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Autore: AndreaBrivio17    17/03/2017    1 recensioni
Questa storia è nata come una sfida: ho aperto a caso il vocabolario e ho cercato di unire in frasi le parole che trovavo (per questo è nella categoria nonsense). Poi ha cominciato ad avere un senso ed io ho iniziato ad affezionarmi ai personaggi e alle loro vicende. Il risultato è una storia che parla di avventura ed amicizia nel lontano Cretaceo dopo che alcuni animali si sono ribellati ai Sauri fondando uno stato baronale.
Genere: Avventura, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le prime parole (o quasi) che pronunciava da quando avevano incontrato Drupa “Noi le abbiamo le mandorle quadrate! Le abbiamo prese dallo sgombro in dorsay! E continuo a sostenere che siano fave e non mandorle!” Urlò tirando fuori i frutti e lanciandoli verso il picchio.

“Bene ora dobbiamo solo fargliele ingerire.” Disse Pasquale prendendo da terra le mandorle cadute. Salirono le scale, entrarono in camera e videro il Lemming che giaceva sul davanzale della finestra. Il picchio si avvicinò a lui e urlò: “Quieta la tua negromanzia e ciò che è labile più non sia.” Prese una teglia, gliela diede in testa per sedarlo, cosparse le mandorle di nitrobenzene e gliele fece inghiottire in modo aggressivo insieme a delle erbe di erica. Seppure fosse svenuto, il Lemming balzò in piedi in centro a quel locale, diventò scarlatto in volto ed iniziò a lacrimare, muovendosi per tutta la stanza. “Sta avendo effetto, è una sua vecchia ricetta, speriamo sia un effetto benefico”.

“Sono memore di ciò che sono! – Gridò il Lemming – Nella mia esperienza premorte ho avuto una fondamentale quanto breve illuminazione. Si sedette ed iniziò a scrivere un’elegia alle pigne. Tutti erano zitti, senza giudicare ciò che stava facendo. “Portatela all’organista. La dovrà cantare sulle note di un requiem per salvarci così dalla rivoluzione dei Sauri”. Dopo che ebbe detto ciò, impugnò, barcollando, un sottile orecchino ed iniziò a urlare monosillabi.

“Non ha ancora ripreso le briglie della sua mente. – Disse Pasquale mentre accompagnava gli altri all’uscita – Cercherò di farlo dormire, voi andate dalla Talpa organista, saprà salvarci”. Ella non abitava tanto lontano, a solo diciotto minuti di distanza da quella casa.

Presero la direzione giusta ed in poco tempo si trovarono sotto casa dell’organista. La talpa era abbacchiata fuori dalla porta a leggere un giornaletto. “Cosa vi porta a disturbarmi mentre leggo il numero settimanale di “Lustrare i premi”?” Chiese.

“Bando alle ciance. Ti do cinque monete se canti questo sulle note di un requiem”. Le disse Drupa.

“Ok, basta che non mi scocciate mentre suono.” Rispose la talpa. Entrò in casa, si mise a suonare ed intonò:

“Il meriggio.

Prendo pigne.

Esplodono in casa.

Un mercante sconsolato

Mi chiama maestà.

Cicatrizzo le mie ferite.

È giovedì e la ribellione malvoluta

Frattanto perirà.”


Nel momento in cui finì di suonare, un velo di nubi coprì il cielo e la luce di Marte si espanse senza alcun motivo apparente. Il canguro, il ratto e il piccione si recarono subito dal collerico Lemming e la talpa si rimise a leggere il suo giornaletto. Mentre correvano verso casa di Pasquale, videro un pterodattilo malvagio che precipitava, morto, così furono rassicurati. Giunti dal Lemming scoprirono che la sua mente non soffriva più.

“Prima di uscire – disse Pasquale, rivolgendosi al piccione – fermatevi alla “locanda dell’oleandro” qua vicino e appianate la vostra vecchia scaramuccia.”

Se ne andarono e, con il Sole che in lontananza calava, si fermarono a prendere dell’idromele nel posto che il picchio gli aveva raccomandato. Li accolse un parente di Drupa che gli preparò anche un po’ di pasta al ragù di carne macinata. I due mangiarono, bevvero e chiarirono i loro antichi diverbi.

“Dato che non possiedi una casa, ti consentirò di vivere con me.” Disse il canguro al piccione. Il ratto stava zitto e osservava la scena sorseggiando il suo succo di luppolo.

“Ma appena giungerò a casa tua, tua moglie mi caccerà”. Replicò il piccione.

“No. È morta nel non breve incendio”.

“E tu che farai, tornerai laggiù alla spiaggia?” Domandò il piccione al ratto.

“Vivrò nell’inquietante campo di ribes insieme alla civetta Maddalena. Dopotutto starà aspettando Kelvin il ratto, il suo roseo condivisore di letto”.

“Non sapevo fossi sposato.” Gli disse il piccione.

“Io e la mia dama non siamo sposati, siamo solo compagni di gioco, se capisci quello che intendo.” Scoppiarono tutti a ridere che per poco non cadevano dalle proprie sedie. Ed è con queste risate che è iniziata una nuova era, senza più dinosauri.
   
 
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