhi che scrutavano i tre uomini con curiosità e ammirazione.
- Hajime-kun, al solito, silenzioso e sbrigativo. Dovresti divertirti di più sul lavoro - riprese colui che chiamavano Souji, rinfoderando la spada e spostando con un piede il corpo del mostro più vicino a lui, voltandolo ed osservandone con macabra soddisfazione il collo mozzato e la pozza di sangue nero che si allargava lentamente sulla polvere della strada.
- A differenza di te, non trovo piacere personale nel togliere la vita al mio avversario. Eseguo semplicemente gli ordini del Capitano - rispose quietamente l’ altro, accovacciandosi vicino al corpo del bambino il cui corpo giaceva immobile a terra, forse svenuto per la paura.
L’ uomo chiamato Souji scosse il capo e si voltò lentamente verso il punto in cui lei era nascosta, osservando l’ oscurità. Lei trattenne il fiato, schiacciandosi ancora di più alla parete e divenendo praticamente impercettibile. Il suo addestramento in questo caso le faceva comodo ma mai come adesso rischiava di essere vista.
- Comunque, credo abbiamo un altro problema di cui ci dovremo occupare – sussurrò fra i denti.
- Che intendi? - disse il terzo uomo con la voce profonda ed autoritaria. Si avvicinò a Souji e lo scrutò freddamente, soppesando le sue parole.
- Intendo dire che mentre giocavate in retroguardia due Rasetsu sono stati massacrati… da qualcun’ altro – disse Souji a cuor leggero, indicando col mento i due mostri che erano stati fatti fuori da lei. Nell’ oscurità lei si appiattì ancora di più alla parete ma voleva assolutamente capire cosa avessero a che fare questi samurai con i mostri. E come li avevano chiamati… Rasetsu? Che collegamento avevano con loro? E perché indossavano le stesse uniformi? Adesso che poteva osservare la scena notò che i corpi degli abomini portavano la stessa uniforme dei tre uomini, un haori azzurro cielo con un motivo geometrico bianco alle maniche e una protezione di metallo, in fronte, legata dietro alla nuca da un nastro bianco che ricadeva sulle spalle. Chi erano questi personaggi?

Era appena arrivata a Kyoto e non aveva ancora raccolto molte informazioni ma poteva chiaramente capire che questi guerrieri fossero a conoscenza dell’ esistenza dei mostri. Anzi, sembrava che ce ne fossero altri. Nonostante fosse rischioso rimanere lì voleva scoprire qualcosa di più.
- C’ era qualcun altro qui con te Souji? - incalzò l’ uomo, pressandolo per una risposta.
- Ehi, ehi Hijikata-san… - Souji alzò le mani sorridendo sardonicamente – non pensavo che un mucchietto di mostriciattoli potesse farti perdere le staffe… -
- Non farmi perdere tempo e rispondi – continuò l’ uomo chiamato Hijikata, osservando il giovane con occhi glaciali. Se gli sguardi avessero potuto uccidere Souji non ne sarebbe uscito vivo. Ma il ragazzo non sembrava toccato, anzi, incrociando le braccia al petto e ridendo appena disse a voce alta, forse proprio con l’ intento di farsi sentire da lei: - Anche se coperto dall’ oscurità c’ era qualcun altro qui, poco prima del nostro arrivo… ed adesso ci sta ascoltando, nascosto da qualche parte, vero? -
Lei trattenne di nuovo il fiato, a quella che le sembrava più una provocazione che una rivelazione. Lei sapeva che lui l’ aveva percepita, nonostante le ombre e la sua capacità di mimetizzarsi nell’ oscurità. Nonostante fosse una combattente capace, e un ninja dalle risorse sovrumane. Nonostante fosse un mezzo demone.
Si guardò velocemente attorno, notando una possibile via di fuga alla sua destra, ma per farlo avrebbe dovuto comunque esporsi anche se per pochissimo tempo alla vista dei tre guerrieri. Non desiderava farlo, e allo stesso tempo non voleva ingaggiare battaglia con loro. Sembravano molto capaci, specialmente il ragazzo chiamato Souji. Pareva inoltre che sapessero molto riguardo ai mostri che tanto disperatamente stava cercando di eradicare, e forse potevano avere informazioni su colui che li aveva creati.
Non poteva esitare più a lungo, se l’ avessero scoperta sarebbe stato difficile affrontarli tutti insieme.

- Cosa facciamo di questo bambino, Vice Capitano? Sembra sia solo svenuto, e il fatto che abbia assistito al combattimento lo rende un testimone… - la quieta voce di Hajime fece voltare per un momento i due uomini, regalando un’opportunità di fuga alla ragazza.
Senza pensarci due volte scattò fuori dal vicolo e saltando si aggrappò a una trave di legno che spuntava dalla facciata della casa di fronte. Il corpo leggero roteò nell’ aria e atterrò sul balcone della casa più distante dandole la possibilità di fuggire sui tetti.
Si voltò per un attimo e osservò i tre uomini che vedendola uscire allo scoperto appoggiarono immediatamente la mano all’ elsa della spada. Avrebbe voluto scoprire chi erano e quali legami avessero con i mostri, ma non era questo il momento. Gettando un ultimo sguardo sul corpo inerme della ragazzina sospirò e silenziosamente scomparì nella notte, lasciando solo il ricordo della sua presenza.

 

- Te l’ avevo detto che era ancora qui, Hijikata-san – disse beffardo Souji, incrociando le braccia al petto e sbuffando divertito – chiunque sia, spero di incrociare la spada con lui. Ha fatto fuori da solo due Rasetsu… meriterebbe un premio, non credi? E quale miglior premio dell’ essere ammazzato dal sottoscritto? - disse ridacchiando divertito.
- Non adesso, Souji – interruppe bruscamente Hijikata. - Hajime, rimuovi le nostre uniformi dai corpi dei Rasetsu e gettale nel fiume. Souji, trasporta il corpo del ragazzino alla base. Non possiamo lasciarlo libero dopo ciò che ha visto – così ordinando Hijikata volta le spalle ai due e scompare nell’ oscurità.- Ahhhhh… agli ordini, capo – disse annoiato Souji, caricandosi sulle spalle come un sacco di patate il corpo esanime del ragazzino, mentre l’ altro silenziosamente esegue l’ ordine, gettando le uniformi imbrattate di sangue in un canale vicino.

Si allontanano silenziosamente nella notte, inghiottiti dalle tenebre, lasciando solo silenzio e morte dietro di sé.

 

   
 
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