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Autore: eyes_in_the_fire    16/03/2017    4 recensioni
A Courtney non era mai piaciuto stare da sola.
Anche se poteva sembrare una persona che stava bene anche in solitaria, preferiva di gran lunga essere con un'altra persona, in una stanza ampia e con le luci accese.
Per questo, adesso, tremava nel buio della sua stanza.
*
C'è chi predilige la notte al giorno.
Chi, al buio, è più sveglio e chi invece dorme profondamente.
E c'è chi, infine, di notte cambia, a causa dei tremendi incubi che occultano i sogni.
Gli incubi sono capaci di cambiare una persona.
Gli incubi sono capaci di terrorizzare una persona.
Storia partecipante al contest “Ashes of Eden”, di Miky_D_Senpai.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: A tutto reality - Il tour
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Storia partecipante al contest “Ashes of Eden” di Miky_D_Senpai.
Lo ringrazio di cuore (e chiedo scusa per gli inconveniente vari che ci sono stati e che mi hanno portato a ritardare xD), è stata un'esperienza davvero carina!
La canzone che ho utilizzato è “Gone, Gone, Gone” di Phillip Phillips, è davvero splendida anche se tratta una situazione abbastanza triste; vi consiglio vivamente d'ascoltarla perché, sul serio, merita moltissimo :3
Arrileggerci!
•Eyes•



A Courtney non era mai piaciuto stare da sola.
Anche se poteva sembrare una ragazza che era a suo agio anche in solitaria, preferiva di gran lunga avere qualcuno al suo fianco, in una stanza ampia e con le luci accese.
Per questo adesso tremava nelle ombre oscure della sua camera, dove rumori di passi pesanti e di gocce che cadevano in pozze già formate echeggiavano. Non sapeva da dove provenivano, né chi le causava, ma la sua mente era troppo offuscata per cercare di capirlo.
Aveva paura.
Occhi di ossidiana schizzavano da un angolo all'altro, labbra abbronzate cercavano di inglobare più ossigeno possibile.
Dall'oscurità nella quale poteva nascondersi il tutto, così come il niente, emerse una figura allampanata.
Aveva paura.
Il suo sguardo, nonostante il buio, captò quella cosa di fronte a sé, ma lei non fece nulla. Una mano fredda si chiuse fortemente attorno al suo collo e le mozzò il respiro.
Courtney...
Aveva tanta, tanta paura.
Courtney.
La sua anima stava lentamente scivolando via, mentre oramai solo flebili tremolii avevano la forza di scuoterla.
Sarebbe morta adesso?
Adesso, nel completo silenzio?
«Courtney, svegliati»

Quella notte Courtney si svegliò di soprassalto, sudata e con il cuore a mille.
Quando passi si avvicinarono fra le ombre e un'altra figura venne distinta dai suoi occhi, lei fu sicura di riconoscerla e chiese, con voce tremante: «D-Duncan?»
Duncan le andò incontro, poggiò il bicchiere d'acqua sul comodino e si sedette sul materasso, affianco a lei, prima di circondarle le spalle con un braccio: «Il solo ed unico, Principessa»
Le diede un bacio sulla tempia e toccò la punta naso all'insù della ragazza con il proprio: «Di nuovo quell'incubo»
Non era nemmeno una domanda. Duncan sapeva già la risposta e di questo, Courtney, ne era certa.
Lasciò che i suoi muscoli tesi si rilassassero prima di scivolare con la testa sulla spalla del ragazzo, che le strofinò con mani tiepide la schiena abbronzata coperta da una leggera canotta rosa.
Duncan, quando fu sicuro che lei fosse definitivamente calma, la scostò con una delicatezza che non sarebbe mai sembrata sua e, alzandosi, percorse il freddo pavimento a grandi falcate: «Tranquilla, sai che se ti serve aiuto, io sarò sempre da te»

When life leaves you high and dry,
I'll be at your door tonight,
if you need help, if you need help.


Raggiunse la finestra e afferrò i lembi delle tende, per trascinarle a lato. Il profondo cielo notturno e una luna piena e bianca fecero da panorama, mentre la pallida luce delle stelle e del satellite naturale illuminava flebilmente i lineamenti mascolini di Duncan.
Courtney trascinò una mano fra le proprie ciocche castane, spostandole senza difficoltà dai suoi occhi per poi premere i palmi sulle palpebre, in modo che essi non continuassero a bruciare leggermente per il risveglio improvviso - e perché "apparentemente" le era scesa qualche lacrima di paura, durante il suo orribile sogno.
Solo dopo fissò la figura del suo ragazzo che, davanti al vetro trasparente, sembrava perso infantilmente fra le molteplici piccole luci che brillavano, ora più e ora meno, attaccate al grande velo scuro che era il cielo di notte.

I'll shut down the city lights,
I'll lie, cheat, i'll beg and bride,
to make you well, to make you well.


Pensando alla sua frase di prima, sì, sapeva che Duncan avrebbe fatto di tutto, in fondo, per lei. Per farla stare meglio probabilmente avrebbe mentito, imbrogliato, persino cercato di spegnere la stelle o tutte le luci della città se mai fosse servito. Non l'avrebbe mai ammesso, questo no, ma sotto quella corazza da duro si nascondeva un cuore che, quando voleva, sapeva essere davvero dolce.
Lo osservava attentamente, Courtney, adesso. La luna conferiva quella debole illuminazione che bastava perché occhi dal colore congelato luccicassero assieme alle stelle con un bagliore perlaceo, in contrasto con l'azzurro limpido delle sue iridi.
Courtney amava gli occhi di Duncan.
Amava anche i suoi morbidi capelli neri con quella cresta smeraldina e amava il suo carattere imperioso e ribelle, ma quegli occhi celesti, a cui non riusciva mai a dire di no, erano il tallone d'Achille della ragazza. Ci si perdeva costantemente, o persa nelle pagliuzze blu o impegnata a decifrare quella piccola striatura acquamarina che non aveva mai notato, o magari semplicemente chiedendosi come fosse possibile anche solo avere occhi del genere. I suoi, per quanto belli grazie al loro essere così grandi e apparentemente infiniti - essendo del nero più puro e profondo, dell'ebano più intenso, -, a confronto non contavano nulla.
Purtroppo non sapeva Duncan aveva i suoi stessi problemi, dato che pure lui spesso rimaneva incantato da quella tonalità scurissima, chiedendosi se esistesse una fine alla profondità di quello sguardo, oppure accorgendosi che se Courtney avesse inclinato la testa parallelamente ad un fascio di luce probabilmente le sue iridi l'avrebbero riflesso perfettamente. Ovviamente, se lei s'accorgeva della distrazione di lui, gli bastava un ghigno ed una cosa tipo “Non stavo ascoltando Principessa, i tuoi discorsi lunghissimi mi annoiano e stare attento è impossibile. Sai che dovresti fare un corso per sintetizzare un monologo? Aiuterebbe” per rimediare subito. La ragazza avrebbe roteato quegli occhi, vera causa della disattenzione, e avrebbe ricominciato da capo, tentando in tutti i modi di far entrare le parole nella zucca - a detta sua “totalmente vuota” - di Duncan.
Courtney però, quella notte, non aveva tempo di osservare occhi o fare discorsi. Infatti, da quando ‘A Tutto Reality: Azione!’ era finito e da quando lei e il suo ragazzo erano andati a vivere insieme in un piccolo appartamento, senza una vera apparente causa gli incubi avevano iniziato a comparire. O meglio, ricomparire. Quando era molto piccola ne aveva altrettanti, ma crescendo essi erano via via sfumati nel nulla.

When enemies are at your door,
I'll carry you way from more,
if you need help, if you need help.


Essi la aggredivano quando ormai sognava tranquilla, strisciando nella sua mente, come nemici tangibili, insediandosi fra i suoi pensieri e facendola svegliare di soprassalto, puntualmente sudata, spaventata e col batticuore. A volte, aveva persino le guance bagnate da liquido salato, ma Duncan non sempre glielo faceva notare e cercava di far finta di nulla, dato che a lei dava fastidio mostrarsi lacrimante. Lui c'era sempre per farla sentire confortata, e c'era sempre per portarla via dal ricordo tremendo degli incubi, dei suoi nemici.
Purtroppo, qualunque cosa facesse il ragazzo, di mattina, qualche ora dopo, la castana aveva delle occhiaie sempre più evidenti sotto agli occhi. Doveva recuperare il sonno perso, ma era oramai impossibile. Non riusciva a dormire nemmeno nel pomeriggio, dato che non c'era abituata.

Your hope's dangling by a string,
I'll share in your suffering
to make you well, to make you well.


«Credo che dovremmo tornare a dormire, ma bevi un po' prima» parlò finalmente Duncan, girandosi verso la ragazza; «Devi riposarti»
Vederlo premuroso era sempre appagante, ma di sicuro quel pensiero in momenti del genere non la sfiorava nemmeno. Semplicemente, prese il bicchiere e mando giù lentamente qualche sorsata.
Duncan le si distese affianco dopo essere tornato vicino al letto, e la abbracciò non appena anche lei si coricò.
Courtney appoggiò la testa sul petto del ragazzo e lì rimase, addormentandosi dopo pochi minuti col costante battito cardiaco di Duncan che la cullava dolcemente.
La speranza che gli incubi la lasciassero, dopo mesi di continue apparizioni, ormai penzolava da un sottile filo, ma era convinta che Duncan avrebbe condiviso con lei la sua sofferenza, per alleviarla, attutirla, smorzare l'amaro dolore che crepava la sua sicurezza, a poco a poco.

*

Dopo appena un mese, Chris McLean in persona li contattò entrambi per una nuovissima stagione di ‘A Tutto Reality’. A quanto pareva essa avrebbe trattato il tema dei viaggi, coinvolgendo gli sfortunati protagonisti in un Tour intorno al mondo su un catorcio con le ali che il conduttore e Chef chiamavano aereo.

Give me reasons to believe,
that you would do the same for me.


Accettarono, più che altro perché non avevano scelta. Infatti, da quel che affermò per replica Chris non appena i due, rispondendo alla propria mail, rifiutarono, c'erano una postilla dal carattere minuscolo alla fine del loro primissimo contratto - già, quello dei tempi dell'Isola, - che recitava la seguente frase:
“Il sottoscritto accetta di partecipare anche alle future stagioni del programma, qualora Chris mi desiderasse nuovamente nel suo magnifico show”.
E sì, era senza scappatoie. Una Courtney furente ed i suoi avvocati avevano cercato in tutti i modi una via d'uscita, ma nulla di nulla, non si fuggiva.
Lei era, a dire il vero, per lo più preoccupata, perché i suoi incubi non le avrebbero permesso concentrazione, e sapeva che, di sicuro, sarebbe stato ancor più complicato riuscire a dormire, fra telecamere accese e pressione.

And I would do it for you, for you.
Baby I'm not moving on,
I love you long after you're gone.


Duncan aveva imprecato a denti digrignati quando la ragazza, coprendo il suo senso di sconfitta e preoccupazione con secca rabbia, gliel'aveva riferito.
Dannato Chris.
Dannate postille.
Ma l'aveva capito, lui, che Courtney temeva i suoi incubi, quindi, dopo qualche secondo di frustrato silenzio, le si avvicinò e, cingendola per le spalle con un braccio, le baciò una guancia, sussurrandole morbidamente poi, nell'orecchio: «Ti aiuterò io con gli incubi, puoi stare tranquilla. Solo, dammi ragioni per credere che lo farai anche tu per me, quando ne avrò bisogno» alla fine scherzò un poco, ironizzando sul carattere rigido e non molto propenso ad aiutare gli altri della ragazza, che preferiva rimanere fissata sui propri obiettivi. Lei sorrise appena.

For you, for you.
You would never sleep alone,
I love you long after you're gone.
And love you after you're gone, gone, gone.


Per il resto del giorno Duncan la prese un po' in giro, come al solito. Courtney non trattenne qualche risatina e roteò divertita gli occhi più e più volte, fingendosi esasperata. Era così, con loro. Quando Duncan mostrava la sua parte più tenera, dopo non ne veniva riparlato. Era un tacito accordo, una fiducia ricambiata fra i due, un voto solenne che, da ambe le parti, non si voleva venisse spezzato.
Quella notte, Duncan le promise anche che non avrebbe mai dormito da sola.

*

Alla fine era successo: lo show era iniziato.
Duncan aveva fatto in tempo a ritornare il ribelle insolente che era sempre stato - da subito, persino prima di venire gettato dall'aereo, - e Courtney, anche lei inacidita dal reality e quindi ritornata una perfettina, nascondeva la tristezza e l'amarezza che provava, non riconoscendo più il calmo ragazzo che, nell'oscurità, la confortava e si prendeva cura dolcemente di lei. Solo la luna e le stelle erano testimoni, ma andava bene così.

When you fall like a statue,
I'm gon' be there to catch you,
put you on your feet, you on your feet.


Perché nessuno doveva sapere di quei tempi, volevano entrambi privacy, nessuno doveva sapere dei baci a mezzanotte, delle dita affusolate che, fra le ombre, accarezzavano lisce ciocche castane, delle parole rassicuranti sussurrate da una voce profonda e un po' ruvida. Nessuno doveva sapere e nessuno avrebbe mai saputo. Un po' faceva male rendersi conto che il ragazzo di cui più si fidava, che sapeva l'avrebbe presa al volo, se mai fosse caduta, per rimetterla in piedi accanto a lui, sembrava scomparso, sostituito da una sua seconda parte, più scatenata e tagliente.
Ma, come detto prima, andava bene così.
Courtney copriva con correttore e fondotinta le sue occhiaie e Duncan si era autoeliminato praticamente subito dallo show, quindi non poteva pensarci lui a dirle di dormire e di stare tranquilla, e lei, allora, non dormiva più.

And if your well is empty,
not a thing will prevent me.
Tell me what you need, what do you need?


(Sierra, a volte, quando di notte rimaneva sveglia per rubare qualcosa a Cody, la sentiva mormorare alla luce della luna, nei momenti in cui ad ascoltarla potevano esserci solo i freschi spifferi d'aria e il confortante suono di morbidi, dormienti respiri: «Ho sonno... per favore, ritorna, ho sonno...» e aveva capito che la castana era decisamente stanca mentre lasciava che dalle sue labbra scivolassero questi sibili, i quali, dopo aver aleggiato lievi e amari per la stanza, strisciavano in mezzo alle ombre, sparendo infine nel buio. Inoltre, nelle sue parole aveva percepito un pianto silenzioso, che, pericolosamente, minacciava di uscire - non più silenzioso - dalla sua bocca. A Sierra bastarono due notti soltanto per comprendere che, alla compagna, mancava sul serio la persona cui quella malinconica mantra era dedicata.
Courtney, invece, oltre a mormorare quelle parole, si domandava, nell'ingenuità che causava la stanchezza, perché Duncan non veniva là, da lei, a chiederle che cosa le serviva per stare meglio.)

I surrender honestly;
you've always done the same for me.


Dopo vari giorni, però, a sorpresa, Duncan era ritornato in gara. Il merito andava alla stessa Courtney e a Gwen, ma ci fu un problema, un tradimento.
Courtney iniziò a dormire ancora meno e ad avere ancora più incubi quando scoprì che il ragazzo aveva baciato la gotica nel confessionale, e non le importò che ci fossero telecamere a riprenderla mentre, per lui, gridava distrutta dalla delusione sul pavimento metallico della mensa. Non si fregò delle telecamere, no, così come non si fregò degli sguardi degli altri concorrenti che le pungevano la pelle, mentre urlava e piangeva lacrime di rabbia.
Duncan, dal canto suo, rimaneva impotente a guardare, cercando di ignorare lo sconforto aspro che lo divorava dall'interno - come un lampo, anche se solo per una volta, un pensiero dal sapore sgradevole gli passò per la mente: si ricordò di quando le aveva detto che voleva dei motivi per essere sicuro che Courtney l'avrebbe aiutato se in difficoltà, e si rese conto, di rimbalzo, che la ragazza, quando lui era nei guai, gli era sempre stata vicino.
A quel punto, quando lei gli tirò un forte calcio in mezzo alle gambe, non riuscì davvero a capire se gli faceva più male il punto colpito o la vista di occhi d'ebano lucidi di pianto.

*

So I would do it for you, for you.
Baby, I'm not moving on,
I love you long after you're gone.


E poi il reality finì, ma Courtney, essendo stata eliminata, era già tornata a casa da un po' - anche se aveva dovuto farsi chilometri e chilometri e chilometri per ritrovare la sua città, dopo essere stata gettata dall'aereo, e anche se, per la finale, fu costretta a tornare in televisione. Cacciato Duncan dall'ormai ex loro appartamento con tutte le sue cose, rimaneva solo lei, nel silenzio totale della notte e nell'oscuro oblio dei suoi incubi.
A volte, quell'opprimente mancanza di suoni la faceva camminare nella sottile linea che divideva la sua sanità mentale dalla pazzia, perché stava letteralmente ammattendo, non riuscendo a dormire neanche tre ore per notte e non facendo nulla. Andava a lavorare, ma anche lì era una statua di pietra con un'anima di carta, silenziosa e meccanica. Non parlava, tanto non ce n'era nemmeno bisogno, e restava isolata il più possibile. Non ce la faceva a stare in mezzo a persone che non potevano capirla, quando lei piangeva per ore senza emettere suoni o quando moriva dentro, ogni santa volta che ricordava Duncan. O vedeva due iridi staccate dal cielo, sebbene fossero dello stesso colore di quest'ultimo, o riconosceva il nero delle scrivanie nel nero dei suoi capelli, o gli appariva davanti l'immagine di una cresta di smeraldo se di fronte a lei passava un ragazzo con una pettinatura alla moicana.
E temeva d'aver capito per cosa erano quegli incubi: erano la paura, la paura di perdere la persona più importante.

For you, for you.
You would never sleep alone,
I love you long after you're gone.
And long after you're gone, gone,
gone.


Courtney, a volte, faceva andare della musica per non percepire, attorno a sé, il vuoto del silenzio. Quando era a casa, per scacciare i mostri dell'insonnia, faceva partire dei brani, e si lasciava trasportare alla deriva, con gli occhi chiusi, in un raro stato di dormiveglia che la avvolgeva ovattando i suoni grazie alle note e la rilassava, sfruttando una melodia ora allegra e limpida, ora delicata e calma. Una rigida e scura sera, però, mentre riposava - per così dire, - sul suo letto, una canzone la catturò, non appena sentì le prime parole del brano partito per mezzo di una riproduzione casuale.
Portò una mano sulla bocca per catturare in anticipo i piccoli singhiozzi che minacciavano di uscire, mentre un velo di lacrime si depositava sui suoi occhi.
Quella canzone... sembrava esser stata scritta per descrivere la situazione di lei e Duncan. In alcune parti, le pareva che ci fosse il ragazzo stesso a dirle quelle parole, mentre nella frase cruciale, che dava anche il titolo alla canzone, sembrava che stesse pensando lei.

You're my back bone,
you're my cornerstone,
you're my crutch when my legs stop moving.
You're my head start,
you're my rugged heart,
you're the pulse that I've always needed.


Ovviamente non era possibile, ma quel testo pieno di sentimento portava nella sua mente vecchi, agrodolci ricordi e nel suo cuore emozioni passate.
Inutile negarlo, non aveva mai smesso di amare Duncan. Né, tantomeno, avrebbe finito di farlo.
Il vero amore capita solo una volta nella vita, ma, se lei l'aveva perso, purtroppo non c'era nulla da fare.
Chiuse le palpebre, Courtney, lasciò che le sue memorie coprissero qualsiasi altro pensiero, bloccò a chiave nella sua testa le frasi di quel brano. Non le importava che l'intensità del significato che stava in esso le causasse dolore, no, non importava.
Portò entrambe le mani a coprirle gli occhi già chiusi. Non disse niente.
Una sola, unica lacrima fuggì al suo controllo.

Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum my heart never stops beating...


Uno scricchiolio. E poi dei piccoli, sordi rumori, come di passi.
Lei si alzò subito a sedere, guardandosi attorno spaventata. La canzone andava avanti, ma sembrava che il suo volume si fosse abbassato, per essere solo un sottofondo, un tappeto di note e parole di quel momento.
Un battito mancato.
Una folata d'aria fredda.
«D-Duncan?»
Silenzio.

For you, for you.
Baby, I'm not moving on,
I love you long after you're gone.
For you, for you.
You would never sleep alone,
I love you long after you're gone.
For you, for you.
Baby, I'm not moving on,
I love you long after you're gone.
For you, for you.
You would never sleep alone,
I love you long, long after you're gone.
Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum, baby, don't stop beating.
Like a drum my heart never stops beating for you.
And long after you're gone, gone, gone.


Ti amo ancora dopo che te ne sei andato, andato, andato.
   
 
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