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Autore: Gely_9_5    17/03/2017    1 recensioni
Una versione un po' diversa dello speciale "Many Happy Returns".
John, l'alcol e il ricordo di Sherlock sempre presente nella sua nuova vita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Questa chiamata… è il mio biglietto.
È così che le persone fanno, no? Lasciano un biglietto.”

John Watson, ex medico militare, Quinto Fucilieri del Northumberland, aveva lo sguardo distante mentre, con passo sicuro, si avvicinava al mobile della cucina che gli stava dinanzi. Lo aprì e ne tirò fuori una bottiglia di vetro.
Era ormai un’abitudine per il dottore versarsi un bicchiere di bourbon a quell’ora del pomeriggio.
Era l’ora del tè.
Un tè che ormai non beveva più da mesi.
John si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona scomoda del suo nuovo appartamento ma fece attenzione a non versare neanche una goccia del liquido ambrato nel bicchiere che stringeva tra le dita della mano destra. Sulla sinistra non poteva fare più affidamento: da qualche tempo aveva ricominciato a tremare e John non riusciva a trovare una soluzione per quell’inconveniente.
“Ti ho spinto a bere?”
Il medico voltò appena lo sguardo alla sua sinistra e poté osservare chiaramente il suo amico e collega, Sherlock Holmes, appoggiato con la schiena alla parete dall’improponibile fantasia colorata alle sue spalle. Il detective indossava il suo solito cappotto e teneva le mani intrecciate dietro la schiena mentre fissava con curiosità l’amico dinanzi a lui con la testa leggermente reclinata.
“Sparisci” borbottò John con poca convinzione, infatti Sherlock accennò ad una risatina. “È per te se sono qui” gli fece notare per l’ennesima volta. “Tu mi pensi, io arrivo.”
John distolse lo sguardo, ben consapevole che le sue parole corrispondevano alla più assoluta verità, ma non voleva dargliela vinta. Non quel giorno. Non mentre beveva. Non quando Sherlock era ormai morto.
“Dovresti rendertene conto…”
La voce del moro gli arrivò flebile come mai prima e John dovette voltarsi per guardare in faccia l’amico che, cancellato il sorrisetto dalla faccia, lo fissava con occhi distanti, vuoti.

“Lasciano un biglietto, quando?”

John scosse la testa, cercando di cancellare dalla sua mente tutte quelle immagini e quelle poche parole che occupavano la sua mente notte e giorno da quella fatidica mattina al Barts. Da quel giorno non ci si era più neanche avvicinato. Così come si era allontanato da Baker Street.
“Troppi ricordi?”
Il medico tornò a guardare in cagnesco l’amico prima di bere una generosa sorsata di bourbon. L’alcol gli bruciò per qualche istante la gola e John dovette chiudere gli occhi, per godersi pienamente la sensazione del liquido che scendeva giù, bruciando ogni cosa al suo passaggio per poi lasciare dietro di sé il sapore tipico dell’alcol.
John sapeva che bere non risolveva affatto i suoi problemi, ma non riusciva a pensare ad un altro modo – più sano, magari – per affrontarli senza crollare.
Da quando Sherlock era saltato giù dal tetto del Barts, la vita di John Watson era cambiata: svegliarsi la mattina (o, almeno, alzarsi dal letto dopo una nottata piena di incubi o totalmente insonne) era diventato strano senza il quotidiano suono del violino, la mancanza di clienti ad ogni ora del giorno e della notte era insolita e l’assenza degli improperi di Sherlock diretti a chiunque, che si trattasse della signora Hudson, di Mycroft o di Lestrade, era diventato semplicemente insopportabile.
John aveva cambiato casa dopo poche settimane, nonostante le insistenze della signora Hudson che lo aveva implorato di rimanere lì, con l’ottimistica speranza che presto o tardi le cose sarebbero cambiate. Ma John non poteva vivere in quell’appartamento. Non più, almeno.
Il 221B di Baker Street era la casa che, per anni, aveva condiviso con Sherlock. In quell’appartamento avevano risolto casi, avevano litigato tra di loro, si erano riappacificati, avevano condiviso pasti arrangiati ed avevano riso. Oh, quanto si erano divertiti!
“Inizi ad apprezzare le cose solo dopo che le hai perse, non è così?”
Sì, Sherlock aveva ragione.
Anche se il detective era morto, anche se quella davanti a John era solo una proiezione della sua immaginazione, quella figura era quanto di più reale John avesse mai avuto in quegli ultimi mesi.
Il lavoro era diventato pura routine, era solo un modo per illudersi che fosse tutto normale. Le sporadiche uscite con Lestrade erano un modo per l’ispettore per assicurarsi che John fosse ancora vivo e che non avesse fatto qualche sciocchezza.
Sherlock, invece…
Sherlock invece era sempre lì, pronto a saltar fuori dalla sua mente in ogni momento. Erano i suoi ricordi del detective, e quelle chiacchierate insensate con il suo riflesso erano un modo per conservarne la memoria il più a lungo possibile.
John aveva una paura matta di dimenticare. Temeva di dimenticare il suo viso, il suo timbro di voce, le sue esclamazioni di gioia quando risolveva un caso, le sue frecciatine rivolte a Lestrade, o Mycroft, o John stesso.
“Per questo io sono qui, per fare in modo che tu non mi dimentichi.”
John sorrise alla figura del detective, e Sherlock ricambiò il sorriso.
Il pomeriggio, più di preciso all’ora del tè, era il momento preferito di John per tirar fuori il suo Sherlock personale.
Quando abitavano ancora a Baker Street, i due erano soliti prendere il tè al pomeriggio se non erano fuori per risolvere un caso. Ma, dopo la morte del coinquilino, John non era più riuscito ad avvicinarsi ad una tazza di tè senza sentirsi male.
Per questo era passato al bourbon.
“Mi hai forse sostituito con del semplice alcol?” chiese indignato il moro.
“Sta’ zitto, tu sei morto” borbottò John senza guardarlo ma fissando il bicchiere ancora pieno per metà.

“Addio John.”

Quella volta Sherlock sbagliava. John non lo aveva sostituito con l’alcol. Semplicemente, il dottore cercava in quel modo di alleviare il dolore che la sua perdita gli aveva portato.
Ma non era facile dimenticare una persona come Sherlock Holmes. E di certo niente e nessuno avrebbe potuto sostituirlo.
Nessuno, si ripeté mentalmente il biondo mentre finiva d’un sorso tutto il contenuto del bicchiere.

“SHERLOCK!” 
  
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